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Un ereditiera ai miei piedi (eLit): eLit
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Un ereditiera ai miei piedi (eLit): eLit

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About this ebook

Single dad 2

Chi lo ha detto che i milionari devono essere sempre solo belli, dannati e uomini? Ci sono anche le donne, e che donne!

Io un'ereditiera!
Lori Hutchinson ancora non ci crede. Ha appena saputo di aver ereditato l'azienda di suo padre con tutti gli annessi e connessi. Ormai è ricchissima e a capo di un vero e proprio impero economico. Riuscirà a farsi accettare da gente che non sapeva nemmeno della sua esistenza?

No, e ancora no! Non sarà una emerita sconosciuta a soffiarmi il lavoro da sotto il naso.
Jace Yeager è furibondo: era sicuro che l'appalto per le costruzioni in programma sarebbe stato suo e ora dovrà ricominciare tutto da capo. Ma la signorina Hutchinson avrà pane per i suoi denti. Niente e nessuno riuscirà a fermarlo.
LanguageItaliano
Release dateApr 1, 2019
ISBN9788858999714
Un ereditiera ai miei piedi (eLit): eLit
Author

Patricia Thayer

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Book preview

    Un ereditiera ai miei piedi (eLit) - Patricia Thayer

    Immagine di copertina:

    g-stockstudio / iStock / Getty Images Plus

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Single Dad’s Holiday Wedding

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2012 Patricia Wright

    Traduzione di Carlotta Picasso

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-971-4

    1

    Imboccata la First Street e raggiunto il centro della città, Lorelei Hutchinson ebbe un brutto presentimento. Forse non era stata una buona idea andare a Destiny, nel Colorado, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.

    Parcheggiò la macchina presa a noleggio in una via limitrofa alla piazza principale, dominata da una fontana costituita da tre vasche circolari poste una sopra l’altra. Delle panchine collocate in circolo per godere dell’ombra degli alberi invitavano i visitatori a una piccola siesta prima di avventurarsi lungo il sentiero fiancheggiato da bassi arbusti. Proseguendo poi lungo il viale, si sbucava nel parco da dove provenivano le grida festose dei bambini.

    Lori scese dalla macchina, stringendosi il cappotto in vita. Il pungente vento autunnale le sferzò il volto mentre le foglie morte formavano dei mulinelli ai suoi piedi. In quei lunghi vent’anni di lontananza da Destiny molti ricordi erano sbiaditi, ma altri erano più vividi che mai.

    Ricordò una sera di Natale in cui l’acqua della fontana appariva rossa per via di un divertente gioco di luci e l’albero di Natale era illuminato d’argento. La gente si era raccolta in cerchio intorno all’abete, cantando le melodie natalizie e quella sera anche la sua famiglia si era unita al coro.

    Sospirò al ricordo di quel periodo felice e per la commozione gli occhi le s’inumidirono. Quella magica notte di Natale suo padre l’aveva presa per mano e l’aveva accompagnata all’altalena. Era stata una delle rare occasioni in cui aveva trascorso del tempo insieme a lui. Troppo preso dal suo lavoro, trascurava moglie e figlia.

    Lorelei aveva tanto desiderato ricevere le sue attenzioni e il suo amore, ma non era mai riuscita a conquistare il suo cuore e adesso suo padre era morto.

    Prendendo fiato, si voltò verso la fila di edifici costruiti nei primi anni Trenta e s’incamminò lungo il marciapiede, superando un negozio che riconobbe. Sua madre la portava da bambina a prendere il gelato e le caramelle. Poi notò una vetrina con un’insegna luminosa che esponeva abiti da sposa e che doveva aver aperto da poco. Superata una bottega d’antiquariato, si fermò davanti alla porta di cristallo dello studio legale di Paige Keenan Larkin.

    Quella era la città di suo padre e non la sua e Lyle Hutchinson aveva fatto di tutto perché ciò accadesse. Per questo Lori aveva bisogno di qualcuno che fosse dalla sua parte. Aprì la porta e un campanello trillò, annunciando il suo ingresso.

    La luce del sole che filtrava dalla grande vetrata illuminava l’ingresso dal soffitto alto. Il pavimento di legno sprigionava un profumo di cera misto a un odore tipico degli edifici antichi, che la riportò indietro nel tempo.

    Il rumore di un paio di tacchi riecheggiò nell’atrio, rimbalzando da una parete all’altra. La colpevole di tutto quel rumore era una donna bruna, dai capelli tagliati all’altezza delle spalle e di statura piccola. Indossava una camicetta bianca e una gonna nera che le conferivano un’aria molto professionale.

    «Lorelei Hutchinson?» domandò con un largo sorriso. «Sono Paige Larkin. Bentornata a casa.»

    Dopo essersi scambiate i primi convenevoli, Lorelei fu accompagnata in una sala conferenze dove l’attendeva un uomo di mezza età, seduto in fondo a un lungo tavolo, intento a studiare un fascicolo.

    Non c’erano dubbi: era l’avvocato di suo padre.

    Lui la vide e si alzò. «Signorina Lorelei Hutchinson, piacere. Mi chiamo Dennis Bradley.»

    Lei gli strinse la mano. «Signor Bradley...»

    La settimana precedente l’avvocato l’aveva chiamata al telefono per farle sapere che suo padre era morto all’improvviso e che occorreva che lei andasse nel suo studio perché era stata citata nel testamento.

    Quella notizia, oltre ad averla colta alla sprovvista, l’aveva scioccata. Non vedeva e non sentiva suo padre dall’età di sette anni e si stupì di essere stata menzionata come sua erede. Sperava solo di risolvere quell’incresciosa situazione in una giornata, il tempo di firmare i documenti e di salire sul primo aereo del giorno seguente.

    «Prima di tutto, Lorelei, voglio esprimerle le mie condoglianze. Lyle, prima di essere mio socio in affari, era mio amico.» Dennis Bradley lanciò un’occhiata a Paige, in piedi dietro di lui. «So che la mia telefonata le è giunta inattesa e che non è stato facile per lei venire, ma suo padre ha espresso il desiderio che io le legga il testamento. Purtroppo dovremo rimandare tutto a domani. Ci incontreremo a casa sua.»

    Stupita, Lorelei aggrottò la fronte. In quel modo non sarebbe riuscita a partire la mattina seguente. «Signor Bradley, come lei sa, non ho più avuto contatti con mio padre dall’età di sette anni e non capisco perché abbia insistito nel farmi venire qui. Potevamo risolvere tutto per telefono.»

    L’avvocato le aveva prenotato il biglietto aereo e una macchina a noleggio.

    «Se Lyle mi ha lasciato qualcosa, non avrebbe potuto spedirmela?» insistette lei.

    L’anziano signore si accigliò. «Non è semplice come crede. Siamo di fronte a un atto giuridico e certe questioni non possono essere risolte per telefono. Come le ho spiegato, lei è l’unica erede e per ora questo è tutto quello che posso dirle. Domani ci sarà la lettura formale del testamento e tutto le sarà più chiaro. Mi creda.»

    Prima che lei potesse replicare, uno sconosciuto fece il suo ingresso nella sala conferenze. «E così la figliol prodiga è tornata» commentò con voce stentorea senza nemmeno presentarsi.

    Indossava un completo grigio carbone e i capelli scuri, un po’ arruffati, erano pettinati da un lato. Gli occhi azzurri contornati da lunghe ciglia nere erano pungenti e la scrutavano con ostilità.

    Paige scattò i piedi. «Jace, non dovresti essere qui. Questo è un incontro privato.»

    «Voglio assicurarmi che la tua cliente non prenda i soldi e scappi.»

    Lorelei non reagì. Aveva capito, da qualche parola rubata al suo avvocato, che la gestione degli affari di suo padre non era stata limpida e la rabbia di quello sconosciuto non la sorprese più di tanto.

    «Sono Lorelei Hutchinson, signor...?»

    Lui le si avvicinò. «Yeager. Jace Yeager. Suo padre e io eravamo soci in un’impresa edilizia, ma mi sono accorto troppo tardi che mi stava truffando.»

    «Jace!» lo ammonì Bradley. «Modera i termini. Prima di accusare qualcuno di truffa, devi avere delle prove oggettive. Comunque i lavori si sono interrotti perché Lyle è morto.»

    «Non lo so... Non saremmo a questo punto se Lyle avesse depositato i soldi sul conto dell’azienda» precisò Jace. «Mi scuso se le sono sembrato aggressivo» aggiunse, guardando Lori. «Ma i miei uomini aspettano da tre settimane di essere pagati» aggiunse.

    «Cerca di avere pazienza» tentò di calmarlo l’avvocato. «Domani si risolverà ogni cosa.»

    «Non capisci» reagì lui. «Se continuo a tenere il cantiere chiuso, presto dovrò dichiarare fallimento.» Indirizzò di nuovo lo sguardo verso Lorelei e lei fu percorsa da un piccolo fremito. «Sembra che domani entrerà in possesso di una grossa somma di denaro. Sappia che una parte è mia.»

    Lori si schiarì la gola. «Mi ascolti, signor Yeager... non so niente dei suoi affari con mio padre. Posso dire di non averlo mai conosciuto. Sarà Paige a occuparsi del caso.»

    Jace Yeager fece uno sforzo enorme per restare calmo. Saputo che Lorelei Hutchinson sarebbe tornata in città, era andato su tutte le furie. Che quella ragazza non pensasse di prendere i soldi di suo padre come se niente fosse e andarsene in fretta così com’era venuta! Non voleva perdere tutto per colpa sua. La sua attività stava per fallire e se fosse accaduto, avrebbe compromesso il futuro di sua figlia Cassie. Aveva investito ogni centesimo che possedeva in quell’impresa e non poteva permettersi altri ritardi nell’avanzamento dei lavori. Inoltre la stagione non l’aiutava. Era ottobre inoltrato e la neve non avrebbe tardato a cadere.

    Fissò Lorelei con fermezza, ma lei non si lasciò intimidire. Bionda, grandi occhi color nocciola, viso pulito, una spruzzata di efelidi sul naso e un velo di trucco sulle guance. La figlia di Lyle non era affatto come l’aveva immaginata, ma non voleva lasciarsi ingannare dal suo aspetto. Troppe volte si era sbagliato sulle donne. In ogni caso non le avrebbe permesso di interferire nella sua vita. Gli era bastata la sua ex-moglie a rovinargliela.

    «Che cosa avrà scritto nel testamento Lyle?» domandò a Bradley.

    «Non lo so. Lo leggeremo domani.»

    Lori si accorse dell’espressione frustrata di Jace. «E scopriremo le sue volontà» aggiunse.

    «Ne sono certo. Probabilmente non otterrò i soldi di suo padre, signorina Hutchinson, ma lotterò per riavere i miei.»

    Jace Yeager si voltò e uscì dalla porta di pessimo umore, investendo una donna alta, dai capelli rossi e dai luminosi occhi verdi. Non si fermò nemmeno per scusarsi.

    «Oh, mia cara!» esclamò lei, andando incontro a Lori. «Mi scuso tanto per il ritardo. Come sindaco di questa città desideravo darle il benvenuto. Sono Morgan Keenan Hilliard» si presentò.

    «Lori Hutchinson...» mormorò lei, porgendole la mano.

    «È un piacere conoscerla. Perdoni il nostro amico Jace. Come avrà notato, ha un temperamento impulsivo. La prego, mi segua.»

    Si spostarono nell’atrio.

    «Non so se si ricorda di me» proseguì il sindaco a quel punto.

    «Ricordo molte cose di Destiny e non ho dimenticato né lei, né le sue sorelle. Chi non conosceva le ragazze Keenan?»

    Morgan sorrise. «E ovviamente, essendo la figlia di Lyle, tutti conoscevano lei, Lorelei. Spero che abbia dei bei ricordi della nostra città.»

    A eccezione del matrimonio dei suoi genitori... «Oh sì. Ne ho molti. Ricordo soprattutto il grande albero di Natale che veniva addobbato ogni anno nella piazza principale. È un’usanza ancora ricorrente?»

    «Sì, e ogni anno l’albero è più ricco di luci e di addobbi» annuì Morgan con un sorriso. «Mia madre mi ha detto che ha prenotato una stanza nella sua locanda. È vero?»

    «Sì. Non mi sarei sentita a mio agio nella casa di mio padre.»

    Morgan la prese per mano. «Non deve darmi alcuna spiegazione. Mi auguro solo che il suo soggiorno sia il più piacevole possibile. Se ha bisogno di qualsiasi cosa, di qualche ragguaglio sul funerale...»

    «Non adesso, per favore.»

    «Bene» annuì lei, cambiando argomento. «Immagino che Jace non le abbia fatto una buona impressione, ma è rimasto indietro con i lavori del complesso edilizio Mountain Heritage e questo lo preoccupa molto.»

    «Da quanto ho capito, mio padre ha partecipato a questa iniziativa edilizia.»

    «Già, ma è

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