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La mia vita senza un uomo (eLit): eLit
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La mia vita senza un uomo (eLit): eLit

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About this ebook

South Village 1

È facile giurare di aver chiuso con gli uomini quando sei appena stata buttata fuori casa dal tuo ultimo ragazzo. Questo Suzanne lo sa, ma stavolta è proprio decisa a dimenticarsi il sesso forte. Almeno fino a quando, davanti al palazzo dove andrà a vivere, a South Village, incontra un fusto come Ryan Alondo. In fondo ha una nuova casa, delle nuove amiche... perché non un nuovo amore?
LanguageItaliano
Release dateJul 31, 2018
ISBN9788858988824
La mia vita senza un uomo (eLit): eLit
Author

Jill Shalvis

JILL SHALVIS è una scrittrice che ha fatto del rosa malizioso e seducente la sua bandiera. Donna eclettica e vivace, sa dimostrarlo pienamente in ogni suo libro.

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    La mia vita senza un uomo (eLit) - Jill Shalvis

    1

    Suzanne Carter diede nuovamente un'occhiata agli annunci immobiliari e una al suo estratto conto. Ma anche se rifaceva i calcoli mille volte, la conclusione era sempre la stessa. Era al verde.

    Con quel poco che le era rimasto, sarebbe stata fortunata se avesse trovato quattro mura e un tetto.

    Eppure, qualsiasi soluzione sarebbe andata bene, visto che quella mattina il suo fidanzato - anzi, il suo ex fidanzato - aveva ordinatamente ammucchiato tutte le sue cose fuori dalla porta dell'appartamento che dividevano.

    Sulle prime, Suzanne aveva pensato che fosse uno scherzo, poi si era scontrata con la realtà quando aveva scoperto che la serratura era stata sostituita. Che stupida! Possibile che a ventisette anni suonati fosse ancora così ingenua? Eppure, avrebbe dovuto aspettarsi che la maledizione colpisse ancora.

    Dopo ben tre fidanzamenti naufragati miseramente, non c'era altra spiegazione. Doveva esserci qualcosa in lei che non funzionava e che faceva inesorabilmente fallire i rapporti con l'altro sesso, anche quelli che sembravano baciati dalle prospettive più rosee. Tutti gli uomini della sua vita l'avevano incomprensibilmente rimproverata di farli soffrire troppo. Anche Tim si era lamentato più volte, implorandola di aprirsi con lui, di rivelargli i suoi sentimenti più reconditi.

    Non che lui non avesse contribuito a rovinare la loro storia. Una volta lo aveva persino scoperto mentre faceva l'amore con la donna delle pulizie. Ma anche di quello spiacevole episodio lui aveva dato la colpa a lei, affermando con veemenza di essersi lasciato andare soltanto perché si sentiva a pezzi, terribilmente solo e non ricambiato.

    Ora, dopo quell'ultimo fallimento, Suzanne era più che convinta di essere segnata dalla malasorte nelle questioni di cuore e, di conseguenza, aveva deciso di chiudere con gli uomini. Così almeno non li avrebbe più fatti soffrire. E loro non avrebbero fatto soffrire lei.

    Peccato solo che non potesse dividere con qualcuno le spese di un nuovo affitto, si disse sospirando, mentre con la penna rossa tracciava un cerchio intorno all'inserzione dell'appartamento più abbordabile che avesse trovato. Stringi la cinghia, le raccomandava sempre sua madre. Le sembrava quasi di sentirla mentre le ripeteva instancabilmente di mettersi in riga.

    Tutti ritenevano che Suzanne avesse bisogno di diventare più responsabile. Be', tutti tranne suo padre, dal quale aveva ereditato quella sua... come dire... sregolatezza.

    L'annuncio che aveva sotto gli occhi diceva: Economico, economico, economico! Due piccole stanze con bagno. Senza ascensore. Ed era esattamente quello che faceva per lei, visto che non aveva né un tetto, né risparmi, né qualcuno con cui dividere le spese e, contrariamente a quanto si potesse pensare, il suo stipendio da chef non era granché.

    Casa dolce casa, si disse tutta speranzosa salendo in auto.

    Poiché era lunedì, South Village era un viavai di gente indaffarata. Non aveva più nulla in comune con l'anonimo agglomerato appena fuori Los Angeles di quando era ragazzina. Una volta grigio e desolato, adesso era una località allegra e piena di vita, con pittoreschi caffè, ristoranti e negozi alla moda.

    Quando individuò il numero civico dell'edificio che cercava, parcheggiò e guardò fuori dal finestrino. Nella speranza di ricavarne un'impressione migliore, si abbassò gli occhiali da sole e guardò di nuovo. Ma lo stratagemma non funzionò. Comunque lo si guardasse, quel palazzo era un rudere.

    Le torrette angolari, i finti balconi e le numerose finestre, benché dovessero aver avuto il loro fascino, mostravano chiaramente di aver bisogno di una ristrutturazione radicale.

    Non che lei, in quelle condizioni, potesse pretendere di meglio, si ripeté. Del resto, il punto era un altro. Quello era l'inizio di una nuova vita. Aveva finalmente la possibilità di dimostrare al mondo che era in grado di farcela da sola, senza distruggere moralmente altri uomini. Era la sua occasione per imparare a essere autonoma, matura e responsabile.

    «Okay, ci siamo» disse per darsi coraggio mentre scendeva dall'auto, senza riuscire a smettere, tuttavia, di nutrire la speranza di aver sbagliato indirizzo.

    Il piano inferiore con le sue ampie vetrine, una volta chiaramente destinato a usi commerciali, era del tutto abbandonato. Suzanne alzò lo sguardo ai piani superiori, ma qualcosa accanto a lei attrasse la sua attenzione. A un tratto, l'enorme albero di fianco all'ingresso aveva cominciato a ondeggiare pericolosamente. Era una maestosa quercia, una delle tante che circondavano l'edificio.

    All'improvviso, dall'albero balzò giù un uomo. E non un uomo qualsiasi, ma un tipo alto, bruno, con un fisico atletico e il volto tenebroso.

    Quando il fusto raddrizzò le ampie spalle, Suzanne riuscì a scorgere meglio i capelli mossi e i lineamenti decisi del viso abbronzato. Lui non si era accorto di essere osservato e continuò a dedicarsi all'albero. Guardando fisso il tronco, vi premette contro le grandi mani e cominciò a... spingere?

    Suzanne era ipnotizzata dalla vista di quel corpo massiccio incredibilmente teso nello sforzo. Tra lo shock e la curiosità, realizzò di non riuscire letteralmente a staccare lo sguardo.

    Quell'uomo era bello.

    No, ripensandoci, bello era un termine più indicato alle fattezze aggraziate di una donna, e quell'uomo così... maschio non aveva assolutamente nulla di femminile, si disse con convinzione. Soltanto a guardarlo, Suzanne si sentiva ardere come non le era mai capitato prima.

    Indossava un paio di jeans scoloriti e una T-shirt bianca che metteva in risalto un fisico poderoso da pugile, a cui difficilmente si sarebbe potuto resistere.

    Non che questo dovesse riguardarla, accidenti! Si era forse dimenticata del giuramento che aveva fatto a se stessa? Non voleva più far soffrire nessuno. Non voleva più caricarsi sulla coscienza l'infelicità di un altro uomo. O la sua.

    Suo malgrado, però, era rimasta a bocca aperta nel vedere all'opera quelle magnifiche spalle vigorose mentre l'uomo spingeva con forza l'albero.

    A un certo punto, il tizio si sentì osservato. Si girò e le rivolse un sorriso che... Wow!

    «Scusi se l'ho spaventata» le disse mentre raccoglieva da terra un taccuino. E poiché lei era fatta di carne e lui era irresistibile, approfittando del fatto che si era abbassato, Suzanne lanciò un'occhiata al posteriore mirabilmente fasciato dai pantaloni sbiaditi e... Cattiva!, si rimproverò con asprezza.

    Vedendo che l'uomo si raddrizzava, distolse lo sguardo con la rapidità della luce e passò a esaminargli il viso. La pelle dorata parlava chiaramente di una vita vissuta all'aria aperta, così come quelle piccole rughe intorno agli occhi di pece, che avrebbero fatto la disgrazia di una donna, se le avesse avute sul proprio viso, ma che rendevano un uomo così terribilmente sexy.

    L'uomo annotò qualcosa sul taccuino e cominciò a fischiettare, poi si voltò ed entrò nel palazzo.

    Suzanne lo seguì con lo sguardo, chiedendosi cosa le avesse detto. Si era scusato per averla spaventata? Magari perché era saltato giù dall'albero come un Tarzan metropolitano?

    In realtà, Suzanne si era spaventata, ma solo della propria reazione. Quell'uomo le aveva risvegliato i sensi come non immaginava fosse possibile. E questo malgrado i suoi fermi propositi per il futuro.

    No. Così non andava. Doveva controllarsi di più. Doveva mettere ordine nella propria vita una volta per tutte. Quindi allontanò con forza dalla mente quella visione estatica ed entrò a sua volta nell'androne dell'edificio.

    «C'è nessuno?» gridò, ma sentendo l'eco del proprio richiamo, le parve che il luogo fosse deserto.

    Salì al piano superiore. C'erano due porte, entrambe chiuse. Sentì delle voci che provenivano dall'alto e salì altre due rampe, finché non si trovò all'ultimo piano, il cui pianerottolo dava accesso a una vecchia soffitta trasformata in un piccolo appartamento.

    Entrò in quello che sarebbe potuto essere un soggiorno, ma che al momento era solo una vecchia mansarda, vuota e polverosa. Solo le ampie finestre panoramiche, da cui entrava un sole splendente, la rendevano accogliente, e Suzanne pensò che quel posto aveva del potenziale.

    Nella cucina, separata dal resto dell'ambiente soltanto da un bancone, riuscì a scorgere un uomo e una donna che discutevano davanti ad alcuni progetti distesi sul ripiano. La donna, che era china sui disegni, sentendola entrare sollevò la testa.

    Sembrava essere all'incirca della sua stessa età, notò Suzanne, ma quella era l'unica cosa che le accomunava. I suoi capelli erano una massa incolta, mentre quelli della donna erano raccolti in un'acconciatura sofisticata che lei da sola non sarebbe mai stata in grado di farsi. Inoltre, aveva un trucco praticamente perfetto, i cui colori facevano pendant con l'abito impeccabile completato dai gioielli eleganti. Il suo aspetto principesco strideva terribilmente con il resto dell'ambiente circostante.

    Quando anche l'uomo sollevò gli occhi e la guardò, Suzanne si accorse con un brivido che si trattava dello splendido Tarzan in cui si era imbattuta prima. I suoi occhi avevano il colore del cioccolato fondente - il suo gusto preferito - ed emanavano una sensualità dirompente. Si sarebbe potuta perdere in quegli occhi così profondi, si disse con aria sognante, se solo non avesse già rinunciato agli uomini.

    Ed era un vero peccato che lo avesse fatto, perché quel fusto era una vera tentazione.

    «Salve» esordì con un certo imbarazzo. «È questo l'appartamento dell'inserzione che diceva...» Aprì il giornale per leggere. «Economico, economico, economico?»

    La donna sorrise, si scostò dal viso un inesistente capello fuori posto e, gettandosi una desolata occhiata intorno, disse: «È proprio questo. Spero che sia ancora interessata».

    «Certo» rispose Suzanne, ripensando alle magre cifre del suo estratto conto. «Ma quanto è economico, con esattezza?»

    «Aspetti che ne parliamo. Ma prima...» Si voltò verso l'uomo e chiese: «Possiamo finire dopo?».

    «Dopo potrebbe essere troppo tardi, Taylor» ribatté lui con tono contrariato.

    C'era da immaginarselo che a un viso tanto attraente corrispondesse una voce così sexy, pensò Suzanne con sempre maggior cruccio per la sua recente risoluzione.

    «Ho bisogno di un inquilino» spiegò lei.

    «Prima dobbiamo occuparci di quegli alberi. Tutti quelli del lato est potrebbero cadere al prossimo temporale, che tra l'altro è previsto proprio per questa notte.»

    «Ryan!» lo zittì lei con una piccola stretta sul braccio.

    In vita sua, Suzanne

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