I desideri del milionario: Harmony Collezione
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About this ebook
Freya Addison e Zac Deverell hanno avuto una calda e intensa relazione, finita bruscamente il giorno in cui lui ha deciso che Freya non era più degna della sua fiducia. Ora, due anni dopo, si incontrano nuovamente, e l'antica passione torna ad ardere nei loro cuori. Il motivo dei vecchi dissidi, però, è ancora lì a dividerli: Zac la desidera di nuovo al proprio fianco, ma vuole anche ottenere tutte le risposte che sta cercando da due anni.
Chantelle Shaw
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
I desideri del milionario - Chantelle Shaw
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Frenchman’s Marriage Demand
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2007 Chantelle Shaw
Traduzione di Raffaella Cattaneo
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-705-0
1
Zacharie Deverell percorse rapido il corridoio dell’ospedale scorrendo le indicazioni dei diversi ambulatori prima di dirigersi verso l’infermiera del pronto soccorso.
«Sono qui per vedere Freya Addison. So che è stata ricoverata ieri» apostrofò la donna, impaziente, ignorando la sua espressione ammaliata. Ci era abituato: sin da quando era adolescente era sempre stato oggetto di ammirazione da parte del gentil sesso e anche ora, trentacinquenne, un fisico stupefacente combinato a un’aurea di ricchezza che emanava dalla sua persona, era spesso al centro dell’attenzione.
Se e quando la situazione gli aggradava, rispondeva a quegli inviti espliciti con uno dei suoi sorrisi più affascinanti, ma in quel momento aveva altre cose in mente.
Era lì per un motivo ben preciso, e prima avesse visto Freya e le avesse detto esattamente che cosa pensava di lei, meglio sarebbe stato!
«Mmh, la signorina Addison...» L’infermiera si affrettò a consultare la pila di documenti davanti a sé, letteralmente soggiogata dalla possanza di quell’uomo con in braccio una bambina dall’aspetto angelico. «Oh, sì, lungo il corridoio, terza stanza a sinistra... ma non può vederla al momento. Il dottore la sta visitando. Per cortesia, attenda un istante, signor...?»
Zacharie Deverell si era già avviato lungo la corsia. «Deverell» rispose freddamente quando la donna lo inseguì, trafelata. «Il mio nome è Zac Deverell» precisò senza rallentare il passo. «Ed è di vitale importanza che io veda la signorina Addison immediatamente.»
Seduta nel suo letto d’ospedale, Freya esaminò cupa la fasciatura al polso. Le ventiquattro ore precedenti erano state un inferno; sperava di potersi alzare a breve e scoprire che era stato tutto un incubo. Al contrario, il dolore pulsante al braccio e un crescente mal di testa erano l’evidenza della forza d’urto con cui la sua macchina si era schiantata contro un albero, caduto a seguito di un terribile temporale che aveva colpito la costa meridionale dell’Inghilterra.
Stava tornando a casa dallo yacht club dove lavorava come receptionist e, fortunatamente, non era ancora passata a prendere la figlia all’asilo nido. Aimee era al sicuro, e lei era fortunata a essere viva. Freya rabbrividì al pensiero della propria auto irreparabilmente distrutta.
Per quanto riguardava lei... se l’era cavata con una contusione al polso, e avrebbe dovuto portare un tutore per parecchie settimane. Si sarebbe assentata dal lavoro per qualche tempo, il che non avrebbe aiutato le sue già precarie finanze.
Dopo essere stata ricoverata per tutta la notte in osservazione, il medico dell’ospedale l’aveva dimessa. Tuttavia Freya era preoccupata: come avrebbe potuto prendersi cura di una bimba di diciotto mesi, portarla in braccio per le scale con tutti gli annessi e connessi fino al proprio appartamento all’ultimo piano usando una sola mano?
Sarebbe stata costretta a rivolgersi alla nonna, fremette pensando alla donna che l’aveva cresciuta quando la madre l’aveva abbandonata, ancora bambina. Joyce Addison aveva assunto il ruolo di genitrice solo per senso del dovere, e non per affetto nei confronti della nipote.
Freya, che aveva già vissuto un’infanzia senza amore, quando era rimasta incinta ed era stata piantata in asso dal padre della bambina si era sentita mettere in chiaro dalla nonna che non avrebbe voluto saperne né di lei né, tantomeno, di sua figlia.
Nonna Joyce doveva essere furibonda!, si agitò. A quell’ora l’ospedale l’aveva di certo già informata del suo incidente, così come del fatto che si sarebbe dovuta occupare della bambina. Si era aspettata una visita della nonna con Aimee al seguito, ma non avendo ancora ricevuto notizie da parte dell’anziana donna, aveva incominciato a preoccuparsi.
«Mia nonna non si è ancora fatta viva?» chiese, con un po’ d’apprensione, all’infermiera che era entrata nella sua stanza. «Ha telefonato? Ha detto qualcosa di mia figlia? So che deve partire per New York a giorni» proseguì il suo interrogatorio.
«Mi spiace, non sappiamo nulla di sua nonna, ma sua figlia è qui in ospedale» la informò l’altra, sorridente. «Lo zio si sta prendendo cura di lei. Ora gli dirò che può entrare.»
«Zio?» Freya fissò la donna, perplessa. Aimee non aveva uno zio!
«Sì, ho chiesto al signor Deverell di attendere in sala ricevimento parenti mentre il dottore era con lei, ma so che è impaziente di vederla» le comunicò l’infermiera, piccata. Quell’uomo poteva anche essere l’esemplare maschile più sexy del pianeta, ma era evidente dall’alterigia nei suoi occhi azzurri che la pazienza non era uno dei suoi punti di forza.
L’infermiera scomparve prima che lei potesse farle altre domande.
Il mondo era impazzito, pensò Freya passandosi una mano incerta tra i capelli.
Il nome Deverell evocò dal passato il viso di un uomo che aveva cercato disperatamente di dimenticare negli ultimi due anni, e sentirlo di nuovo le procurò una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
L’infermiera doveva essersi sbagliata. Ma chi era lo zio misterioso, chi esattamente si stava occupando di Aimee?, si domandò.
«Mamma, mamma!»
Freya si volse di scatto verso la porta al richiamo della vocina squillante della figlia. Poi sollevò lentamente lo sguardo e i suoi occhi incrociarono quelli azzurri e freddi dell’uomo che da tempo perseguitava i suoi sogni.
«Zac!» esclamò, incredula.
Zac Deverell uomo d’affari pluri-milionario e amministratore delegato della multinazionale Deverell, proprietaria di esclusivi centri commerciali sparsi in tutto il mondo, nonché famoso playboy.
Era ancora più bello di quanto lo ricordava, considerò Freya in silenzio mentre il suo cervello registrava la realtà scioccante della sua presenza. Alto e snello, era affascinante da morire nel maglione griffato e nei jeans scuri che accentuavano il suo fisico atletico.
Adagio, Freya chiuse gli occhi. In brevi istanti l’immagine del suo corpo nudo si proiettò nella sua mente: il torace muscoloso e bronzeo, la leggera peluria scura che convergeva a freccia sul suo addome piatto... Zac era l’epitome della perfezione maschile. E lei aveva avuto libero accesso a quel corpo, aveva goduto della sensazione della sua pelle di seta sotto le proprie dita quando lo accarezzava. Il piacere che derivava dall’intimo contatto dei loro corpi intrecciati era ancora vivido in lei.
Rilasciando un lento sospiro, studiò il suo viso, gli zigomi pronunciati, il mento squadrato e quel ricciolo scurissimo, ribelle, che ricadeva sulla sua fronte. Gli occhi erano di un azzurro intenso e saturo come il cielo dell’estate mediterranea, la stessa sfumatura di quelli di Aimee...
Il pensiero la riportò d’un tratto alla realtà.
«Che ci fai qui?» lo incalzò. «E da quando sei diventato lo zio di Aimee?» disse, patetica. Lo shock per l’incidente l’aveva prosciugata di tutte le sue forze.
Zac la osservò per qualche istante, la fronte corrugata in un severo cipiglio. «Era più semplice dire all’infermiera che sono un tuo parente... O avrei dovuto forse spiegare che sono l’uomo che hai tentato di ingannare facendomi credere di essere il padre di tua figlia?» ribatté contenendo a fatica la propria rabbia per non spaventare la bimba che aveva in braccio.
Freya si abbandonò a un’amara risata. «È la verità, Zac. Aimee è tua figlia» puntualizzò, ostinata.
«Al diavolo! Sai che non lo è» sibilò lui depositando brusco la bambina sul letto. Le sorrise, poi, rassicurante, facendo uno sforzo erculeo per mitigare i propri sentimenti. Le colpe dei genitori non dovevano ricadere sui figli, ragionò. Con quell’alone di riccioli d’oro e gli enormi occhi azzurri, Aimee era davvero angelica.
Era la madre invece a essere falsa e bugiarda, e se non gli fosse sembrata così fragile in quel momento l’avrebbe volentieri strangolata per aver tentato di manipolarlo due anni prima. «Abbiamo già affrontato la questione due anni fa, quando mi dicesti di essere incinta» continuò. «La mia risposta è quella di allora. Puoi aver convinto tua nonna e chiunque altro, ma tutti e due sappiamo che hai mentito e stai ancora mentendo, non è così?» concluse, gelido.
«Non ti ho mai mentito, Zac» replicò lei ferita dal disprezzo che leggeva nei suoi occhi, lo stesso disprezzo che aveva colto quando gli aveva comunicato di aspettare un figlio da lui. La sofferenza che aveva provato allora non si era affievolita, no. Anzi! Rivedendo Zac si era rivitalizzata e nel contempo acuita. «Ma quello che pensi tu non è più importante» proseguì in una smorfia di dolore quando Aimee si aggrappò a lei. «Non so perché sei qui, ma è meglio che tu te ne vada» disse sperando davvero che Zac se ne andasse prima di scoppiare in lacrime davanti a lui.
«Credimi, non sono qui per mia scelta» precisò lui, tagliente. «Ero negli uffici della Deverell a Londra questa mattina per una conferenza stampa quando tua nonna è comparsa insieme a tua figlia. Presumo che tu le abbia suggerito di venire da me proprio in quel momento opportuno per ottenere il massimo impatto» la accusò duramente. «Tutti i giornalisti presenti e tutto lo staff hanno sentito la sua dichiarazione, tutti adesso sanno che Aimee dovrebbe essere mia figlia. I pettegolezzi hanno già raggiunto il consiglio di amministrazione della compagnia.»
«Aimee era a Londra? Non... non capisco» farfugliò Freya, confusa. «L’ospedale ha contattato mia nonna ieri perché si occupasse di lei... Dov’è adesso nonna Joyce?»
«In questo momento credo stia salendo sull’aereo in partenza per il suo giro attorno al mondo» immaginò Zac. «Ha raccontato di aver risparmiato tutta la vita per questo viaggio e che niente e nessuno, nemmeno il fatto che tu fossi in ospedale, le avrebbe impedito di farlo.» I suoi occhi si fecero più scuri al ricordo del suo incontro con Joyce Addison...
«Sono arcistufa di padri irresponsabili!» aveva inveito l’anziana signora entrando nel suo ufficio spingendo il passeggino davanti a sé. Gli aveva poi consegnato un’enorme borsa con tutto ciò che poteva servire a una bambina di diciotto mesi. «Ho dovuto crescere Freya quando sua madre a soli sedici anni è rimasta incinta di un qualche equivoco playboy incontrato chissà dove. Sadie si è presto stancata della maternità e se n’è andata lasciandomi con una bambina che io non volevo. Più di una volta ho messo in guardia Freya nei confronti di bellimbusti che vogliono solo divertirsi» aveva proseguito nonna Joyce, esaminandolo da capo a piedi come se lui fosse una sorta di stallone in vendita, ricordò Zac, disgustato. «Quando lei le ha offerto quel lavoro sul suo yacht io l’ho avvertita che era solo per uno scopo; evidentemente entrambi avete avuto un tornaconto maggiore di quanto pattuito. Ma adesso è tempo che lei si assuma le sue responsabilità. Non so per quanto tempo Freya dovrà rimanere in ospedale, e non aspetterò un minuto di più per scoprirlo. Se lei non vuole occuparsi di Aimee, si rivolga pure ai servizi sociali perché io non intendo farmi carico di un’altra bambina.»
La scenata al vetriolo di Joyce Addison aveva catalizzato l’attenzione di tutte le persone presenti in quel momento negli uffici della Deverell.
Che umiliazione!, considerò Zac adirato, e per quello poteva ringraziare una sola persona. «Puoi smettere di recitare, Freya» esordì, glaciale. «Hai consigliato tu a tua nonna di portare