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Tra le braccia di un greco: Harmony Jolly
Tra le braccia di un greco: Harmony Jolly
Tra le braccia di un greco: Harmony Jolly
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Tra le braccia di un greco: Harmony Jolly

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About this ebook

Due amiche per la pelle, il mare corroborante dell'Egeo, gli sguardi magnetici di due tycoon greci... Il gioco è fatto!



Incinta! Kellie ancora non ci crede. È fuggita da suo marito Leandros Petralia, mettendo tra loro un oceano, proprio perché non riuscivano ad avere figli e ora... Kellie sa di non avere scelta: lui deve sapere del bambino e certamente non per telefono. Devo tornare a casa.



Kellie non mi può lasciare. Leandros non riesce ad accettare l'abbandono della moglie: lui la ama troppo e non ci sarà nulla che non farà per riconquistarla. La rivoglio nella mia vita adesso. E lui ottiene sempre ciò che vuole.
LanguageItaliano
Release dateJan 10, 2019
ISBN9788858992548
Tra le braccia di un greco: Harmony Jolly
Author

Rebecca Winters

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Tra le braccia di un greco - Rebecca Winters

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Along Came Twins

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2013 Rebecca Winters

    Traduzione di Carlotta Picasso

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-254-8

    1

    «Dottor Savakis? Grazie per avermi ricevuto con così poco preavviso. Sono accadute così tante cose dall’ultima volta in cui ci siamo visti. Quando il dottor Creer di Filadelfia mi ha detto che ero incinta di due gemelli ho stentato a credergli» sospirò Kellie. «Io e mio marito... Ho chiesto il divorzio e tra pochi giorni sarà emessa la sentenza.» Kellie parlava in modo concitato e si torceva le mani.

    Il ginecologo scosse la testa glabra. «Cara signora Petralia... Ricordo ancora la felicità sua e di suo marito nello scoprire che la patologia di cui soffre non avrebbe messo a repentaglio la sua fertilità e adesso che finalmente è in dolce attesa, mi rammarico di venire a sapere che vi state separando. È un vero peccato.»

    Kellie si morsicò le labbra. «Mio marito non sa ancora che diventerà padre, ma questa non è una notizia che posso comunicargli per telefono. Per questo motivo sono tornata in Grecia. Mi tratterrò qualche giorno soltanto.»

    «Capisco...»

    «Ho chiesto un appuntamento con lei perché volevo ringraziarla per tutto quello che ha fatto, per la sua pazienza e la sua disponibilità. Nonostante il fallimento del mio matrimonio, sono al settimo cielo e sono sicura che anche Leandros sarà felice di sapere che presto diventerà papà. Come saprà, la sua prima moglie ha perso la vita in un incidente e aspettava un bambino. Senza il suo aiuto questo miracolo non sarebbe mai avvenuto» mormorò commossa.

    Forse Kellie sarebbe dovuta andare prima da Leandros, ma parlare con il suo ginecologo la tranquillizzava. Era un uomo pacato, che sapeva metterla a proprio agio e che le infondeva serenità.

    Il dottor Savakis le rivolse un’occhiata indagatrice da dietro le lenti degli occhiali. «Sono contento che sia passata a trovarmi. Mi creda, sono molto felice per lei. Piuttosto... mi dica se la gravidanza le sta dando dei problemi.»

    «Da quando prendo le pillole contro la nausea mi sento decisamente meglio.»

    Lui sorrise. «Molto bene. Adesso, mi raccomando, non si trascuri e si prenda cura di se stessa. Rifletta bene sulle sue scelte e non abbia fretta di giungere a delle conclusioni.»

    «D’accordo.»

    «Approfitto della sua presenza per metterla al corrente dei risultati della ricerca che riguardano la sua... patologia. Sembra che sia stata trovata la causa che determina l’ipersensibilità al plasma seminale umano. Il medico che la segue le ha accennato qualcosa in proposito?»

    «Non ancora. Sono andata da lui solo una volta.»

    «Di certo gliene parlerà durante uno dei vostri prossimi appuntamenti.»

    Kellie ripensò al periodo terribile che aveva vissuto, credendo che non sarebbe mai rimasta incinta. «Per il momento è un problema che posso trascurare. Sarò impegnata con i gemelli per molto tempo.»

    «Sì, ma tenga a mente quello che sto per dirle. Lei ha soltanto ventotto anni e tra qualche anno potrebbe desiderare di risposarsi e di avere altri figli e se non...»

    Lei scosse la testa, interrompendolo. «No, dottor Savakis. Non ho intenzione di legarmi a qualcun altro» reagì. Sebbene il suo matrimonio fosse fallito, per Kellie nessuno avrebbe preso il posto di Leandros nel suo cuore.

    «Lo dice adesso, ma nessuno sa che cosa ha in serbo il futuro.»

    «Mi fa piacere che lei si preoccupi per me, però in questo momento sono focalizzata sui miei bambini. Il mio futuro appartiene a loro.»

    «D’accordo» sospirò il medico. «Non insisto ma la prego, se dovesse avere problemi durante il suo soggiorno ad Atene, non esiti a contattarmi. La dottoressa Hanno, specializzata in ostetricia, segue le pazienti con gravidanza cosiddetta a rischio. Se dovesse trattenersi più a lungo del previsto, mi avverta. Le fisserò un appuntamento per un checkup. Sono a sua disposizione.»

    «Grazie mille, dottor Savakis, per la sua gentilezza. Le sarò per sempre riconoscente.»

    Kellie lasciò lo studio e fermò un taxi per strada. Fornì all’autista l’indirizzo dell’hotel in cui alloggiava, il Civitel Olympic, situato nel centro di Atene, e si sedette sul sedile posteriore. Era stanca e affamata. Doveva prepararsi per affrontare Leandros il giorno seguente e il solo pensiero di rivederlo le procurò un tuffo al cuore.

    Ordinò la cena in camera, poi telefonò agli zii per avvertirli che era arrivata sana e salva.

    La testa china su dei documenti, Leandros si stizzì quando udì il rumore della porta del suo ufficio che si apriva. Erano le undici di sera e l’ultimo impiegato era andato via alle sei. Doveva trattarsi di una delle guardie del turno di notte che faceva il giro di ronda. Sgranò gli occhi per la sorpresa incrociando lo sguardo della cognata. «Che cosa ci fai qui, Karmela?»

    «La signorina Kostas mi ha detto che saresti rimasto a lavorare questa notte per definire i dettagli del tuo misterioso viaggio e volevo assicurarmi che non avessi bisogno di niente. Hai davvero intenzione di partire domani mattina?»

    «È una questione che non ti riguarda.»

    «Ti ho preparato una tazza di caffè, che ti aiuterà a restare sveglio e un paio di tramezzini per placare lo stomaco» spiegò, posando il vassoio sulla sua scrivania.

    «Saresti dovuta andare a casa come tutti gli altri. Non ho appetito e ho bisogno di restare da solo per concentrarmi.»

    «Sì, ma adesso sono qui» replicò lei, afferrando un panino e sedendosi sulla poltrona di fronte a lui. «Non essere scontroso. Mi preoccupo per te. I tuoi genitori mi hanno detto che non sono riusciti a convincerti ad andare a cena da loro e che ultimamente ti vedono di rado.»

    «Ho avuto molto da fare.»

    «Quando parti?» insistette lei.

    «Non ho voglia di parlarne.»

    «Ma io sono parte della tua famiglia, ricordi? Sono qui per te.»

    «Devi pensare alla tua vita, indipendentemente da me. Grazie per il caffè, ma adesso lasciami solo, per favore.»

    Karmela non si mosse. «Non avresti dovuto sposare Kellie. Non è la donna giusta per te e lo sai.»

    Leandros si conficcò le unghie nel palmo delle mani. Non era la prima volta che sua cognata faceva un’affermazione del genere e quell’insolenza lo irritava. Karmela diceva sempre ciò che le passava per la mente, senza preoccuparsi delle conseguenze. Petra, la sua prima moglie, lo aveva pregato di non far caso alla sorella quando oltrepassava il limite, ma quella sera stava davvero esagerando. La sua sfrontatezza era imperdonabile. Anche Kellie una volta gli aveva fatto notare l’eccessiva familiarità con la quale la cognata gli si rivolgeva. Quante altre volte liquiderai il suo atteggiamento come qualcosa di insignificante, Petralia?, gli aveva domandato lei brusca.

    Leandros s’impose di restare calmo, però la sua pazienza era giunta al limite. «Per favore» sibilò. «Stai esagerando.»

    «Sei proprio nervoso.» Karmela si alzò con uno scatto dalla sedia. «Sono venuta solo perché volevo rendermi utile» mormorò con le lacrime agli occhi. «Quando Petra era viva, mi permettevi di aiutarti e adesso...» Solo perché mia sorella mi aveva chiesto di essere gentile con te. «Mi manca e dovrebbe mancare anche a te.»

    «Vattene, adesso!» Leandros non era in grado di tollerare una parola di più.

    «D’accordo, me ne vado, se è questo che vuoi.»

    «E porta via il vassoio» dichiarò lui, posando sul piano della scrivania la tazza di caffè.

    Karmela raggiunse la porta, posò la mano sulla maniglia, poi si voltò. «Per quanto tempo starai via?»

    «Non lo so e, come ti ho già detto, è una questione che non ti riguarda.»

    «Posso sapere perché sei tanto scontroso?»

    «E tu perché sei sempre tanto invadente?» replicò lui, lanciandole un’occhiata severa. «Buonanotte. Chiudi a chiave la porta quando esci.»

    Leandros sospirò di sollievo udendo i passi di Karmela che si allontanavano e finalmente tornò al lavoro. La mattina seguente avrebbe chiamato Frato per esaminare con lui i punti più importanti del documento che aveva sottomano. Si distrasse, osservando il volto di sua moglie che gli sorrideva dalla cornice che teneva sulla scrivania. Moriva dalla voglia di rivederla e avrebbe fatto qualsiasi cosa per riaverla al suo fianco.

    Al risveglio Kellie si pentì di essere andata ad Atene. Il pensiero di rivedere Leandros le faceva venire le palpitazioni. Se da un lato parlare con il dottor Savakis l’aveva confortata, dall’altro aveva fatto riaffiorare dei ricordi che faticosamente aveva cercato di allontanare.

    Subito dopo il matrimonio le era stata diagnosticata un’ipersensibilità al plasma seminale umano; in parole povere, un’allergia allo sperma che le procurava dolore dopo ogni rapporto sessuale e che preludeva alla possibilità di restare incinta. Così lei e Leandros avevano scelto di ricorrere all’inseminazione artificiale. Desideravano entrambi un figlio. Lui aveva fatto il possibile affinché ciò accadesse, standole accanto, trascurando gli impegni di lavoro, confortandola nei momenti in cui la speranza si affievoliva; però dopo due mesi dal primo impianto, a Kellie era tornato il ciclo.

    «Andrà meglio la prossima volta» aveva tentato lui di consolarla, baciandola con dolcezza sulla fronte.

    Ma anche Leandros era rimasto deluso. Facendosi coraggio a vicenda, erano tornati in ospedale e Kellie si era sottoposta di nuovo alla tecnica di fecondazione assistita, senza successo.

    Erano seguiti altri tentativi, tutti falliti e presto il loro matrimonio aveva cominciato a vacillare. Troppa tensione, troppe aspettative disattese e proprio adesso che stavano per divorziare, Kellie aveva scoperto di essere incinta.

    Cercando di liberare la mente, s’infilò sotto il getto dell’acqua tiepida, si strofinò il corpo con energia e dopo essersi asciugata, ordinò la colazione in camera. Il senso di irrequietezza non l’aveva abbandonata. E se si fosse limitata a telefonare a Leandros?

    Devi dirglielo di persona. Nessun altro può farlo al tuo posto. Ha il diritto di sapere. Quella voce che le risuonava nella testa la convinse a chiamare un taxi per farsi portare alla Petralia Corporation lungo la Kifissias Avenue.

    Di fronte all’ingresso di quell’imponente edificio, Kellie respirò a fondo, raddrizzò le spalle e oltrepassò la porta scorrevole di cristallo, avanzando verso il lungo tavolo dietro il quale sedeva Giorgios, una delle guardie del corpo di Leandros.

    Vedendola, balzò in piedi sorpreso. «Kyria Petralia...»

    Gli occhi di Kellie, di un caldo color marrone, si posarono su di lui. «Buongiorno, Giorgios. Che piacere rivederla. Mio marito è in ufficio?»

    «È arrivato un’ora fa.»

    Lei sorrise, soddisfatta. Per fortuna era in sede e non avrebbe dovuto aspettarlo. «Se vuole conservare il suo posto di lavoro non dica niente né a lui, né a Christos» mormorò con padronanza della lingua greca. «È una sorpresa.»

    Lui le rivolse un’occhiata interrogativa alla quale Kellie non rispose. Superò la scrivania e si diresse verso l’ascensore privato di Leandros che Giorgios era tenuto a sorvegliare a costo

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