Piovono uomini! (eLit): eLit
By Lori Wilde
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About this ebook
A quante di voi è capitato di spalancare le finestre di casa e trovare un uomo nudo sul balcone? Be', a Janet è successo e lei non sa ancora se essere terrorizzata o elettrizzata. 3 le ipotesi:
a) è un maniaco sessuale con un debole per i camici bianchi (terrorizzata!)
b) è un regalino di mammà che non perde occasione per presentarle improbabili co-artefici di futuri nipotini. (terrorizzata!!)
c) è Gage, il nuovo vicino di casa e futuro collega. (elettrizzata!!!)
Lori Wilde
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Piovono uomini! (eLit) - Lori Wilde
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Coaxing Cupid
Harlequin Duets
© 2001 Laurie Vanzura
Traduzione di Silvia Manzoni
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5892-769-4
www.harlequinmondadori.it
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1
C’era un uomo nudo sul suo terrazzo.
Il dottor Janet Hunter si fermò di botto, la ventiquattrore in mano, la borsa e una cartelletta sotto il braccio dalla stessa parte. Le chiavi nella mano libera, si trovava sulla porta di casa, pronta per uscire e affrontare il primo giorno di lavoro al polo pediatrico di Blanton Street, una sezione del prestigioso ospedale St. Madeleine di Houston, dove finalmente, dopo gli anni di studio e di specialità, avrebbe lavorato come medico.
Batté le palpebre incredula.
No, non c’era possibilità che si trattasse di un miraggio: uno sconosciuto senza vestiti si aggirava tra le cianfrusaglie accatastate sul suo terrazzo, probabilmente in cerca di qualcosa.
«Mamma, questa volta hai passato il segno» borbottò tra i denti.
Okay, lo sconosciuto non era proprio nudo del tutto. Stringeva un sacchetto di carbonella vuoto - presumibilmente recuperato dal cesto dell’immondizia di fianco al barbecue - e lo reggeva a strategica copertura dei gioielli di famiglia, ma tutto il resto di lui era... generosamente offerto alla vista di Janet.
E lei ne stava approfittando.
Una cosa bisognava riconoscerla: avrebbe potuto andarle peggio, avrebbe potuto trovarsi di fronte uno sconosciuto grasso come un lottatore di sumo; invece il panorama era decisamente piacevole. Almeno i gusti di sua madre sembravano migliorati, bisognava dargliene atto.
Certo, se avesse scelto un altro giorno per i suoi stupidi giochetti, Janet avrebbe anche potuto riderci sopra, invece...
Appoggiò la valigetta sul tavolo della cucina ed estrasse dalla borsa la bomboletta di spray al pepe nero che teneva sempre con sé per scoraggiare eventuali malintenzionati, si avvicinò alla porta scorrevole che conduceva sul terrazzo e la aprì di scatto.
«Cosa credi di fare, amico?» lo chiamò con voce forte e chiara, tenendo la bomboletta nascosta.
L’uomo le dava le spalle e Janet lo vide chiaramente sussultare. Lentamente, molto lentamente, si voltò, stringendo il sacchetto di carbonella come se fosse l’ultimo appiglio di un naufrago.
Però, gran bei bicipiti, l’intruso. Nemmeno un filo di pancetta e... ehi, niente male quelle gambe, sode e muscolose da fare invidia a un purosangue di razza!
Janet alzò lo sguardo a studiargli il viso. Una barbetta incolta gli punteggiava la linea decisa del mento. I capelli, piuttosto mossi, erano di un caldo biondo scuro e gli occhi... eh, quelli erano i più incredibili e penetranti occhi color nocciola che avesse mai fissato in vita sua.
Fantastico. Semplicemente perfetto. Certo, a parte l’espressione di panico che gli adombrava appena i bei lineamenti.
Ma... un momento, cosa stava facendo? Stava davvero perdendo litri di bava davanti a un perfetto sconosciuto? Quello era esattamente il motivo per cui sua madre glielo aveva depositato sul terrazzo senza vestiti. Nossignora, non ci sarebbe cascata questa volta.
«Ehm... dici a me?»
«E a chi dovrei rivolgermi, amico? Per caso vedi altri pervertiti in costume adamitico sul mio terrazzo?»
«Sc... scusa» balbettò lui.
«Mi auguro almeno che lei ti abbia pagato profumatamente per convincerti a umiliarti in questo modo.»
Era già stato abbastanza deprimente quando sua madre, Gracie Hunter, le aveva mandato a casa una specie di culturista travestito da disinfestatore con la scusa di spruzzarle di DDT i gerani del balcone. Per non parlare di quella volta che si era trovata fuori dalla porta un intero squadrone di baldi e virilissimi pompieri, sempre chiamati da Gracie per salvare un inesistente gattino intrappolato sulla quercia davanti a casa sua. Diavolo, pur di trovarle un uomo sua madre si era abbassata al punto di pubblicare un annuncio a suo nome nella rubrica di cuori solitari del giornale locale! E senza dirle niente!
Tutto era cominciato quando l’astrologa personale di Gracie, Nadine, aveva vaticinato all’affezionata cliente un’inesorabile profezia: se sua figlia, la sua unica figlia, non l’avesse resa nonna entro i cinquantadue anni, avrebbe potuto scordarsi l’argomento nipotini per sempre.
Inutile dire che sua madre era andata fuori di testa. Era da almeno trent’anni che si consultava con Nadine due volte a settimana per la lettura dei tarocchi e, purtroppo per Janet, Nadine non aveva mai sbagliato un colpo.
Ci aveva preso quando aveva pronosticato la fuga di suo padre, ci aveva preso sulla sua operazione alle tonsille, e infine ci aveva preso anche a proposito del gratta e vinci da duemila dollari che sua madre aveva comperato.
Gracie non perdeva occasione per ricordarle i momenti salienti della loro vita propiziati dal benefico influsso di Nadine. Purtroppo, mancava solo un anno e mezzo al soffio della cinquantaduesima, fatidica candelina, e ormai la sua determinazione a trovare un marito a Janet era cresciuta al parossismo.
«Ehm... scusa» buttò lì timidamente lo sconosciuto richiamando la sua attenzione al presente. «Capisco il tuo shock, ma... non so di cosa tu stia parlando.»
«Puoi toglierti la maschera, bello! Ormai non inganni più nessuno. Ho capito subito che tu e mia madre siete in combutta. E adesso, fila!» Si mise a gesticolare come uno spaventapasseri, il dito indice sempre incollato al meccanismo di innesco della bomboletta. Nel caso...
Lui la guardava come se le mancasse una rotella. «Forse mi stai prendendo per qualcun altro.»
«Ah, davvero?»
«Se mi lasci entrare in casa magari possiamo parlarne con un po’ più di calma.»
Janet prese in considerazione la proposta. «Non sono sicura che sia una buona idea. In fondo è stata mia madre a cacciarti in questa situazione. Perché non chiami lei per tirartene fuori?»
«Ti giuro che non ho la più pallida idea di cosa tu stia dicendo.»
«E allora ti dispiace spiegarmi che ci fai qui?» Lo squadrò con aria critica dalla testa ai piedi.
Dannazione, quell’uomo sarebbe dovuto essere arrestato per eccesso di fascino e muscoli, oltre che per una decina di motivi più validi che impallidivano miseramente di fronte alla sua bellezza.
Un’insolita corrente di calore le fluì nel sangue, con la forza di un torrente gonfio di pioggia. La sua reazione non aveva scusanti. Doveva smetterla di sentirsi così... così... impressionata da lui.
«Che ci faccio qui» ripeté il suo interlocutore. «È una lunga storia che non ha nulla a che vedere con tua madre, chiunque lei sia.» Accennò un sorriso, il primo dall’inizio di quel dialogo surreale. «Se non ti dispiace... comincio a sentirmi un po’ vulnerabile.»
Janet si morse l’interno della guancia per sforzarsi di guardarlo dritto negli occhi senza lasciarsi distrarre dal resto. «Mi sembra ovvio.»
«Se mi lasci entrare prometto di raccontarti tutto.»
«Questa è degna del lupo di Cappuccetto Rosso.»
«Non saprei, ho passato da un pezzo l’età delle ninnananne.»
«Cappuccetto Rosso è una favola dei fratelli Grimm.»
«Sì, certo. Grazie per la lezione di letteratura. Non aspettavo altro.»
«Forse preferisci I vestiti nuovi dell’imperatore, data la situazione.»
«Preferisco saltare il capitolo sulle favole. Che ne dici di lasciarmi entrare, invece?» Tornò a sorriderle con l’evidente intenzione di rabbonirla, in quella che si rivelò l’ottima imitazione di un Cary Grant malandrino e irresistibile.
Janet fu costretta a dargli atto di un notevole aplomb. Forse, dopotutto, quel tizio non aveva nulla a che vedere con le manovre di Gracie.
«Non so se...»
«Senti, non sono un pazzo e nemmeno un pervertito» le assicurò, «e per quanto può servire, non sono in combutta con tua madre. Ti mostrerei volentieri un documento, ma... sfortunatamente credo di non averne addosso.»
In compenso aveva un buffo senso dell’umorismo. Janet sospirò e si fece di lato, smettendo di sbarrargli il passo. «Entra.»
«Grazie.» Cautamente, e sforzandosi di mantenere la propria dignità, lo sconosciuto le passò davanti a passo di gambero, il sacchetto a proteggere le parti intime, le spalle incollate alla parete a celare il fondoschiena. «Per caso tuo marito ha qualcosa da prestarmi per... ehm, coprirmi un po’?»
«Non sono sposata.»
Brava, Janet, complimenti! L’unica cosa giusta da dire in un frangente simile era: Oh, sai, mio marito è un pugile di due metri per centocinquanta chili. Non credo proprio che i suoi vestiti possano andarti bene.
«Il tuo convivente?» azzardò ancora lui.
«Niente conviventi.»
«Magari un ex fidanzato che ha lasciato in giro un paio di pantaloncini...»
«Se avesse osato fare una cosa simile avrei acceso un falò.»
«La mia solita fortuna. Evidentemente non sei il tipo sentimentale. Non hai un asciugamano, una salvietta... qualcosa del genere?» La sua voce si incrinò leggermente. «Non sono uno schizzinoso, gettami un osso e mi farai felice. Ti prego, sono disperato!»
«Posso darti un accappatoio» gli concesse, cercando di nascondere un’imprevista ilarità. Effettivamente non doveva essere una situazione facile, la sua, e dato che ormai non aveva più motivi per sospettare un coinvolgimento materno in tutto quel caos, cominciava a provare un po’ di comprensione nei suoi confronti.
«Qualsiasi cosa andrà bene. Basta che riesca a percorrere le scale fino al piano di sopra senza attirare l’attenzione della buoncostume.»
«Stai dicendo che... abiti in uno degli appartamenti di sopra?» Janet non riuscì a trattenersi dal dare un’occhiatina al suo petto scolpito e virilmente coperto dalla giusta quantità di peli: né troppi né troppo pochi. Come avrebbe detto la sua amica CeeCee, meglio un toro da competizione che un vitellino da latte.
«Ho appena traslocato.»
«Ma pensa.»
«Ti darei la mano per i convenevoli di rito, ma... viste le circostanze...»
«Lascia perdere. Vado a prenderti l’accappatoio.» Continuando a stringere la bomboletta, Janet marciò spedita in bagno. Odiava l’idea di lasciare quel tizio da solo, ma dopotutto non era carino abbandonare un vicino in difficoltà.
Prese un accappatoio dall’armadietto della biancheria e tornò spedita in sala. Poteva già dirsi fortunato del fatto che lei fosse alta e che preferisse il cotone bianco alla ciniglia rosa.
Con un sorriso colmo di gratitudine lui accettò l’offerta. «Grazie mille. Mi hai salvato la vita.»
Janet non riuscì a reprimere un lieve imbarazzo. Strano, per chi come lei faceva il medico ed era più che abituato a tenere sotto controllo le proprie reazioni. Non avrebbe dovuto