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Seduzione in tre mosse
Seduzione in tre mosse
Seduzione in tre mosse
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Seduzione in tre mosse

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About this ebook

Primo passo: conoscere il proprio obiettivo.

Nel momento in cui Ellen Talbot esce dalla sua vita, Christopher Sinclair decide di fare di tutto per riaverla nel suo letto.

Secondo passo: organizzare lo scenario adatto.

Quello che dovrebbe essere un fine settimana dedicato all'approfondimento delle strategie di soluzione di misteri e casi giudiziari si trasforma in una vacanza all'insegna della seduzione nel momento in cui Ellen scopre che il suo partner è l'uomo che non è mai riuscita a dimenticare.

Terzo passo: non arrendersi.

Quando Ellen decide che è più saggio rinunciare all'appagamento fisico con l'uomo dei suoi sogni, Christopher non si dà per vinto, anzi è proprio allora che la sua determinazione gli permetterà di ottenere tutto ciò che vuole.
LanguageItaliano
Release dateDec 9, 2016
ISBN9788858958360
Seduzione in tre mosse

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    Seduzione in tre mosse - Jeanie London

    successivo.

    Prologo

    Il sesso era servito, se non altro, a definire la questione.

    Fare l'amore con Ellen Talbot aveva confermato a Christopher Sinclair ciò che sospettava fin dal primo momento in cui aveva conosciuto la sorprendente redattrice di romanzi rosa al matrimonio di un amico. Nessuna donna lo aveva mai colpito così profondamente.

    Ellen lo aveva reso un ammasso di muscoli vibranti con un cuore che batteva all'impazzata nella cassa toracica, incapace di far altro se non lasciarsi cadere sul materasso e appoggiarsi alle sue natiche calde e morbide per riprendere fiato. La singolarità dell'evento aveva scatenato nella sua mente una ridda di pensieri diversi, generati dallo stupore di constatare come fare l'amore con lei fosse un'esperienza impareggiabile. Considerando poi che quella era la prima volta che lo facevano, il loro incontro assumeva una connotazione ancora più straordinaria.

    Stringendola contro di sé, Christopher assaporò la sensazione che le sue curve nude e morbide suscitavano in lui. Mai e poi mai avrebbe immaginato di potersi sentire così bene come quando era con lei.

    E dire che le esperienze non gli mancavano. Aveva da poco compiuto trent'anni e poteva affermare, senza timore di essere smentito, di aver vissuto intensamente ognuno di quegli anni, accettando ed esplorando le sfide che la vita aveva ritenuto di dover presentare sul suo cammino, senza mai tirarsi indietro davanti a nulla. Aveva avuto esperienze fantastiche con donne bellissime, ma non gli era mai successo di sentirsi così appagato e sfinito da non avere nemmeno più la forza di parlare.

    Aderendo ancora di più contro di lei, inalò il profumo fresco dei suoi capelli biondo scuro, sparsi morbidamente sul cuscino. I loro corpi erano talmente vicini che Christopher non avrebbe saputo dire dove finiva il suo e dove incominciava quello di lei.

    Ellen si lasciò sfuggire un gemito di soddisfazione che gli strappò un sorriso compiaciuto. Facendo ricorso alle poche forze che gli erano rimaste, la indusse a voltarsi verso di lui e le alzò il mento con un dito per guardarla negli occhi.

    Quando lei sollevò lo sguardo, il cuore che aveva appena incominciato a calmarsi gli balzò di nuovo in gola per l'emozione. I suoi occhi castani gli ricordavano un bosco in autunno, dove il verde scuro, il marrone e l'oro si mescolavano dando vita al colore singolare a cui gli era capitato di pensare molto spesso da quando avevano incominciato a frequentarsi.

    Ora, però, quegli stessi occhi gli sembravano diversi, più chiari e misteriosi. Ellen era soddisfatta. Guardandola, Christopher si sentì talmente felice e orgoglioso che avrebbe voluto battersi il petto e urlare di gioia.

    Lasciandosi sfuggire un altro sospiro, Ellen appoggiò la testa nell'incavo della sua spalla e lui le posò un bacio sulla fronte, inebriandosi del suo profumo. «Dormi. Voglio svegliarti con un bacio e fare l'amore con te mentre sei ancora assonnata.»

    Il solo pensiero di vederla dischiudere gli occhi nel momento in cui sarebbe affondato nella sua calda morbidezza scatenò in lui un'ondata di desiderio.

    Ellen, invece, si irrigidì di colpo, e prima che il cervello di Christopher ancora anestetizzato dalle sensazioni spettacolari appena provate riuscisse a registrare quello che stava succedendo, lei scivolò giù dal letto.

    «Io non passo mai la notte con qualcuno.»

    Con un movimento fluido, Ellen si alzò, permettendo alla luce della luna che penetrava dalle finestre dell'appartamento situato nell'Upper East Side di Manhattan di accarezzare ogni centimetro del suo corpo nudo.

    La vista quasi irreale distrasse Christopher, rallentando le sue reazioni. Avrebbe voluto fermarla e attirarla di nuovo contro di sé, ma ormai lei era lontana.

    Scuotendo la testa come per schiarirsi le idee, si sforzò di mettersi a sedere, osservandola afferrare dalla spalliera della sedia le calze di nylon che lui stesso aveva avuto il piacere di sfilarle.

    «Davvero?» le chiese sorpreso. «Mai?»

    «Mai» confermò lei in tono asciutto.

    Scostandosi i capelli dal viso, li gettò con un gesto deciso dietro le spalle, poi si infilò l'abito da sera nero, le cui perline brillavano alla luce della luna. I suoi movimenti, benché affrettati, tradivano l'appagamento che quel corpo statuario aveva trovato tra le sue braccia.

    Christopher capì subito quello che stava accadendo. Ellen aveva eretto intorno a sé una barriera di protezione, prendendo le distanze da lui.

    «Perché non hai mai trascorso la notte con nessuno, amore?»

    Cercando il reggiseno a terra dov'era caduto, Ellen sollevò lo sguardo su di lui da sotto la cascata di lunghi capelli morbidi e lucenti. «Regola numero uno riguardante le relazioni private: le figlie dei senatori non si fanno sorprendere mentre sgusciano fuori dal letto di qualcuno il mattino dopo

    Christopher la osservò sparire nella stanza da bagno e chiudere la porta a chiave con un clic che riecheggiò nel silenzio della camera, ma soprattutto nel suo cuore.

    Lasciandosi cadere sui cuscini, sorrise. «Be', allora è proprio una fortuna, signorina Talbot, che io non sia un semplice qualcuno

    In effetti, Christopher era una persona decisa, un uomo che sapeva quello che voleva. E in quel caso voleva Ellen.

    Si rendeva conto che, in quanto figlia minore della senatrice Talbot, doveva valutare le conseguenze del suo comportamento molto più attentamente di quanto avrebbe fatto una ragazza appartenente a una famiglia meno in vista. Christopher capiva e rispettava la situazione in cui lei si trovava e aveva cercato in tutti i modi di agevolarla, accordandole tutto il tempo che riteneva necessario per costruire con lui una relazione seria. Fino a quel momento non era mai stato un problema per lui assecondare il suo atteggiamento cauto. Pur di starle vicino, Christopher era pronto ad affrontare qualsiasi ostacolo. In realtà, tre mesi di frequentazione e di attesa avevano accresciuto l'attrazione che li spingeva l'uno verso l'altro, grazie a un sottile gioco di preliminari che aveva acceso la loro immaginazione.

    Non per niente Christopher aveva fatto carriera individuando possibilità concrete di successo laddove gli altri vedevano solo strade senza uscita, riuscendo immancabilmente a trasformare missioni impossibili in ottime riuscite. La soluzione al problema che gli si poneva in quel momento non era difficile. Come era solito fare, avrebbe risposto a una sfida con un'altra sfida, accettando i rischi che era necessario dover correre per ottenere ciò che desiderava.

    E lui desiderava Ellen.

    Quando la vide uscire dal bagno completamente vestita, sfoggiando un atteggiamento freddo e distaccato, fu pronto a lanciarle la sfida.

    «Sposami.»

    Ellen si bloccò sulla soglia della stanza e sollevò su di lui uno sguardo perplesso.

    «Sposami, amore» ripeté lui.

    Ellen batté forte le palpebre, come se volesse assicurarsi che quello che vedeva non fosse un miraggio. «Sposarti?»

    «Sì.»

    Continuando a guardarlo, Ellen aggrottò la fronte. «Ci frequentiamo da appena tre mesi e abbiamo fatto l'amore una sola volta» gli fece notare.

    «Per quanto mi riguarda, io sono pronto a sfilarti quel bel vestito per concederti un bis

    Quell'affermazione sembrò in qualche modo risvegliarla dal torpore in cui era piombata. «Christopher!»

    «Stiamo bene insieme» dichiarò lui, raggiungendola. «Hai forse ancora qualche dubbio dopo questa notte?» le chiese, accarezzandole il viso.

    Per un attimo, Ellen sembrò disorientata, poi indietreggiò così in fretta che per poco non inciampò. Christopher allungò una mano per sorreggerla, ma lei rifiutò il suo aiuto.

    «Tu sei pazzo. Nessuno si sposa dopo aver dormito insieme una sola volta. È contro ogni regola.»

    Christopher la fissò a lungo prima di parlare nella speranza che percepisse la sua determinazione. «Io non sono una persona qualunque, amore. E credo che sia necessario stabilire fin da subito che, per quanto mi riguarda, le regole sono fatte per essere infrante.»

    1

    New Orleans, tre mesi dopo

    Stringendo il cellulare tra la spalla e l'orecchio, Ellen Talbot sollevò con un gesto deciso l'orlo dell'abito da sera nero con le perline. Non lo aveva più indossato dalla sera in cui avevano fatto l'amore. La stessa in cui lui le aveva chiesto di sposarlo e lei aveva messo fine alla loro relazione.

    Era stata una notte movimentata.

    Solo ora che si trovava lontana da lui, ad almeno duemila miglia da New York, aveva ritenuto sicuro indossare di nuovo quell'abito. Facendo attenzione che l'orlo ruvido non le tirasse i fili delle calze, si sedette al bar dello Château Royal, lo storico albergo del Quartiere Francese di New Orleans che ospitava l'annuale convegno delle scrittrici di romanzi rosa.

    «Grazie per avermi chiamato» mormorò. «Fai un buon viaggio di ritorno.»

    Dopo aver salutato sua madre, Ellen interruppe la comunicazione. Dovevano essere le tre di notte, ormai, ma sua madre si trovava in Bosnia dove aveva appena concluso una colazione con i delegati di diversi paesi stranieri ed evidentemente non si era presa la briga di calcolare la differenza di fuso orario. Dal momento che la signora Talbot non era solo un genitore affettuoso che amava stare in contatto con i suoi quattro figli ormai adulti, ma anche un senatore degli Stati Uniti, le sue telefonate rischiavano di arrivare alle ore più assurde.

    A Ellen non importava. Quella notte era comunque sveglia. La festa che era seguita alla cerimonia per la consegna dei premi era finita da poco, e per la prima volta da quando era arrivata a New Orleans, Ellen era finalmente sola. Prima di infilare il telefono nella borsa, controllò che la batteria fosse carica, poi si appoggiò allo schienale della sedia e cercò di rilassarsi.

    La luce soffusa diffusa dai fastosi lampadari si rifletteva nelle finestre a tutta parete da cui si godeva la vista della città di notte. Gli ospiti che si erano attardati al bar e nell'atrio erano pochi e i loro abiti eleganti lasciavano intendere che avessero preso parte alla cerimonia di premiazione. Ellen chiuse gli occhi e respirò a fondo, abbandonando ogni tensione. Finalmente poteva smettere di sorridere. Dal momento in cui aveva lasciato la sua stanza alle sette e cinquantasette della mattina precedente, le sue labbra erano state perennemente atteggiate a un sorriso di circostanza, tanto che ora i muscoli facciali le dolevano per lo sforzo.

    In veste di redattrice della Brant Publishing Group, una casa editrice che pubblicava romanzi rosa a sfondo storico che avevano una grande presa sul pubblico femminile, la sua giornata lavorativa tipo non prevedeva l'esposizione alle luci dei riflettori né l'obbligo di atteggiare le labbra a un perenne sorriso. Le sue giornate si svolgevano tra riunioni con il personale della redazione, gli esperti di marketing e del settore artistico. Quando non era in riunione, si metteva a disposizione delle trenta autrici che lavoravano per la casa editrice e si dedicava alla lettura dei manoscritti e alla stesura delle quarte di copertina.

    Tuttavia, in occasione di eventi come quello organizzato per premiare l'autrice dell'anno, sorridere era essenziale almeno quanto respirare. In quei frangenti, Ellen si trovava a trascorrere intere giornate a incontrare scrittrici ansiose di vedere pubblicati i loro libri, a tenere presentazioni sul lavoro della casa editrice in sale stipate e a socializzare con persone che riconosceva solo grazie al nome riportato sui cartellini appuntati ai loro abiti.

    Ellen preferiva di gran lunga vivere lontano dalle luci della ribalta e, proprio per quel motivo, apprezzò enormemente quel momento di tregua. O almeno lo avrebbe apprezzato, se fosse riuscita a non pensare a lui. Lasciandosi sfuggire un sospiro, si rimproverò per aver indossato quell'abito che inevitabilmente richiamava alla sua memoria momenti indimenticabili.

    Se solo avesse immaginato che cosa aveva in mente, avrebbe evitato di accettare il suo primo invito a uscire con lui, risparmiandosi inutili sofferenze.

    Una proposta di matrimonio.

    In un primo momento Ellen aveva creduto che stesse scherzando, ma quando aveva capito che era serio, si era affrettata a mettere fine alla loro storia. Nel migliore dei casi, lui doveva essere un temerario che amava mettere alla prova i propri limiti, nel peggiore doveva essere matto da legare. Nessuno nella condizione di esposizione al pubblico nella quale lei si trovava, avrebbe mai preso in considerazione l'idea di sposarsi dopo tre mesi di frequentazione, un bel corteggiamento e un'unica notte di sesso, per quanto incredibile fosse stata.

    In realtà, Ellen non aveva mai sperimentato niente di simile prima di allora.

    Proprio per quel motivo aveva dovuto allontanarsi da lui in tutta fretta, prima che i suoi grandi occhi blu, le sue fossette e i suoi baci impetuosi facessero crollare definitivamente le proprie difese. Non era disposta a sopportare le conseguenze di un comportamento avventato. Ogni volta che aveva abbassato la guardia, se ne era pentita amaramente.

    «Ah, eccoti qui.»

    Ellen aprì gli occhi, trovando sul tavolo davanti a sé una tazza fumante di caffè macchiato. Subito sollevò lo sguardo su Lennon Eastman, una delle sue autrici nonché una carissima amica, nonostante lei e la sua stravagante prozia fossero la causa per cui Ellen continuava a frequentare New Orleans o meglio The Big Easy come la città veniva definita dai suoi abitanti, dove aveva incontrato lui per la prima volta.

    In nessun caso avrebbe rimproverato Lennon per averglielo presentato, non quando la sua amica sembrava al settimo cielo per la felicità. Persino dopo una lunga serata in tacchi così alti che avrebbero azzoppato chiunque altro, Lennon sembrava fresca come una rosa, pronta a lanciarsi di nuovo nella mischia.

    «Grazie, ne avevo proprio bisogno» mormorò Ellen. «Credo che mi si sia slogata la mascella a furia di sorridere.»

    «Posso prenderti un appuntamento con il mio dentista, se vuoi.» Fulminandola con lo sguardo, Lennon si era seduta proprio di fronte a lei.

    «Non è una cattiva idea. Soffrire non rientra nelle attività che voglio sperimentare durante questa vacanza.»

    «In questo caso, non dovremmo bere del caffè alle tre del

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