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Come sposare un libertino: Harmony History
Azioni libro
Inizia a leggere- Editore:
- HarperCollins Italia
- Pubblicato:
- Apr 10, 2019
- ISBN:
- 9788858996140
- Formato:
- Libro
Descrizione
St John Radwell sa bene di essere un cattivo soggetto, un ladro, un licenzioso libertino, ma dopo anni di scandali c'è una nuova speranza cui può aggrapparsi: l'offerta del Principe Reggente di un titolo e di un portafoglio pieno. Comportarsi bene, però, non gli risulta affatto facile, specie quando le tentazioni bussano direttamente alla porta di casa nelle vesti di una bellissima fanciulla che gli chiede soltanto... di farla sua! Esme Canville, infatti, si è messa in testa di diventare la sua amante senza curarsi della propria reputazione. Anzi, ciò che vuole è appunto la propria rovina, che le consentirà di sfuggire al matrimonio con l'uomo orribile che il padre ha scelto per lei. St John si comporterà finalmente da gentiluomo?
Informazioni sul libro
Come sposare un libertino: Harmony History
Descrizione
St John Radwell sa bene di essere un cattivo soggetto, un ladro, un licenzioso libertino, ma dopo anni di scandali c'è una nuova speranza cui può aggrapparsi: l'offerta del Principe Reggente di un titolo e di un portafoglio pieno. Comportarsi bene, però, non gli risulta affatto facile, specie quando le tentazioni bussano direttamente alla porta di casa nelle vesti di una bellissima fanciulla che gli chiede soltanto... di farla sua! Esme Canville, infatti, si è messa in testa di diventare la sua amante senza curarsi della propria reputazione. Anzi, ciò che vuole è appunto la propria rovina, che le consentirà di sfuggire al matrimonio con l'uomo orribile che il padre ha scelto per lei. St John si comporterà finalmente da gentiluomo?
- Editore:
- HarperCollins Italia
- Pubblicato:
- Apr 10, 2019
- ISBN:
- 9788858996140
- Formato:
- Libro
Informazioni sull'autore
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Anteprima del libro
Come sposare un libertino - Christine Merrill
Immagine di copertina:
Graziella Reggio Sarno
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
An Unladylike Offer
Harlequin Mills & Boon Historical Romance
© 2007 Christine Merrill
Traduzione di Silvia Zucca
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-614-0
1
«Se avete freddo, Miss Esme, posso chiedere a un lacchè di accendere il fuoco.»
Esme Canville resistette all’impulso di stringersi lo scialle intorno alle spalle. «No, Meg. Sto bene. Non è necessario accendere il fuoco e io non ho bisogno di niente. Sto bene così.»
La cameriera, però, continuò a gironzolare per la stanza, fingendo di svolgere faccende di cui si era già occupata. «Siete sicura, signorina? Perché la stanza mi sembra piuttosto freddina.»
«Davvero, sto bene. Puoi andare.» Esme cercò di sembrarle risoluta, ma di non attirare la sua attenzione. «Vorrei passare la mattinata a leggere.»
Si domandò se Meg non la stesse guardando con troppo interesse. Non poteva esserne sicura. Servire la padroncina era una novità per lei, che era molto devota al padrone. Di certo Esme non poteva considerarla un’alleata, ma nemmeno una nemica, sperava. Eppure, era certa che avrebbe riportato a suo padre qualsiasi indizio di un comportamento strano, perciò era bene non insospettirla. Si accomodò su una poltrona e aprì ostentatamente un libro.
Meg esitò. «Se siete sicura, allora... Ma qui fa troppo freddo.»
Esme racimolò tutta l’autorità che possedeva. Non avrebbe permesso che fosse una cameriera a dettare legge. «Io lo trovo rinvigorente. E molto economico. Sono sicura che mio padre non approverebbe lo sperpero di carbone al mattino. Il pomeriggio, poi, sarà sicuramente più temperato.»
«Se questo è ciò che pensa vostro padre, allora, ovviamente...» si affrettò ad approvare la ragazza. «Ma suonate se...»
«Se avessi bisogno di qualcosa. Certo. Puoi andare, Meg.»
La cameriera lasciò la stanza ed Esme emise un sospiro di sollievo, prima di affrettarsi a raggiungere il camino.
Meg prendeva i nuovi doveri troppo seriamente. Era molto meglio quando era stata Bess a svolgere quel lavoro. Ma Bess si era dimostrata troppo leale nei confronti della padroncina e suo padre non l’aveva apprezzato. Così, quando la lealtà verso Esme aveva significato disobbedire al padrone, era stata la fine per lei. E ora, l’industriosa Meg cercava di accendere fuochi laddove non ce n’era alcun bisogno.
Esme stese con attenzione lo scialle dentro il camino e vi si inginocchiò sopra, ringraziando in cuor suo che fosse tanto pulito. Poi avvicinò l’orecchio alla parete di mattoni.
Subito sentì le voci che provenivano dal piano di sotto. Il camino dello studio di suo padre era spento come quello della stanza da letto e condivideva con il suo la canna fumaria.
Esme chiuse gli occhi, cercando di immaginare gli uomini al piano di sotto.
«... per essere venuto qui oggi. Sono sicuro che troveremo un accordo soddisfacente per entrambi» sentì dire da suo padre.
«Ma senza neppure un incontro? Siete sicuro che...?» La voce dell’ospite svanì. Probabilmente si era allontanato dal camino.
Esme sbuffò, frustrata. Se non stavano fermi, come faceva a sentire?
«Non lo ritengo necessario.» Poteva indovinare l’espressione arcigna del padre. «Farà quello che le sarà ordinato di fare. E voi avete visto la miniatura, giusto? Vi assicuro che è molto somigliante.»
Esme si toccò i capelli. Il ritratto la raffigurava al meglio. Ed era stato dipinto diversi anni prima. Ora, a vent’anni, non poteva certo considerarsi una vecchia zitella, ma non possedeva più quegli occhioni grandi e innocenti che aveva nella miniatura.
«... adorabile.» L’uomo era tornato accanto al camino e la sua voce si udiva con più chiarezza. «Mi piace molto. E dite che acconsentirà? Ne siete certo?»
«Non vedo che importanza abbia. Vi dico che farà quello che le sarà ordinato... o ne pagherà le conseguenze. E, visto che sarete voi o nessun altro, scoprirà presto che le conviene collaborare. È un’unione più che favorevole per lei, milord. Sarebbe sciocca se sperasse in qualcosa di meglio.»
Le voci si allontanarono ancora, mentre gli uomini nella stanza di sotto, probabilmente, si avvicinavano alla scrivania.
Le labbra di Esme si compressero in una linea bianca e sottile. Come poteva sperare in qualcosa di meglio? Non le era stata concessa neppure una Stagione! Mai. Così come non poteva viaggiare senza la scorta di suo padre o partecipare a un qualunque ricevimento. Passava le sue serate in casa, in compagnia del padre e dei suoi amici, che erano vecchi quanto lui. E che certo non poteva considerare dei possibili pretendenti.
O almeno così sperava.
«Credo che sarò molto lieto di avere accanto una donna giovane e bella come vostra figlia.»
Giovane? La trovava tanto giovane da dover commentare quel fatto? Non era un buon segno. Esme tese l’orecchio, cercando di capire dalla voce quanti anni potesse avere il suo pretendente, ma nel suo tono non riusciva a distinguere niente che le desse qualche indizio, anche se non le piaceva. Non c’era passione nella sua voce, soltanto fredda approvazione. Avrebbe parlato nello stesso modo se si fosse trovato a scegliere un mobile, anziché una moglie.
«Sarà onorata di essere la vostra sposa, Lord Halverston.»
Un lord. Ma certo! Suo padre voleva un’unione importante per la famiglia, tuttavia il titolo di suo marito non avrebbe significato niente per lei, se non fosse riuscita a trovargli un posto nel proprio cuore.
Il volume delle voci crebbe di nuovo.
«E mi dite che è obbediente? La maggior parte delle ragazzine, oggigiorno, s’ostina a fare di testa propria, e io non voglio avere problemi.»
Continuarono la diatriba più lontano, parlando male delle donne in generale e di quelle giovani in particolare.
E lì Esme riuscì ad avvertire la prima emozione nella voce del futuro marito: rabbia, nell’enumerare le debolezze e i difetti delle mogli.
Sentì il cuore sprofondarle nel petto.
«Vi garantisco che non avrete problemi con lei. Sa alla perfezione quali sono i suoi doveri» gli assicurò il padre di Esme.
«O lo scoprirà presto» commentò Halverston.
Entrambi scoppiarono a ridere.
Esme si alzò, una vena che le pulsava in gola. Era inevitabile, non era così? Suo padre aveva trovato un uomo da farle sposare e la sua decisione sarebbe stata inappellabile. E di certo aveva scelto qualcuno di uguale a sé. Qualcuno che non temeva di usare la forza per far comprendere a una donna quali fossero i suoi doveri. Qualcuno certo che non ci fosse niente di meglio per rinfrescare la memoria di una figlia disobbediente che usare la cinghia sulla sua schiena.
Si aggrappò alla mensola del camino cercando di rimettersi in piedi e di respirare. Era sempre possibile che la situazione non fosse terribile come le sembrava. Non poteva giudicare Lord Halverston senza neppure averlo mai incontrato.
Suo padre e il gentiluomo sembravano essere giunti a un accordo e si stavano intanto spostando dallo studio all’ingresso. Esme si spazzolò la gonna e corse al balcone, rimanendo però premuta contro il muro, per non essere vista dalla strada.
Dopo lo scambio dei saluti, lo sconosciuto avrebbe chiesto il cappello e il bastone e sarebbe uscito dalla porta d’ingresso.
E allora Esme avrebbe colto la prima immagine dell’uomo che suo padre intendeva farle sposare. La sua carrozza lo attendeva già davanti al portone e lei poté ammirarne i magnifici bai dalle briglie argentate. Era una carrozza da ricchi, questo era certo. E il suo futuro marito avrebbe condiviso con lei quella ricchezza. Forse non sarebbe stato così male. Avrebbe posseduto vestiti, gioielli e belle case.
Sentì che la porta veniva aperta e notò che il postiglione e i lacchè si drizzavano per mostrarsi impeccabili dinanzi al loro padrone. Per rispetto, sperò Esme, e non per paura di essere puniti. Avrebbe anche avuto dei servitori, ricordò a se stessa. E una cameriera personale che avrebbe risposto prima a lei che a suo padre.
Esme si morse le labbra. Fin lì, andava tutto bene. Ma era troppo sperare che suo marito fosse anche gentile, oltre che un gentiluomo? Cercò di non farsi influenzare dai brani della conversazione che aveva udito.
Quindi l’uomo salì sul predellino e, d’istinto, Esme si sporse un poco di più per vedere meglio.
Era un vecchio.
Era evidente persino da come gli cadevano le spalle. Camminava diritto, impettito, ed era piuttosto alto, ma anche incredibilmente magro, come se il suo corpo fosse stato devastato da una malattia. Le dita che strinsero il rivestimento in pelle della carrozza scoperta erano ossute e nodose, le sembrarono degli artigli.
Esme cercò di non lasciarsi andare al disappunto. Sarebbe stato folle, si disse, sperare in un uomo giovane, dopo aver visto quella carrozza. Doveva esserci voluto del tempo per guadagnare tutto quel denaro.
Non riuscì a impedirsi di rabbrividire, però, pensando alle notti in cui sarebbe andato da lei... E quasi poté sentire il tocco freddo delle sue dita scarne sulla pelle. Era addirittura più vecchio di suo padre. Be’, lei sarebbe potuta diventare presto vedova.
Che pensiero orribile, si rimproverò. Forse suo padre faceva bene a punirla, perché era davvero maligna. Ma la vocina dentro di lei non volle saperne di stare zitta. Non sei cattiva. Lui è vecchio e tu sei giovane. E tuo padre ti sta facendo questo per essere certo che tu non ti goda la tua giovinezza.
Come se avesse sentito lo sguardo di Esme su di sé, Lord Halverston sollevò il capo e spiò verso il balcone.
Esme impietrì, anche se cercò di nascondergli la propria paura.
Lui continuò a fissarla per un tempo che le parve infinito. Riusciva a sentire i suoi occhi sul proprio corpo, sui seni, sul ventre, sulla gola, prima che tornassero al viso. Solo allora lui le sorrise, ma senza alcun calore, mentre con una mano iniziava ad accarezzare lascivamente la pelle del sedile, infilando le dita nelle impunture, lisciando, spingendo ancora e ancora nelle fessure tra i cuscini.
Poi, con la voce roca per l’eccitazione, ordinò al postiglione di partire e la sua carrozza si allontanò.
Esme si afflosciò contro la parete, con le ginocchia che le tremavano e non volevano reggerla più. Forse aveva solo immaginato la sua espressione. Era stata la distanza, erano stati i rumori della strada, il sole negli occhi... la sua fantasia. Forse Lord Halverston aveva perso qualcosa in carrozza e lo stava cercando, senza pensare affatto al matrimonio con lei.
Ed era stato il diavolo che c’era dentro di lei, come le diceva sempre il padre, che le aveva fatto sentire le sue mani sul corpo. Che accarezzavano, stringevano, spingevano.
Si aggrappò alla ringhiera, lottando contro una improvvisa ondata di nausea. Non poteva farlo. Semplicemente non poteva. Suo padre avrebbe dovuto ascoltarla, almeno quella volta. Forse, se gli avesse promesso di essere buona, d’ora in avanti, di non farlo più arrabbiare come sembrava riuscisse sempre a fare... Se gli avesse giurato di sposare chiunque altro avesse scelto per lei...
Qualunque altro uomo a parte Lord Halverston.
Il rumore improvviso di qualcosa che si infrangeva la risvegliò dall’incubo sul suo futuro. Il vetro di una delle portefinestre della casa di fronte era andato in frantumi e l’oggetto che vi era stato lanciato contro era finito per strada. Un uomo aprì le ante della finestra e si sporse dal balcone.
«Credo che questo provi che ho ragione» disse senza gridare, con la voce piacevole di un baritono. «Ora, Cara, che ne dici se lascio aperto, tanto per risparmiare all’altro vetro il tuo malumore?»
Un altro oggetto gli sfrecciò accanto all’orecchio prima di finire in strada. Poi un altro ancora, ma stavolta l’uomo fu lesto e l’acchiappò al volo. Era una scarpina da donna.
L’uomo la fece ondeggiare davanti a sé. «Che senso ha, me lo dici? Anche se mi avessi colpito, non mi avresti fatto granché male. E, visto che hai perso l’altra, dovrai tornare a casa zoppicando, perché io non ho nessuna intenzione di correre in strada a cercartela.»
La proprietaria delle scarpette rispose con una tirata rabbiosa in quello che alle orecchie inesperte di Esme sembrò spagnolo.
L’uomo incrociò le braccia sul petto e si appoggiò allo stipite della finestra, dando a Esme la possibilità di ammirarne il bel profilo e il sorriso sardonico. «No. Ritengo che la tua descrizione sia tecnicamente imprecisa. Mia madre mi ha sempre assicurato che sono un figlio legittimo, anche se il mio albero genealogico non mi ha portato a niente di buono.»
Altre parole in spagnolo e poi di nuovo un rumore di vetri rotti, ma stavolta dall’interno dell’appartamento.
«Adesso che hai rotto lo specchio dovrai fare attenzione a non tagliarti i piedi, visto che sei scalza.» L’uomo tirò la scarpetta dentro la stanza, ma senza molta forza o una traiettoria definita. «Perché mai abbia scelto una creatura così sciocca...» Si fermò soprappensiero. «Be’, è evidente perché ti ho scelta... ma ora non basta più perché ti tenga. Cara, come ti ho già detto, l’appartamento sarà tuo sino alla fine del mese. Non ti sarà difficile trovare un altro protettore, visto che sei una vera bellezza e molto affascinante, quando non ti metti a lanciare oggetti.»
La donna all’interno della casa sciorinò un altro torrente di offese inintelligibili.
Esme si rannicchiò contro la parete del balcone, imbarazzata ma incapace di smettere di origliare. Era la cosa più eccitante che le fosse capitata da anni e non aveva neppure dovuto lasciare la propria stanza per assistervi!
Suo padre l’aveva subito messa in guardia riguardo al nuovo vicino, l’immorale capitano St John Radwell, appena tornato dalla Penisola Iberica. I pettegolezzi dicevano che si fosse comprato la carica con i gioielli che aveva rubato e che fosse scappato di casa dopo aver messo tutti i suoi familiari in imbarazzo per innumerevoli quanto disastrose scappatelle. Se c’era una verità in tutta quella storia la si sarebbe dovuta chiedere a suo fratello, il Duca di Haughleigh, ma questi, se interpellato sull’argomento, rifiutava di ammettere di avere parenti in vita.
Suo padre l’aveva avvertita del pericolo che il capitano Radwell rappresentava. Ed eccolo lì, il diavolo incarnato, intento a scacciare di casa la propria amante alla luce del sole, senza preoccuparsi della decenza o dei vicini.
Esme si sporse un po’ dalla ringhiera, incapace di distogliere lo sguardo.
Quando la donna nella stanza si fermò per riprendere fiato, Radwell le suggerì: «Allora vendi il tuo braccialetto. O magari gli orecchini. Mi sono costati una fortuna e ti serviranno a vivere agiatamente finché un altro sciocco non avrà preso il mio posto. Adesso basta, però».
Esme sentì singhiozzi rabbiosi, seguiti dallo schianto di una porta.
Poi, senza preavviso, St John Radwell si voltò e la colse in flagrante.
Non era un semplice diavolo, venne da pensare alla giovane. Era Lucifero in persona, con i capelli biondi, illuminati dal sole, un naso dritto e un sorriso mascalzone. I suoi occhi dovevano essere blu, anche se da quella distanza non riusciva a vederli, ma il blu sarebbe stato perfetto per quella faccia. Il taglio della sua giacca e i pantaloni attillati accentuavano le forme snelle ma muscolose del suo corpo.
Tanta perfezione la lasciò senza fiato.
Anche lui la guardò, fissando lo sguardo nel suo prima di rivolgere l’attenzione al resto di lei. La esaminò, la soppesò, poi le sorrise, facendole sentire un nugolo di farfalle nello stomaco.
Quindi si picchiettò sul naso con un dito e annuì.
Che cosa significava?
Non la stava rimproverando per quell’intromissione, ma indicava qualcos’altro. Esme scosse il capo, confusa.
Allora lui, con un gesto plateale, estrasse un fazzoletto dalla tasca e se lo passò sulla faccia, quindi la indicò.
Esme si portò entrambe le mani alle guance, strofinandosi un poco. Non solo era stata colta in flagrante a ficcare il naso negli affari degli altri, ma era anche sporca di fuliggine!
Lui sventolò il fazzoletto in segno di trionfo, visto che il suo messaggio era stato recepito, poi le fece un inchino e tornò nel proprio appartamento, chiudendo la portafinestra.
Il cuore le batteva fortissimo quando Esme rientrò in camera sua e
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