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Il duca e la sua sposa: I Romanzi Storici
Azioni libro
Inizia a leggere- Editore:
- HarperCollins Italia
- Pubblicato:
- Nov 20, 2012
- ISBN:
- 9788858905470
- Formato:
- Libro
Descrizione
Inghilterra, 1816 - Dieci anni prima, Galen aveva lasciato l'Inghilterra per dimenticare la donna che lo aveva sedotto e abbandonato senza nemmeno una parola di spiegazione, portandosi via il suo cuore. Ora, diventato Duca di Deighton, è tornato per assumere i doveri che il titolo gli impone, primo fra tutti generare un erede. E la prima persona in cui si imbatte è proprio lei, Verity, più bella e affascinante che mai. Così, quando scopre che da quell'unica notte di passione trascorsa insieme è nata una bambina, e che nel frattempo lei è rimasta vedova, decide di chiedere la sua mano. Verity però...
Informazioni sul libro
Il duca e la sua sposa: I Romanzi Storici
Descrizione
Inghilterra, 1816 - Dieci anni prima, Galen aveva lasciato l'Inghilterra per dimenticare la donna che lo aveva sedotto e abbandonato senza nemmeno una parola di spiegazione, portandosi via il suo cuore. Ora, diventato Duca di Deighton, è tornato per assumere i doveri che il titolo gli impone, primo fra tutti generare un erede. E la prima persona in cui si imbatte è proprio lei, Verity, più bella e affascinante che mai. Così, quando scopre che da quell'unica notte di passione trascorsa insieme è nata una bambina, e che nel frattempo lei è rimasta vedova, decide di chiedere la sua mano. Verity però...
- Editore:
- HarperCollins Italia
- Pubblicato:
- Nov 20, 2012
- ISBN:
- 9788858905470
- Formato:
- Libro
Informazioni sull'autore
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Anteprima del libro
Il duca e la sua sposa - Margaret Moore
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Duke’s Desire
Harlequin Historical
© 2000 Margaret Wilkins
Traduzione di Laura Iervicella
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2001 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5890-547-0
www.eHarmony.it
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
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1
Appollaiata sul bordo di un divano del suo salotto decorato con estrema opulenza, Lady Bodenham scrutò il Duca di Deighton.
«Devo dire che l’aria dell’Italia sembra donarvi, cugino» osservò in tono materno. «Anche se la vostra carnagione è alquanto scura.»
Scandì ogni parola dando un colpetto al braccio di Galen con il suo delicato ventaglio d’avorio.
«Davvero scura» aggiunse accompagnando il commento con altri due colpetti.
Per fortuna le sue braccia esili non avevano quasi muscoli, perciò i suoi colpi ebbero su di lui l’effetto che avrebbe avuto una piuma d’oca.
Le labbra notoriamente sensuali del Duca di Deighton si curvarono in un sorriso e i suoi occhi nocciola brillarono divertiti mentre sosteneva tranquillamente lo sguardo indagatore della cugina.
Eloise era abbigliata con lo stesso fasto con cui era arredata l’ampia stanza che in origine aveva fatto parte di un’abbazia medievale.
La sua famiglia era venuta in possesso di quella proprietà durante il regno di Enrico VIII e da allora aveva subito diversi restauri, alcuni pregevoli, altri di dubbio gusto.
Quella sera indossava un abito stile impero verde pallido ornato di pizzo, un colore che non le donava e faceva assumere alla sua carnagione una tonalità giallastra. I capelli piuttosto radi erano pettinati in una acconciatura talmente complicata da fare rabbrividire Galen al pensiero di quanto fosse stata maltrattata la sua cute per appuntarli in quel modo.
«Non ho alcun dubbio che abbiate trascorso la maggior parte del tempo vivendo come un contadino» continuò Eloise con aria petulante.
«In questo caso sarei stato un contadino davvero ricco ed indolente» replicò lui. «Ditemi, è tutto qui il cambiamento che notate?»
«Perché, che altro dovrei vedere? Un tatuaggio o qualcosa di altrettanto disgustoso?»
Galen non sapeva perché si era dato pena di farle quella domanda. Eloise non era stata mai famosa per la sua perspicacia.
Quanto al suo aspetto, la cugina aveva ragione. Tranne per la pelle abbronzata e qualche ruga attorno agli occhi, non sembrava molto diverso da quando aveva lasciato l’Inghilterra dieci anni prima.
Fece un profondo sospiro e si mise a osservare i numerosi ospiti di Eloise, la solita cerchia di amici e adulatori che approfittavano della generosa ospitalità della cugina. Vedendolo, alcuni di loro arrossirono e rivolsero la loro attenzione altrove.
Galen non si sorprese più di tanto. Se solo la sua reputazione fosse morta con la sua partenza!
Sfortunatamente non era stato così e lui se ne era reso conto nel momento stesso in cui era tornato a casa. Non gli erano sfuggiti i sorrisi untuosi, gli ammiccamenti, i tentativi di allontanare da lui mogli e sorelle...
Durante la sua giovinezza si era comportato spesso come una vera canaglia. Era stato il tipo d’uomo che intrecciava relazioni amorose seguendo solo il suo capriccio. Si lasciava guidare dal suo istinto e non possedeva alcuna remora morale. Tutto questo fino alla notte in cui era accaduto qualcosa che aveva cambiato la sua vita.
«Confesso di non capire perché avete trascorso dieci anni all’estero» dichiarò Eloise.
Galen fu su punto di rispondere che lo aveva fatto perché preferiva i contadini italiani alla sua famiglia e all’aristocrazia inglese in generale, ma non lo fece. Dopo tutto era ospite in quella casa e nessuno gli teneva una pistola puntata contro la tempia per obbligarlo a restare.
«Perché l’Italia mi piace.»
«Allora forse avreste dovuto restarci» replicò la donna, con tutta evidenza offesa dalla sua risposta vaga.
«Lo avrei fatto, se mio padre non fosse morto.» Eloise arrossì e, per dissipare quel momento di profondo imbarazzo, lui continuò a parlare con lo stesso tono casuale. «Per questo sono tornato. Ma come mai, cara cugina, non mi avete ancora chiesto il motivo per cui non sono ripartito?»
«Dovete occuparvi della conduzione della tenuta» replicò lei. «Oppure potrebbe trattarsi di una donna.»
«No. Non ho bisogno di pensare all’amministrazione delle proprietà. Jasper sa farlo benissimo senza la mia supervisione» rispose Galen alludendo al soprintendente della tenuta. Si avvicinò a Eloise e abbassò la voce con un tono da cospiratore. «Ma avete ragione. C’è di mezzo una donna.»
Eloise sgranò gli occhi mostrando un’avida curiosità mentre lui faceva una pausa melodrammatica.
«Ho deciso di trovare una moglie.»
La cugina lo fissò stupita. «Una... una che cosa?»
«Una sposa. Una moglie. Una donna con cui dividere il resto dei miei giorni e che mi dia anche un erede. Sono tornato a casa per sposarmi.»
«Non riesco a capire...»
Lui corrugò le sopracciglia con aria preoccupata. «Devo chiamare un servitore perché vi porti un bicchiere d’acqua o i sali, Eloise? Sembrate sul punto di svenire.»
«No! No! Non sto male. Sono solo sconvolta! Sorpresa! Deliziata! Voi, sposato!»
Nonostante si rivolgesse a lui, il suo sguardo vagava già avidamente nella stanza.
«L’ho trovata!» gridò poco dopo come se avesse scoperto l’Eldorado.
Con il ventaglio gli indicò una giovane che indossava un abito bianco verginale bordato di rosa e delle roselline tra i capelli. Anche la sua carnagione era bianca e rosa e l’unico ornamento che portava era una semplice e sottile catenina d’oro che le pendeva dal collo lungo e flessuoso. La voce di Eloise si abbassò trasformandosi in un eccitato sussurro. «Lady Mary, la figlia del Conte di Pillsborough! La sua fortuna è immensa. Non potreste trovare di meglio Galen. E come potete vedere è anche molto bella.»
Non poteva negarlo, pensò lui. Tuttavia aveva conosciuto molte donne bellissime e sapeva che ci voleva molto di più dell’aspetto fisico per convincerlo a sposarsi.
«È anche compita e raffinata. Suona, canta e ricama con squisita abilità...»
Galen interruppe la cugina prima che lo considerasse già impegnato. «Non avevo in mente di fare la scelta proprio oggi.»
Eloise diventò seria. «Non siete più giovanissimo, Galen. Ormai avete passato la trentina.»
«So di avere perso molto tempo, Eloise. Ma avevo le mie ragioni.»
«Quali?»
«Sono private e personali, cugina.»
Eloise corrugò ancora di più la fronte. «Capisco.»
«Tuttavia ho davvero bisogno delle vostre conoscenze di gran lunga superiori in materia» disse Galen anche per placare i suoi sentimenti feriti. «Non vorrei essere preso in trappola da un viso grazioso o da modi affascinanti.»
Eloise sorrise, tranquillizzata da quelle parole.
«Sarò felicissima di potervi essere d’aiuto, Galen. Davvero felicissima!» Poi tornò a farsi seria.
«Che cosa c’è? Forse tra i vostri ospiti c’è qualcuna con un viso grazioso e modi affascinanti che non è adatta a me?»
«A dire il vero, sì. Ma non per le ragioni che potreste pensare o che potreste sentire da altri.»
«Mia cara cugina, ora avete risvegliato la mia curiosità» replicò Galen esagerando di proposito il suo tono.
«Si tratta di una mia carissima amica, che conosco fin dai tempi della scuola.»
Galen ricordava quale sciocca creatura fosse stata la cugina quando era molto più giovane e se l’amica le assomigliava, quell’avvertimento non era necessario.
«Ora è vedova. Suo marito è morto due anni fa e da allora lei ha vissuto praticamente in totale eremitaggio.»
Galen fece un sorriso ironico. «Credevo che gli eremiti fossero solo uomini.»
Agitò il ventaglio come se volesse scacciare un attacco di falene e gli lanciò un’occhiata stizzita. «In completa reclusione, allora. In qualsiasi modo vogliate chiamarla, mi ci sono voluti due anni di inviti per indurla a venire a trovarmi.»
«Non vedo nessuna donna vestita di nero» osservò lui dopo avere scrutato le signore presenti, tutte elegantemente abbigliate con abiti di seta di vari colori.
«Non è ancora qui» replicò Eloise. «Dovrebbe scendere tra breve, a meno che sua figlia non faccia i capricci. Lei la ama svisceratamente e se non sta attenta la vizierà.»
Il sorriso di Galen si fece teso in modo quasi impercettibile.
«Sono sicuro che le avrete dato i vostri consigli in merito» commentò ironico. Le opinioni di Eloise erano quelle di una donna che non era mai stata madre.
«È naturale, ma dubito che ne terrà conto. È stata sempre testarda.»
«Allora rilassatevi, cugina. Io mi sono ripromesso di evitare le donne ostinate e le vedove testarde con dei figli mi riempiono di orrore.»
«Vi prego di non parlare in questo modo in presenza della mia amica! Sono sicura che la fareste inorridire.»
«E noi non vogliamo che nessuno dei vostri ospiti si scandalizzi» convenne Galen, convinto che non gli ci sarebbe voluto molto per sconvolgere la maggior parte di quelle menti benpensanti. «Perciò, dopo che saremo stati presentati, la ignorerò.»
Il suo lieve sarcasmo non fu colto da Eloise. «So di non potermelo aspettare da voi. Tutti sanno che non siete in grado di lasciare in pace una donna. Cercate solo di non amoreggiare con lei, perché sono certa che in quel caso tornerà a Jefford in un baleno. Ha già sentito parlare di voi. A dire il vero temo...» Eloise arrossì. «Temo di avere fatto un ritratto fin troppo eloquente delle vostre avventure.»
Galen non faticava a immaginare come la cugina avesse descritto lui e i suoi trascorsi amorosi. Era probabile che la vedova lo considerasse un vero e proprio demonio.
«In ogni caso non è più così bella come era fino a due anni fa.»
«La morte di suo marito ha avuto un effetto devastante sul suo aspetto?»
«Ne rimase quasi uccisa. In tutta franchezza io ho sempre pensato che quell’uomo fosse troppo vecchio per la mia amica. E tuttavia lei lo adorava e quando ebbero una figlia la loro felicità aumentò, anche se non si trattava di un maschio.»
Eloise si avvicinò di più inondandolo con la forte fragranza del suo profumo.
«Ricordo che i parenti del marito erano furiosi. Per anni erano stati convinti che avrebbero ereditato i suoi soldi e invece non solo si era sposato, ma aveva anche messo al mondo un erede. Ho sentito dire che dopo la morte di Daniel Davis-Jones si fecero piuttosto agguerriti e suggerirono che fossero fatte delle indagini.»
«Che cosa c’era di tanto misterioso nella sua morte?»
«A dire il vero...» Eloise si fece ancora più vicina. «Fu piuttosto improvvisa. Il dottore però si dichiarò assolutamente sicuro che si trattasse di polmonite. Non so come qualcuno abbia potuto solo pensare che sua moglie fosse stata capace di...» Sollevò le ciglia ammiccando.
«Omicidio?»
«Non ditelo!» gridò la cugina, inorridita. «Quando l’avrete conosciuta capirete anche voi che la sola idea è pazzesca. È la creatura più gentile del mondo!»
«Siete voi a mettermi pensieri del genere in testa» osservò Galen. «Come avete fatto a sapere queste cose?»
«Ho i miei informatori, Galen.»
Non poteva essere altrimenti, considerando gli ospiti che affollavano continuamente la sua casa, i periodi trascorsi a Bath e a Baden-Baden a fare cure termali e la fitta corrispondenza che intratteneva con le sue conoscenze. Aveva una ampia rete di conoscenze che la tenevano continuamente al corrente di tutto e di tutti.
«Santo cielo! Credo di avere appena commesso un grave errore a raccontarvi tutte queste cose» disse Eloise con un tono pieno di rimorso. «Ne sembrate affascinato.»
«I pettegolezzi non mi hanno mai interessato e vi assicuro che le vedove con figli non esercitano alcun richiamo particolare su di me, cugina.»
«Bene. Adesso venite con me. Vi presento Lady Mary» disse Eloise facendo un cenno alla giovane.
«Credo di avere bisogno di qualche momento di solitudine per ricompormi e prepararmi a questa importante presentazione» rispose lui dicendo una parziale verità. «Vogliate scusarmi, ma credo che una breve passeggiata nei vostri incantevoli giardini farà al mio caso.»
Prima che Eloise potesse protestare, Galen si voltò e si diresse verso la terrazza. Una fugace occhiata dietro le spalle gli disse che la cugina non lo aveva seguito e sospirò di sollievo.
Accolse con piacere l’aria fresca, lontano dai profumi delle signore e da quello della cipria proveniente dalle parrucche che alcuni anziani ospiti di Eloise ancora amavano indossare.
Avrebbe dovuto riflettere prima di accettare l’invito della cugina a restare a Potterton Abbey per qualche tempo. Aveva dimenticato che lei reputava la sua casa vuota se non aveva almeno venti ospiti. E ora che le aveva rivelato i suoi progetti, si sentiva come se fosse appena stato messo all’asta.
«Si vende un duca usato, in condizioni ancora passabili» mormorò parlando a se stesso.
Si fermò un istante a osservare il parco che circondava la proprietà della cugina. Poteva anche essere una ficcanaso intrigante, ma aveva dei giardini bellissimi. Respirò profondamente inalando l’odore dell’erba e altri inconfondibili profumi che gli ricordarono che si trovava in Inghilterra.
Non c’era niente in nessuna parte del mondo che potesse essere confrontato con la campagna inglese.
Con un altro sospiro si diresse verso il boschetto dove sperava di trovare un po’ di solitudine. Se per stare da solo doveva nascondersi, lo avrebbe fatto.
«Attenzione, signore!»
Allarmato dall’avvertimento, Galen si chinò mentre qualcosa gli volava sopra la testa.
«Che cosa...?»
«Scusatemi!» gridò una ragazzina correndo verso di lui. Raccolse la sua palla e si fermò a una certa distanza, arrossendo e fissandolo con un paio di occhi azzurri sgranati che brillavano sotto una folta massa di riccioli scuri. «Non mi ero accorta che ci fosse qualcuno nelle vicinanze quando l’ho calciata» continuò in tono di scusa.
Avrebbe potuto avere dagli otto ai dodici anni. Indossava un abito blu senza ornamenti che suggeriva il lutto.
La pregevole fattura e la buona qualità del tessuto gli dissero che doveva trattarsi della figlia di qualche ospite di Eloise.
Galen provò un’ondata di simpatia per quella bambina con degli occhi così luminosi, costretta a indossare dei vestiti scuri e che invece avrebbe dovuto portare tinte pastello decorate di fiori e di nastri.
Poi si chiese se non fosse proprio la figlia dell’amica di Eloise, l’ostinata vedova che aveva perso la sua bellezza.
Se era così, sua cugina si sbagliava nell’affermare che la ragazzina era troppo coccolata. Lui aveva avuto modo di conoscere diversi ragazzi davvero viziati e la bambina che aveva davanti non aveva niente in comune con loro. Il suo fratellastro più giovane lo avrebbe fatto pentire amaramente di essergli capitato tra i piedi mentre giocava.
«Va tutto bene» la rassicurò sorridendole. I sorrisi di Galen Bromney non erano particolarmente rari. Lo era però uno sincero. «Sono felice di sapere di non essere attaccato.»
La bambina sgranò gli occhi e strinse ancora di più la palla.
«Vi siete trovato mai sotto attacco?»
«Una volta o due» replicò lui riluttante.
La bocca della ragazzina si spalancò per lo stupore.
«Ma a rischio della mia reputazione e per essere completamente onesto, anche in quei casi le armi erano parole e non spade» confessò.
Alla notizia la bambina fece una faccia lunga e Galen provò una strana sensazione di vuoto.
«Permettetemi di presentarmi. Io sono il Duca di Deighton» disse in tono formale facendo il suo migliore inchino.
Rimase particolarmente compiaciuto nel vedere che la sua espressione era di nuovo incantata mentre piegava la testa con grazia. «Io sono la signorina Jocelyn Davis-Jones» replicò seria.
«Come state, signorina Davis-Jones?»
«Molto bene, grazie, Vostra Grazia.»
Galen rimase impressionato dalle sue buone maniere. «Siete qui tutta sola?» le chiese guardandosi attorno alla ricerca di altri bambini.
«Sì» rispose la ragazzina con aria quasi di sfida. La sua espressione perplessa la indusse a proseguire. «Gli altri non sono voluti uscire, così sono venuta io. Non mi importa di stare da sola.»
«Una indipendenza davvero ammirevole, signorina Davis-Jones.»
«Preferirei essere a casa mia. Qui non mi trovo bene.»
«Mi dispiace sentirvi dire una cosa del genere.»
La bambina arrossì. «Lady Bodenham è molto gentile, la sua tenuta è meravigliosa e la sua cuoca prepara dei budini buonissimi, ma mi manca casa mia.»
«Anche a me» confessò Galen. «La mia si trova in Italia.»
Lei corrugò le sopracciglia. «Siete italiano?»
Lui fece cenno di no con il capo. «No, ma ho vissuto là per dieci anni e ormai la considero la mia vera casa.»
Molto più di quanto non lo fosse mai stata la sua dimora di famiglia, anche se era altrettanto solitaria.
«Suppongo di dover tornare dentro per il tè adesso.»
«Non credo sia ancora ora» disse Galen. Indicò con un cenno la palla che lei teneva tra le mani. «Non gioco a pallone da molto tempo. Vi piacerebbe fare due tiri?»
Jocelyn Davis-Jones chinò la testa di lato e lo scrutò con
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