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Il principe azzurro della governante
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Il principe azzurro della governante
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Il principe azzurro della governante

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About this ebook

Londra, 1800 - Obbligata dalla famiglia a lavorare come governante, Isabel Morton decide di prendere in mano il proprio futuro per inseguire il sogno di diventare cantante. Ma la sua favola è destinata a spezzarsi nel momento in cui scopre che quello che doveva essere un potente impresario musicale è in realtà il proprietario di un bordello deciso a farle onorare il contratto che ha firmato. In suo soccorso arriva, appena in tempo, un principe azzurro in carne e ossa: William Balfour, figlio del Visconte Langford. Tuttavia il suo nobile gesto rischia di metterlo nei guai e Isabel, per scagionarlo dalle accuse di essere in realtà il suo aggressore, si vede costretta ad accettare di sposarlo. Uniti dal fato e vincolati da una promessa, è ora per questi due sconosciuti di esplorare la passione che li lega.
LanguageItaliano
Release dateOct 20, 2017
ISBN9788858972205
Il principe azzurro della governante

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    Il principe azzurro della governante - Liz Tyner

    successivo.

    1

    Dalla finestra della locanda di posta, Isabel osservò il cocchiere della vecchia coppia salire a cassetta della sua vettura e incitare i cavalli.

    Non aveva quasi creduto alla propria fortuna quando aveva intravisto l'uomo e la donna in attesa che la carrozza venisse preparata. Le era occorso appena un minuto per scoprire la loro destinazione e fornire il suo triste racconto.

    Non voleva pensare a cosa sarebbe successo quando la carrozza postale sarebbe arrivata nel Sussex senza di lei. Ma la famiglia poteva trovare un'altra istitutrice. Quella invece era la sua unica possibilità. La possibilità di prendere il volo.

    Isabel unì le mani sul petto e si ripromise di non mentire mai più... a parte in circostanze estreme come quella. Traendo un profondo respiro, lasciò che le parole sgorgassero dal profondo della sua anima. «Voi mi avete salvato la vita.»

    Una cameriera della locanda dai capelli sfibrati dal calore di agosto stava dietro la coppia. La donna sollevò gli occhi al cielo.

    «Signorina...» L'anziana signora batté sulle mani coperte dai guanti di Isabel. «Non potevamo proprio tollerare che il vostro malvagio zio vi desse in matrimonio a un uomo vecchio abbastanza da essere vostro padre... e per giunta un assassino.»

    «Grazie infinite.» Isabel sospirò. «Se i miei genitori fossero vivi, oggi...» Lo erano, ma loro avrebbero capito e perdonato, quando avessero saputo quanto era diventata famosa. «... cadrebbero in ginocchio per la gratitudine, perché mi avete davvero salvato la vita.»

    La cameriera sbuffò e Isabel sospirò con enfasi, non volendo che la coppia notasse il suo scetticismo.

    «Voi siete sicura che se venite a Londra con noi la vostra famiglia vi accoglierà?» chiese la signora.

    «Oh sì. La zia Anna, la sorella di mia madre, che non ha idea della tragedia che si è abbattuta su di me perché il mio prozio non mi permetteva di usare carta o inchiostro, mi darebbe asilo in un batter d'occhio. Io sono sempre stata la sua nipote preferita. È solo che mio zio le aveva detto che io ero... tragicamente perita a seguito di una caduta da cavallo, calpestata dagli zoccoli, ed era stata necessaria una sepoltura immediata perché la mia vista era troppo orribile e io non avrei voluto essere ricordata in quel modo.»

    Gli occhi della donna non avrebbero potuto essere più gentili. «Tragico.»

    «Sì. Spaventosamente tragico.»

    L'uomo inarcò un sopracciglio, abbastanza perché Isabel potesse cogliere il suo scetticismo. «Vi porteremo da vostra zia a Londra» disse. «Fino alla sua soglia.»

    «Vi sarò riconoscente per sempre.» Oh, santo cielo. La faccenda non poteva finire bene, perché lei non aveva una zia a Londra. «È vicino a Charles Street... Drury Lane.» Solo pronunciando le parole Drury Lane, quasi rabbrividì. Non che lei intendesse diventare un'attrice. Oh, no. Non qualcosa di così disdicevole. La sua voce sarebbe stata la sua fortuna.

    Le sue migliori amiche ? Joanna, Rachel e Grace ? alla Scuola di Madame Dubois per Giovani Dame le avevano detto moltissime volte che lei cantava meglio di chiunque altro avessero mai sentito. Ed era stata così fortunata che Mr. Thomas Wren l'avesse udita, quando lui aveva partecipato a una delle presentazioni della scuola! Adesso lui era il suo mecenate, benché in segreto. Lei sarebbe stata la protagonista del suo nuovo evento musicale. E avrebbe cantato con tutto il cuore. Anche se la sua voce non era perfetta, qualcosa nel suo modo di cantare toccava le persone. Quando lei si esibiva, gli altri ascoltavano e i loro occhi si inumidivano. Niente la rendeva più felice di quell'attenzione rapita che le veniva rivolta, soprattutto se poi finiva in lacrime. Isabel adorava far piangere le persone in quel modo.

    Raccolse la sua borsa e infilò il braccio sotto quello dell'anziana donna. «Mia zia Anna vi sarà davvero grata.»

    «Dobbiamo incontrarla e assicurarci che lei non vi rimandi da quell'uomo tremendo.» La voce della vecchia signora grondava preoccupazione.

    Isabel si allungò in avanti e batté le ciglia. «Certo. Voi dovete proprio incontrarla.» Facile a dirsi, sebbene del tutto impossibile.

    Il pranzo della coppia terminò e tutti loro si affrettarono verso la carrozza.

    Entrando nell'abitacolo, Isabel si abbassò un po', tenendo la figura dell'uomo tra sé e le finestre della locanda di posta. Non sarebbe stato un bene che un passeggero dell'altra carrozza la notasse mentre se ne andava prima della fine della breve sosta. Stringendo la borsa, si sistemò sul sedile, felicissima di lasciarsi alle spalle la sua vita da istitutrice.

    Aveva apprezzato le amicizie fatte a scuola ma, man mano che si avvicinava al diploma, si era sentita sempre più intrappolata. Essere stata notata da Mr. Thomas Wren era stato un evento fortunato. A quanto sembrava, il padre di un'altra studentessa l'aveva informato della sua voce. Mr. Wren conosceva le regole della scuola ed era stato discreto nella loro corrispondenza. Lui le aveva offerto di recitare la parte principale nella nuova produzione che stava preparando.

    Isabel non riusciva quasi a concentrarsi sul compito più immediato, impegnata com'era a pensare al successo futuro. Questo cambio di carrozza sarebbe diventato un grande racconto. Poteva immaginarsi mentre ripeteva la storia di come fosse sgattaiolata via, mettendo la propria vita in gioco per viaggiare con una coppia che aveva sperato rispettabile e che l'aveva trasportata a rischio personale, per aiutarla a realizzare il suo più grande sogno.

    Quando la carrozza si avvicinò a Drury Lane, Isabel tenne d'occhio la strada, sapendo di dover prendere una decisione rapida.

    Una donna che indossava uno scialle lacero e con una crocchia da cui pendeva una ciocca di capelli grigi camminava accanto a un passaggio tra due edifici. Isabel vide la sua occasione.

    «Mia zia» ansimò, indicandola. «È mia zia.» Si girò verso l'uomo. «Fermate la carrozza.»

    Lui sollevò la mano, battendo contro il tetto del veicolo.

    Isabel balzò in piedi e rotolò fuori della carrozza prima che si fosse fermata del tutto, affrettandosi verso la donna. «Zia, zia!» chiamò.

    La donna doveva avere una nipote da qualche parte, perché si fermò, girandosi a guardarla. Isabel si diresse in fretta verso di lei, poi si lanciò di lato, dietro un palazzo, correndo con tutte le proprie forze, girando a destra, poi a sinistra. Quando capì di non essere inseguita, si fermò, appoggiandosi al muro di un edificio. Deglutì e, mentre il suo respiro tornava regolare, rifletté.

    Sarebbe diventata la migliore cantante di tutta Londra. Lei lo sapeva. Mr. Thomas Wren lo sapeva. Adesso doveva solo trovarlo. Era persa senza speranza nella più grande città del mondo. Tentò di togliere il sudiciume della strada dalle scarpe senza farsi notare. Non sapeva come avrebbe fatto a ripulire il suo vestito dal fango.

    Uno sconosciuto che indossava una cravatta floscia stava fissando palesemente il suo seno. Solo la sicurezza di poterlo superare nella corsa, anche con le sue scarpette sporche, le impedì di gridare.

    Lui si toccò il cappello e attraversò tranquillo un portone dall'altra parte della strada.

    Il vestito di Isabel, l'unico con l'intero corpino fatto di seta, avrebbe dovuto essere modificato. Lo strappo nella gonna ? grazie a un cane che non aveva apprezzato il transitare della giovane nel giardino che presidiava ? non era tale da poter essere riparato. Non pensava che fosse possibile. La gonna avrebbe dovuto essere staccata dal corpetto e sostituita. Non sarebbe stato semplice.

    Com'era finita in quella situazione? Oh, bene, decise Isabel. Avrebbe comprato tutti i vestiti nuovi non appena Mr. Thomas Wren le avesse dato i soldi che le aveva promesso.

    Certo, lei non sapeva bene come iniziare a cercarlo e doveva trovarlo prima che facesse notte. Avrebbe chiesto a qualcuno non appena avesse lasciato quella parte malfamata di Londra. La testa di pesce ai suoi piedi non le offrì l'incoraggiamento necessario.

    Poi Isabel sollevò lo sguardo. Dritto su un raggio di sole che illuminava un cartello appeso a un edificio. Con sopra un uccello. Non avrebbe dovuto affannarsi in giro. La Provvidenza l'aveva condotta diritta nel posto che stava cercando. Un segno... quello era un segno del suo futuro. Perché quello era il locale di Mr. Thomas Wren.

    L'uomo dallo sguardo lascivo era entrato là... ma a volte si doveva cantare per persone sgradevoli e si poteva solo sperare che traessero qualche insegnamento dalla musica. Lei aveva giusto il repertorio di canzoni adatte a redimere un uomo, e sapeva quando usarlo.

    Isabel aprì la borsa, estrasse la piuma e la esaminò. Raddrizzò una grinza meglio che poté e infilò quel tocco di blu nella piccola fessura che aveva creato nel suo cappellino. Sollevò la borsa, rendendosi conto di aver raccolto anche un po' della sporcizia della strada, e iniziò la sua nuova vita.

    Inizia la mia nuova vita, ripeté a se stessa, senza muoversi. Guardò la vernice scrostata dell'esterno dell'edificio e osservò un altro uomo uscire dall'ingresso, il panciotto abbottonato storto. Il suo stomaco iniziò una canzone per conto proprio, una molto stonata. Lei non poteva girarsi e andarsene. Non aveva denaro per pagarsi una carrozza. Non conosceva nessuno a Londra a parte Mr. Wren. E lui era stato così gentile e pieno di complimenti con tutti alla Scuola di Madame Dubois per Giovani Dame. Non solo con lei.

    Poteva farcela. Lei doveva farcela. Di sicuro i complimenti dell'uomo non erano stati falsi.

    Isabel sollevò la testa nel modo in cui aveva previsto di guardare il pubblico, la prima volta in cui avrebbe calcato la scena, e mise un piede davanti all'altro, ignorando tutto a parte l'ingresso di fronte a sé. Quando lo attraversò, a testa alta, la prima cosa che vide fu il palcoscenico. Una donna stava cantando. Isabel nascose un brivido e sperò che le sue orecchie l'avrebbero perdonata. Supponeva che avrebbe dovuto sostituire quella donna. Il seno della cantante era ovviamente ben imbottito perché sarebbe stato difficile per madre natura essere così generosa... ma forse era una compensazione per la voce.

    Un uomo con i capelli d'argento e un bastone dalla punta dorata sedeva ansante accanto al palcoscenico. La donna mise le braccia strette ai lati del corpo e si chinò per enfatizzare le parole.

    Isabel girò la testa. Non riusciva a crederci. Avrebbe detto qualche parola a Mr. Wren al riguardo, sebbene...

    A quel punto i suoi occhi vagarono per la sala. Ci sarebbe voluta più di qualche parola.

    Alcuni uomini sedevano attorno a un tavolo giocando a Five Card Loo, ma sembrava che sul tavolo ci fossero solo dei pence. I giocatori non sapevano decidere se guardare il palco o le loro mani. Due donne stavano ovviamente sostenendo i loro favoriti, esultando o sbuffando alla vista delle carte. Poi il gioco terminò. Si levarono delle grida. Un uomo si alzò, si chinò sul tavolo e attese. Gli altri giocatori frugarono nei loro portafogli, estrassero delle monete che porsero alle donne. Il vincitore mise il braccio attorno alla vita di entrambe e le condusse verso un corridoio dall'entrata coperta da una tenda.

    Isabel emise un respiro che si portò via anche i suoi sogni.

    William camminò sotto il manifesto sbiadito ed entrò nella Wren House, dandosi un attimo per far abituare gli occhi alla luce fioca di un mondo illuminato solo perché gli uomini avevano bisogno di vedere le carte che reggevano in mano. Lui sarebbe dovuto andare in una stalla per eliminare la puzza di quel posto dalle proprie narici.

    Se suo padre avesse saputo che era là che il cugino Sylvester passava ogni mercoledì notte, le cose sarebbero potute andare diversamente. E invece adesso Sylvester possedeva Marvel e Ivory, i due migliori cavalli d'Inghilterra e gli unici i cui occhi s'illuminassero di gioia quando William si avvicinava a loro. Le bestie allungavano sempre il collo per avere un piccolo premio, al suo arrivo.

    «Viziati» borbottava ogni volta il capo scuderia, e ogni volta lui replicava: «Se lo meritano».

    William esaminò il tavolo e individuò immediatamente suo cugino. Riconoscendolo, Sylvester borbottò un saluto e altri due sollevarono lo sguardo, rivolgendogli un grugnito prima di tornare alle loro carte.

    William fece un cenno con il capo, indicando a Sylvester di raggiungerlo. La risposta, una rapida scossa della testa e una breve torsione delle labbra, non lo sorprese. Si sedette a un tavolo d'angolo, da dove poteva osservare la sala. Lui non voleva nessuno alle proprie spalle. Una donna sul palco stava finendo di cantare... per fortuna.

    William ordinò una birra. La cameriera, porgendogliela, sollevò le sopracciglia indicando la tenda che conduceva sul retro. Lui scosse la testa, sorridendo per addolcire il rifiuto. Afferrò il boccale ma, nel portarselo alle labbra, si bloccò. L'impugnatura del boccale era appiccicosa. Marmellata? Scrutò nel liquido, quasi aspettandosi di vedere qualcosa galleggiare, ma non c'era niente. Poggiò il boccale sul tavolo.

    La fine perfetta di un giorno perfetto, ma Marvel e Ivory ne valevano la pena. E avere un tetto sopra la testa aveva anch'esso i suoi pregi.

    Suo padre era andato a trovarlo presto, quella mattina, e aveva pontificato durante il resto della giornata. Il visconte aveva colto un buon momento per riprendere interesse alla vita ed elaborare un eccellente piano per diseredare il suo unico figlio maschio. Secondo le leggi ereditarie doveva lasciare la sua proprietà a William, ma poteva, comunque, affittare la tenuta di famiglia a suo nipote per i prossimi cinquant'anni. Alla morte del padre, William avrebbe ricevuto solo il proseguimento di quel contratto. Un affare che a Sylvester sarebbe costato appena una sterlina l'anno. E quella mattina il respiro del visconte non odorava di brandy.

    William decise che all'eredità avrebbe pensato dopo. Marvel e Ivory se ne erano già andati dalla scuderia.

    Sylvester ammiccò alle sue carte, ma William sapeva che il compiacimento era rivolto a lui. Nessuna mano poteva essere tanto buona. Si guardò attorno e, anche se il suo sguardo non si fermò finché non fu tornato al boccale che aveva davanti, notò la donna su una panca all'altro lato della sala. Lei sedeva accanto alla parete, il corpo inclinato per tenersi a distanza da un gruppo di uomini. L'interno in ombra nascondeva la sua figura più di quanto la rivelasse. Era sicuro che avesse un volto, ma il cappellino messo per traverso le nascondeva i lineamenti. Se non fosse stato per la piuma, non l'avrebbe neppure notata.

    Muovendosi come per rilassare il corpo, girò di poco la sedia nella direzione della donna, in modo da poterla guardare con la coda dell'occhio anche mentre fissava avanti.

    La cameriera gli si avvicinò. William esibì una moneta e ordinò un'altra birra, scartando la possibilità di chiedere un boccale pulito. Immaginava che lei non l'avrebbe presa bene, in particolare notando il sudiciume sotto le sue unghie.

    Pensò che la signora seduta sulla panca fosse di un livello superiore alle altre nella sala, specialmente per il modo in cui rimaneva incollata con la schiena alla parete dietro di lei e le sue mani stringevano la borsa, come se quella potesse proteggerla. Si chiese perché restasse in quel posto.

    La cameriera poggiò un altro boccale davanti a lui e si strofinò contro il suo fianco, prima di andarsene.

    Niente galleggiava nel liquido. E il manico del boccale non era appiccicoso. Lui avrebbe interpretato questo come un segno che la birra fosse... Prese un sorso e soffocò un colpo di tosse. Il contenuto del boccale gli bruciò il palato e sperò che sulla sua lingua non venissero le vesciche. A quanto sembrava al proprietario non importava se i clienti barcollavano un po', sapendo che il bere poteva far loro allentare i cordoni della borsa.

    La porta si aprì e il chiarore cadde sul cappellino della signora sulla panca. Lei si girò verso la luce. Per un istante lui poté vedere alcune ciocche dei suoi capelli. Rame. William bevve un piccolo sorso. La birra aveva un sapore migliore di prima. Rame. Proprio sotto quella terribile piuma. Il suo colore preferito di capelli... adesso. Lui non aveva mai visto una donna che esibiva una capigliatura con una simile tonalità di rosso. Era una vergogna che il cappellino li coprisse.

    Qualcuno al tavolo di Sylvester ruttò e la donna dalla piuma cadente si irrigidì ancora di più e volse la schiena dall'altra parte. William notò l'abito. Non proprio il tocco di colore su cui le sue sorelle insistevano tanto. Gli ricordava qualcosa che avrebbe potuto indossare una signorina a una fiera di campagna, non un vestito da passeggio. E neppure l'abito per una soirée. Lui poteva vedere la sottogonna far capolino da uno squarcio nella gonna. Tutti i suoi muscoli si irrigidirono. Una donna non andava in giro con un simile strappo nell'abito. Particolarmente non una che sedesse così diritta e tenesse le mani guantate strette alla borsa.

    William si alzò, il boccale ancora in mano, progettando di offrirle il suo aiuto.

    Appena lui si mosse, gli occhi della donna guizzarono nella sua direzione. Lei trasse un respiro e batté la nuca contro la parete.

    William le rivolse un sorriso cupo. La donna non voleva che le si avvicinasse, era ovvio. Forse era venuta da Wren sperando di trovare suo marito. In tal caso era meglio che William non attirasse l'attenzione su di lei. Appoggiò il boccale sul tavolo e si spostò di fianco a Sylvester.

    Mettendo una mano sulla giacca di lana del cugino, si chinò in avanti. «Devo parlare con te.»

    «Qualunque cosa tu abbia da dire» tuonò la voce di Sylvester, «puoi dirla davanti ai miei amici.»

    «Sono sicuro di sì, ma penso che sarebbe meglio uscire per parlare di questioni di famiglia.»

    Sylvester doveva aver notato se suo padre era ubriaco quando aveva dato via i cavalli.

    «Questi uomini sono come la mia famiglia» rispose l'altro. «Solo meglio, perché loro non mi regalano dei cavalli che non valgono il fieno che mangiano.» Si rivolse all'uomo alla sua sinistra. «Vi ho detto che mio zio mi ha dato due cavalli? Due vecchi brocchi. Io non potevo davvero rifiutare e ferire i suoi sentimenti, in particolare perché la sua mente era limpida come un giorno senza nuvole.»

    Sylvester non avrebbe detto che la mente del visconte era limpida se non fosse stato vero. «Li prenderò io e ti libererò di loro.»

    «Oh, io non potrei farti questo.» Il cugino lasciò andare il fiato. «Per adesso li terrò, anche se non vedo la necessità di nutrirli come sono abituati. Un po' troppo grassi. Qualche razione di meno farà loro bene. O forse potrei farli abbattere.»

    William aumentò la stretta sulla sua spalla. «Tu darai loro da mangiare come si deve e ne avrai cura.»

    Sylvester rise. «Stavo solo scherzando, caro cugino. So che quei cavalli sono i tuoi preferiti. Lo sa anche tuo padre. Non riesco a capire cosa abbia in mente.» Si strofinò il mento con una mano. «O forse lo so» disse, parlando agli altri giocatori. «Se il cugino William non si decide a sposarsi e avere un erede, allora il titolo passerà a mio figlio, se io ne dovessi avere uno, e io intendo averne una nidiata. Io mi sposerò, porterò a letto la mia sposa e mi godrò i vincoli del matrimonio, sebbene non sia questo il modo in cui l'ho messa con mio zio. Gli ho detto di essere profondamente innamorato e prossimo a fare la proposta. E lo sono.» Lui ammiccò di nuovo. «Profondamente innamorato dell'eredità di William e prossimo a propormi a...» Guardando attorno al tavolo, chiese: «Nessuno di voi ha una sorella nubile che vuole un marito?».

    «Nessuna che lasceremmo sposare a te» rispose uno degli uomini. Gli altri risero.

    «Io avrò indietro Marvel e Ivory.» William lasciò la presa sulla spalla del cugino.

    «Bene, se finirò senza

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