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Sexy vendetta: Harmony Destiny
Sexy vendetta: Harmony Destiny
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Ebook143 pages1 hour

Sexy vendetta: Harmony Destiny

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About this ebook

Il potente armatore Jefferson Lyon non è il tipo d'uomo che accetta un no come risposta. Da nessuno. Tanto meno dalla sua segretaria. Così, quando Caitlyn Monroe gli rivela di essersi stancata di lui e dei suoi modi bruschi e si licenzia, Jefferson non resta con le mani in mano. Segue Caitlyn in un'isola tropicale, deciso ad attuare una calcolata e irresistibile strategia di seduzione per convincerla a tornare da lui. Ma la sua ex assistente sa essere più ostinata e molto più sexy di quanto Jefferson avesse mai immaginato. E il suo "piano perfetto" rischia di ritorcersi contro di lui.
LanguageItaliano
Release dateJun 10, 2016
ISBN9788858950869
Sexy vendetta: Harmony Destiny
Author

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Sexy vendetta - Maureen Child

    successivo.

    1

    Caitlyn Monroe bussò una volta, poi entrò nella tana del leone.

    Era preparata, come ogni buon domatore, a qualunque eventualità. Si sarebbe trovata di fronte una bestia inferocita, pronta ad avventarsi, famelica, su di lei? O forse, chissà, un mansueto micione? Pura illusione. Dopo aver lavorato tre anni per Jefferson Lyon, sapeva ormai fin troppo bene che quell'uomo era molto più incline all'aggressività e alla stizza che non alla calma.

    Jefferson pretendeva di averla vinta sempre e con tutti e non si accontentava mai della mediocrità. Era proprio questo che aveva fatto di lui l'uomo d'affari di successo che era e che lo rendeva, spesso e volentieri, un capo esigente e rompiscatole.

    Ma Caitlyn ci aveva fatto il callo. Aver a che fare con le continue richieste di Jefferson era la normalità e dopo la batosta ricevuta nel fine settimana, aveva proprio voglia di normalità. Del solito tran tran quotidiano. Apprezzava il fatto di conoscere Jefferson Lyon come le sue tasche e di sapere che cosa aspettarsi da lui. Anziché essere presa in contropiede da notizie che erano veri fulmini a ciel sereno.

    Basta. Non ne poteva più di sgradite sorprese. Non ne poteva più di ripensare a quel sabato sera.

    Il suo capo alzò gli occhi mentre lei entrava e, anche solo per un istante, Caitlyn si concesse di apprezzare la visione. Jefferson aveva un viso dai lineamenti marcati, con un paio di occhi azzurri penetranti, capaci di smascherare qualunque inganno, e capelli biondo scuro, portati lunghi sul collo. Sembrava una specie di pirata dei tempi moderni, con meno scrupoli di coscienza, là dove si trattava di affari, del mitico Barbanera.

    La maggior parte delle persone che lavoravano per lui si teneva alla larga dal potente magnate. Bastava il rumore dei suoi passi lungo il corridoio a gettare tanti suoi dipendenti nel panico. Aveva la reputazione di essere un uomo duro, uno che non sopportava gli stupidi e si aspettava da tutti la perfezione.

    E Caitlyn era in grado di fornirgliela. Gestiva il suo ufficio e gran parte della sua vita con efficienza. In qualità di sua assistente personale, aveva imparato a tenere testa alla sua straripante personalità. Prima di essere assunta per quel posto, Jefferson cambiava segretaria ogni due mesi. Ma Caitlyn era la minore di cinque figli ed era abituata a far valere le sue ragioni.

    «Che c'è?» le domandò in tono stizzito, alzando la testa per un nanosecondo, poi ritornando con lo sguardo sulle molte carte sparse sull'ampia scrivania di mogano.

    Tutto normale, pensò Caitlyn mentre percorreva con lo sguardo l'enorme ufficio. Le pareti erano dipinte di un celeste polvere e diverse fotografie delle navi della Lyon adornavano l'ambiente. Due comodi divani in pelle erano posti l'uno di fronte all'altro davanti a un camino che era spento, data la stagione, e un lungo tavolo per le riunioni era situato accanto a un minibar, al lato opposto della stanza. Dietro la scrivania di Jefferson, vetrate a tutta parete fornivano una spettacolare vista sul porto.

    «Buongiorno» lo salutò, non facendosi smontare da quell'atteggiamento scontroso. Oramai ci era abituata.

    Quando aveva iniziato a lavorare per lui, Caitlyn si era scioccamente illusa che, in qualità di assistente del capo, sarebbe diventata una specie di suo braccio destro. Che avrebbero avuto un rapporto lavorativo che sarebbe andato ben oltre un impartire ordini e un eseguirli.

    Ma non le ci era voluto molto per capire come stavano le cose.

    Jefferson non aveva dei collaboratori. Aveva dei dipendenti. Migliaia di dipendenti. E Caitlyn era semplicemente una tra i tanti. A ogni modo, era brava nel suo lavoro e lui era perduto senza di lei, sebbene non glielo avesse mai riconosciuto. Mai un complimento. Mai una parola di gratitudine.

    Attraversò la stanza e depositò un foglio sulla pila di documenti, attendendo che lui lo prendesse e lo visionasse. «I suoi legali ci hanno inviato via fax i numeri della Morgan. Dicono che sembra un buon affare.»

    «Decido io cosa sembra o non sembra un buon affare» ci tenne subito a rammentarle, alzando lo sguardo.

    «Giusto.» Una risposta scontata, perfettamente in linea con il carattere da megalomane dittatore di Jefferson. Caitlyn si morse la lingua per non dirgli che, se l'opinione dei suoi legali non gli interessava, perché diavolo allora gliel'aveva chiesta? Ma non sarebbe servito a niente e, per la verità, lo avrebbe ulteriormente infastidito. Meglio non aizzarlo. Jefferson Lyon era uno abituato a fare sempre a modo suo. Ascoltava, a volte, le opinioni degli altri, ma se non le condivideva, non le prendeva in considerazione e decideva secondo la sua testa.

    Caitlyn puntellò il tacco delle decolleté nere nella soffice moquette blu oltremare. Mentre aspettava, allungò lo sguardo verso l'oceano che si stendeva a perdita d'occhio alle spalle di Jefferson. Navi passeggeri affollavano il porto insieme ai mercantili, la maggior parte dei quali esibivano lo stilizzato leone rosso che era il logo della compagnia di navigazione di Jefferson Lyon. Alcuni rimorchiatori trascinavano verso il mare imbarcazioni tre volte più grandi di loro. Il traffico scorreva lento sul ponte Vincent Thomas e il sole spandeva i suoi raggi dorati sulla superficie dell'acqua che brillava come cosparsa di tanti piccoli diamanti.

    La Lyon Shipping aveva la sua sede a San Pedro, in California, in uno dei più trafficati porti del paese. Dai suoi uffici, Jefferson poteva controllare le sue navi che entravano e uscivano dal porto, osservare le attività quotidiane che si svolgevano nella zona portuale, le pesanti gru, gli operai che caricavano e scaricavano le merci, il traffico di grosse imbarcazioni che solcavano l'oceano e che facevano di lui uno degli uomini più ricchi del mondo.

    Ma Jefferson non era il tipo che amava trascorrere il suo tempo a contemplare lo scenario. In realtà, teneva sempre le spalle rivolte alla vetrata e lo sguardo fisso sulla scrivania.

    «Altro?» la interpellò, allorché Caitlyn non accennava ad andarsene.

    Lei lo guardò e provò il medesimo sussulto che avvertiva ogni qualvolta quegli intensi occhi azzurri incontravano i suoi. All'istante, ripensò alla conversazione avuta il sabato sera con Peter, il suo ormai ex fidanzato.

    «Tu non vuoi sposare me, Cait» le aveva detto, scuotendo la testa ed estraendo il portafoglio dalla tasca interna della giacca. Aveva posato venti dollari sul tavolo, per pagare le bevande, e incontrato di nuovo il suo sguardo. «Non è di me che sei innamorata.»

    Caitlyn lo aveva guardato con gli occhi fuori dalle orbite. «Ehi, porto al dito il tuo anello.» Poi gli aveva fatto ondeggiare la mano davanti al viso, nel caso si fosse dimenticato del solitario di due carati che le aveva regalato appena sei mesi prima. «Chi altro credi che sarei interessata a sposare?»

    Peter aveva cacciato uno sbuffo d'aria. «Non è ovvio? Ogni volta che stiamo insieme, non fai che parlarmi di Jefferson Lyon. Quello che ha detto, che cosa ha fatto, i suoi programmi.»

    Era davvero così? Non ci aveva fatto caso. E anche se fosse?

    «Anche tu parli del tuo capo» gli aveva rammentato, veemente. «È tanto per fare conversazione, no?»

    «No, il problema è proprio lui. Lyon.»

    «In che senso?»

    «Sei innamorata di quell'uomo.»

    «Che cosa? Ti ha dato di volta il cervello?»

    «Non credo proprio» aveva ribattuto Peter. «E io non voglio sposare una donna che ha in testa un altro uomo.»

    «Bene» aveva concluso Caitlyn, sfilandosi l'anello e poggiandolo sul tavolo, davanti a lui. «Ecco qua. Non mi vuoi sposare? Non c'è problema. Riprenditi il tuo anello. Ma non dare la colpa a me, Peter.»

    «È possibile che non te ne renda conto? Non vedi come reagisci?»

    «Lui è il mio capo. E basta.»

    «Già.» Peter si era spinto indietro con lo sgabello e si era alzato, senza staccarle gli occhi di dosso. «Continua pure a pensarlo. Ma tieni bene a mente una cosa, Cait. Lyon non ti vedrà mai come nient'altro che una sua dipendente. Ti guarda come guarda un qualunque altro oggetto presente nel suo ufficio.»

    Caitlyn era rimasta spiazzata da tutta la conversazione. Tutto ciò che aveva fatto era stato informare Peter del progetto di Jeff di comprare una nave da crociera e ammettere quanto le dispiacesse perdersi il viaggio in Portogallo per andare a vederla, a causa del loro imminente matrimonio. Peter aveva subito cambiato atteggiamento e si era lanciato in un lungo discorso che si era concluso con l'annullamento del matrimonio che stavano organizzando da mesi.

    Le partecipazioni erano già state spedite, i primi regali avevano incominciato ad arrivare, una sostanziosa caparra era stata versata al locale sulla scogliera che avevano scelto per il ricevimento. E ora, a quanto pareva, bisognava disdire tutto.

    Perché diavolo Peter si era messo in testa che fosse innamorata del suo capo? Accidenti, Jefferson Lyon era un uomo arrogante e dispotico, un insopportabile tiranno.

    «Mi dispiace che sia andata a finire così» aveva commentato Peter, allungando una mano verso di lei, ma ritraendola in tempo e lasciandola poi ricadere lungo il fianco. «Saremmo stati bene insieme.»

    «Ti sbagli su me e Lyon» aveva insistito lei, fissando il suo sguardo sull'uomo con cui aveva creduto di trascorrere il resto della sua vita.

    «Per il tuo bene» aveva detto Peter malinconico, «vorrei tanto che fosse così.»

    Detto questo, si era voltato e se n'era andato, lasciando Caitlyn da sola, con un dito nudo e un terribile senso di vuoto dentro.

    «Caitlyn!»

    La voce di Lyon la scosse come uno sparo, sottraendola ai ricordi. «Mi... mi scusi.»

    «Non è da lei distrarsi.»

    «Stavo solo...» Che? Vuoi davvero dirgli che il tuo fidanzato ti ha mollata perché pensa che ti sia innamorata del tuo capo? Non mi pare proprio il caso, Cait, riprenditi.

    «Che cosa?» incalzò lui incuriosito, scoccandole uno sguardo in tralice mentre teneva il capo chino sul foglio davanti a sé.

    «Niente.» Non gli avrebbe detto nulla. Neppure che le nozze erano state annullate. Be', prima o poi avrebbe dovuto informarlo, perché si era già presa quattro settimane di licenza matrimoniale. Per il viaggio di nozze. E ora non ne avrebbe più avuto bisogno. «Le volevo ricordare l'appuntamento delle due

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