Milionario senza scrupoli: Harmony Destiny
By Day Leclaire
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Day Leclaire
Autrice americana creativa e versatile, ha scoperto in tenera età la sua passione per la scrittura.
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Milionario senza scrupoli - Day Leclaire
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Mr. Strictly Business
Silhouette Desire
© 2009 Day Totton Smith
Traduzione di Roberta Canovi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-807-7
1
«Ho bisogno del tuo aiuto.»
Gabe Piretti dovette concentrarsi per nascondere l’intensa soddisfazione che quelle cinque semplici parole, pronunciate dall’unica donna che avesse mai amato, gli avevano suscitato. Aveva immaginato che, dopo ventitré mesi, rivedere Catherine Haile non gli avrebbe provocato alcuna emozione, ma era stato uno sciocco a pensare che ci fosse anche solo una remota possibilità che ciò accadesse. Dopotutto, avevano lavorato insieme. Vissuto insieme. Intrecciato cuori e menti e corpi in quello che lui aveva creduto un nodo impossibile da sciogliere. La passione tra loro era stata un inferno che nemmeno diciotto mesi insieme erano riusciti ad attenuare. Anzi, era cresciuta ogni giorno di più.
E poi lei se n’era andata. Ricordava alla perfezione le sue scuse, ciò che aveva detto e ciò che – peggio ancora – non aveva detto. Per la prima volta in vita sua, Gabe il pirata Piretti non era stato in grado di risolvere il problema. Niente aveva funzionato: né la forza, né la ragione, né l’attacco frontale, né le manovre diversive. Quando Catherine l’aveva lasciato, lui aveva perso la propria ancora. E, per quanto odiasse ammetterlo, da allora era andato alla deriva.
Se non fosse stata lei ad andare da lui quel giorno, sarebbe stato lui a fare in modo che, nell’immediato futuro, i loro mondi s’incrociassero di nuovo. Per tutti i mesi in cui erano stati separati, che a lui erano parsi senza fine, le aveva concesso lo spazio che lei aveva richiesto. E l’aveva osservata da lontano mentre metteva in piedi la propria azienda e avviava la propria vita professionale lungo la strada che lei aveva scelto. Mantenere le distanze era stata la cosa più difficile che Gabe avesse mai fatto; più difficile persino dello strappare il controllo della Piretti’s dalle mani della madre, per sottrarre l’impresa agli artigli della bancarotta.
Be’, ora Catherine era tornata, e lui avrebbe trovato un modo per trattenerla. Voleva il suo aiuto? Perfetto: glielo avrebbe concesso. Ma il prezzo sarebbe stato alto. La domanda era... lei sarebbe stata disposta a pagarlo, o sarebbe scappata di nuovo?
Gabe le indicò il gruppo di divani che occupava un vasto angolo dell’ufficio. Una luce liquida, ancora pregna dello scroscio di pioggia appena cessato, filtrava attraverso le vetrate affacciate su una bella porzione di Seattle, così come sul Puget Sound. I raggi brillanti si infrangevano sui capelli di Catherine raccolti sulla cima della testa, mettendo in evidenza le striature dorate nella massa biondo miele.
«Vuoi un caffè?» le offrì.
Dopo essersi accomodata, Catherine posò la valigetta ai propri piedi e scosse il capo. «No, grazie.»
Gabe si sedette di fronte a lei e piegò la testa da una parte mentre la studiava. Indossava un abito di seta marrone che luccicava vivacemente sulle sue curve, accentuando la recente perdita di peso – di un peso che, in realtà, non poteva permettersi di perdere. La giacca si stringeva su un vitino di vespa, prima di sfiorare appena un paio di fianchi decisamente femminili. Aveva scelto dei sandali che erano poco più di un gruppetto di stringhe accattivanti sopra gli immancabili otto centimetri di tacco, che portava regolarmente per dare l’illusione dell’altezza; effetto collaterale non indifferente, i tacchi mettevano anche in mostra due gambe straordinarie. Era ovvio che si fosse vestita con l’intento di impressionare. O di distrarre.
«Ne è passato di tempo» osservò lui. «Sei cambiata.»
«Smettila.»
Lui sollevò un sopracciglio e le rivolse un sorriso vacuo. «Di fare cosa?»
«Di spogliarmi con gli occhi.»
Era vero, era proprio quello che stava facendo, anche se non nel modo che pensava lei. Gabe non riusciva a fare a meno di chiedersi che cosa avesse provocato la perdita di peso, ma si premurò di nascondere la propria preoccupazione sotto un gentile battibecco. «È solo perché penso che avresti da obiettare se lo facessi in qualsiasi altro modo.»
Un sorriso riluttante le comparve sul viso, prima di spegnersi in un lampo. «Che cos’è successo al tuo motto: gli affari sono solo e rigorosamente affari?»
«Quando si tratta di lavoro, sono solo affari.» Fece una pausa, deliberata. «Ma tu non lavori per me, no?»
«Non più, da tre anni e mezzo.»
Il suo spirito si smorzò. «Rimpiangi le tue scelte, Catherine?»
Gabe colse un lampo di disagio prima che lei potesse riadattare l’espressione a una maschera di indifferenza. «Alcune. Ma non è questo che mi stai chiedendo, vero? Vuoi sapere se, avendo la possibilità di tornare indietro, rifarei le stesse scelte.» Considerò la questione in profondità. «Suppongo di sì. Alcune cose devi sperimentarle sulla tua pelle per imparare come vivere la tua vita... e come non farlo.»
«Alcune cose? Oppure intendi dire alcune persone?»
Incontrò il suo sguardo, intransigente. «Entrambe, ovviamente. Ma non sono qui per parlare del passato.»
«Parliamo di affari, allora.»
Lei continuò a studiarlo. Gabe ricordava quanto avesse trovato sconcertanti quegli occhi d’ambra dorata quando l’aveva conosciuta. Non era cambiato niente. Erano sempre tanto intensi quanto insoliti, e vedevano più di quanto lui fosse disposto a lasciar trapelare. «Non è quello che preferisci?» insistette. «Gli affari prima di tutto. Mi pare di ricordare che sia un punto chiave della Piretti’s. Che tu compri o venda compagnie, che tu le metta insieme o le smonti pezzo per pezzo, non si tratta mai di qualcosa di personale. Sono solo affari.»
«Di norma, è così. Ma con te...» Alzò le spalle, riconoscendo l’inevitabile. «Tu sei sempre stata un’eccezione.»
«Strano. Avrei detto l’esatto opposto.»
Serrò le labbra in un gesto che le era abituale quando la parte spontanea della sua natura si scontrava con l’estrema cortesia che le faceva censurare i pensieri più diretti. In passato, Gabe aveva provato un’estrema soddisfazione nel socchiudere quelle labbra con i baci per estrarne la verità. Chissà perché, però, era certo che lei non avrebbe reagito particolarmente bene a quella tattica. Non in quel momento. Non ancora.
«Scusa» mormorò lei. «È acqua passata.»
«Un bel po’ di acqua. Ma non abbastanza da sfondare la diga. Dovrò vedere cosa si può fare in tal senso.»
Sul suo viso comparve una punta di confusione, ma Gabe proseguì, prima che lei potesse chiedersi cosa volesse dire. Col tempo, avrebbe scoperto perché lei l’aveva lasciato. Col tempo, avrebbe infranto la barriera di quella facciata calma ed educata per suscitare la furia e la passione. Avrebbe stuzzicato e punzecchiato fino a rompere la diga e a lasciar fuoriuscire la verità.
«Come stai?» le domandò, nella speranza che la domanda prosaica l’aiutasse a rilassarsi.
I suoi lineamenti eleganti si tinsero di tensione. Quando l’aveva vista per la prima volta – e assunta su due piedi – l’aveva giudicata delicata. Ma anche se il suo aspetto ne dava l’impressione, Gabe aveva presto imparato che in realtà Catherine possedeva una spina dorsale d’acciaio. Solo che in quel preciso momento sembrava più che delicata: appariva sfinita.
«Sono un po’ stressata» confessò lei. «È per questo che sono qui.»
«Raccontami» la invitò.
Lei esitò, raccogliendo il proprio autocontrollo e avvolgendosi in un mantello di apatia per proteggersi. «Circa diciotto mesi fa, ho dato vita a un’impresa.»
«La Elegant Events.»
L’aveva sorpresa. «Come...?» Lasciò la domanda in sospeso. «Non importa. Avrei dovuto immaginare che ti saresti tenuto informato su cos’ho combinato quando ci siamo separati.»
«Intendi dire, quando mi hai lasciato.»
La correzione gli scappò senza pensare, le parole sussurrate tra i denti che recavano un’asprezza insopprimibile. E lei la colse. La tensione che cercava di nascondere si fece più intensa, mescolandosi con la vecchia rabbia e il dolore ancora più vecchio. Strinse i pugni, facendo sbiancare le nocche. Questa volta, quando serrò le labbra, Gabe avrebbe giurato che fosse per nascondere il loro tremore. Il tempo parve allungarsi all’infinito.
«Vuoi davvero parlare di questo?» domandò lei, infine. Lo inchiodò con un’unica occhiata. «Dobbiamo proprio affrontare il passato adesso? È la condizione sine qua non per avere il tuo aiuto?»
«Non proprio.»
«Però è quello che vuoi.» Non attese la sua conferma. «Bene. Cercherò di essere il più diretta possibile. Tu, con il tuo ostinato bisogno di tenere il privato e il professionale in compartimenti stagni, mi hai messo di fronte a una scelta: lavorare per te, oppure amarti. Non potevo avere entrambe le cose. Stupidamente, io ho scelto l’amore. Ciò di cui non mi ero resa conto è che tu eri già innamorato. E quell’amore sarebbe sempre venuto al primo posto, per te.»
«Tu eri l’unica donna della mia vita» ribatté lui, risentito.
Catherine sollevò una spalla e il suo sorriso minacciò di strappargli il cuore dal petto. «Forse l’unica donna, ma di certo non l’unica cosa. La Piretti’s è sempre stata il tuo vero amore, è lei che metterai sempre davanti a tutto.»
«Mi hai lasciato perché certi giorni lavoravo fino a tardi?» domandò incredulo. «Perché alle volte sono stato costretto a mettere il lavoro davanti alla nostra vita sociale?»
Catherine non si diede la pena di discutere, anche se era evidente che almeno una parte di lei fremesse dalla tentazione. La collera e la disillusione erano chiare nella sua espressione, le parole amare le tremavano sulla punta della lingua. Attese che entrambe fossero sparite prima di parlare.
«Sì» rispose infine con dolorosa semplicità. «Sì, ti ho lasciato per tutte queste ragioni.»
«E un mucchio di altre?» indovinò Gabe, con scaltrezza.
Lei inclinò il capo. «E un mucchio di altre.» Prima che lui potesse indagare oltre, però, sollevò una mano in gesto di supplica. «Per favore, Gabe. Sono passati due anni. Non ha senso parlarne fino alla morte dopo tutto questo tempo. Non possiamo lasciarcelo alle spalle?» Fece una pausa. «Oppure ho solo perso tempo, a venire qui oggi?»
Gabe non aveva alcuna intenzione di lasciarsi il passato – il loro passato – alle spalle, ma poteva avere pazienza. Forse. Se si fosse impegnato davvero a fondo. «Non hai perso tempo. Se posso aiutarti, lo farò. Perché non cominci a spiegarmi il problema?»
Lei prese un profondo respiro. «Okay, cercherò di essere chiara e concisa, come piace a te. In poche parole, la Elegant Events è un’impresa che organizza eventi, rivolti a enti di primo livello e a una clientela di alto profilo.»
«Di cui l’area di Seattle praticamente pullula.»
Annuì. «Esatto. Il mio obiettivo era – ed è tuttora – pianificare e organizzare ogni aspetto dell’evento, allo scopo di risparmiare al cliente qualsiasi forma di preoccupazione e mal di testa. Loro mi