Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Striscia pericolosa (eLit): eLit
Striscia pericolosa (eLit): eLit
Striscia pericolosa (eLit): eLit
Ebook371 pages5 hours

Striscia pericolosa (eLit): eLit

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

ROMANZO INEDITO

Zoe Foster, fumettista, uscendo dal suo ufficio di New York, in un vicolo incappa nel corpo senza vita di una donna. Subito chiama la polizia, ma quando la volante arriva del corpo non c'è traccia. Il caso si è dissolto, semplicemente non esiste. Ma come per l'eroina dei suoi fumetti, anche per Zoe è difficile lasciar perdere. Le indagini la conducono al locale notturno dell'ex marito Rick, che all'inizio è riluttante ad aiutarla a districarsi in quel rompicapo. Finché Zoe decide di lanciare un'esca: disegna la storia del cadavere scomparso nelle strisce del suo fumetto. E diventa subito un bersaglio.
LanguageItaliano
Release dateJan 2, 2019
ISBN9788858996850
Striscia pericolosa (eLit): eLit
Author

Christiane Heggan

Nata e cresciuta a Nizza, dove ha frequentato l'università, prima di dedicarsi alla scrittura ha lavorato come giornalista. Della stessa autrice Harlequin Mondadori ha pubblicato anche Sospetto, Voglia di giustizia, Il tempo del riscatto, Chat line, Fiducia cieca, Agguato nel parco, Complotto al potere, Striscia pericolosa e L'ombra del ricatto.

Related to Striscia pericolosa (eLit)

Related ebooks

Suspense Romance For You

View More

Related articles

Reviews for Striscia pericolosa (eLit)

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Striscia pericolosa (eLit) - Christiane Heggan

    successivo.

    Prologo

    New York

    10 dicembre - ore 23

    Lola Malone era a un solo isolato da Tompkins Square Park quando si fermò di botto. Poco prima aveva respinto quel pensiero, ma ciò che adesso sentiva alle spalle, benché soffocato dal sottile strato di neve, era indubbiamente un rumore di passi.

    Gettò una nervosa occhiata all'indietro. La strada era buia, e lei non si era mai sentita a proprio agio in questa zona di Manhattan, la notte. Di giorno l'East Village era affollato di artisti, studenti e turisti, ma a tarda notte diventava decisamente minaccioso. Per fortuna quella sera la neve teneva lontani i vagabondi, almeno in parte.

    Lola scrutò nell'oscurità. A parte un senzatetto accoccolato in un portone, e i fari di una macchina un po' più in là, la strada era deserta. Forse si era immaginata tutto quanto. Appassionata com'era di vecchi film, quella settimana ne aveva affittati due da brivido, Gli occhi della notte e Che fine ha fatto Baby Jane? Entrambi l'avevano tenuta in bilico sull'orlo della sedia. Forse per questo era così spaventata. Avrebbe dovuto insistere con il taxista affinché si fermasse un isolato più avanti, ma quando l'aveva caricata l'uomo stava andando a casa e non aveva voluto proseguire oltre la Seconda Strada.

    Affondando le mani nelle tasche del cappotto, Lola ricominciò a camminare affrettando il passo e rimproverandosi per essere uscita a quell'ora di notte. Che diavolo le era venuto in mente?

    Poi sentì di nuovo i passi. Tenevano il suo stesso ritmo, si muovevano quando lei si muoveva e si fermavano quando si fermava.

    Gettò un'altra rapida occhiata intorno. Poco oltre, un vicolo che conosceva bene collegava la Settima Strada con la Prima, la sua destinazione. Il pensiero di avventurarsi in un vicolo infestato di topi non era particolarmente allettante, ma non lo era nemmeno la possibilità di venir rapinata, o peggio, violentata.

    Per non dare indicazioni al suo inseguitore, Lola non svoltò nel vicolo fino all'ultimo momento. Poi, sperando di non scivolare, cominciò a correre ignorando il brulichio di animali notturni che erano stati interrotti mentre frugavano in un mucchio di spazzatura.

    Corse più veloce che poteva, con gli occhi fissi sulle luci della Prima Strada di fronte a lei. Ma fu sopraffatta dal panico quando capì che anche il suo inseguitore correva e la stava raggiungendo.

    Non ce l'avrebbe fatta, pensò.

    E come a confermare i suoi timori, una mano ferrea l'afferrò per la spalla, stringendo così forte che le sue ginocchia cominciarono a cedere. «Non mi faccia del male» pregò. «Può prendersi tutto quel che ho...»

    Lui la fece voltare bruscamente, e quando lei lo riconobbe dalle sue labbra uscì un ansito. Lo fissò terrorizzata, perché non gli aveva mai visto quello sguardo terribile.

    «Ti avevo detto di non fare fesserie, Lola» disse l'uomo brutalmente. «Ma tu non mi hai dato retta. È stata una mossa stupida.»

    «Ti chiedo scusa...» Lola deglutì. «Ero turbata, non riuscivo a ragionare.» Lo guardò, cercando nei suoi occhi una traccia di comprensione o di pietà, ma non vide che disprezzo. «Lasciami andare e ti giuro che partirò. Ho commesso un errore a venire qui, adesso lo capisco.»

    «Non penserai che io ti creda!» L'uomo avvicinò la faccia a pochi centimetri dalla sua. «Nessuno può permettersi di minacciarmi. Ricordatelo, quando morirai.»

    Avvolse le mani attorno al suo collo, e lei quasi svenne per la paura. Stava per strangolarla! Cercò di insinuare le dita fra il suo collo e le mani di lui, ma fu inutile. L'uomo era troppo forte.

    Attraverso le palpebre semichiuse Lola poteva ancora vedere le luci della strada poco lontano, ma il loro chiarore si stava affievolendo. Ogni speranza stava svanendo... Poi sentì qualcosa, un fruscio leggero, che proveniva dal bidone della spazzatura lì accanto. Nel vicolo c'era qualcuno!

    Spostò a fatica gli occhi in quella direzione, e le sue labbra cercarono di formare le parole che ormai non poteva più pronunciare. Aiuto... per favore, aiutatemi!

    1

    «Ridammela, brutto schifoso!»

    Brontolando fra i denti, Zoe Foster cercò inutilmente di liberare il tacco della costosissima scarpa da sera dalla grata di uno dei famosi tombini di Manhattan. Infine, esasperata, diede un violento strattone e subito dopo emise un gridolino di disappunto, vedendo che la scarpa si era liberata ma il tacco no.

    «Questi affari dovrebbero essere vietati!» ringhiò. Poi si mise a quattro zampe e strattonò il tacco. Dopo circa un minuto quello venne finalmente via, ma in condizioni pietose. Il velluto nero era a brandelli, e il legno del tacco aveva un intaglio profondo.

    Zoe infilò il tacco rotto nella tasca del cappotto, poi zoppicò sulla gamba accorciata di circa nove centimetri fino al cordolo del marciapiede. «Taxi!» chiamò sollevando il braccio per fermare un veicolo che si avvicinava.

    Benché vuoto, il veicolo passò oltre spruzzando di fanghiglia le sue scarpe nuove. Di bene in meglio, pensò Zoe. «Ehi!» urlò dietro al taxi già lontano. «Mai sentito parlare di buona educazione?»

    Poi, con un sospiro, guardò lungo la Prima Strada nella speranza di vedere un altro taxi. Figurarsi. Con quel tempaccio e a quell'ora tarda, le probabilità di trovare un taxi erano pressoché nulle. Avrebbe dovuto accettare l'offerta del suo capo, che le aveva proposto di accompagnarla a casa in limousine. E.J. aveva offerto un passaggio a tutti quelli disposti ad aspettare la fine della festa natalizia e alcuni avevano accettato, ma Zoe si era alzata all'alba per lavorare alla nuova striscia del suo fumetto e aveva preferito andarsene.

    Adesso, sollevando il colletto del cappotto, si incamminò goffamente in direzione di Houston Street, dove le probabilità di trovare un taxi erano migliori.

    Mentre oltrepassava il vicolo accanto all'edificio dell'Herald un debole scintillio attirò la sua attenzione.

    Zoe si voltò ed emise grido sommesso.

    Una donna avvolta in un lungo cappotto nero, con ai piedi un paio di stivali scuri, giaceva a terra come se dormisse. Zoe si avvicinò in fretta e si accucciò accanto a lei. La donna era molto bella, aveva lunghi capelli biondi che ricadevano sulle spalle, una carnagione perfetta e una bocca rossa e sensuale. Il braccio sinistro era poggiato di traverso sullo stomaco, e al polso c'era l'oggetto che aveva attirato lo sguardo di Zoe: un braccialetto d'oro, a cerchio.

    Zoe toccò la spalla della donna. «Signorina... non dovrebbe dormire qui, a terra...» Non ricevette risposta e allora la scrollò gentilmente. «Signorina... sta male? Mi sente?»

    L'altra rimase immobile. Con un'improvvisa sensazione di allarme, Zoe insinuò due dita nel colletto e le poggiò sul collo della donna. Non c'era polso.

    Zoe fece per prendere il cellulare, poi ricordò che non era riuscita a farlo entrare nella minuscola borsetta da sera e l'aveva lasciato a casa. Con il cuore in gola si alzò in piedi e tornò di corsa da dov'era venuta, entrando di furia nell'atrio del giornale. «Presto, Aaron, chiama il 911» disse al guardiano notturno. «Nel vicolo qui dietro c'è il cadavere di una donna!»

    L'uomo inarcò le sopracciglia bianche ma non perse tempo a far domande e sollevò il telefono. Mentre parlava con la polizia Zoe prese il cellulare che Aaron lasciava sempre sul bancone e fece il numero della redazione, domandandosi se qualcuno si sarebbe dato la pena di rispondere. Al settimo squillo rispose Eddy, il fattorino, gridando per farsi sentire sopra il rumore della festa. «Qui è l'Herald, buone feste!»

    «Eddy, sono Zoe Foster» disse lei in fretta. «Chiamami il signor Greenfield, per favore. È urgente.»

    Due minuti dopo E.J. venne all'apparecchio. «Che succede, Zoe?» domandò in tono ansioso. «Stai bene?»

    «Io sì, ma devi scendere subito. Ho trovato una donna morta nel vicolo accanto al nostro edificio.»

    «Dio santo. È qualcuno che conosciamo?»

    «Mai vista prima.»

    «Hai chiamato la polizia?»

    «La sta chiamando Aaron.»

    «Scendo immediatamente.»

    Pochi minuti dopo il proprietario e caporedattore del New York Herald uscì dall'ascensore. Una profonda ruga sulla fronte aveva sostituito l'espressione allegra di poco prima. Elijah James Greenfield, chiamato affettuosamente E.J. dai suoi collaboratori, era un ometto tondo con la faccia da luna piena, vivaci occhi azzurri e radi capelli grigi. Zoe lo adorava, come tutti coloro che avevano la fortuna di lavorare per lui.

    «Dov'è?» domandò. Poi, mentre Zoe gli si avvicinava zoppicando, abbassò lo sguardo. «Che ti è successo al piede?»

    «Niente, ho rotto il tacco della scarpa.» Lo precedette in direzione del vicolo, mentre una macchina della polizia si fermava davanti all'edificio e due agenti in uniforme scendevano in fretta. Zoe ed E.J. andarono loro incontro.

    «Buonasera» disse il più anziano dei due. «Sono l'agente Curtis e questo è l'agente Barnes.» Guardò E.J. «È lei che ha segnalato la presenza di un cadavere?» domandò con calma, come se essere chiamati per un cadavere fosse questione di tutti i giorni. E a New York probabilmente lo era.

    Zoe fece un passo avanti. «No, vi ho chiamati io. La donna è là.» Indicò il vicolo, ma quando si incamminò in quella direzione l'agente la fermò. «Controlliamo noi, signora. Lei aspetti qui.»

    E.J. si voltò verso di lei. «Sei sicura di non averla mai vista? Gene ha appena assunto due nuove segretarie, ma alla festa non ho visto nessuna delle due.»

    «No, non era un viso familiare» replicò Zoe levando gli occhi verso gli ultimi piani dell'edificio.

    E.J. seguì lo sguardo di lei. «So quel che stai pensando, ma lascia perdere. A New York la gente non cade più dalle finestre.»

    «Lo fanno, se qualcuno li spinge.»

    E.J. stava per rispondere quando i due poliziotti tornarono indietro. L'agente Curtis doveva essere al comando, e infatti fu lui a parlare per primo. Ma questa volta il suo tono era piuttosto brusco. «Cos'è, una specie di scherzo?» domandò rivolto a Zoe.

    Lei ed E.J. si scambiarono un'occhiata. «Come ha detto, scusi?»

    «Non c'è nessun cadavere, nel vicolo o nelle vicinanze.»

    2

    «Ma non è possibile!» esclamò Zoe guardando da uno all'altro. «L'ho vista con i miei occhi, l'ho scrollata, le ho tastato il polso. Non reagiva... era morta!»

    L'agente estrasse un taccuino dalla tasca. «Quand'è accaduto, signora?»

    «Meno di dieci minuti fa.»

    L'uomo cominciò a scrivere. «Il suo nome?»

    «Zoe Foster.» E poiché aveva passato ore e ore a far ricerche per la sua striscia di fumetti e conosceva la procedura, aggiunse: «Abito al 1232 di Wooster Street».

    «Che ci faceva in quel vicolo?»

    «Avevo appena lasciato una festa di Natale al New York Herald e stavo andando in Houston Street a cercare un taxi. E mentre oltrepassavo il vicolo il mio sguardo è stato attirato da qualcosa di scintillante, un braccialetto d'oro. È stato allora che ho visto la donna e ho cercato di svegliarla, ma lei non ha reagito.»

    «E allora che cos'ha fatto?»

    «Sono tornata di corsa nell'edificio del giornale e ho chiesto al guardiano notturno di chiamarvi.»

    «Può descrivere la donna che dice di aver visto?»

    Zoe avvertì la nota scettica nella voce dell'uomo, ma decise di non badarci. Lei stessa avrebbe avuto dei dubbi se non avesse visto la donna con i suoi occhi. «Era bella, ben vestita e ben truccata, con lunghi capelli biondi e la carnagione chiara. Il braccialetto era alto circa cinque centimetri ed era al suo polso sinistro.» Stava per aggiungere che non poteva trattarsi di una rapina perché in quel caso l'assassino avrebbe preso il braccialetto, ma pensò che l'agente non avrebbe gradito il suggerimento e tacque.

    Il poliziotto più giovane, che l'aveva osservata mentre il suo compagno annotava le risposte, adesso puntò un dito verso di lei. «Aspetti un momento... Lei è quella Zoe Foster? L'autrice di Kitty Floyd, Detective privata

    Grata per il tono amichevole e per essere stata riconosciuta, Zoe ricambiò il sorriso. «Proprio così.»

    «Somiglia a Kitty. Forse per via dei capelli rossi...»

    L'altro gli gettò un'occhiata ammonitrice e l'agente Barnes si zittì.

    Quando l'agente anziano si rivolse di nuovo a Zoe, però, il suo tono si era addolcito.«Senta, signorina Foster, sono sicuro che lei è in buona fede, ma il fatto è che in questo periodo a Manhattan danno un sacco di feste. Forse la donna che ha visto aveva bevuto troppo e stava facendo un sonnellino per smaltire la sbornia.»

    «In un vicolo lurido? Sotto la neve?»

    «Non sappiamo in che condizioni era.»

    L'agente Barnes annuì. «E quando lei l'ha toccata si è spaventata ed è scappata via.»

    Zoe scrollò testardamente la testa. «Non avrebbe potuto andare da nessuna parte. Era morta.»

    Come a confermare la sua affermazione, Zoe fece pochi passi ed entrò nel vicolo. Il suo sguardo si soffermò sul punto dove qualche minuto prima c'era il cadavere, ma ormai il terreno era coperto da uno strato di neve, e a parte il grosso bidone dell'immondizia poco lontano il vicolo era deserto.

    L'agente scettico la osservò tornare indietro con la sua andatura zoppicante. «C'è qualcosa che non va nella sua scarpa?» domandò.

    Lei accennò al marciapiede poco oltre. «Mi si è incastrato il tacco nel tombino, e quando l'ho tirato fuori si è rotto.»

    L'occhiata che i due agenti si scambiarono era molto significativa.

    «Guardi, se è questo che pensa non ho bevuto per niente. E non ho l'abitudine di inventarmi le cose o di vedere quel che non c'è. Ho visto una donna morta, e da buona cittadina ho chiamato la polizia!»

    «Io le credo» disse E.J. parlando per la prima volta.

    «Lei chi è, scusi?» domandò l'agente.

    «Mi chiamo Elijah James Greenfield» rispose E.J. indicando l'edificio alle sue spalle, «e sono il proprietario dell'Herald. Zoe mi ha chiamato appena ha trovato il cadavere, e io sono sceso immediatamente.»

    «Bene, signor Greenfield, resta il fatto che senza un cadavere, senza prove che ci sia stato un delitto e senza testimoni, non possiamo fare altro che interrogare i vicini e riportare l'incidente. Quanto a voi due, vi suggerisco di andare a casa e farvi una bella dormita.»

    Zoe stava per dare una risposta tagliente, ma pensò che fosse meglio tacere. Perdere la calma di fronte a due poliziotti non avrebbe certo aumentato la sua credibilità.

    I due si allontanarono in direzione della loro macchina, e lei si mise le mani sui fianchi e guardò E.J. «Che te ne pare? Non hanno creduto una parola!»

    «Sono un po' scettici, tutto qua. È comprensibile.»

    «Non sembri troppo convinto nemmeno tu, in barba a quel che hai detto ai poliziotti!»

    «Non farci caso. Mi preoccupo soltanto che la donna possa essere una delle nostre impiegate, e questo genere di pubblicità non gioverebbe certo al giornale.»

    «Neanche alla donna morta» ribatté lei.

    «Be', certo. Non volevo sembrare così insensibile.» E.J. continuò a guardare verso il vicolo, con fare insolitamente agitato. «Senti, perché non sali un minuto? Devo parlare con la mia assistente e scoprire se le due nuove segretarie erano alla festa stasera. Poi ti accompagno a casa e torno a parlare con gli altri.»

    In quel momento, come per miracolo, apparve un taxi. Zoe sollevò una mano e disse: «Prenderò quel taxi, se non ti dispiace. Ma chiamami dopo che avrai parlato con Maureen. Tanto mi sa che non riuscirei a dormire comunque».

    Il taxi si fermò accanto al marciapiede, E.J. aprì la portiera e baciò Zoe sulla guancia. «Ti chiamo appena so qualcosa.» Poi porse all'autista un biglietto da venti dollari e gli diede l'indirizzo.

    «E.J., non c'è bisogno che...» protestò Zoe.

    Ma lui aveva già richiuso la portiera.

    3

    Zoe cominciò a calmarsi solo quando entrò nel suo appartamento dieci minuti dopo. La sua casa le faceva sempre un effetto rilassante. Anche se era di cattivo umore, o le era capitato qualche piccolo disastro, sapeva che la pace confortante del suo loft avrebbe cancellato ogni problema.

    Non era stato facile trovare un appartamento che potesse permettersi, a Manhattan. Il costo della vita era salito alle stelle negli ultimi dieci anni, specialmente a SoHo, che era diventato uno dei quartieri più ambiti di New York. Ma quando Lizzy Min, la sua migliore amica, le aveva parlato di una fabbrica di caramelle il cui proprietario voleva trasferirsi a Brooklyn, Zoe aveva fatto il grande passo e l'aveva comprata senza pensarci due volte.

    Lei e Lizzy avevano lavorato per settimane, scrostando, scartavetrando e dipingendo, finché i circa cinquecento metri quadri della ex fabbrica non si erano trasformati in un'oasi accogliente che rifletteva alla perfezione la personalità della sua proprietaria.

    L'ampio spazio nudo era stato abilmente suddiviso per creare diverse zone. Accanto all'ingresso era stato installato un angolo cottura con gli elettrodomestici a incasso e un'isola divisoria. La zona pranzo e soggiorno era molto più ampia e coloratissima: poltrone giallo acceso, un tavolino di lacca rossa poggiato su un tappeto turco e piante verdi dappertutto. Una serie di alte finestre dall'intelaiatura di legno forniva tutta la luce che un'artista poteva desiderare. Lo studio di Zoe, con un tavolo da disegno, una scrivania e uno sgabello, occupava un altro angolo, e un paravento orientale a tre ante, dipinto a mano dalla cugina di Lizzy, nascondeva la camera da letto e il bagno.

    La pièce de résistence, come Zoe amava definirla, nonché il primo oggetto che attirava l'attenzione dei visitatori, era un grande disegno a colori raffigurante Kitty Floyd appeso sulla parete di fondo. Con i capelli rosso acceso, le lunghe ciglia e la sensuale bocca scarlatta, l'investigatrice privata creata da Zoe era parte dell'ambiente quanto lei.

    Su un tavolo accanto alla parete erano disposte alcune foto di famiglia: i nonni materni e paterni di Zoe, ormai scomparsi; sua madre, ancora bellissima a cinquantotto anni, e suo padre, un agente assicurativo che era morto in un incidente d'auto mentre tornava a casa dopo aver visitato un cliente. Zoe aveva solo tre anni all'epoca e non ricordava nulla di lui, né del trasloco da Filadelfia a New York avvenuto subito dopo l'incidente. Ma l'uomo che aveva chiamato papà per così breve tempo occupava tuttora uno spazio particolare nel suo cuore.

    Sapendo che sua figlia sentiva la mancanza di un padre, Catherine Foster aveva mantenuto viva la memoria di Henry con foto, aneddoti e racconti della loro vita insieme. All'epoca era redattrice di moda presso la rivista Trends, e aveva sistemato i propri orari in modo da poter accompagnare Zoe al pullman della scuola ogni mattina e da essere a casa quando lei tornava. Aveva addirittura respinto un'offerta di matrimonio perché Zoe, che allora aveva sette anni, aveva dichiarato con sommo disprezzo Non lo voglio in casa, non è il mio papà!.

    Anni dopo, abbastanza adulta da capire che probabilmente sua madre desiderava un uomo nella sua vita, era stata lei ad affrontare l'argomento del matrimonio. Ma Catherine aveva liquidato le preoccupazioni della figlia con una risata. «La mia vita è completa così com'è, tesoro. Non darti pensiero.»

    Adesso, anziché turbarla, quei ricordi le risollevarono il morale. Zoe si sfilò il cappotto e l'appese all'attaccapanni dell'ingresso, evitando di ripescare dalla tasca il tacco rovinato per dargli un'occhiata. Al momento non le ci voleva un'altra preoccupazione. Si augurava che lo zio di Lizzy, che faceva il calzolaio, fosse in grado di recuperare la scarpa.

    A piedi scalzi, Zoe si avvicinò al frigorifero e prese una bottiglietta di acqua, poi andò in soggiorno e si lasciò cadere su una poltrona, poggiando i piedi sul tavolino da caffè. Non doveva preoccuparsi della curiosità dei vicini, perché l'edificio di fronte era occupato da uffici che al momento erano deserti.

    Bevve un sorso d'acqua con un sospiro soddisfatto, ma il telefono squillò prima che potesse berne un secondo.

    «Zoe, sono E.J. La donna che hai descritto non era una delle nostre impiegate. Maureen aveva invitato le due nuove segretarie, ma entrambe hanno declinato l'invito perché erano già impegnate.»

    Questa era una buona cosa per E.J., pensò Zoe. Aveva lavorato tanto per il successo del suo giornale, e nonostante l'impegno e i milioni di dollari che vi aveva investito aveva rischiato la bancarotta non una ma due volte. Adesso che i guadagni del giornale cominciavano finalmente ad arrivare, era ovvio che il proprietario non volesse alcun contrattempo.

    «È un sollievo, E.J.» rispose.

    «Ci sentiamo lunedì, ragazza mia. Adesso cerca di riposare.»

    Zoe riappese, poi tornò con la mente agli avvenimenti della serata e suo malgrado si trovò d'accordo con i due poliziotti. La donna poteva effettivamente aver preso parte a una festa, proprio come aveva fatto lei. Ed era anche possibile che avesse esagerato con l'alcool, come molti facevano in quel periodo dell'anno. Ma le sue ammissioni si fermavano lì. Per quanto si sforzasse, Zoe non riusciva a credere che una donna come quella avesse deciso di farsi un sonnellino per smaltire la sbornia, in un vicolo così sudicio. Qualcuno ce l'aveva attirata per ucciderla. O magari la donna era stata spinta giù da una finestra... ma quale? L'Herald occupava i primi dieci piani dell'edificio, e gli altri sei erano affittati a tre diverse aziende, che avevano puntualmente chiuso gli uffici alle cinque.

    Con le labbra strette in una smorfia di concentrazione, Zoe si alzò e si avvicinò al tavolo da disegno. L'ultima avventura di Kitty Floyd era appena finita e Zoe stava già lavorando alla prossima, che sarebbe stata presentata ai lettori nell'edizione del lunedì mattina. A parte qualche dettaglio finale, le quattro vignette erano già pronte e in attesa di essere spedite al giornale.

    Zoe aveva inventato il personaggio di Kitty circa un anno prima, nella speranza che i suoi disegni fossero accettati e pubblicati da qualche giornale, in modo da poter lasciare un lavoro mal pagato di illustratrice di libri per l'infanzia. Purtroppo i giornali evitavano di assumere disegnatori sconosciuti, per quanto bravi fossero. Solo E.J. si era lasciato conquistare da Kitty Floyd e aveva deciso di fare un tentativo.

    Dodici mesi più tardi l'intrepida investigatrice, che viveva e lavorava a Manhattan, era ormai un successo in tutta la città. E anche se nessun rappresentante del sindacato dei disegnatori aveva ancora bussato insistentemente alla sua porta, Zoe poteva dedicare il tempo a ciò che amava di più - e cioè mettere Kitty nei guai.

    Senza nemmeno sedersi, prese il pennarello sottile che preferiva usare in luogo del pennello e cominciò a disegnare il viso della donna morta, servendosi della memoria come riferimento. Le ci vollero parecchi minuti e ben tre tentativi, ma quando lo schizzo fu pronto somigliava moltissimo alla donna trovata nel vicolo. Sotto il ritratto Zoe scrisse: IL NEW YORK HERALD CHIEDE L'AIUTO DEI LETTORI PER RINTRACCIARE QUESTA DONNA. SE AVETE QUALCHE INFORMAZIONE TELEFONATE AL 555-7100.

    Poi prese il telefono e chiamò E.J. sul cellulare. Sentiva in sottofondo una voce che dava indicazioni, e pensò che l'editore stava rispondendo dalla limousine.

    «Ho appena finito di schizzare il ritratto della donna misteriosa» annunciò. «Se per te va bene, vorrei pubblicarlo sul giornale di domani. Faccio in tempo a mandarlo per e-mail a Sal, in sala stampa. Ma mi serve la tua approvazione.»

    Non ci fu alcuna risposta. Se non fosse stato per il rumore di fondo, Zoe avrebbe giurato che la linea era caduta.

    «E.J.? Mi hai sentita?»

    «Sì. Scusa, mi ero distratto...»

    «Vuoi che ripeta la mia...»

    «No, no, ho sentito.»

    «Be', che ne dici? Ho il tuo permesso?»

    «Sì, certo. È un'ottima idea. Adesso chiamo Sal e gli dico che sta arrivando il tuo disegno.»

    Il sabato mattina la neve si era trasformata in fanghiglia grigiastra, il cielo di Manhattan era blu e privo di nuvole e il sole si riversava dalla finestre nel loft di Zoe.

    A dispetto del termometro esterno che segnava ben due gradi sottozero, sembrava che la primavera fosse già arrivata.

    Nella sua camicia da notte a righe bianche e blu, Zoe andò fino alla porta d'ingresso per prendere la copia dell'Herald. Non dovette faticare molto per trovare il suo schizzo: Sal, il direttore di produzione, l'aveva messo in prima pagina seguendo probabilmente le istruzioni di E.J. Se erano fortunati qualcuno avrebbe riconosciuto la donna prima della fine della giornata.

    Poco dopo mezzogiorno Lisa, la centralinista che lavorava al giornale durante i weekend, chiamò Zoe per informarla che fino a quel momento aveva ricevuto sette telefonate in risposta all'annuncio che accompagnava lo schizzo. Purtroppo erano tutte di qualche burlone che trovava la situazione divertente e non vedeva l'ora di fare uno scherzo.

    Zoe stava perdendo le speranze quando Lisa chiamò di nuovo, verso le quattro. Un uomo di nome Buddy Barbarino aveva telefonato per dire che era l'agente della donna scomparsa.

    Zoe afferrò carta e penna. «Dammi il numero, Lisa!» esclamò.

    Lo annotò, poi riappese e compose immediatamente il numero. «Signor Barbarino?» disse quando l'uomo rispose con un pigro Salve, sono Buddy. «Sono Zoe Foster. A quanto pare lei conosce la donna del mio disegno?»

    «Sì. Sì. Sono il suo agente, si chiama Lola Malone.»

    Lola Malone. Il nome le suonava familiare. «È un'attrice?»

    «Una cantante di night club.»

    «Capisco.» Zoe stava ancora cercando di ricordare dove aveva sentito quel nome.

    «Che cosa succede?» domandò l'uomo. «Perché il ritratto di Lola è sulla prima pagina del New York Herald

    In quel momento Zoe ricordò. Circa una settimana prima Sylvia, la centralinista che smistava le telefonate durante la settimana, le aveva dato un fascio di messaggi telefonici - e una chiamata era di Lola Malone. Ma poiché la donna non aveva lasciato alcun messaggio lei non aveva risposto a quella chiamata né alle due successive.

    «Penso che dovremmo parlarci, signor Barbarino» disse senza rispondere alla domanda dell'uomo. «Dove possiamo incontrarci?»

    «Be', vediamo... Ho appena finito una riunione di lavoro sulla Settima Strada, e non ho ancora pranzato. Pensavo di mangiare un boccone al Carnegie Deli. Può raggiungermi là? Indosso una giacca verde.»

    «D'accordo. Esco subito.»

    4

    Il Carnegie Deli, all'angolo tra la Cinquantacinquesima e la Settima, era un tipico locale in stile kasher e serviva enormi porzioni di cibo ingentilite da nomi celebri.

    Zoe non ebbe difficoltà a individuare Buddy Barbarino, seduto da solo in un séparé. Era un uomo robusto con la testa semicalva, tratti che sembravano

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1