Passione al chiaro di luna: Harmony Destiny
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Charlene Sands
Risiede nel sud della California con il marito e i loro due figli. Scrittrice dotata di grande romanticismo, è affascinata dalle storie d'amore a lieto fine ambientate nel Far West.
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Passione al chiaro di luna - Charlene Sands
successivo.
1
Brooke McKay non aveva idea di dove la stesse portando quella strada in pieno deserto texano. Guardando oltre una decina di insetti spiaccicati sul parabrezza dell'auto presa a nolo, vedeva solo miglia e miglia di terreno piatto. Dopo essere vissuta in California, vicino a montagne e spiagge, quel genere di paesaggio sterminato le era estraneo.
Una spia rossa lampeggiò sul cruscotto. Il serbatoio della benzina era quasi vuoto. «Non farmelo...» borbottò.
Agghindata nel suo miglior abito di pizzo nero e in sandali rossi dai tacchi così alti da mettere a dura prova i suoi piedi dovendo camminare per raggiungere la più vicina stazione di servizio, Brooke spinse ai limiti la vettura.
Scorse qualcosa al centro della carreggiata. «Oh!»
Una vittima della strada.
A quando pareva, qualcuno era passato di recente. Una buona notizia per lei, non altrettanto per il povero opossum.
Mentre proseguiva, si tolse gli occhiali da sole e sbirciò nella luce pomeridiana cercando un miracolo. Una stazione di servizio, per esempio.
L'auto scoppiettò e il motore emise i suoi ultimi respiri.
Un attimo dopo la vettura si arrestò sobbalzando.
Spinse sull'acceleratore, inutilmente.
Non solo non sarebbe arrivata in tempo al matrimonio di Heather, ma sarebbe stata anche costretta a campeggiare per chissà quanto tempo in quel deserto.
Fissò il cellulare sul sedile accanto. Sapeva già che quel miracolo non sarebbe successo. Non c'era campo. Era così da dieci miglia. Batté la fronte sul volante un paio di volte poi decise che era un buon cuscino sul quale appoggiare la testa e chiudere gli occhi mentre rifletteva sul modo di uscire da quella brutta situazione. Non aveva molte scelte. Doveva scendere e iniziare a camminare.
«Mi scusi, signorina» disse una voce profonda, spuntata dal nulla. «Sta bene?»
Alzando di scatto la testa, si sorprese ad annegare negli occhi azzurri di un uomo, in piedi accanto alla portiera. Il suo battito accelerò di colpo. Aveva davanti a sé un cowboy di una bellezza sconvolgente.
Il suo miracolo.
«Io... non l'ho sentita arrivare.» Dando un'occhiata nello specchietto retrovisore, Brooke vide un SUV nero fermo dietro la sua vettura. «Sì, sì, sto bene» aggiunse poi.
Esaminò più attentamente lo sconosciuto. Caspita, crescevano alti in Texas. Il suo miracolo era vestito di nero, con tanto di cintura dalla borchia d'argento e uno di quei sottili cravattini così sexy.
«Penso di aver sbagliato strada. E ho finito la benzina.»
Annuendo, lui si passò una mano sulla mascella. «Non è una buona cosa su questa strada. Non ci sono stazioni di servizio per almeno dieci miglia. A proposito, mi chiamo Wyatt Brandt.» Tese la mano e lei gliela prese. Era un po' goffo stringersi la mano attraverso il finestrino, ma la sua stretta salda e la cantilena texana la misero a suo agio.
Potrebbe essere un serial killer.
Quando quel pensiero le passò per la testa, lo scacciò subito. Le farfalle che le svolazzavano nello stomaco mentre la sua mano scompariva in quella di lui, anche solo per un istante, dicevano una storia diversa. «Io sono Brooke. Stavo andando alle nozze di un'amica, e adesso temo che non arriverò mai in tempo.»
«Piacere di conoscerti, Brooke. Non starai andando, per caso, al matrimonio di Heather e Blake?»
Lei aggrottò le sopracciglia. Come faceva a saperlo? Le balenò di nuovo in mente serial killer. Che la stesse seguendo? Suo fratello, Dylan, aveva rischiato di morire per mano di uno stalker. Per fortuna era sopravvissuto e aveva deciso di allontanare la moglie da Hollywood per un po'. Emma, Dylan e lei al momento si trovavano tutti in Texas, mentre suo fratello girava un film. Aveva ancora nel cervello la parola stalker, ma liquidò subito quel sospetto riferito a Wyatt. Quanti stalker guidavano un SUV e si vestivano come un modello? No, Wyatt Brandt o era uno psicopatico oppure anche lui era stato invitato alle nozze. «Sì, proprio quello. Il GPS mi ha detto di prendere questa strada, che dovrebbe essere una scorciatoia. Tu li conosci?»
«Certo. Anch'io sto andando al matrimonio. Blake è un mio amico.»
Brooke sorrise. Il miracolo migliorava di momento in momento. «Heather e io abbiamo frequentato lo stesso college sulla costa orientale. Non conosco Blake.»
«È un tipo in gamba. Giusto perché tu lo sappia, non devi preoccuparti per me. Possiedo il Blue Horizon Ranch, a poche miglia da qui» la informò Wyatt. «E sì, questa è una scorciatoia. Anch'io ero un po' in ritardo ma se ci sbrighiamo, arriveremo prima che la cerimonia inizi.»
«Diamine, è fantastico.»
Lui aprì la portiera e Brooke scese. La differenza in statura risultò subito evidente. Malgrado i tacchi alti, con la cima della testa gli arrivava solo al mento.
«E la tua auto?»
«È a nolo. La chiuderò e per il momento la lascerò qui. Non ho molta scelta se voglio arrivare in tempo.»
Lui annuì. «Buona idea.»
«Devo solo prendere la mia valigia.» Brooke premette un tasto e il baule si aprì. Wyatt la seguì e, anticipandola, allungò un braccio, sfiorandola, e afferrò la sua valigia. Quel contatto le procurò un brivido lungo la schiena. Era assurda l'attrazione che provava per quell'uomo. Non sapeva niente di lui, tranne che alla sua mano sinistra non c'era una fede, che aveva degli occhi incredibili e modi molto galanti.
«Qualcos'altro?» le domandò.
La sua valigia di Gucci era minuscola in mano a lui.
Aveva sentito parlare del fascino del Sud, e averne una prova diretta era piacevole. «No, è tutto. Grazie.»
«Quindi ti fermi per la notte?» chiese Wyatt, conducendola al suo SUV.
«Sì. Ho pensato che il ricevimento potrebbe finire tardi, e non credo che riuscirei a guidare su queste strade di notte. A quanto pare, è complicato anche di giorno.»
Una risata profonda gli salì dal torace. «Saggia decisione.» Wyatt aprì la portiera dalla parte del passeggero e lei si arrampicò sul sedile.
Quando si fu sistemata, lo sorprese a fissarle le gambe. Fu pervasa da un'ondata di calore.
Dopo aver sistemato la sua valigia, Wyatt si mise al volante e le rivolse un sorriso. «Hai un cognome?» le chiese, avviando il motore. «O sei solo Brooke?»
Santo cielo, lei non voleva essere Brooke McKay, non quel giorno, non con Wyatt. Appena uno aveva sentore di chi lei fosse in realtà, la sorella del famoso divo del cinema Dylan McKay, cominciava a trattarla in modo diverso. Adorava Dylan ma non ne poteva più di quel ruolo, che le aveva causato non poche delusioni con gli uomini, che si servivano di lei per poter avvicinare il suo famoso fratello.
Forse in Texas sarebbe stato diverso da Los Angeles, dove sembrava che tutti cercassero di entrare nel mondo del cinema. Brooke tuttavia era troppo diffidente per mettere alla prova quella teoria. «Mi chiamo Brooke Johnson.»
Quella piccola bugia le uscì facilmente dalle labbra. Era chiedere troppo?
«D'accordo, Brooke Johnson. Sei pronta?»
«Credo di essere nata pronta.»
Lui scoppiò di nuovo a ridere mentre partivano, lasciando nella polvere la piccola Ford bianca.
Wyatt non si era più relazionato con una donna da quando sua moglie, Madelyn, era morta nove mesi prima. Non vi includeva Henrietta, dal momento che la sua governante era vicina all'età della pensione, inoltre non era mai solo con lei. O Brett o Brianna, o entrambi i suoi gemelli di diciotto mesi, erano di solito con loro quando parlavano, o tentavano piuttosto di parlare. Crescere due gemelli era un'impresa caotica per la maggior parte del tempo.
Inoltre, Wyatt non era più tipo da feste. Preferiva stare al suo ranch e lavorare lunghe ore mentre cercava di essere un buon padre. Tuttavia, anche lui ammetteva che doveva reagire ed era stato il suo migliore amico, Johnny Wilde, a provvedere. «Vai a quel matrimonio, amico. Hai bisogno di uscire e ricominciare a vivere.»
Adesso era vestito in modo formale, diretto alle nozze di Blake, e faceva conversazione con una donna dai capelli scuri, una voce sensuale, gambe favolose e occhi color cioccolato.
«Tu non sei del Texas, vero?»
«Da cosa l'hai capito?»
L'aveva capito da molti particolari: i capelli scuri che le scendevano sulle spalle in riccioli ribelli, le labbra dipinte di rosso, gli occhi scuri truccati e l'eleganza del suo vestito. Sexy com'era, nessuna donna texana avrebbe indossato un abito di pizzo nero aderente a un matrimonio. Quantomeno, a nessuno dei matrimoni ai quali aveva assistito. «Oh, non saprei. Solo un'impressione.»
«Sono di Los Angeles.»
Brooke increspò le labbra, come se si aspettasse un suo commento sul proprio aspetto. Non le avrebbe mancato di rispetto in quel modo. Era diversa da Madelyn, che era stata la personificazione dello stile texano con lineamenti dolci, guance rosee e capelli biondi. Brooke possedeva un suo stile personale, ma non avrebbe detto che non fosse attraente. L'esatto contrario, e avrebbe preferito non esserne così acutamente consapevole.
«Perciò hai fatto tutta questa strada per il matrimonio?» le domandò lui.
«Sì, e per una vacanza. Devi sapere che non vedo la mia amica Heather da anni, anche se ci siamo tenute in contatto. Passerò qui il resto dell'estate.»
«Dove starai?»
«Da un'amica, appena fuori da Beckon.»
«Buona idea» annuì Wyatt.
«Già, lo sarebbe se non fossi comproprietaria di un'attività che ho affidato a un nuovo direttore durante la mia assenza. La cosa mi fa stare un po' in ansia.»
«Che genere di attività?»
«Si chiama Parties-to-go. Organizziamo ogni genere di feste ed eventi. La mia socia è incinta e, be', è un po' complicato, ma abbiamo deciso che avevamo bisogno di una pausa. Perciò eccomi qui, a godermi la coda umida e afosa dell'estate.»
E Wyatt si stava godendo lei.
«Tu cosa fai, Wyatt? Se non ti disturba che te lo chieda. Hai detto che possiedi il Blue Horizon Ranch? Significa bestiame?»
«Certo. Allevo bestiame da quasi tutta la vita. Quando mio nonno ha avviato il ranch, era di dimensioni ridotte. Mio padre l'ha ampliato, quindi sono subentrato io allorché i miei si sono trasferiti sulla costa orientale. Il successo del Blue Horizon è stato sempre un mio sogno.»
Quello e vivere fino a tarda età con Madelyn, la sua innamorata del liceo.
«E adesso l'hai raggiunto.»
«Sì. Il ranch va a gonfie vele, comunque mi impegno anche in altri campi.»
«Ah, sei un imprenditore?»
«Penso che mi potrebbero definire così.»
Wyatt andava molto orgoglioso degli investimenti che aveva fatto e che avevano dato ottimi frutti. Aveva raggiunto il suo primo milione che non aveva ancora compiuto ventisette anni, e da allora aveva lavorato sodo per assicurare un futuro tranquillo alla propria famiglia. Adesso aveva tutto il denaro di cui avrebbe mai avuto bisogno. Senza Madelyn a condividere il suo successo, tutto il suo duro lavoro gli sarebbe sembrato inutile se non fosse stato per i gemelli.
Era quello lo scopo di allontanarsi dal ranch per il weekend, cercare di andare avanti con la propria vita.
Iniziare a vivere di nuovo.
Diede un'occhiata a Brooke, che con le rosse labbra imbronciate cercava campo agitando il cellulare in aria e mettendolo fuori dal finestrino. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Lei era diversa e, supponeva, molto divertente se si fosse permesso di scoprirlo.
«Niente?» le chiese quando alla fine rinunciò.
«No. Niente di niente.»
«Arriveremo presto all'albergo.»
Lo Inn at Sweetwater era noto per i suoi giardini lussureggianti e le passerelle panoramiche lungo un lago naturale. Era la meta di coppie di amanti e lo scenario ideale per un matrimonio romantico. Ed era il motivo per cui lui aveva esitato a partecipare a quella cerimonia.
Non in quel giorno particolare. Era il compleanno di Madelyn.
Diamine, era proprio per quello che Johnny aveva insistito perché si allontanasse dal ranch. Lui aveva bisogno di distrarsi. Era stato inquieto, e perfino Henrietta l'aveva pungolato, sostenendo che aveva bisogno di tempo per chiarirsi le idee. Così aveva finito per accettare l'invito, lasciando i bambini alle sue cure per una notte, cosa che non aveva mai fatto prima.
«Cosa c'è che non va?» chiese Brooke.
Lui si voltò a guardarla. «Perché lo pensi?»
«Perché ti conosco così bene» replicò lei, sorridendo.
Wyatt scoppiò a ridere. «Scusa, ero immerso nei miei pensieri.»
«Non occorre che ti scusi. Ah! Finalmente c'è qualche tacca. Si vede che ci stiamo avvicinando alla civiltà. Scusami, ma devo chiamare il carro attrezzi perché rimorchi la mia auto.»
«Nessun problema.» Wyatt ascoltò la cantilena sensuale della sua voce e si sforzò di concentrarsi sulla guida... non su Brooke Johnson, l'affascinante donna che aveva raccolto lungo la strada.
Quando varcarono i grandi cancelli in ferro battuto, entrarono in un mondo di distese verdeggianti e di alti salici piangenti che facevano ombra al viale che conduceva all'albergo. Lo Inn at Sweetwater era una struttura in stile coloniale, con sontuose colonne e persiane candide alle finestre. I giardini erano un tripudio di azalee color porpora, peonie rosa e gigli. Tutti i sentieri conducevano a ponti pittoreschi su placidi specchi d'acqua. Sulla destra, il lago Sweetwater scintillava sotto il sole del tardo pomeriggio.
«Sembra uno scenario tratto da un quadro» commentò Brooke, estasiata. Aveva occhio per la creatività, e chiunque avesse progettato quel paesaggio sapeva come creare l'atmosfera giusta. «Sei già stato qui?»
«No» rispose