Una passione pericolosa: Harmony Bianca
By Leah Martyn
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About this ebook
Aiden: Kate non si fida di me nemmeno dopo che le ho chiesto di sposarmi. So che i suoi figli vengono prima di tutto, ma se non mi lascerà avvicinare almeno un po', loro non impareranno mai ad accettarmi. E insieme non potremo essere quella grande famiglia che ci meritiamo di diventare.
Leah Martyn
LEAH MARTYN fa uscire dalla sua "penna" personaggi positivi e profondi, nell'animo come nella professione. Quando non scrive, trascorre ore a curiosare in libreria.
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Book preview
Una passione pericolosa - Leah Martyn
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Daredevil And Dr Kate
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2012 Leah Martyn
Traduzione di Giovanna Seniga
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5897-994-5
1
Kate studiò con attenzione la sua figura riflessa nello specchio a tutta altezza. Era il primo giorno in cui avrebbe visitato da sola i pazienti nella clinica medica di Mount Pryde e voleva avere un aspetto adeguato. Più che altro voleva sentirsi a suo agio.
Fece un passo indietro. I pantaloni scuri e la camicetta a righe sottili le stavano benissimo. Aveva un aspetto professionale accentuato dai capelli ben pettinati e dal trucco leggero, ma perfetto.
E perché continuava a lisciarsi come una ragazzina al primo appuntamento? Si allontanò dallo specchio con un moto di impazienza. Era una donna sola che si doveva occupare di due figli. Non bastava questo a farla rimanere con i piedi ben piantati per terra? Mise un pacchetto di fazzoletti di carta nella sua tracolla e chiuse la cerniera.
«Su bambini» disse ad alta voce lasciando la stanza. «Prendete gli zaini. Dobbiamo andare.»
Le bastarono un paio di minuti per sistemare i suoi figli sul sedile posteriore della Lexus grigio metallizzato. Accese il motore e si sentì prendere da una agitazione che le strinse lo stomaco e la obbligò a respirare a fondo per vincere la tensione.
«Mamma, tu sei un vero medico?» le chiese Mia, la sua bambina di sei anni, mentre si stavano dirigendo verso la scuola.
Kate sorrise. Sua figlia era molto sveglia e le sue domande non erano mai sciocche. «Certo, amore. Sono un vero medico. Ma perché me lo chiedi?»
«Perché ho trovato un libro di storie dalla nonna e c’erano dei disegni di dottori e tutti indossavano lunghi camici bianchi. Tu non indossi un camice bianco.»
«Doveva essere un libro di storie un po’ vecchio. Oggi i medici non indossano più lunghi camici bianchi» le spiegò Kate.
«Mamma?» La voce di Luke, il suo primogenito di otto anni, vibrava di infantile impazienza. «Dove posso giocare a pallone?»
Kate si lambiccò il cervello, ma non le venne in mente nulla. «Tesoro, non so cosa dirti. Forse c’è un parco vicino a casa. Appena abbiamo tempo lo cercheremo.»
«Il giardino è troppo piccolo» si lamentò il bambino. «Vorrei essere ancora alla fattoria con la nonna e il nonno.»
Soffocando un sospiro Kate pensò che era quello che avrebbe voluto anche lei. Avrebbe desiderato con tutto il cuore poter vivere con i suoi genitori e dividere con loro tutte le sue responsabilità, ma non era possibile. Il suo lavoro e la scuola imponevano che lei e i bambini vivessero in città.
Intanto erano arrivati. Kate accostò al marciapiede.
«Cosa facciamo se la scuola non mi piace?» chiese Luke ansiosamente.
«Vedrai che ti piacerà» lo rassicurò Kate mentre aiutava Mia a scendere dall’auto. «Fai del tuo meglio e andrà tutto bene.»
Kate rimase finché i suoi figli non furono accolti dagli insegnanti e accompagnati ai loro posti. La scuola e la clinica medica di Mount Pryde erano abbastanza vicini e lei cominciò a concentrarsi sulla giornata di lavoro che l’attendeva. Era stata fortunata a trovare quel posto che le lasciava il tempo di occuparsi dei ragazzi. E spostarsi nella parte sud est del Queensland, a soli venti chilometri di distanza dai suoi genitori, sembrava una decisione sensata.
Dopo aver parcheggiato nel posto assegnatole vicino alla clinica, si strinse d’istinto le braccia attorno al petto in una specie di abbraccio. Si rimproverò silenziosamente per essersi lasciata prendere in quel modo dal nervosismo e si impose un atteggiamento rilassato mentre entrava nell’edificio. Come aveva detto a Luke, anche lei doveva fare del suo meglio e sarebbe andato tutto bene.
Digitò il codice di sicurezza che apriva il portone dell’edificio e si diresse verso quello che era diventato il suo ambulatorio. Il cartellino con il suo nome, Dott. Kate Preston, affisso sulla porta le diede un brivido d’orgoglio.
Kate prendeva il posto di Jo McNeal che era appena andata in maternità e che lei aveva affiancato per tutta la settimana precedente in modo da iniziare a conoscere i pazienti. Anche Brady, il marito di Jo, lavorava nella clinica insieme ad Angelo Kouros e Aiden O’Connor.
Mentre sistemava gli oggetti sulla sua scrivania, Kate pensò che quella squadra sembrava un gruppo ben assortito di personalità. Angelo era piuttosto riservato, anche se lei era convinta che sotto la sua aria severa si nascondesse un forte senso dell’umorismo. Era quello con più anzianità ed era sposato con Penny che lavorava come anestesista nell’ospedale locale.
Poi c’era Brady. Con lui Kate si era sentita subito a suo agio. «Se ti capita un’emergenza per i bambini e hai bisogno di essere sostituita, basta che lo chiedi» le aveva detto mostrando grande sensibilità. «So cosa significa essere un genitore solo che svolge un lavoro di responsabilità come il nostro.»
Aveva continuato raccontandole che si era dovuto occupare del figlio neonato prima di incontrare Jo e sposarla. Adesso il piccolo Andrei aveva quasi tre anni e lui e Jo aspettavano il loro primo figlio entro poche settimane.
Poi c’era Aiden.
Pensando a lui Kate sentì la gola secca. Incontrare Aiden O’Connor le aveva causato a dir poco una grossa agitazione. E in lei aveva cominciato a farsi strada la strana sensazione di avere perduto qualcosa nella sua vita.
Imprecò a bassa voce mentre apriva le veneziane. Era una giornata luminosa e lasciò che il sole le scaldasse la pelle del viso. Non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero di stare lavorando nello stesso posto in cui lavorava O’Connor.
Cominciò ad esaminare il pacco di posta che Vicki, l’addetta alla reception, le aveva lasciato sulla scrivania. Prese la busta che conteneva il risultato dell’esame radiologico che lei e Jo stavano aspettando e andò a sistemare la lastra sullo schermo luminoso.
Un leggero colpo alla porta la fece voltare. «È aperto.»
«Buongiorno, Kate.» disse Aiden facendo capolino.
Kate sentì che tutta la sua compostezza la stava abbandonando mentre il cuore cominciava a martellarle nel petto. «Buongiorno.»
Aiden entrò con passo sciolto e si fermò davanti alla scrivania. «Ho avuto l’incarico di portarti a prendere il caffè a costo di costringerti storcendoti un braccio, se necessario.» La fissò con un lampo di divertimento nei suoi occhi blu. «Non sarai una malata del lavoro, per caso, Dottoressa Preston?»
Lei sollevò il mento. «Non più di quanto sia necessario in una clinica con molto lavoro.» Strinse il labbro inferiore fra i denti cercando in tutti i modi di distogliere la sua attenzione dall’uomo che aveva davanti. Fra sé e sé lo chiamava ‘Dottor Distrazione’ e in quel momento era difficile ignorare il modo in cui la maglietta grigio antracite mostrava l’ampiezza delle sue spalle e i jeans neri fasciavano i suoi fianchi snelli. Insomma non vedere che sotto quegli abiti ci fosse un fisico atletico e slanciato.
Il suo sguardo incontrò per un attimo gli occhi blu di Aiden e poi si spostò più in alto. Aveva i capelli corti, castano chiari, spruzzati di biondo a causa del sole. Kate pensava che fosse il tipo d’uomo con l’eterna abbronzatura di chi ama vivere all’aria aperta. Ed era proprio così, a sentire le voci che giravano in ufficio. Aiden O’Connor andava pazzo per gli sport. Praticava l’arrampicata, lo snowbord ed era attirato da tutti gli sport estremi. Anche a Kate una volta piacevano, ma ormai, con due figli da allevare, sapeva di non poter più correre rischi inutili. Smise di mordicchiarsi il labbro e deglutì. Per la prima volta dentro di sé ammise che O’Connor era l’uomo più attraente che avesse mai incontrato.
«Allora, Kate, di chi è quel piede che stai studiando?» chiese Aiden sporgendosi per guardare meglio.
«Di un maschio di cinquantacinque anni.» Fece un bel respiro cercando di recuperare il controllo. «È operaio di catena di montaggio. Per la maggior parte della sua giornata lavorativa sta in piedi su un pavimento di cemento. Lamenta un indolenzimento del collo del piede destro.»
«Stai pensando a uno sperone osseo del calcagno?»
«È una possibilità.»
Lui strinse per un attimo le labbra. «Ma sicuramente non si tratta di uno sperone e giudicare da quello che si vede. E non ci sono altre lesioni ossee.»
«Sembra di no.» Senza volere Kate si mise a fissare il dito che Aiden, tutto concentrato, muoveva ritmicamente sul labbro inferiore. Si affrettò a distogliere lo sguardo e a riportarlo sulla lastra. «Sulla testa del metatarso ci sono un paio di cisti, ma non dovrebbero presentare un problema.»
«No.» Lui sorrise e questo provocò l’apparizione di solchi affascinanti sulle sua guance incavate. «Allora come pensi di curare il tuo paziente?»
Seccata, Kate spense la luce del tavolo luminoso. Non si era accorta di avere chiesto un consulto al dottor O’Connor. Era combattuta fra il fastidio per quella intromissione e il senso di turbamento che le dava la sua vicinanza.
Sbatté le palpebre, deglutì e si affrettò a rifugiarsi nel linguaggio professionale. «Gli ho prescritto un ciclo di fisioterapia per recuperare almeno in parte la flessibilità del piede.»
«Si potrebbe anche considerare di modificare la forma delle sue scarpe da lavoro. Solo un suggerimento» aggiunse in fretta, alzando le mani con atteggiamento di scusa. «Non volevo starti fra i piedi.»
«Lo faresti se stessimo danzando insieme» rispose Kate in tono distaccato, pentendosi immediatamente. Davvero aveva detto una cosa così sciocca?
Ma O’Connor sembrava divertito. «Stai insinuando che sia un pessimo ballerino, dottoressa Preston?»
«Non lo so. È così?»
«Forse lo scoprirai un giorno o l’altro» sussurrò lui.
Kate avrebbe voluto controllare il turbamento che provava sempre quando c’era lui. A cosa era dovuto? All’attrazione sessuale? Alla possibilità di una nuova storia d’amore? Comunque era qualcosa di diverso da un semplice movimento di ormoni.
E decisamente seccante.
«Dovremo sbrigarci per quel caffè» disse in tono forzato. «Si staranno chiedendo dove siamo finiti.»
«Diremo loro che ci siamo distratti.»
Mentre lo seguiva lungo il corridoio e cercava di nuovo di analizzare la complessità dei suoi sentimenti, pensò che era esattamente quello che era appena successo a lei.
Aiden si concesse di nuovo qualche secondo per osservarla. Kate era senza dubbio una bella donna. Alta e snella riusciva a tenere il suo passo senza sforzo. Aveva gli occhi nocciola e una bellissima pelle. Ed era una bruna naturale, con una massa di capelli tanto lucidi che quasi riusciva a specchiarvisi.
Scosse la testa come per scacciare i suoi pensieri. Stava fissandola ed era meglio smettere. Lui e Kate erano colleghi. Nulla più.
«Benvenuta nello zoo» disse fermandosi di fronte a lei per aprire la porta della stanza del