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Una dottoressa in fuga: Harmony Bianca
Una dottoressa in fuga: Harmony Bianca
Una dottoressa in fuga: Harmony Bianca
Ebook163 pages2 hours

Una dottoressa in fuga: Harmony Bianca

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About this ebook

Terry Younger, in fuga da un fidanzato pericoloso e violento, trova rifugio nell'ambulatorio di un piccolo paesino di un'isola scozzese. Il direttore dell'ambulatorio, il dottor Atholl Brodie, dimostra da subito di non fidarsi di lei, mettendola continuamente alla prova. Ma una prova che Terry sa già di non poter superare è resistere al suo fascino.

Atholl non si fida di Terry, non crede che una ragazza viziata e borghese che viene da Londra possa adattarsi alla vita semplice di un posto come quello. Ma giorno dopo giorno Terry lo stupisce sempre di più e la notte gli fa letteralmente perdere la testa. Fino a quando il passato della donna di cui si è innamorato bussa alla sua porta.
LanguageItaliano
Release dateSep 9, 2018
ISBN9788858986851
Una dottoressa in fuga: Harmony Bianca
Author

Judy Campbell

Ama ambientare le sue storie d'amore nel mondo medico, in cui si trova da sempre a suo agio.

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    Una dottoressa in fuga - Judy Campbell

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Hired: GP And Wife

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2009 Judy Campbell

    Traduzione di Francesca Tessore

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-685-1

    1

    Il traghetto si avvicinò al molo e il marinaio lanciò la corda attorno alla bitta, stringendola. Cominciò la discesa dei passeggeri. Terry Younger rimase un istante immobile, lo sguardo che vagava sulla piccola baia.

    Inspirò profondamente l’aria frizzante come le bollicine dello champagne. Il vento freddo le scompigliò i capelli corti e biondi, e con un gesto impaziente Terry se li tolse dalla fronte. Poi, assicurandosi lo zaino sulle spalle, afferrò la valigia, un brivido misto di eccitazione e impazienza. Sbarcò, dandosi una rapida occhiata intorno. L’isola di Scuola, sulla costa ovest della Scozia, non avrebbe potuto essere più diversa dalla verde periferia londinese da cui era partita. Perfetto. Un nuovo inizio, un futuro tutto suo da modellare a suo piacere, trovando finalmente un po’ di pace.

    Appoggiando il bagaglio al terrapieno del porto, Terry osservò il piccolo gruppo di persone che era venuto a prendere i passeggeri del traghetto. Il suo nuovo collega, il dottor Brodie, socio anziano dell’ambulatorio di Scuola, sarebbe andato a recuperarla. O almeno così le era stato detto. E secondo la segretaria con cui aveva parlato, doveva trattarsi di un uomo robusto, anziano e con i capelli bianchi. Peccato che nessuno dei presenti rispondesse a una descrizione del genere... Doveva essere in ritardo, ma non le importava. Seduta sulla valigia, si sarebbe armata di pazienza e lo avrebbe aspettato.

    Cinque minuti dopo il traghetto aveva fatto manovra ed era ripartito verso la terraferma. Il molo era deserto, eccezion fatta per un motociclista che parlava al cellulare. Terry si alzò in piedi, seccata. Amava la puntualità, e il ritardo del dottor Brodie la stava innervosendo.

    Trascorsero altri dieci minuti. Il tizio della moto camminava su e giù, visibilmente irritato, lo sguardo che si spostava dal molo all’orologio e viceversa. La tuta in pelle da motociclista gli conferiva un aspetto rude e sexy nello stesso tempo, enfatizzando la sua figura alta e muscolosa.

    A un tratto si mosse verso di lei, e a Terry ricordò terribilmente Max. Maledizione! Non aveva anche lui nell’aspetto qualcosa del cattivo ragazzo? Chiuse gli occhi, cercando di respingerla. Max... pieno di fascino, arrogante, sicuro del suo amore ed egoista all’ennesima potenza. Rabbrividì. Non voleva più avere niente a che fare con tipi come quello. Spalancò di nuovo gli occhi, stringendo le labbra. Non era venuta a Scuola per ricordarsi di lui e di quello che era accaduto per colpa sua.

    Il motociclista le si parò davanti e si tolse il casco, mostrando i capelli scuri e scomposti, lo sguardo puntato in direzione della terraferma. Terry lo osservò. Era un tipo che si faceva decisamente notare, facile all’ira, indovinò, e di sicuro pieno di energia. Quando si girò per riprendere la sua marcia scocciata, dalla tasca gli cadde una penna e Terry si chinò per raccoglierla.

    «A quanto pare siamo stati entrambi piantati in asso» esclamò, porgendogliela.

    L’uomo si voltò e la fissò con due magnetici occhi azzurri. Azzurri come due zaffiri, pensò all’improvviso. Non c’entrava affatto con Max, si disse. Gli occhi di Max, per quanto belli, avevano un’aria calcolatrice. Lo sguardo di quest’uomo, invece, era aperto, disponibile.

    La scrutò, indugiando sulla sua figura snella e sul suo viso. E Terry sentì un brivido percorrerle la schiena. «Ah, grazie» le disse, riprendendo la penna. «La persona che stavo aspettando deve essere sul prossimo traghetto» aggiunse, brusco. «Se non fosse così, devo andare via lo stesso. Una bella seccatura, ma non posso aspettare.» Aveva una voce attraente, profonda e con un accento decisamente scozzese. Appoggiandosi a un muretto vicino all’attracco, incrociò le gambe. «Anche lei è stata abbandonata?» indagò. I capelli scuri erano un po’ troppo lunghi e gli coprivano la nuca, dandogli un aspetto da ragazzino. Ma nel suo atteggiamento c’era qualcosa di forte e determinato. Non si sarebbe fatto prendere in giro facilmente, pensò Terry. Sorrise. In fatto di uomini non poteva certo vantarsi di saperne evincere il carattere dalle apparenze. Il suo palmarès era piuttosto misero sotto quel profilo.

    «Anche chi doveva venire a prendere me o si è dimenticato o ha avuto un incidente» affermò. «Sarà meglio che prenda un taxi.»

    «Magari crede che arriverà con il prossimo traghetto... Eccolo là all’orizzonte» suggerì il motociclista, allontanandosi dal muretto per portarsi vicino all’acqua, gli occhi fissi sulla nave in avvicinamento.

    Che fosse un turista venuto sull’isola per pescare o fare delle passeggiate?, si chiese Terry. Non era difficile immaginarselo a inerpicarsi sui sentieri scoscesi di quelle colline o a rombare sulle stradine di montagna in sella alla sua moto.

    Entrambi rimasero a guardare il traghetto avvicinarsi e scaricare un nuovo gruppo di persone. Ma in breve fu chiaro che l’amico dell’uomo non c’era. E del dottor Brodie ancora nessuna traccia.

    Dall’imbarcazione, dopo lo sbarco dei passeggeri a piedi, cominciarono a scendere tre veicoli, l’ultimo dei quali, una Smart nera, sembrava decisamente in difficoltà a fare manovra.

    «Dia più gas, signorina» consigliò il marinaio alla giovane donna al volante. «Se vuole superare quella rampa, deve accelerare.»

    La ragazza annuì e riprovò, e questa volta la macchina scattò in avanti a tutta velocità.

    Li stava puntando come un missile impazzito, realizzò Terry in una frazione di secondo. Incapace di muoversi, come paralizzata, non riuscì nemmeno a mettersi a gridare. Quando il veicolo fu quasi sul punto di investirla, però, un paio di braccia robuste la strinsero con forza, buttandola a terra.

    Terry rimase un istante immobile e senza respiro, mentre poco più in là si udiva uno schianto, il rumore di lamiere accartocciate e vetri rotti, seguito da un silenzio quasi irreale. Il corpo sopra il suo si alzò di scatto, permettendole di scorgere la macchina spiaccicata contro il terrapieno del molo.

    «Maledizione.»

    Terry sollevò lo sguardo, incrociando gli occhi di zaffiro che aveva ammirato poco prima.

    «Sta bene?» le domandò il motociclista, un vistoso graffio sulla guancia. «Ecco, lasci che l’aiuti.»

    «Sì... sì, grazie» replicò lei, facendo leva sulla sua mano per alzarsi in piedi. Stava tremando, i pantaloni e il parka sporchi, ma era viva, e tutto grazie a quello sconosciuto.

    L’uomo la studiò per un momento, annuendo. «Okay. Vado a vedere come sta la conducente.»

    Attonita, Terry lo vide lanciarsi verso la macchina incidentata. La prontezza con cui l’aveva spostata dalla traiettoria del veicolo era stata incredibile, così come la velocità con cui si era ripreso dopo il salvataggio, mettendosi subito a pensare alle altre persone coinvolte.

    Lo seguì, raggiungendolo mentre stava spalancando la portiera del conducente. Uno spettacolo orribile. La ragazza seduta al posto di guida li fissò, sconvolta. Sulla fronte aveva un livido vistoso e la ferita al sopracciglio spillava sangue.

    «Co... cos’è successo?» balbettò, toccandosi la fronte con dita tremanti. «Ho sfiorato l’acceleratore e...»

    Il motociclista infilò una mano nell’abitacolo e tolse la chiave. «A volte i cambi automatici fanno qualche danno» le spiegò con gentilezza, girandole delicatamente il viso mentre le parlava. «Come si chiama?»

    «Maisie... Maisie Lockart» sussurrò la ragazza. Poi, come se solo allora si fosse ricordata di qualcosa, allargò gli occhi e si voltò di scatto verso il sedile posteriore, in panico. «La bambina... Amy... Sta bene? Tiratela fuori, vi prego!»

    Terry guardò basita le lamiere accartocciate. L’impatto aveva spinto tutto indietro il sedile del passeggero, togliendo qualsiasi spazio vitale, persino a un bambino. Udì l’uomo imprecare e dare una spallata alla portiera fino a riuscire ad aprirla di un altro prezioso mezzo centimetro.

    «Eccola!» gridò, sollevato, dopo aver dato una rapida occhiata. «È sana e salva. E, so che non ci crederà, ma mi sta sorridendo.» Si ritrasse, ritornando dalla madre. «Non si preoccupi, sembra in perfetta forma e sta muovendo le gambine.»

    La ragazza chiuse gli occhi. «Grazie al cielo» mormorò. «Riesce a tirarla fuori?»

    Terry diede all’uomo un leggero colpo sulla schiena. «Posso essere utile anch’io? Sono un medico.»

    Il motociclista la fissò, stupito. «Ma guarda un po’ che coincidenza... Anche io sono un dottore. Devo ammettere che è piacevole avere un po’ di supporto in queste occasioni.» La sua attenzione ritornò alla ragazza incidentata. «Buffo, no? A volte si aspetta tutto il giorno un medico e qui ne ha a disposizione ben due.»

    «Allora siamo proprio in buone mani, no?» scherzò lei con un mezzo sorriso.

    L’uomo si voltò di nuovo verso Terry. «Come vede, ha una brutta ferita alla testa e non mi stupirei se si fosse procurata anche un colpo di frusta al collo. Penso che sia d’accordo con me che ha bisogno di essere visitata e sottoposta a una radiografia. Se resta qui con lei, chiamo subito l’ambulanza. In questa fase è ancora meglio non muoverla.»

    «E la bambina?» domandò Terry, indicando il retro del veicolo. «Non possiamo lasciarla lì. Per quanto riguarda Maisie, invece, sono assolutamente d’accordo con lei. Non dobbiamo correre rischi. Potrebbe avere una vertebra fratturata o una sublussazione.»

    «Ci vuole molta prudenza.»

    Si scambiarono un’occhiata, cercando di ponderare i pro e i contro della situazione, poi Terry riprese la parola. «La piccola sembra abbastanza tranquilla. Vada a cercare aiuto. Io resto qui con loro e tento di bloccare l’emorragia sopra l’occhio.»

    «Okay, dovrebbe essere questione di minuti.»

    Terry frugò nello zaino. Quando ebbe trovato i fazzoletti, ne premette con forza uno sulla ferita. Maisie aveva iniziato a tremare, mentre lunghe lacrime le rigavano il volto.

    «Mi dispiace... Non voglio creare problemi, ma non posso andare all’ospedale. Ho dei documenti da recapitare. Come sta mia figlia?»

    Riconoscendo i sintomi di uno shock post traumatico, Terry le prese le mani tra le proprie per rassicurarla. «Non si preoccupi dei documenti. Li porteremo a destinazione. Mi parli, invece, della piccola. Come si chiama?»

    «Si chiama Amy. Ha soltanto quattro mesi e tra poco ha... ha la poppata.»

    «Mi ascolti, Maisie. Lei e sua figlia avete bisogno di essere visitate. Amy sembra a posto, ma è meglio accertarsi che non abbia qualche trauma nascosto. In ospedale vi terranno in osservazione solo per qualche ora e se avrà bisogno di mangiare, ci penseranno le infermiere. Mi dice dove vanno recapitati i documenti? A quelli ci penso io.»

    «Grazie» sussurrò la ragazza. «Sono dell’edicolante Matheson. Il suo chiosco è dopo la via laggiù.» Dalle labbra le uscì un pesante sospiro. «Come farò a dirlo al mio ragazzo? La macchina è sua. Sarà furioso.»

    «Sarà felice, invece, che stiate entrambe bene» la rassicurò Terry, seguendo con lo sguardo il dottore che parlava al telefono, gironzolando intorno alla vettura. Avrebbe dovuto capirlo che era uno abituato a gestire le emergenze. Mostrava la tipica sicurezza di una persona della quale ci si poteva fidare, pensò con una punta di nostalgia. Poi, irritata con se stessa per quel pensiero, si riscosse. Il fatto che fosse un dottore non significava che fosse affidabile. Non aveva sperimentato sulla propria pelle che persino le persone più vicine potevano abbandonarti e rovinarti per sempre la vita?

    Il motociclista ritornò verso di loro. «Arriveranno tra poco» annunciò. Poi di colpo si fermò, annusando l’aria allarmato. «Maledizione!» inveì. «Ci deve essere una perdita di benzina. Non sente l’odore? Da un momento all’altro potrebbe bruciare tutto. Sganciamo la cintura di sicurezza.» Si girò verso la piccola folla che si era radunata intorno al luogo dell’incidente. «Abbiamo bisogno dell’aiuto di un uomo» gridò.

    Un paio corsero verso di lui. «Ci dica cosa

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