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Una virtuosa cortigiana
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Una virtuosa cortigiana

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About this ebook

Inghilterra, 1816

Per Gavin Stone è una vera sorpresa scoprire che insieme al patrimonio di famiglia ha ereditato dal fratello Edward anche la sua giovane amante! E lo è anche per la bella Sarah Marchant, che dopo essere stata costretta suo malgrado ad accettare la protezione del ricco Edward, scopre di essere stata "regalata" al nuovo protettore come se fosse un oggetto. Gavin, però, è un uomo bellissimo, oltre che un noto libertino, e inevitabilmente tra i due scatta una forte attrazione che li spinge l'uno tra le braccia dell'altro. La loro relazione prosegue tra equivoci e battibecchi, scontri e riavvicinamenti, ma l'amore sembra assai lontano... finché un imprevisto non rende il loro legame indissolubile.
LanguageItaliano
Release dateDec 10, 2018
ISBN9788858991763
Una virtuosa cortigiana
Author

Mary Brendan

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Una virtuosa cortigiana - Mary Brendan

    Immagine di copertina:

    Bruno Faganello

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Virtuous Courtesan

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2008 Mary Brendan

    Traduzione di Paola Picasso

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-176-3

    1

    Per Joseph Pratt l’ultima settimana era stata infernale. La sfortuna era iniziata lunedì, quando aveva scoperto la moglie a letto con il suo giovane amante. Quel mercoledì, scommettendo su un ronzino che un intenditore gli aveva assicurato vincente nella gara della contea, aveva perso venti ghinee e il giorno precedente uno studio legale, suo concorrente, gli aveva portato via il cliente migliore.

    Dulcis in fundo, quel mattino, venerdì, si era svegliato con un mal di denti feroce.

    Mentre sbirciava l’uomo seduto davanti a lui, si sfiorò la gengiva gonfia con la lingua e trasalì per il dolore. Tuttavia, pregustando la scena a cui stava per assistere, non poté fare a meno di sorridere tra sé e sé.

    L’uomo gli mostrava il suo profilo scultoreo e, mentre lo osservava di sottecchi, l’avvocato notò che, contrariamente alla moda vigente tra i dandy di Mayfair, era molto abbronzato.

    Mr. Gavin Stone poteva aveva un’aria indolente e sonnolenta, ma certo non disdegnava l’alzarsi presto e il fare esercizi ginnici al sole per acquistare quella volgare tintarella zingaresca.

    Sebbene Joseph lo disapprovasse, non riusciva a distogliere lo sguardo da lui perché l’aspetto dell’uomo era decisamente diverso da quello che aveva immaginato. Non che suo fratello, Edward Stone, gli avesse parlato molto di lui, tuttavia, grazie a certe allusioni, gli aveva lasciato intendere che Gavin fosse un gran briccone.

    In quel momento le labbra del briccone formavano una linea sottile e, se ciò non fosse bastato a tradire la sua irritazione, c’erano le sue dita affusolate che tamburellavano sul bordo dello stivale, lucido come uno specchio, che gli arrivava al ginocchio.

    Nonostante la fama di libertino di cui Gavin Stone godeva, non aveva l’aspetto di un uomo con il quale ci si potessero prendere delle libertà.

    Vedendolo perdere interesse per la scena pastorale che si scorgeva oltre la finestra, Joseph si affrettò a distogliere lo sguardo dal suo viso e lo abbassò sulle sue gambe muscolose, fasciate da un paio di pantaloni di lana finissima.

    La seggiola su cui Gavin Stone sedeva era piccola per la sua mole e probabilmente, dopo essere rimasto seduto un’ora, doveva sentirsi irrigidito.

    Di colpo l’uomo si alzò, offrendogli la visione del proprio fisico invidiabile, ma l’avvocato tenne la testa abbassata, fingendo di consultare un documento, e non la sollevò nemmeno quando due pugni vennero piantati sul suo scrittoio, direttamente sotto il suo naso.

    Attese un istante e, quando alzò lo sguardo e incrociò quello penetrante di due occhi azzurri, comprese che continuando a ignorare Mr. Stone avrebbe corso un grave pericolo.

    «Dobbiamo aspettare ancora a lungo?»

    Joseph si schiarì la voce. «Posso solo scusarmi, signore. L’appuntamento era per l’una in punto. Immagino che Miss Marchant sia stata trattenuta da qualche imprevisto.»

    «Immagino che abbiate ragione» commentò Gavin con ironia. «Ma non sono disposto ad aspettare ancora. Lo abbiamo fatto per quaranta minuti. Sprecandoli. Procediamo da soli. Potrete comunicarle qual è il suo lascito in un altro momento.»

    «Temo di non poterlo fare, signore» replicò l’avvocato, inorridito. «Il mio defunto cliente mi ha dato delle istruzioni chiarissime. Il suo testamento non può essere letto se non alla presenza dei due eredi.»

    «Che cosa?» Gavin ruotò su se stesso e, quando parlò, lo fece voltandogli le spalle. «Perché non mi avete informato subito?»

    «Non me l’avete chiesto, signore, e non mi sembrava di doverlo portare alla vostra attenzione.»

    Gavin digrignò i denti. «Intendo tornare a Londra oggi pomeriggio» annunciò in tono sferzante. «E voglio partire alle tre, al massimo alle quattro.»

    Joseph afferrò un campanellino posato sullo scrittoio. «Allora abbiamo ancora tempo. Potrei offrirvi qualcosa da bere o...»

    Gavin agitò una mano, impedendogli di proseguire. Lo avevano già rimpinzato di biscotti un po’ stantii e di tè troppo leggero e il suo stomaco non accettava niente altro. «No, grazie» rifiutò. «Sarò al Red Lion fino alle quattro del pomeriggio. Se questa Miss...»

    «Marchant» gli suggerì l’avvocato.

    «Già. Se Miss Marchant dovesse spuntare entro quell’ora, mandate il vostro segretario alla locanda e io rinvierò la partenza. È il massimo che posso fare.» Con due falcate Gavin raggiunse la porta, ansioso di uscire dallo studio, ma proprio in quel momento apparve il segretario, un giovanotto allampanato con i denti da coniglio.

    «Vi chiedo scusa, Mr. Stone, Mr. Pratt...» biascicò. «Miss Marchant è di sotto e porge le sue scuse per il ritardo. Devo...?»

    «Fatela salire. Fatela salire» ordinò Mr. Pratt con impazienza. «Ecco, finalmente è arrivata. Adesso concluderemo in fretta tutta la faccenda e voi potrete partire quando volete. Perché non vi sedete?» lo pregò, vedendo che Stone era rimasto in piedi, vicino alla porta.

    Gavin imprecò e, ignorando il suggerimento, andò alla finestra e guardò in basso. Un’aria profumata gli penetrò nelle narici e, mentre socchiudeva gli occhi contro il riverbero del sole, il suo malumore cominciò a placarsi.

    In quel periodo dell’anno la cittadina era davvero piacevole. Dal punto in cui si trovava riusciva a vedere le casette pittoresche e il riquadro verdeggiante della piazza. Lo studio legale Pratt and Donaghue, che gli aveva comunicato per lettera il decesso del fratello, era situato al primo piano di un edificio di mattoni rossi, fiancheggiato da palazzi simili che ostentavano grandi portoni dotati di targhe di ottone con incisi i nomi degli inquilini.

    Sui due lati della via principale c’erano dei negozi di varia grandezza, alcuni dei quali esponevano la loro merce all’esterno. A prima vista sembrava che i residenti potessero trovarvi tutto quello che cercavano, tuttavia Gavin si meravigliava che il fratello avesse abbandonato da anni la vita che aveva condotto a Mayfair per trasferirsi in pianta stabile in quello che a lui sembrava un paesino sperduto.

    «Mi dispiace tanto del ritardo. Spero di non avervi creato troppi inconvenienti.»

    Benché ansiosa, la voce era giovanile. Sicuro che l’aspetto di Miss Marchant non potesse essere gradevole come la sua voce, Gavin girò adagio la testa. Se fu sorpreso da ciò che vide, non lo manifestò.

    Quando Mr. Pratt l’aveva informato che una certa Miss Marchant, nominata nel testamento di suo fratello, sarebbe stata presente alla lettura dello stesso, Gavin aveva immaginato una solerte cameriera, meritevole di un lascito per i servizi resi a Edward, e non aveva fatto domande.

    Edward si era separato dalla moglie Janet e aveva vissuto da solo per quindici anni, perciò era comprensibile che avesse assunto una donna esperta per mandare avanti la casa. Metodico e parsimonioso, era possibile che non avesse saldato i conti con i servitori e che, andandosene, avesse voluto chiuderli com’era suo dovere.

    Ma quella non era una domestica di mezza età, pensò, scrutando la giovane donna che si stava togliendo il cappello e i guanti con gesti frettolosi, come se volesse recuperare il tempo perduto. Quella era una vera signora. Se non l’avesse già capito dal modo in cui si esprimeva, lo avrebbe desunto dal suo portamento elegante e dai suoi modi garbati. Ma l’elemento che lo sorprese di più fu la sua innegabile bellezza.

    Giovane, bella e raffinata?

    Forse cominciava a capire la passione del fratello per quel posto. L’età e la cultura della ragazza rendevano assurda quell’ipotesi, ciononostante Gavin continuò a domandarsi se il caro Eddie non fosse stato meno probo di quanto avesse voluto apparire.

    «Vi prego, Miss Marchant, accomodatevi.» Joseph Pratt le indicò una sedia uguale a quella su cui era stato seduto Gavin. «Incominceremo senza indugio. Mr. Stone è impaziente di tornare a Londra.»

    Sarah Marchant avanzò di un passo, squadrando la figura imponente accanto alla finestra.

    Dunque era quello il famoso Gavin Stone! Vestito in modo sobrio, l’espressione severa, non sembrava affatto il giovane irresponsabile descritto da Eddie. Inoltre, Eddie aveva affermato che fisicamente lui e il fratello minore si assomigliavano molto, ma non era affatto così. Forse al caro Edward sarebbe piaciuto, pensò nascondendo un sorriso, ma, ahimè, lui non aveva posseduto la stessa altezza, le medesime spalle larghe e... la stessa bellezza.

    L’uomo che aveva di fronte era più scuro di carnagione e una capigliatura folta gli incorniciava il viso dai tratti energici. A trentotto anni il povero Edward era stato colpito dal vaiolo e si era spento dopo una breve e dolorosa malattia, il cui ricordo la faceva rabbrividire.

    Accorgendosi di fissare l’uomo in modo sconveniente, Sarah distolse lo sguardo, pensando che Gavin Stone avesse ben donde d’essere irritato. Neppure lei sarebbe stata contenta di dover aspettare tanto a lungo nell’ufficio di Mr. Pratt. Scusandosi di nuovo, si sedette e assunse un’espressione tranquilla.

    «Spero che non siate stata trattenuta da un motivo sgradevole.»

    Gli occhi color topazio di Sarah si volsero verso Gavin. Pareva che si aspettasse una spiegazione per il suo ritardo e adesso, invece di sembrare adirato, la fissava con aria deridente.

    «Una questione di famiglia, signore» gli rispose, guardando l’avvocato e indicandogli con un breve cenno della testa di essere pronta.

    Joseph lanciò un breve sguardo da Mr. Stone a Miss Marchant. Percepiva già una certa tensione fra i due. Di lì a poco, quando avesse letto le ultime volontà del suo cliente, sarebbero esplose delle scintille. Assumendo un atteggiamento professionale, riunì i fogli disseminati sullo scrittoio e, benché entrambi gli eredi conoscessero la reciproca identità, fece brevemente le presentazioni. Intuiva che Gavin era curioso di sapere che ruolo avesse ricoperto quella giovane donna avvenente nella vita del fratello. Tuttavia, mentre aspettavano il suo arrivo, non gli aveva posto alcuna domanda su di lei.

    Gavin tornò a sedersi, ma si sistemò in modo da avere davanti Miss Marchant e non l’avvocato e, quando lei arrossì, le sorrise di nuovo con aria divertita.

    Sarah avvertì la sua ostilità. Forse lui temeva che gli portasse via l’eredità, tuttavia si sbagliava. Eddie le aveva detto che le sue proprietà sarebbero andate all’unico parente che aveva, anche se non lo stimava e lo vedeva molto di rado, ma che avrebbe provveduto in modo adeguato anche a lei.

    Quel giorno avrebbe scoperto che cosa intendesse. Sperava nella possibilità di continuare a vivere a Elm Lodge e in una somma annuale che le consentisse di mantenersi. Erano pensieri prosaici, lo sapeva, ma doveva pur vivere in qualche modo. Purché non ci fossero troppe discussioni, però. In vita, Eddie aveva preferito non vedere il fratello. Purtroppo non aveva dispensato lei da quell’obbligo.

    «Andrò dritto al punto» esordì Joseph. «Il defunto Mr. Edward Stone ha lasciato il suo intero patrimonio al fratello, Gavin Stone, ma riguardo alla casa di Brighton è allegata una clausola. La moglie di Mr. Edward risiede là e deve potervi restare gratuitamente fino alla morte. Il defunto ha anche lasciato una piccola somma da corrisponderle ogni anno.» Fece una pausa per permettere alle due persone presenti di capire bene quello che aveva detto, poi aggiunse: «Non era necessario che Janet Stone fosse presente oggi. Infatti era preciso volere di Edward che non fosse invitata».

    «Capisco» mormorò Gavin, guardando la donna seduta accanto a sé.

    Sarah arrossì violentemente. Intuiva che quell’uomo arrogante doveva aver capito che tipo di rapporto ci fosse stato fra lei ed Edward, ma non c’era bisogno che manifestasse in modo così palese la sua disapprovazione.

    Lei era stata un’amante, ma non aveva distrutto un matrimonio. Quando l’aveva conosciuto, Eddie viveva da anni separato dalla moglie. Inoltre, si disse, stringendosi le mani, chi aveva il diritto di scagliare la prima pietra? Non certo Gavin Stone, di cui conosceva i peccati. Tuttavia Eddie avrebbe potuto risparmiarle quei momenti di profondo disagio.

    «E adesso veniamo al ruolo che Miss Marchant dovrebbe ricoprire.» L’avvocato si allargò il colletto della camicia con un dito e si rivolse a Gavin. «Il lascito che Mr. Edward ha destinato alla signorina è legato al vostro, signore. Per poter ereditare, dovete impegnarvi a mantenere Miss Marchant nel modo a cui è abituata.» Ecco fatto, pensò, esalando un sospiro. Aspettandosi una violenta esplosione, attese a occhi bassi, ma tutto quello che udì fu il ticchettio dell’orologio appeso al muro. «Ci sono domande?» azzardò alla fine.

    Sarah si riscosse dallo sbigottimento. Non era possibile che Eddie le avesse giocato un tiro così meschino! Le aveva detto molte volte di volerle bene. Doveva esserci un errore d’interpretazione... «Vi dispiace ripetere l’ultima parte?» mormorò.

    «Sì, rileggetela» ringhiò Gavin in tono così feroce che Joseph tornò ad allargarsi il colletto.

    «Il punto è che voi, Miss Marchant, sarete forzatamente protetta da Mr. Stone e voi» proseguì l’avvocato, rivolto a Gavin, «dovrete continuare a mantenere Miss Marchant o rinunciare all’eredità. Ecco qui» disse, porgendogli i fogli. «Potete leggere voi stesso. Se rifiuterete queste condizioni, non riceverete un soldo e nel giro di sei mesi la Corona entrerà in possesso di tutti i beni di vostro fratello.»

    Gavin balzò in piedi. «Che razza di scherzo è?» ruggì, fissando il viso pallido di Sarah. «Voi lo sapevate? Siete stata voi a mettere questa idea bizzarra in testa a mio fratello?»

    L’accusa, espressa in tono disgustato, fece saltare i nervi a Sarah, che buttò indietro la testa, scrollando gli splendidi capelli color miele. «Vi posso assicurare, signore, che non ne sapevo niente, altrimenti non mi sarei presa la briga di venire qui, oggi» replicò, alzandosi a sua volta con espressione indignata. «Sono sbalordita e sconvolta quanto voi. Se volete saperlo, mi nasce il sospetto che siate stato voi ad architettare questo scherzo e che la vostra indignazione sia falsa. Non posso però credere che Edward si sia lasciato convincere con tanta facilità.»

    Gavin mosse un passo verso di lei. Uno solo, ma bastò a impaurire Sarah. «Credete che io abbia bisogno di una scusa ingegnosa per trovare un’amante?» le domandò con finta dolcezza.

    Sembrava così furente che lei rimpianse d’avergli parlato in quel modo. Tuttavia, per quanto pericoloso fosse quell’uomo, non poteva rimangiarsi quanto gli aveva detto né tanto meno scusarsi. «Eddie mi ha confidato che voi siete un dissoluto. Potete negarlo?»

    «Se avessi saputo della vostra esistenza quando era ancora in vita, sarei venuto qui a dirgli quello che penso di voi, madame, in modo che comprendesse il rischio di aizzarvi contro di me.»

    Joseph appoggiò le spalle allo schienale della poltrona e nascose un sorriso. Che pantomima divertente. Superava di gran lunga le sue previsioni più ottimistiche. La tensione tra quei due era salita a un tale livello che si aspettava che Miss Marchant desse uno schiaffo a quel briccone insolente.

    Naturalmente, lui sapeva da tempo che Miss Marchant era l’amante di Eddie Stone, così come lo sapevano quasi tutti gli abitanti della cittadina. Ma la relazione era sempre stata molto discreta e, dopo un breve scandalo iniziale, l’interesse della gente era scemato. Di Miss Marchant si sapeva poco perché era una persona riservata, abitava in periferia e non cercava né l’approvazione né l’amicizia delle grandes dames.

    Eddie era stato considerato un uomo perbene, separato dalla moglie da anni, e i suoi concittadini avevano compreso il suo bisogno di trovare conforto altrove. Il solo mistero riguardava il motivo per cui una giovane donna bella e raffinata come Sarah Marchant avesse accettato di diventare la mantenuta di un gentiluomo quando, prima che la sua reputazione fosse rovinata, avrebbe potuto ricevere molte offerte di matrimonio.

    «Non crediate che sia in collera con voi, avvocato» dichiarò di colpo Sarah, distogliendo Mr. Pratt dalle sue elucubrazioni. «Ma non desidero beneficiare del lascito di Edward e sono pronta a firmare qualunque documento per porre fine a questa faccenda.»

    «Mmh, non credo che faccia differenza ai fini dell’esecuzione testamentaria...»

    «Che cosa può farla?» tuonò Gavin, interrompendolo bruscamente.

    «Niente, signore.»

    «Dunque siamo legati l’uno all’altro da questo indegno contratto?»

    «Solo se lo volete, signore» specificò Joseph, abbassando lo sguardo.

    Sarah divenne scarlatta. Udì un suono che le parve una risata maligna, ma che probabilmente era solo un ringhio di Gavin Stone e, alzandosi, strinse il cappello e i guanti nelle mani che le tremavano. Poi uscì senza dire una parola. Il suo passo era rapido, ma lei

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