Fascino italiano (eLit): eLit
By Lucy Gordon
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About this ebook
Come tutti i componenti della sua famiglia adottiva, i Rinucci, Luke Cayman ha un fiuto incredibile per gli affari. Il suo ultimo colpo? Un vetusto palazzo nel cuore di Roma. Ma quando incontra uno degli inquilini, Luke resta senza fiato. Minnie Mancini non è una simpatica, cara vecchietta, bensì una donna giovane e molto attraente. E un avvocato agguerrito!
Chi si crede di essere quel tipo? Solo perché è diventato il nuovo padrone di casa, non può pensare di liberarsi di lei e della sua famiglia su due piedi. Minnie è pronta a dare battaglia anche se... non dovrebbe essere così sensibile al fascino del nemico. La prima mossa prevede che Luke...
Lucy Gordon
Lucy Gordon cut her writing teeth on magazine journalism, interviewing many of the world's most interesting men, including Warren Beatty and Roger Moore. Several years ago, while staying Venice, she met a Venetian who proposed in two days. They have been married ever since. Naturally this has affected her writing, where romantic Italian men tend to feature strongly. Two of her books have won a Romance Writers of America RITA® Award. You can visit her website at www.lucy-gordon.com.
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Fascino italiano (eLit) - Lucy Gordon
successivo.
1
Sono un folle ad andarmene.
Quelle parole pulsavano nella testa di Luke Cayman mentre faceva i bagagli il giorno dopo il fidanzamento di suo fratello Primo.
Dovrei restare a combattere per lei.
Però salì sulla sua nuovissima auto sportiva e lasciò Napoli alla volta di Roma.
Appena arrivato, prese una stanza in un albergo a cinque stelle ai Parioli, il quartiere più esclusivo della città, e tentò di scacciare i suoi dispiaceri con una lauta cena.
Sarei dovuto restare.
Nella sua mente era impresso il viso di Olympia, come l'aveva visto l'ultima volta, con gli occhi felicemente puntati su Primo, il suo fidanzato, che presto sarebbe diventato suo marito. Chi cercava di prendere in giro? Non aveva mai avuto nessuna speranza.
Stava pensando di andarsene a letto, quando una mano gli diede una pacca sulla spalla e una voce baritonale proruppe: «Avresti dovuto avvertirmi del tuo arrivo».
Bernardo era il direttore dell'albergo, un uomo robusto e cordiale sulla cinquantina. Luke aveva alloggiato spesso in quell'hotel per lavoro e loro due erano diventati buoni amici.
«È stata una decisione dell'ultimo minuto» si giustificò Luke. «Sono diventato il proprietario di un palazzo qui a Roma e devo sistemare alcune cose.»
«Un palazzo? Credevo che ti occupassi di elettronica» osservò Bernardo.
«Infatti. L'edificio mi è stato girato come pagamento di un debito.»
«In questa zona?»
«No, a Trastevere.»
Bernardo sollevò un sopracciglio. Se i Parioli erano il quartiere più elegante di Roma, Trastevere era decisamente il più pittoresco.
«Da quanto mi risulta, è in pessime condizioni» continuò Luke. «Dopo averlo messo a posto, lo venderò.»
«Perché non lo vendi subito? Lascia che qualcun altro si occupi della ristrutturazione.»
«La signora Mancini non me lo permetterebbe mai» spiegò Luke con un sorriso. «È un avvocato che abita e lavora proprio in quel palazzo, e mi ha già bombardato di lettere con l'elenco dettagliato di quello che si aspetta da me.»
«E tu intendi fare quello che ti chiede?»
«Quella non è una donna, è una megera. Ecco perché non le ho preannunciato il mio arrivo. Così posso dare un'occhiata al posto prima che lei cominci a rendermi la vita impossibile.»
«È l'unico motivo?» domandò Bernardo, rivolgendogli un'occhiata indagatrice.
Luke scrollò le spalle.
«Ah, una donna ti ha spezzato il cuore e ora...»
«Nessuna donna mi ha mai spezzato il cuore» negò seccamente Luke. «Non lascio che accada.»
«Molto saggio.»
«Mi sono solo affezionato un po' troppo a una donna, anche se sapevo che era innamorata di un altro. È stato un errore, ma agli errori si può rimediare. Un uomo di buonsenso percepisce il pericolo e vi pone rimedio.»
«E ci sei riuscito con la tua solita efficienza?»
«La mia cosa?»
«Sei il genere di persona che crede nella razionalità, che ha sempre il senso della misura e che non si lascia scalfire da nulla. Ti invidio. Deve rendere più facile la vita. Ora però è meglio che ti concedi una sana sbronza, in compagnia di qualcuno che poi ti riporti a casa.»
«Ma fammi il piacere, Bernardo, quante volte mi hai visto comportarmi così?»
«Non abbastanza. Non è naturale.»
Luke emise una risata poco convinta. «Forse, ma aiuta a mantenere il controllo della propria vita, ed è quello che importa. Buonanotte.»
Salì rapidamente in camera, d'un tratto a disagio nei confronti di Bernardo. Per un attimo si era visto attraverso gli occhi dell'amico, che l'aveva dipinto come un uomo che apprezzava la razionalità e l'autocontrollo più di ogni altra cosa: un uomo freddo e duro, che concedeva poco, e mai senza aver prima soppesato la situazione.
Non era poi così lontano dalla realtà, ammise. Ma prima di allora non se n'era mai preoccupato.
Controllò i messaggi sul cellulare e le parole chiama tua madre apparvero sullo schermo. Con un sorriso compose il numero di Hope Rinucci, la sua madre adottiva nonché l'unica che avesse mai conosciuto.
«Ciao, mamma. Sì, non ti preoccupare, sono arrivato bene. È tutto a posto.»
«Hai già incontrato la signora Mancini?»
«Sono qui da poco. Ho fatto solo in tempo a cenare, nient'altro. Lasciami sistemare prima di affrontarla. Mi servirà tutto il mio coraggio.»
La voce esasperata della madre lo raggiunse attraverso la linea telefonica. «Non fingere di avere paura di lei.»
«Ho le ginocchia che mi tremano, te lo assicuro.»
«Andrai all'inferno se continui a dire bugie, e ti starà bene.»
Luke scoppiò a ridere. Sua madre lo metteva sempre di buonumore.
Riusciva a immaginarsela a Villa Rinucci, in cima alla collina. Le piaceva telefonare dal giardino che si affacciava sul golfo di Napoli, la vista più bella del mondo, com'era solita ripetere. A quell'ora doveva essere buio, con le sole luci della città a fare capolino dal velluto nero, ma doveva essere comunque un bello spettacolo.
«Sei stanca dopo tutti i festeggiamenti?» le chiese.
«Non ho tempo per pensarci. Devo organizzare la festa di fidanzamento di Primo e Olympia.»
«Credevo che li avessimo già festeggiati ieri sera.»
«No, quello era solo il finale delle nozze di Justin» spiegò lei, nominando il suo primogenito. «Un matrimonio ne genera un altro, e naturalmente abbiamo brindato a Primo e Olympia, ma vorranno un festeggiamento tutto per loro.»
«E anche se non lo volessero, lo avranno comunque» sottolineò Luke con ironia piena di affetto.
«Be', non ti aspetterai che io rinunci all'opportunità di una festa?»
«Certo che no. E le feste saranno due, visto che poi ci sarà anche il loro matrimonio... sempre che la madre di Olympia non sia così folle da volerti rubare l'organizzazione...» mormorò lui.
«Oh no, ne abbiamo discusso ieri sera e ci siamo già messe d'accordo.»
«Cioè non è riuscita a tenerti testa, proprio come tutti noi?»
«Non so che cosa intendi» ribatté Hope, fingendosi offesa.
«Non vedo l'ora che si sposino. Non mi perderò l'occasione di gongolare sulla caduta di Primo.»
«Incontrerai la donna giusta per te» garantì Hope in tono materno.
«Forse no. Probabilmente diventerò un vecchio scapolo brontolone.»
Hope scoppiò a ridere. «Un bel ragazzo come te?»
«Ragazzo? Non sono più tanto giovane.»
«Per me sarai sempre un ragazzo. Tua moglie è la prossima sulla mia lista, non te lo scordare. Ora vai pure a divertirti.»
«Mamma, sono le undici...»
«E allora? È l'ora perfetta per... fare tutto quello che vuoi.»
Luke sorrise. Sua madre non era mai stata una puritana, uno dei motivi per cui i suoi figli l'adoravano. Toni, il marito, era molto più all'antica.
«Devo essere lucido per trattare con la signora Mancini» le spiegò lui.
«Che stupidaggine! Usa tutto il tuo fascino su di lei e il gioco è fatto.»
Hope Rinucci era convinta che tutti i suoi figli possedessero un magnetismo a cui nessuna donna era in grado di resistere. Per i più giovani era forse vero, ma Luke sapeva che il fascino non era il suo punto di forza. Era alto e muscoloso, e i suoi lineamenti erano abbastanza regolari da renderlo attraente. Ma il viso si increspava naturalmente in linee severe e sorrideva poco.
Con Olympia era stato diverso. Nelle poche settimane in cui aveva condiviso il suo appartamento con lei, si era sforzato di comportarsi da gentiluomo, consapevole che il suo cuore apparteneva già al fratello, Primo. Non era stato facile mantenere sotto controllo quella infatuazione, e lo sforzo l'aveva quasi trasformata in amore vero e proprio.
Sapeva che sotto l'influenza di Olympia la sua natura si era ammorbidita, quasi fino al punto di convertirsi in fascino. Ora però non avrebbe permesso che accadesse una seconda volta. Autorità, serietà, caparbietà: queste erano le qualità adatte a lui. Non il fascino.
Ma dal momento che era inutile discutere con la madre, non ci provò neanche. Terminarono affettuosamente la conversazione e riagganciò, avvertendo di nuovo quello strano senso di disagio. Qualcosa non andava. Non sapeva che cosa, ma aveva la sensazione che il problema fosse dentro di sé.
Come sempre, quando un tarlo lo tormentava, si rifugiò nel lavoro, tirando fuori la cartelletta che conteneva il materiale della sua nuova, nonché indesiderata, proprietà immobiliare.
Si chiamava Residenza Gallini, un nome pomposo che probabilmente prometteva ben più rispetto alla realtà, e dai disegni sembrava essere un edificio di cinque piani, costruito tutt'intorno a un cortile. Il cuore dei documenti era costituito dalla corrispondenza con la signora Minerva Mancini, una donna rigida e ferrea che cominciava a impensierirlo seriamente.
Era facile combattere con un uomo. Si poteva arrivare allo scontro brutale e diretto. Ma con una donna occorreva una tattica più sottile, e Luke, che conosceva la sottigliezza ancor meno del fascino, si sentiva in svantaggio.
Quella donna aveva aperto le ostilità con una lettera ragionevolmente concisa in cui gli chiedeva quando si sarebbe recato a Roma per dare inizio ai lavori necessari a riportare l'edificio agli standard essenziali per i suoi affittuari, che vi abitavano in condizioni disastrose.
Lui le aveva risposto che sarebbe arrivato non appena possibile e aveva tiepidamente suggerito che forse lei aveva esagerato la situazione.
Minerva Mancini aveva trattato tale suggerimento con il dovuto disprezzo, aggredendolo con una lista chilometrica di riparazioni necessarie e includendo una stima dei costi, il cui esorbitante totale gli aveva tolto il fiato.
Aveva iniziato a sentirsi offeso dal modo in cui quella donna era convinta di poterlo intimidire, e le aveva ribadito che si sarebbe recato a Roma appena possibile.
Così era continuata la corrispondenza, ogni lettera sempre più pacatamente educata a mano a mano che la loro rabbia cresceva. Luke la immaginava come una donna granitica, probabilmente sulla sessantina, abituata a gestire ogni cosa con feroce efficienza.
Stabilì che avrebbe visitato Roma e si sarebbe comportato da responsabile padrone di casa. Ma di certo non le avrebbe permesso di comandarlo a bacchetta.
Ripose la cartelletta. D'un tratto la stanza gli parve troppo silenziosa, l'arredamento lussuoso che lo opprimeva come una coperta troppo pesante. Giunto a una decisione improvvisa, tolse i contanti dal portafoglio insieme alla tessera magnetica che apriva la porta della camera. Poi chiuse il portafoglio nella cassaforte e uscì dall'albergo.
Era una serata mite, tanto da poter stare fuori in maniche di camicia. Prese un taxi e raggiunse via del Corso, con i suoi locali aperti fino a tardi e le vetrine illuminate. Alla fine della strada l'auto pubblica svoltò a destra e proseguì fino a imboccare il ponte Garibaldi per attraversare il Tevere.
«Va bene qui» annunciò all'autista appena furono giunti sull'altra sponda.
Sapeva di essere arrivato a Trastevere, il quartiere più vecchio della città e indubbiamente il più caratteristico. Le strade erano inondate di luci, accompagnate da musica, risate e appetitosi effluvi provenienti dalle cucine delle trattorie.
Luke si infilò nel bar più vicino, e da lì passò in un altro e in un altro ancora. Tre bar più tardi cominciava a pensare che quella fosse la vita che faceva per lui.
Uscito dall'ultimo locale, barcollò nel vicolo e rimase per un po' a fissare la luna piena. Poi studiò la strada, rendendosi conto di non avere la più pallida idea di dove si trovasse.
«Cerchi qualcosa?»
Si voltò e vide un ragazzo seduto a un tavolino all'aperto. Era molto giovane, con un viso accattivante e vivaci occhi scuri. Quando sorrise i denti gli brillarono in maniera quasi sorprendente.
«Ciao» lo salutò, alzando il bicchiere di vino verso di lui.
«Ciao» rispose Luke, andando a sederglisi accanto. «Ho appena scoperto di essermi perso.»
«Sei nuovo di qui?»
«Arrivato oggi.»
«Be', ora che sei qui, dovresti rimanerci. Bel posto, bella gente.»
Luke fece un cenno a un cameriere, che portò due bicchieri puliti e una bottiglia di vino, accettò i soldi di Luke e se ne andò.
«Gran bella gente» precisò il ragazzo con un sorriso.
«Probabilmente non avrei dovuto farlo» rifletté Luke, improvvisamente punzecchiato dalla coscienza. «Credo che tu abbia già bevuto abbastanza. E forse anch'io.»
«Se il vino è buono, non è mai abbastanza.» Il