Contratto bollente: Harmony Collezione
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Quando la dolce, spumeggiante Ellie Edwards irrompe nella sua vita, Luca si rende conto che è esattamente ciò che stava cercando. Assumerla perché si occupi dell'istruzione del bambino è semplice; negare la reciproca, feroce attrazione è invece un'impresa quasi impossibile.
Cathy Williams
Autrice originaria di Trinidad, ha poi studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto il marito.
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Contratto bollente - Cathy Williams
successivo.
1
«Posso far passare la ragazza, adesso, signore?»
Rilassato sulla sedia girevole Luca Ross guardò la sua governante, la signora Muller, in piedi davanti alla porta.
Aveva liquidato la babysitter, dopo aver scoperto che Jake, che quest'ultima aveva accompagnato a fare una passeggiata, era scappato. Adesso, la ragazza che lo aveva riportato a casa lo stava aspettando in cucina. Era stata decisamente una pessima giornata.
Annuì alla governante, risoluta quanto un sergente maggiore e una delle poche persone affatto intimidite dall'aggressivo e potente datore di lavoro.
«E assicurati che i mastini non entrino con lei» dichiarò in tono piatto. «Chiudili fuori, se ce n'è bisogno. Se piove, si bagneranno. Dopotutto sono cani. Sono fatti per questo. Accertati soltanto che non distruggano ulteriormente la mia casa.»
Nei freddi confini del suo ufficio Luca Ross appoggiò la schiena alla sedia e contemplò quell'ultimo spiacevole sviluppo.
Aveva fallito. Era semplice.
Tempo prima, di punto in bianco, era stato contattato da un cugino di terzo grado con un bambino. L'aveva incontrato solo quando aveva accettato il ruolo di padrino.
Luca aveva pochi parenti e, di certo, nessuno con cui si tenesse in contatto. La richiesta, da parte di quel lontano cugino, gli era sembrata perfettamente accettabile. Un onore, addirittura.
Il cugino era poi partito con moglie e figlio in cerca di fortuna, ingenuamente convinto che le strade della California fossero lastricate d'oro. E Luca ne aveva immediatamente perso i contatti.
La vita era frenetica. Le mail erano state poche e, in coscienza, Luca aveva creduto di assolvere al ruolo di padrino con semplici e occasionali versamenti di denaro sul conto corrente del lontano parente.
Aveva fatto il proprio dovere. Mai aveva considerato la possibilità di essere chiamato a prendersi cura di qualcuno, tantomeno di un piccino di sei anni, tuttavia il destino, sfortunatamente, aveva avuto altri piani.
I genitori di Jake erano rimasti uccisi in un incidente, e Luca si era ritrovato con un bambino che difficilmente avrebbe trovato posto nella sua vita frenetica e impegnativa.
Luca, come ovvio, aveva fatto del proprio meglio nella speranza di risolvere l'imprevisto. Ma adesso, seduto in quell'ufficio mentre aspettava la ragazza che gli aveva riportato il figlioccio due ore prima, si trovò ad ammettere di aver fallito.
E quel fallimento era un insulto alla propria dignità, al proprio orgoglio e, ancora peggio, segnalava un'inadempienza al dovere che gli era ricaduto sulle spalle quando aveva accettato il ruolo di padrino.
Una volta sistemato quel caos avrebbe dovuto rivedere l'intera situazione, a meno di non voler rischiare che accadesse qualcosa di peggio in un futuro non troppo distante.
Non aveva idea, in realtà, di quale potesse essere la soluzione, tuttavia era più che certo sarebbe riuscito a escogitare qualcosa.
Lo aveva sempre fatto.
Fuori dalla porta, dov'era stata lasciata come un pacco indesiderato da una donna di mezza età dall'espressione arcigna, Ellie non sapeva se bussare, aprire la porta lasciata socchiusa o, opzione preferita, scappare via.
Però non avrebbe potuto farlo perché, in quel preciso istante, sotto la pioggia battente, i cani che le erano stati affidati stavano tristemente guaendo nel giardino retrostante quella meravigliosa villa a Chelsea.
Non avrebbe potuto abbandonarli. In caso contrario sapeva già quale sarebbe stata la loro sorte. Né la severa domestica né lo spietato datore di lavoro di lei sembravano tipi disposti a prendersi cura di un cane e li avrebbero consegnati al canile senza la benché minima esitazione.
Inumidì le labbra. Esitò. Strinse le mani. Si sforzò di non pensare all'intimidatorio uomo con cui aveva parlato meno di un'ora e mezzo prima, quando gli aveva suonato il campanello per riconsegnargli il bambino di sei anni scappato di casa.
Non aveva idea di chi fosse di certo, però, non aveva previsto di essere accolta da un tipo talmente affascinante da togliere il fiato.
L'uomo aveva guardato lei e i cani e assunto il controllo della situazione con una decisione che non ammetteva repliche, spedendola in cucina dove le era stato imposto di sedersi e aspettare. Lui l'avrebbe raggiunta a breve.
Bussò leggermente alla porta, trasse un profondo respiro, quindi entrò nella stanza con più spavalderia di quanta non provasse realmente.
Esattamente come il resto della casa, quell'ufficio trasudava lusso. Con la coda dell'occhio colse le fredde sfumature di grigio, il marmo, una libreria con file di testi commerciali.
Su una parete vide uno splendido dipinto che a stento riconobbe, su quella opposta una serie di orologi montati a mano, ognuno dei quali indicava un'ora diversa e, ovviamente, l'ampia scrivania di legno massiccio su cui campeggiavano addirittura tre computer, dietro ai quali...
«Mi dispiace di averla fatta aspettare.» Luca fece un cenno in direzione della sedia di pelle di fronte a lui, gli occhi scuri inchiodati sul viso di Ellie. Quando si era presentata alla sua porta, tenendo Jake per mano e una serie di guinzagli nell'altra, Luca aveva pensato di non aver mai visto una ragazza tanto strana in vita propria.
Minuta, snella, con i capelli corti e degli abiti che generalmente lui associava a persone che non frequentava affatto. Ambulanti, vagabondi, amanti dei grandi spazi aperti...
A stento era riuscito a scorgerne la fisicità, dal momento che lei aveva preferito nasconderla sotto un maglione abbondante. I jeans erano infilati in un paio di stivali di gomma, e la comodità di un ombrello era stata abbandonata in favore di un cappellino da sotto il quale lo aveva fissato con genuino rimprovero.
In breve, non era affatto il suo tipo.
«Prego. Si sieda.»
«Non so cosa io ci faccia qui, signor Ross. Perché mi ha fatto aspettare per vederla? La mia giornata è stata completamente scombussolata!»
«Scommetto che sarà comunque meno catastrofica della mia, signorina... Edwards, giusto? Quando sono andato al lavoro, questa mattina, l'ultima cosa che mi sarei immaginato era di essere richiamato a casa perché il mio figlioccio se l'era data a gambe.»
«È stata una fortuna che io gliel'abbia riportato!» Sollevò il mento con aria di sfida, ricordando al momento opportuno di essere furiosa con quell'uomo che aveva in qualche modo indotto il bambino a fuggire, mettendo in pericolo la sua vita per raggiungere un parco in cui tutto sarebbe potuto succedere, perché quella era Londra.
E la rabbia era più che perfetta, perché l'unica alternativa sarebbe stata sondare l'inquietante consapevolezza che aveva scoperto alla bocca dello stomaco quando si era imbattuta nell'uomo più affascinante su cui avesse mai posato gli occhi.
La pelle era color del bronzo, gli occhi scuri come la notte, i lineamenti perfettamente cesellati.
Un solo sguardo era stato sufficiente a toglierle il respiro e in quel momento, seduta di fronte a lui, l'effetto di quegli stessi occhi minacciava di sortire ancora una volta il medesimo effetto.
«Lei non ha idea di quanto Londra possa essere pericolosa» enfatizzò distogliendo lo sguardo con difficoltà. «Un bambino che vaga da solo nel parco... Sarebbe potuta accadere qualsiasi cosa.»
«Sì.