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L eredità di Pandora
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L eredità di Pandora

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About this ebook

Inghilterra, 1924 - Dopo una giovinezza scapestrata, Jack Compton ha lasciato l'esercito per tentare di salvare dalla rovina la tenuta di famiglia. E quando incontra a una festa l'esuberante Lacey Chancellor, sua lontana parente e ricca ereditiera americana, rimane abbagliato dalla sua vitalità. Ben presto, aiutandola a indagare sulla misteriosa "fortuna dei Compton", si innamora follemente di lei. Ma pur non essendo affatto insensibile al suo fascino, Lacey è comunque una ricca ereditiera... e Jack non vuole passare per un cacciatore di dote!
LanguageItaliano
Release dateMay 10, 2016
ISBN9788858948491
L eredità di Pandora
Author

Paula Marshall

Nata e cresciuta in Inghilterra, a dieci anni leggeva già Dickens e Tackeray. La passione per la storia e per l'epoca della Reggenza in particolare ha ispirato in seguito i suoi deliziosi romanzi, avventurosi e ricchi di umorismo.

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    L eredità di Pandora - Paula Marshall

    successivo.

    1

    Appoggiato a una parete del grande salone dei Leominster, Jack Compton osservava le coppie che ballavano. Da quando la grande guerra era finita, nel 1918, sei anni prima, quella era la prima volta che partecipava a un evento mondano della Stagione londinese. Aveva la sensazione che tutti si comportassero in un modo frenetico, assai diverso dalla vita tranquilla e rilassata di prima.

    L'aveva portato lì suo cugino, Rupert Compton. Era diventato un pezzo grosso della City, una novità per la famiglia Compton che per secoli era stata legata alla terra, più che alle attività commerciali e finanziarie della capitale.

    «Ma non sono stato invitato!» aveva protestato Jack quando Rupert gli aveva proposto di accompagnarlo al ricevimento di lady Leominster.

    «E allora? Sei mio cugino e questo basta.»

    In effetti la padrona di casa li aveva accolti con un sorriso gentile.

    «Se siete cugino di Rupert, suppongo siate anche imparentato con William Compton. Una vicenda davvero triste. C'è qualche speranza che si riprenda?»

    Jack aveva risposto che sì, era il fratello minore di sir William, e che no, purtroppo non c'erano molte speranze che si riprendesse dalle gravissime ferite riportate in guerra.

    «Portategli i miei saluti» si era raccomandata lady Leominster prima di passare a salutare un altro invitato. «Prima della guerra eravamo molto amici.»

    Rupert l'aveva abbandonato poco dopo, dileguandosi con una graziosa ragazza, e Jack si era messo a passeggiare per i vasti saloni, finendo per approdare nella sala da ballo. Era tentato di andarsene, e invece rimase: in seguito avrebbe pensato spesso a come sarebbe stata diversa la sua vita se avesse seguito l'impulso di abbandonare il ricevimento prima dell'inizio delle danze.

    Sul palco un'orchestrina jazz suonava un motivo che Jack non aveva mai sentito: era una musica vivace e ritmata, che più tardi avrebbe imparato a conoscere come charleston.

    Anche il modo di muoversi dei ballerini era nuovo: tutti ondeggiavano con abbandono, agitando le braccia e incrociando le mani sulle ginocchia. Era una danza così diversa da quelle compassate di prima della guerra che Jack non poté fare a meno di fissare la scena a occhi sgranati.

    Una coppia in particolare attirò la sua attenzione: l'uomo era giovane, elegante e atletico e la donna era... semplicemente splendida. Indossava un abito a vita bassa color smeraldo, con calze e scarpe in tinta, aveva un paio di esotiche orchidee appuntate sulla spalla sinistra, capelli scuri tagliati a caschetto secondo la moda del momento, e occhi dello stesso verde intenso del vestito. Era così disinvolta e piena di vita che al confronto tutte le altre donne presenti parevano statuine goffe e scialbe.

    Il suo effetto su Jack fu dirompente: era tornato in Inghilterra dopo aver prestato servizio in Palestina al termine della guerra, e da allora aveva condotto una vita tranquilla e monotona. Prima del conflitto aveva fatto parte di una cerchia di giovani scapestrati, guadagnandosi il soprannome di Jack lo scatenato per le sue memorabili imprese. Quattro anni di guerra e cinque passati a tentare di salvare le proprietà di famiglia lo avevano profondamente cambiato.

    Jack era così intento a seguire le evoluzioni della ragazza in verde da non accorgersi che Rupert, ora da solo, era tornato al suo fianco.

    «Vedo che ammiri l'ereditiera dei Chancellor» commentò con una risatina.

    Jack sobbalzò e si voltò verso il cugino. In quel momento la musica finì e la giovane coppia si diresse verso la sala dove veniva servito il rinfresco.

    «Ereditiera? Pensavo che di questi tempi i discendenti del conte di Bretford fossero ridotti più o meno in miseria» obiettò.

    «Questa no. Appartiene al ramo yankee ed è la sorellastra dell'attuale capo famiglia dei Chancellor, un genio della finanza molto conosciuto nella City. La ragazza è stata mandata negli Stati Uniti non appena è scoppiata la guerra ed è tornata in Europa solo di recente. Tutti gli scapoli di Londra le danno la caccia, ma finora non ha mostrato un grande interesse per il matrimonio.»

    Rupert si interruppe per lanciargli un'occhiata sorniona.

    «Perché non ci provi? Il suo denaro ti farebbe decisamente comodo» suggerì.

    «Perché non ci provi tu?» ribatté Jack. «Non te la passi molto meglio di noi.»

    «Già fatto, ma senza grandi risultati» ammise Rupert. «Per quanto spensierata e allegra possa sembrare sulla pista da ballo, sa essere durissima quando si tratta di pretendenti, ma forse a te andrà meglio. Forza, raggiungiamola nella sala del rinfresco.»

    «Non so neanche come si chiama» protestò Jack. «Non posso mica rivolgermi a lei chiamandola signorina ereditiera, non credi?»

    «Tranquillo, come tutti gli yankee non bada alle formalità. Basta che tu la chiami Lacey. Che te ne pare?»

    «Buffo nome. In ogni caso, vale la pena di conoscere una ballerina così abile.»

    «Ah, l'hai vista danzare il charleston! È il nuovo ballo arrivato dagli Stati Uniti e ormai impazza dappertutto. Lei è famosa per questo. Su, andiamo, prima che qualcun altro te la soffi da sotto il naso.»

    «Veramente pensavo di tornare a casa» si schermì Jack.

    «Non vorrai rinchiuderti tutto solo in quel misero alloggetto, quando qui puoi divertirti?» protestò Rupert. «In realtà, non capisco perché tu ti dia la pena di venire a Londra, se poi non approfitti di tutti gli svaghi che offre.»

    «Sono venuto per affari» spiegò Jack brusco.

    «In tal caso, stasera occupati di risollevare le fortune dei Compton assicurandoti il favore della bella ereditiera americana» replicò Rupert prendendolo sottobraccio e trascinandolo verso la sala del rinfresco. «Smettila di startene in disparte a fare da tappezzeria e divertiti un po', tanto per cambiare.»

    Jack si lasciò trascinare via dal cugino. In fondo, perché no? Era curioso di verificare se la conversazione della bella americana era vivace e stimolante come il suo modo di ballare.

    I due cugini non si erano resi conti che una signora di una certa età, seduta in un'alcova poco lontana, aveva ascoltato la loro conversazione con crescente indignazione. Era la zia di Lacey, nonché la sua accompagnatrice, e ora era decisa a tenerla lontana da quei due cosiddetti gentiluomini, interessati solo al suo denaro.

    Inoltre, forse avrebbe fatto bene a consigliarle di non ballare il charleston con tanto slancio: pareva che quell'abbandono facesse nascere negli uomini presenti idee sbagliate sul suo conto.

    La zia Sue sospirò: immaginava già la sua reazione. Come tutte le donne Chancellor, Lacey era vivace, caparbia e decisa a fare di testa sua.

    In ogni caso, era suo dovere proteggere la nipote e lei non si tirava mai indietro, quando si trattava di fare ciò che era giusto.

    Intanto, nella sala del rinfresco, Lacey Chancellor non pensava affatto al dovere. Era venuta in Inghilterra a trovare i suoi parenti proprio per sottrarsi per un po' ai suoi obblighi, pur sapendo che una volta tornata a New York li avrebbe trovati lì ad attenderla.

    Nel frattempo si divertiva con il suo lontano cugino Darcey Chancellor, che era fidanzato con una bella ragazza che viveva in campagna e si godeva quell'ultima stagione di libertà prima di sposarsi.

    «Ti porterò in giro per la città, ti dirò chi evitare e chi no, e se incontri qualcuno che ti piace farò di tutto per aiutarti» le aveva promesso al loro primo incontro.

    Nonostante l'apparenza frivola, Lacey aveva presto scoperto che il cugino era fedele alla parola data. Anche quella sera Darcey non perse occasione di darle utili consigli, per aiutarla a destreggiarsi tra la folla di corteggiatori che l'assediava.

    «Lascia perdere quel giovanotto» le disse, indicandole un conte piuttosto male in arnese. «Non ha soldi né morale. Quello invece è un tipo onesto» aggiunse, accennando a un uomo più giovane. «Ha un'ottima scuderia di cavalli da corsa. A proposito, ho sentito dire che nel tuo ramo della famiglia sono tutti ottimi cavallerizzi.»

    «È vero. Io me la cavo bene, ma senza eccellere.»

    Lacey si guardò intorno nella sala affollata. Ormai riusciva a giudicare a prima vista la maggior parte dei presenti quasi bene come Darcey, che li conosceva da sempre.

    Accanto a Rupert Compton c'era un uomo che non aveva mai visto. Era alto, bello, e aveva un portamento fiero ed eretto che Lacey aveva ormai imparato a riconoscere: era un soldato, o lo era stato. Doveva aver passato da poco i trent'anni, ma il suo viso pareva più vecchio e intenso, come segnato da un'esperienza superiore alla sua età. Non c'era da stupirsene, in fondo: se aveva partecipato all'ultima guerra era probabile che questa avesse in qualche modo inciso sulla bellezza di un uomo abituato in precedenza solo agli svaghi e alla vita spensierata.

    Lo sconosciuto aveva smesso di parlare con Rupert Compton e ora la guardava. I loro occhi si incontrarono: quelli di lui erano di un grigio che ricordava un mare in tempesta e si accordavano bene con i capelli biondo scuro.

    Lacey si rese conto che Darcey le stava parlando. Distolse a fatica lo sguardo dallo sconosciuto e cercò di concentrarsi su ciò che le diceva il cugino. Questi, tuttavia, si accorse che era distratta, e non lo sorprese vedere l'uomo che lei stava fissando andare verso di loro accompagnato da Rupert Compton.

    Oh, quella sì che era una notizia! Jack lo scatenato e Lacey Chancellor erano chiaramente attratti l'uno dall'altra. Darcey non avrebbe saputo dire se Jack meritava ancora il suo soprannome: da quando era finita la guerra nessuno l'aveva più visto in società. Girava voce che parecchi anni prima avesse lasciato l'esercito per occuparsi della tenuta del fratello, sir William, ridotto a un invalido dalle gravi ferite riportate in guerra.

    Se in lui era rimasto qualcosa del tipo scatenato di un tempo, allora probabilmente Lacey sarebbe stata una degna controparte. Darcey pregustava già i fuochi d'artificio che sarebbero scoppiati all'incontro tra quei due caratteri focosi e vivaci. Sua cugina meritava di trovare un uomo che fosse alla sua altezza, e i gentiluomini che si incontravano in società erano quasi tutti veterani amareggiati o giovincelli sciocchi e imberbi. Darcey sperava che Jack non appartenesse a nessuna delle due categorie.

    «Salve, Rupert» salutò cordialmente. «E c'è anche Jack. Non credo che ti ricordi di me: ero solo un ragazzino quando ci siamo visti per l'ultima volta, prima della guerra.»

    «Darcey Chancellor, giusto?» indovinò Jack.

    Era divertito dal modo in cui il giovane aveva tagliato fuori Rupert, che amava passare per l'arbitro della buona società e fare di persona tutte le presentazioni.

    «Esatto. Non credo che conosciate la mia dama di stasera: viene dagli Stati Uniti, e si chiama Lacey Chancellor. Cugina, ti presento Jack Compton, un tempo conosciuto come lo scatenato, poi ufficiale della Guardia e ora, credo, occupato a gestire la tenuta del fratello rimasto invalido in guerra.»

    «Molto piacere» dissero all'unisono Lacey e Jack.

    Lei gli porse la mano, ma invece di stringerla, come si aspettava, lui la prese nella sua e la baciò.

    Quel semplice contatto procurò a Jack un'emozione che non sperimentava da quando era un ragazzino alle prime armi, che si eccitava alla sola vista di una bella donna. Un desiderio ardente si destò in lui, e per un istante fu di nuovo Jack lo scatenato, l'uomo che era stato prima che il tempo, gli orrori della guerra e le avversità lo trasformassero nel tipo tranquillo che, lo sapeva, Rupert scherniva in segreto.

    Un lampo negli occhi verdi di Lacey, prima che ritirasse di scatto la mano, gli disse che anche lei aveva avvertito la possente scarica elettrica passata tra di loro.

    Lacey era, se possibile, ancor più sconvolta di Jack. Era stata corteggiata da un gran numero di giovani desiderabili, sia negli Stati Uniti, dove era stata sul punto di sposarne uno, sia in Inghilterra, eppure non aveva mai sperimentato una sensazione intensa come quella scossa che era passata tra di loro quando Jack le aveva preso e baciato la mano. E tutto ciò era successo con un uomo con cui aveva a malapena scambiato un rapido saluto!

    A essere onesta, però, già quando aveva incrociato il suo sguardo attraverso la sala affollata, prima che Darcey li presentasse, aveva avvertito un fremito possente, anch'esso senza precedenti.

    «Jack lo scatenato» ripeté con voce malferma. «Da cosa deriva questo soprannome? Forse dall'abilità sul ring?»

    «Non proprio, anche se ho brevemente praticato la boxe a Oxford e nell'esercito, prima della guerra» rispose Jack. «Un tempo ero uno scapestrato, sempre pronto ad affrontare le imprese più folli.»

    Stanco di essere ignorato, Rupert intervenne con una risatina. «E anche rischiose. Mio cugino non sapeva resistere a una sfida, per quanto audace fosse: era bravissimo, per esempio, a scalare gli edifici più alti dell'università, non è vero, Jack? Ricordo che una volta...»

    «Basta così, Rupert» lo interruppe Jack. «Preferisco dimenticare quelle imprese folli. Se continui così, darai alla signorina Chancellor un'immagine di me piuttosto distorta: ora ho messo la testa a posto e sono diventato un tipo molto diverso, tranquillo, noioso, confinato in provincia.»

    Lacey non ne era molto convinta: il suo tono era pacato, ma avvertiva in lui una forza nascosta, non del tutto sotto controllo. Inoltre, non credeva che un tipo tranquillo e noioso avrebbe potuto produrre su di lei un effetto di quella portata.

    «Mmh, questo è da vedersi» ribatté maliziosa. «A proposito, niente formalità tra noi, Jack: ho scoperto di recente che un centinaio di anni fa uno dei miei avi ha sposato una Compton del Sussex. Se appartieni a quel ramo della famiglia, significa che siamo lontani parenti.»

    «Davvero, Jack? In effetti, apparteniamo tutti e due ai Compton del Sussex» intervenne Rupert. «Non me l'avevi mai detto, Lacey» aggiunse in tono di lieve rimprovero. «Ciò significa che siamo imparentati anche con Darcey?»

    «No, io appartengo a un altro ramo della famiglia» rispose questi. «Ma sono comunque un lontano cugino di Lacey.»

    «Vedete, signorina Chancellor... voglio dire, Lacey, gran parte degli invitati a questo ricevimento sono imparentati fra loro» spiegò Jack. «Pensate che all'inizio dell'Ottocento, proprio per via dei numerosi matrimoni tra consanguinei, i nobili inglesi usavano chiamarsi l'un l'altro cugini.»

    Lacey rivolse a tutti e tre un sorriso radioso.

    «Allora, cugini, uno di voi vuole scortarmi a cena? Ballare il charleston è piuttosto faticoso e fa anche venire sete.»

    «L'ho notato, in effetti» commentò Jack. «E visto che era la prima volta che vedevo questo nuovo ballo, considererò mio privilegio ristorare la provetta danzatrice.»

    Le offrì il braccio e la pilotò verso il salone del buffet, seguito dallo sguardo di Rupert e Darcey.

    «Ben fatto» approvò Darcey, con un sorrisetto che irritò Rupert, poco avvezzo a essere messo in secondo piano dall'uomo che considerava con una certa superiorità il suo cugino di campagna. «Qualcosa mi dice che Jack lo scatenato non è morto.»

    Lacey era segretamente dello stesso parere. «A dire il vero sono venuta qui con Darcey» puntualizzò mentre si avviavano al tavolo del buffet. Il suo sorriso tolse però ogni asprezza all'osservazione.

    «L'ho notato, in effetti» ripeté Jack. «Sono felice di accompagnarti a cena, ma devo avvertirti che non so ballare il charleston. L'ho visto per la prima volta stasera.»

    Cercava disperatamente di mantenere la calma, ma la vicinanza di quella ragazza, il profumo e il sorriso radioso avevano un effetto devastante sulla sua mente, per non parlare del suo corpo. Erano anni che una donna non lo turbava tanto.

    «Ti ha sconvolto vedermi ballare il charleston?» gli chiese Lacey, diretta. «Stasera temo di aver scandalizzato parecchi membri della buona società inglese.»

    «Sorpreso, piuttosto» rispose Jack. «Dopo aver preso parte alla guerra, non mi lascio sconvolgere facilmente. Ma non parliamo di questo» aggiunse in fretta.

    Non riusciva a credere di aver accennato a quell'argomento, di cui al pari di moltissimi ex combattenti non desiderava parlare.

    Lacey annuì con un sorriso gentile.

    «Capisco. Sai, sono contenta di averti conosciuto. Il mio fratellastro ha comprato una tenuta vicino alla tua, nel Sussex. Sta trasferendovi da Liscombe molti dei tesori di famiglia, e uno dei miei compiti qui in Inghilterra consiste appunto nel catalogarli e sistemarli per lui. Nel corso degli anni, nelle soffitte di Liscombe si sono accumulate una quantità di cose: mobili scartati, quadri, ninnoli, vecchie lettere e persino documenti storici. Se dovessi stancarmi della stagione mondana a Londra, mi trasferirò là e mi darò da fare con tutte quelle anticaglie.»

    Jack la guardò con un nuovo rispetto. Era inoltre deliziato all'idea di una sua possibile visita nel Sussex.

    «È una specie di hobby per te?»

    «Oh, ben

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