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Una dolce sfida: Harmony Collezione
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Una dolce sfida: Harmony Collezione

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About this ebook

I fratelli Conti 1/2
Il Santo e il Peccatore hanno finalmente trovato la loro dolce metà.

Dopo aver rischiato la vita, Alexis Sharpe è decisa a informare Leandro Conti che hanno una figlia. Sono passati sette anni dal loro ultimo incontro ma, per amore della bambina, lei affronterà quella difficile prova sperando che il suo cuore non vada in pezzi.

Conosciuto da tutti come il Santo, Leandro custodisce nel cuore l'appassionato incontro con Alexis come un colpevole segreto. L'unica donna per cui sia riuscito a provare qualcosa dopo la morte della moglie adesso si è rifatta viva ed è la madre di sua figlia. Il fatto di essere padre cambia completamente le carte in tavola e induce Leandro a reclamare per sé tutto ciò che gli spetta. Compresa la sua donna.
LanguageItaliano
Release dateOct 18, 2018
ISBN9788858989180
Una dolce sfida: Harmony Collezione

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    Una dolce sfida - Tara Pammi

    successivo.

    Prologo

    Leandro Conti.

    Il nome aleggiò sulle labbra delle persone che si affollavano accaldate intorno a lei. Alexis Sharpe smise per un istante di ballare, nel bel mezzo della pista dell'esclusivo locale notturno milanese dove era riuscita a entrare solo grazie alla sua nuova amica, Valentina Conti.

    La loro amicizia era stata immediata. Alex, che attraversava l'Italia zaino in spalla, si era ritrovata a fronteggiare le attenzioni di un giovane cameriere, innocuo ma molto insistente. Tina era intervenuta subito in suo aiuto, mossa da una simpatia istintiva.

    Tina stava per Valentina. Ricca, vivace e sofisticata, lontanissima da Alex almeno quanto Milano da Brooklyn, ma lei non aveva potuto resistere alla sua generosità. Le differenze tra loro non l'avevano in alcun modo intimidita finché non aveva visto suo fratello, più grande di lei di parecchi anni.

    Leandro Conti. Amministratore delegato della Conti Lusso S.p.A.

    Multimilionario, aitante, fascinoso.

    E anche minaccioso. Temibile. Con un modo tutto suo di sorvegliare l'ambiente quasi dall'alto. Da divinità abituata a ben altri mondi.

    Per una ventenne di Brooklyn, specialmente per una che fino a quel momento aveva vissuto una vita incolore, che lui fosse di un altro mondo era a dir poco palese.

    Il suo avvistamento in un locale notturno di Milano era raro come quello di un UFO. Di colpo, anche le ragazze più belle e inavvicinabili si erano sistemate i capelli e i vestitini sul corpo a clessidra.

    Alexis aveva capito: ognuna di loro sperava di attirare la sua attenzione, e lei non aveva alcuna possibilità.

    Però aveva giocato comunque le sue carte con uno sguardo.

    La pista di vetro sospesa sull'acqua e un attento gioco di luci creavano l'illusione di uno spazio dilatato, ma l'eleganza dell'insieme non era niente di fronte al carisma di quell'uomo.

    Lui, in camicia e jeans scuri, con il viso scolpito e l'espressione cupa, arrivò fino al bordo della pista. Gli occhi, color grigio ardesia, esaminarono e scartarono un viso dopo l'altro.

    Di colpo, Alex desiderò che la vedesse. Desiderò di sembrargli più donna che mai, cosa del tutto nuova e insolita per lei.

    A casa, ogni giorno doveva confrontarsi con il fatto di non possedere alcun talento particolare, almeno secondo i suoi genitori. Forse anche per questo aveva colto al volo l'occasione di quel viaggio in Italia, dopo l'ennesimo colloquio di lavoro in una delle grandi società di Manhattan, colloquio che si era concluso con un flop. Sembrava proprio che Alex non potesse aspirare a carriere luminose come quelle di certe sue compagne di studi, e non le rimanesse altro che un posto tranquillo nel negozio di alimenti naturali del padre.

    Un viaggio in Italia per consolarti del colloquio?, aveva commentato sua madre con il solito tono sconsolato. Va a finire che premiamo i fallimenti, adesso...

    Come se da lei non ci si potesse aspettare altro. Quelle parole l'avevano ferita, ed era stato un bene. Una piccola scintilla di ribellione aveva finalmente animato una vita altrimenti mediocre.

    Eppure adesso, con Leandro Conti lì davanti, si sentì improvvisamente libera, e con la voglia di tenergli testa.

    Come quella sera di due settimane prima, quando lui si era presentato a casa, nella veranda sul lago, per cenare con Valentina e i suoi amici, e l'altro loro fratello, Luca.

    Dal lago soffiava una brezza leggera, e Valentina aveva preparato margaritas per tutti. Un sorso, e Alex aveva capito che era meglio posare il bicchiere.

    Leandro aveva avvicinato una sedia al tavolo, si era informato sulla caviglia infortunata della sorella, poi aveva posato il suo sguardo severo su di lei.

    «Oltre ad assecondare le follie di Tina, fa altro per divertirsi, signorina Sharpe?» le aveva chiesto. Il suo tono condiscendente le aveva procurato un brivido lungo la schiena.

    Il fatto che si fosse seduto proprio vicino a lei le toglieva il fiato. Lui aveva fissato brevemente gli occhi sui suoi capelli biondi raccolti in una coda, sulla fronte, sul naso piccolo, infine sulla bocca.

    Solo qualche secondo, ma per Alex quello sguardo era stato quasi come una carezza.

    Aveva sentito le guance incendiarsi. «Alex. Mi chiamo Alex. È così difficile dirlo?» aveva ribattuto, con una piccola vena polemica.

    Valentina l'aveva avvertita di lasciar perdere suo fratello. E del resto, lui era sempre molto distaccato e formale.

    Ma, chissà perché, l'avvertimento non aveva diminuito l'attrazione che Alex provava per lui.

    «Perché ti fai chiamare così? Alex è un nome da uomo.» E mentre lo diceva aveva passato lo sguardo sui piccoli seni alti sotto la maglietta del college, sull'ombelico scoperto e i pantaloni chiari sulle lunghe gambe snelle.

    Si era soffermato sulle scarpe da tennis, piuttosto logore, poi era risalito. Per la prima volta in quelle quattro settimane a stretto contatto con Tina e i suoi amici, tutti firmati dalla testa ai piedi, Alex aveva desiderato un abbigliamento più ricercato.

    Una piccola smorfia gli aveva increspato le labbra. «Perché fai di tutto per nasconderti?» Un bisbiglio, che nessun altro al tavolo aveva potuto sentire.

    Lei era trasalita.

    Era davvero così? Si vestiva per nascondersi? Rimaneva sottotono proprio per evitare che il mondo la respingesse?

    L'aveva fronteggiato sostenendo lo sguardo, quasi a sfidare quell'uomo che le leggeva dentro. «Non capisco che cosa tu voglia dire.»

    Era seduto a distanza, eppure Alex aveva percepito il suo calore. «Un consiglio dal fratello della tua amica. Non fissare mai un uomo così.» Sembrò che le sue iridi diventassero più grigie, e più grandi. «A meno che tu non sappia bene che il tuo sguardo è un'arma.»

    E poi se n'era andato, senza voltarsi indietro.

    Lei era rimasta lì, a fremere di umiliazione, rabbia e imbarazzo. E aveva capito che lui sapeva.

    Sapeva di piacerle.

    E l'aveva respinta.

    Lei non aveva ribattuto solo perché, con lui vicino, il suo cervello smetteva di funzionare.

    Come adesso.

    Le luci suadenti del locale notturno, la gente che danzava sensuale intorno a loro, il sudore... Tutto scomparve mentre lo guardava.

    Lui era a un passo, e Alex si sentiva attratta come da una forza gravitazionale.

    Quasi che un buco nero volesse inghiottirla.

    Non hai già fatto la figura dell'idiota, con lui? A parlare era l'istinto di sopravvivenza.

    Lei vi si aggrappò, e si costrinse a girargli le spalle.

    Perché farsi rovinare la vacanza da quell'italiano arrogante? Un altro che provava a farla sentire inadeguata...

    Conviveva con quella sensazione ogni giorno.

    Anche il viaggio in Italia in fondo era stato una fuga. L'ennesimo tentativo di essere qualcosa di diverso dalla solita Alexis, che non era niente in confronto a suo fratello Adrian, che era un genio in tutto e che ora non c'era più. Lei era sopravvissuta, solo per rappresentare una delusione costante per i suoi.

    Nella fretta di scostarsi inciampò. Un braccio forte la sostenne alla vita.

    E poi la tenne stretta.

    «Grazie mille» borbottò lei, sfoderando le poche parole italiane che conosceva. Sentiva l'energia dei suoi muscoli premerle contro il petto.

    «Riesci appena a camminare, con quelle scarpe con i tacchi alti. Anche se Valentina ti offre delle Conti non è detto che tu sia obbligata a metterle.»

    Lei inalberò la testa, irritata.

    Leandro Conti la fissò, con il viso illuminato a tratti dalle luci del locale.

    La piccola smorfia di sarcasmo che gli vide sulle labbra le fece raddrizzare la schiena. «Vorresti insinuare che una come me non dovrebbe sognarsi di indossare le vostre preziose scarpe?»

    «Io non insinuo niente.»

    «Sei proprio un gran maleducato, signor Conti.»

    Lui le accarezzò con lo sguardo il collo sottile e il corpo inguainato da un abitino preso in prestito da Valentina. Un corpo snello, e tutt'altro che procace.

    Che Alex sentì bruciare, sotto i suoi occhi.

    «E tu... fai solo finta di essere grande. Senza riuscirci, direi.»

    «Be', ti sbagli! Questa sera si sono già offerti in tre di accompagnarmi a casa» lo rimbeccò lei, lottando per ignorare l'umiliazione. «Puoi portare la tua arroganza altrove, grazie...»

    Lui la strinse più forte a sé. Cosa che la fece pensare. «Non credevo che ti accontentassi di così poco» le sibilò all'orecchio. «E comunque, il mio fratello stilista non te l'ha detto che per accentuare il fascino della ragazza americana della porta accanto i pantaloni logori e la maglietta rosa fosforescente andavano benissimo?»

    Un atteggiamento insolente che la irritò. Ma non poté fare a meno di notare che lui ricordava la sua maglietta preferita. Rosa, e fosforescente.

    «Con tutti i tuoi difetti, sei anche uno snob. Non l'avevo ancora notato.»

    «I miei difetti? E quali sarebbero? Sentiamo.»

    «L'arroganza. Il cinismo. La capacità affettiva di un blocco di granito.»

    Lui la lasciò andare di colpo. Come se quelle parole l'avessero ferito.

    Alex riprovò a camminare sui tacchi. Sentì un dolore alla caviglia.

    Lui stese di nuovo il braccio, borbottando qualcosa in italiano che Alex fu felice di non capire. Di colpo, le sembrò che il suo corpo fosse governato da qualcun altro.

    «Secondo te è giusto bere così, da straniera in un paese che non è il tuo?»

    Il tono caustico delle sue parole cancellò l'aura di sensualità che minacciava di avvolgere Alex.

    Quell'uomo era un vero maestro nel farla infuriare, nel renderla audace... nel farle sentire che ogni centimetro della sua pelle era in fiamme.

    «Ho bevuto un solo bicchiere di vino!» Ma, dal momento che era a digiuno dal mattino, quel bicchiere le era andato subito alla testa. «E non devo certo rendere conto a te delle mie azioni. Sparisci.»

    Lui aggrottò un sopracciglio. «Sparire... io?»

    Grondava arroganza e irritazione.

    Il suo palmo era come un marchio di fuoco sulla schiena. Gli amici del college non erano niente, in confronto a Leandro Conti. Ecco perché lei non aveva idea di come trattarlo. «Sì, non ho bisogno che mi accompagni. Non sei il mio guardiano, no?»

    «A casa ti permettono di andare in giro da sola? Non fanno un buon lavoro, direi.»

    «In quale secolo credi di essere? Nel Cinquecento?» Alex cercò di fare la spiritosa.

    La battuta non lo divertì, in compenso negli occhi grigi brillò una strana luce, e la bocca si addolcì appena. «Non sei il pulcino smarrito che credevo, vero?»

    Alex rise per mascherare l'eccitazione. Lui sapeva di buono... di cioccolato fondente con appena una punta di amaro. Uno di quei gusti che rimanevano a lungo sulle labbra... «Non ci riesci proprio a parlare senza insultarmi, eh?»

    «Non aspettarti parole dolci da me, signorina Sharpe. Hai appena diciotto anni e te ne vai in giro con lo zaino in spalla in un paese straniero, dormi in casa di chi conosci appena... Già che ci sei, mettiti al collo un cartello con la scritta: Libero accesso. Io non permetterei mai che Valentina...»

    La frecciata andò a segno e Alex serrò i denti. «Ho vent'anni, e non sono Valentina.»

    Sarebbe morta piuttosto che ammetterlo, ma dal momento in cui Valentina l'aveva portata a Villa Conti, non aveva fatto altro che pensare a lui. Era stato per lui che aveva preso in prestito il vestito...

    Fin dall'inizio aveva cercato di attirare la sua attenzione. L'idea di tornare alla vita monotona di sempre senza sapere come fossero i suoi baci la faceva stare male.

    «Valentina e Luca sono miei amici, per quanto tu...»

    «Se consideri Luca un tuo amico ti sbagli di grosso» ribatté lui, infiammandosi. Era disgusto o irritazione? «Forse sei più ingenua di quello che credessi. Non avrei mai dovuto permettere che mia sorella ti portasse alla villa.»

    «È per questo che stai alla larga da casa tua? Ti disturba la mia presenza?»

    Non avrebbe voluto fargli sapere che aveva notato la sua assenza. Lui comunque non negò.

    Lei se ne sentì ferita.

    «Luca e io... ci intendiamo alla perfezione» gli disse in tono di sfida.

    Però non poteva dargli torto.

    Il giorno dopo il suo arrivo Luca l'aveva messa all'angolo per ben due volte, baciandola e lasciandole intendere che

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