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Scandalosa melodia: Harmony Destiny
Scandalosa melodia: Harmony Destiny
Scandalosa melodia: Harmony Destiny
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Scandalosa melodia: Harmony Destiny

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EREDITÀ GITANA - Ricco e potente, Chase Severin è ritornato per ottenere una rivincita sulla città che lo ha scacciato e sulla donna che lo ha rifiutato. Anni prima, infatti, lui e l'ereditiera Kate Beltrane hanno scandalizzato tutti a causa della loro relazione proibita, almeno finché lei non è tornata sui suoi passi, lasciandolo al suo triste destino. Questo è ciò di cui è convinto Chase.

Lo shock di Kate nel rivedere l'uomo che non ha mai dimenticato si unisce al panico quando lui le svela di essere tornato per riavere la sua eredità. Ma ci sono cose che Chase non sa, segreti che forse il misterioso carillon regalatole da un'anziana zingara potrebbe svelare, oltre ad aiutare i loro cuori a ritrovare la passione di un tempo.
LanguageItaliano
Release dateApr 11, 2016
ISBN9788858947821
Scandalosa melodia: Harmony Destiny
Author

Linda Conrad

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Scandalosa melodia - Linda Conrad

    interrogativi.

    1

    «Non sai chi è tornato in città!» Lo stupore nello sguardo e nella voce della segretaria non suscitò alcun interesse in Kate Beltrane che rimase impassibile.

    L'elenco delle persone che potevano fare ritorno a Bayou City era lungo, ma il suo istinto propendeva per un unico nome.

    «Non ho tempo per gli indovinelli, Rose. Dimmi» la invitò Kate, scrollando le spalle con finta indifferenza. In quegli ultimi dieci anni non aveva aspettato altro che quel giorno.

    «Chase Severin» annunciò Rose in un soffio. «Avevo dodici anni quando se ne andò, ma ricordo che era un gran bel tipo. Tutte le ragazze morivano per lui.» Si sventolò il viso accaldato con le mani, ricordando quel ragazzo che aveva fatto perdere la testa a innumerevoli fanciulle. «Mi domando perché sia tornato proprio adesso. Suo padre se ne andò da qui circa cinque anni fa e non ha più nessuno in città.»

    «Come fai a sapere che è proprio lui? Lo hai visto?» incalzò Kate.

    «La signora Seville ha riferito a Sally Jenkins che Chase ha prenotato una stanza al B&B questa mattina. In città lo sanno tutti, ormai.»

    Kate sollevò gli occhi e notò che Rose la stava studiando, in attesa di una sua reazione. «Non abbiamo tempo per i pettegolezzi» mormorò.

    Temeva che, con lui di nuovo in città, le voci che un tempo giravano su lei e Chase tornassero a riempire le bocche dei curiosi.

    «L'ora del pranzo è finita» continuò. «E abbiamo un sacco di lavoro da sbrigare se vogliamo essere pronte per l'incontro di oggi pomeriggio con il nuovo proprietario della fabbrica.»

    Tacque un istante, poi chiese: «La signora Seville non ti ha detto se qualcuno di estraneo ha prenotato da lei, vero?».

    Rose scosse la testa e inforcò gli occhiali appesi alla catenella che le dondolava sul petto. «No, ma forse l'uomo che aspettiamo potrebbe passare prima in ufficio e poi andare in albergo dopo l'appuntamento.»

    Il B&B di Seville era l'unico albergo in città per coloro che avevano degli affari da sbrigare o per chi volesse andare a pescare nel Golfo del Messico. Qualcuno preferiva alloggiare a New Iberia, o a New Orleans in motel più spartani e comunque non molto distanti da Bayou City.

    Kate si domandò per quale motivo Chase fosse tornato dopo tanti anni, ma non poteva permettersi di pensare a lui quando aveva del lavoro urgente da sbrigare.

    Più tardi forse, nella quiete della sera, quando il vento avrebbe accarezzato le fronde delle querce e gli alligatori sarebbero scivolati inosservati nelle acque fangose della palude per procacciarsi la cena... avrebbe pensato a Chase. Più tardi, quando sarebbe stata distesa nel letto a occhi aperti senza riuscire a prendere sonno, come le accadeva da molto tempo... Più tardi, quando avrebbe permesso ai ricordi di riaffiorare nella mente...

    «Torna al lavoro, Rose» sospirò, con il cuore pesante. «Ci restano soltanto un paio d'ore prima di scoprire il volto del nostro interlocutore.»

    Kate si legò i capelli ribelli in una coda di cavallo. In genere non indossava il tailleur e le scarpe eleganti, a tacco alto. Preferiva usare abiti pratici e sandali aperti, ma in quegli ultimi anni aveva cercato di vestirsi in modo più professionale, adeguandosi all'incarico che ricopriva e per rispetto a suo padre e alla città che aveva sempre ritenuto fondamentale l'attività della sua azienda. Purtroppo, nell'arco di qualche giorno, sarebbe stata costretta a venderla a causa degli enormi debiti accumulati, ponendo fine ai sogni e alle speranze di molti cittadini di Bayou City.

    Sospirando, si lisciò i capelli e controllò i documenti allineati sulla scrivania: aveva fatto tutto il possibile per non cedere la sua attività, ma la fabbrica era praticamente sull'orlo della bancarotta.

    L'uomo con cui aveva appuntamento apparteneva alla società che avrebbe deciso le sorti della sua impresa, valutando se avesse ancora un margine di competitività, o se invece dovesse essere chiusa definitivamente. Ormai le sorti della fabbrica e della città non erano più nelle sue mani. Probabilmente, non lo erano mai state perché suo padre non glielo aveva permesso.

    Ciliegina sulla torta, quel giorno, uno dei peggiori della sua vita, Chase aveva scelto di tornare in città.

    Non aveva mai perso la speranza di rivederlo, ma comunque dubitava che dopo dieci anni lui provasse ancora qualcosa per lei. Se chiudeva gli occhi, riusciva a sentire la sua risata, la sua voce sensuale che le sussurrava parole d'amore all'orecchio in quella lontana e indimenticabile serata di giugno. Era stata la notte più bella e drammatica di tutta la sua vita.

    Sospirò, riaprendo gli occhi. Chase non era tornato per lei, nonostante lei morisse dalla voglia d'incontrarlo. Sarebbe stato meglio per entrambi continuare a non vedersi, cosicché il passato non tornasse a sconvolgere le loro vite. In ogni caso avrebbe dato il braccio destro per affondare i suoi occhi in quelli grigi ed espressivi di lui ancora una volta.

    Udì la porta d'ingresso aprirsi e Rose rivolgersi in tono sommesso alla persona che era entrata. Il nuovo proprietario era arrivato con qualche minuto d'anticipo, ansioso di concludere l'affare e porre così fine ai sogni dei suoi antenati. Curiosa, sbirciò attraverso la porta socchiusa del suo ufficio che comunicava con quello della sua segretaria. Avrebbe potuto capire le sue intenzioni da quell'occhiata, se solo fosse riuscita a scorgerlo.

    Fece fatica a individuarlo, poi lo vide in piedi dietro la scrivania di Rose. Sussultò. Non era l'uomo che stava aspettando, non era l'uomo con cui aveva appuntamento. Chase Severin aveva deciso di andarla a trovare proprio in quel momento, per rendere la sua vita un inferno peggiore di quello che già era.

    Sorrideva a Rose con quell'espressione intrigante e seducente che le aveva fatto perdere la testa anni prima. Non aveva più l'aspetto del ragazzo che ricordava. Sembrava più alto e atletico rispetto al diciottenne che le era apparso tante volte nei sogni.

    Un brivido le corse lungo la schiena. Avrebbe voluto affondare le dita tra i suoi capelli, appoggiare la testa al suo torace, sentire le sue labbra accarezzarle la pelle...

    Non adesso, Chase, ti prego. Non rovinare tutto, non farmi perdere la ragione. Oggi no. Dopo tutta la fatica che ho fatto per apparire forte e sicura. Non rovinarmi questa giornata.

    Rose si alzò dalla sedia nel momento in cui gli occhi di Chase incontravano quelli di Kate rimanendovi agganciati per una frazione di secondi.

    Era ancora più bello di come lo ricordava. Le tremarono le mani e sentì il cuore scoppiarle nel petto. Con uno sforzo si allontanò dalla porta per tornare alla sua scrivania. Non avrebbe potuto impedire a Chase di vederla.

    «Non ci crederai!» esclamò Rose, entrando nel suo ufficio, tallonata dal ragazzo dei suoi sogni. «Ti ricordi di Chase Severin, vero? Ehm... è lui la persona che stavamo aspettando. Non è sorprendente?»

    «Che cosa?» Kate non trovò le parole per descrivere le emozioni che stava vivendo e non riuscì a nascondere lo stupore per quella notizia del tutto inaspettata. Con la mente confusa e il corpo tremante, fissò Chase senza parlare.

    «Ciao, Katherine.» Pronunciò il suo nome con voce profonda e gentile, quella voce che in tutti quegli anni aveva continuato a sentire.

    Lei non riuscì a parlare. Aveva la bocca impastata e la mente ottenebrata; gocce di sudore le imperlavano le tempie.

    Chase socchiuse gli occhi. «Suppongo che se non si risponde a un saluto, non ci sia nemmeno bisogno di congedarsi con un arrivederci, vero, signorina Beltrane?» continuò lui, sarcastico.

    «Ehm... io... Salve, Chase. Scusami ma non mi aspettavo di vederti. È passato molto tempo» balbettò Kate. «Come stai?» riuscì infine a dire.

    «Molto meglio rispetto all'ultima volta che ci siamo visti, ma chère

    Anche se erano trascorsi dieci anni era ancora arrabbiato con lei e ne aveva tutto il diritto. Kate meritava la sua collera e il suo risentimento per come si era comportata allora. Adesso però non era più la ragazzina spaventata, timorosa delle chiacchiere della gente e di suo padre.

    «Rose, vuoi scusarci, per favore?» Se dovevano rivangare il passato, non voleva che ci fossero orecchie estranee ad ascoltarli, non voleva suscitare l'ennesimo pettegolezzo. I loro concittadini avevano molti problemi di cui occuparsi e non voleva alimentare chiacchiere inutili.

    Rose li lasciò soli, chiudendosi la porta alle spalle.

    «Bene, Chase. Che cosa sei venuto a fare qui? Che cosa vuoi?» gli domandò Kate sulla difensiva.

    La stanza sprofondò nel silenzio e lei trattenne il respiro in attesa di una sua risposta.

    «Voglio tutto, Kate. E questa volta non me ne vado senza aver ottenuto quello per cui sono venuto, a cominciare dalla fabbrica.»

    Confusa e stordita, lei si strinse nelle spalle. Quelle parole l'avevano investita come una folata di vento gelato. «La fabbrica è fallita. Una società garantisce i diritti di prelazione che mio padre...»

    «Il tuo defunto padre, vuoi dire» la interruppe lui. «L'uomo che mi ha cacciato via da questa città dieci anni fa e che ha mandato avanti l'impresa fino a farla fallire a causa di una gestione scriteriata» precisò.

    «Lavori per la società che deciderà il futuro della mia azienda?» Kate sentì le ginocchia tremare.

    «Io sono la società. Sorpresa? Sono l'unico proprietario e adesso possiedo la tua fabbrica. Non ho ancora deciso che cosa ne farò, se continuare l'attività o chiuderla.»

    Kate emise un grido soffocato. «Hai diritto di essere in collera con mio padre... e con me. Ma non hai motivo di prendertela con la città intera. Per Bayou City la fabbrica è importante, dà lavoro a molte persone, è un punto di riferimento.»

    Chase cercò nella tasca della giacca uno dei suoi sigari e senza chiederle il permesso, lo accese, sedendosi di fronte a lei ed espirando una boccata di fumo. «Posso?» domandò con un sorriso odioso. Stava cercando di mantenere un'apparenza fredda e distaccata, ma in realtà aveva l'impressione di soffocare, come se la stanza si fosse rimpicciolita e le sue pareti lo schiacciassero. Non voleva farle capire quanto si sentisse scombussolato dalla sua vista. Quei dieci anni non erano serviti a fargli dimenticare l'amore che provava per lei e adesso moriva dalla voglia di accarezzarla.

    Si sentiva combattuto per le emozioni contrastanti che stava vivendo. Da un lato desiderava stringere quel corpo da cui era stato lontano troppo a lungo, ma dall'altro voleva consumare la sua vendetta, gustarla come aveva sognato per tutto quel tempo.

    Non c'era stato giorno in cui non avesse pensato a come punire Henry Beltrane, il padre di Kate, ma quel bastardo era morto sei mesi prima, rovinando quel momento tanto atteso. La situazione si presentava molto più complessa di quanto avesse previsto.

    Era andato da Kate per scoprire come avrebbe reagito di fronte alla nuova realtà che l'aspettava, ma non aveva messo in conto l'effetto devastante che quella donna aveva ancora su di lui, come quando era un ragazzo.

    Aspirò il sigaro, lasciando che il fumo gli scendesse in gola, mantenendo un'espressione inalterata sul viso. Non voleva mostrare a Kate la sua vulnerabilità.

    A ventisette anni non era cambiata molto dalla ragazzina diciassettenne dei suoi ricordi e per la quale aveva perso la testa. Aveva gli stessi capelli neri, ricci e ribelli, nonostante avesse cercato di domarli in una stretta coda di cavallo. Il collo sottile e delicato era una

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