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Lady love: Harmony Destiny
Lady love: Harmony Destiny
Lady love: Harmony Destiny
Ebook146 pages2 hours

Lady love: Harmony Destiny

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About this ebook

Le notti di Baltimora sono accarezzate dalla voce di Lady Love, una voce morbida e profonda.

Tutti la ascoltano, ma nessuno conosce la vera identità della regina della notte. Capace di sussurrare riflessioni sull'amore e scatenare la fantasia dei suoi ascoltatori, Lady Love diffonde via etere la propria carica seduttiva. Tuttavia un talk show radiofonico con simili contenuti può attirare squilibrati e ammiratori troppo insistenti.

Il cavalier servente è uno di questi.

Forse Mitch Wymore...
LanguageItaliano
Release dateJan 9, 2017
ISBN9788858959909
Lady love: Harmony Destiny
Author

Leslie Kelly

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Book preview

    Lady love - Leslie Kelly

    successivo.

    Prologo

    «Voglio sedurti.»

    Due parole lievi, appena sussurrate, eppure Baltimora le udì. Nella città fervente di attività, la gente si fermò, si lasciò imbrigliare dall'incantesimo di quella affermazione che sembrava echeggiare nella calda notte di settembre. Gli avventori dei bar si esortavano a vicenda al silenzio, i passeggeri degli autobus si protendevano verso la radiolina del conducente. Negli appartamenti di mezza città, in molti spegnevano la luce per godersi il lume di candela e ascoltare quella voce.

    «Seduzione. Perfino la parola è erotica. Ti rotola lungo la lingua e subito evoca immagini eccitanti. Parlo agli uomini. Cosa ci vorrebbe per sedurvi? Lingerie bianca e innocente, tanto pura da risultare peccaminosa? O il lampo negli occhi di una donna, che vi dice di sì ancora prima che le abbiate rivolto la domanda?»

    Erano le dieci. E anche quella sera, come succedeva ormai da due mesi, Baltimora era ai piedi di una donna misteriosa che si faceva chiamare Lady Love.

    «Forse è in una carezza. Una donna ti sfiora le labbra con un dito, e non riesci a pensare ad altro che a quanto vorresti baciarla. Lei ti imbocca con un frutto succulento, te ne lascia leccare il succo dalla sua mano: non desideri subito assaporare qualcosa di più? Oppure esce dalla macchina e si sforza di trattenere la minigonna per non mostrare le gambe: non ti viene voglia di spingerla di nuovo sul sedile per portarla in un nascondiglio segreto?»

    Gli uomini in ascolto gridarono un silenzioso nella mente, mentre tentavano di immaginare Lady Love nei panni di quella donna misteriosa. Non l'avevano mai vista, eppure avevano l'impressione di conoscerla benissimo. Per alcuni era alta e bionda, per altri piccola e bruna, per alcuni magra come un grissino, per altri ancora formosa come una pin up.

    Le donne cercavano di detestarla, ma invano. Si rendevano conto che le sue parole erano rivolte a loro quanto ai loro compagni, e nella sua voce seducente sentivano echeggiare i propri sogni, i propri desideri.

    «Adesso mi rivolgo alle donne. Se un uomo si mette in testa di conquistarti, come potrai resistergli? Se ti guarda fisso negli occhi e il respiro gli diventa affannoso, come fai a bloccare la tua reazione? Se ti bacia il palmo della mano e ti sussurra: Mi piace da morire il modo in cui mi tocchi, non ti viene voglia di toccarlo immediatamente? È questa, la seduzione. Portare qualcuno a desiderarti. Coraggio, parliamone. Voglio sentirmelo dire da voi. Ditemi come si deve fare a sedurvi.»

    L'intera città di Baltimora trattenne il fiato e si preparò a trascorrere quattro ore con la signora della notte, sapendo ormai che cosa aveva in mente per tutti loro. A volte riservava loro serate leggere e di vertenti, a volte erotiche e passionali. Talvolta li faceva ridere, talvolta li faceva piangere, ma in ogni caso, riusciva sempre a eccitarli.

    «Chi vi parla è Lady Love, da Radio WAJO, con i Sussurri della notte

    1

    «Ma cosa diavolo ha combinato al mio giardino?»

    Mitch Wymore guardava fuori dalla finestra della cucina e scuoteva la testa. Era appena tornato da un viaggio di ricerca di sei mesi in Cina, i bagagli erano ancora accatastati sul pavimento dell'ingresso. Per sei mesi non aveva fatto altro che pensare alla sua casa, al cibo a cui era abituato, a un ambiente familiare! Ma quello in cui era tornato non gli sembrava affatto un ambiente familiare! Aveva incominciato a dubitare di essere tornato nella casa sbagliata sin da quando il taxi lo aveva depositato davanti al cancello, e aveva visto una macchina sportiva rossa parcheggiata al posto della sua.

    Quello non era il suo giardino, e anche la cucina era cambiata. Adesso c'erano delle tendine con volant alle finestre e delle pentole di rame appese a una parete. E come se non bastasse, qualcuno aveva sistemato dei fiori in un vaso.

    «Qualcuno ha messo mano in questa cucina!» esclamò.

    Non si aspettava che Fred rispondesse. Era con sé stesso che aveva parlato, più che con il suo inquilino.

    «Già. Ha proprio un bell'aspetto, non trovi?»

    Mitch si girò lentamente a guardarlo.

    Non lo conosceva ancora bene, anche se Fred aveva preso in affitto l'appartamento del piano superiore da più di un anno. Era un laureando silenzioso, timido e studioso. Agli occhi di Mitch, era il locatario ideale. Da quando lo conosceva, non lo aveva mai visto ridere. Adesso, invece, un largo sorriso distendeva le sue labbra.

    «C'è qualche altra cosa che dovrei sapere?»

    Fred rispose con un sorrisetto ebete. «Ha ridipinto la sala da pranzo, ha riparato la spalliera della sedia rotta del soggiorno e ha messo della nuova carta da parati nell'ingresso.»

    Mitch non ebbe bisogno di chiedere a chi si riferisse. Sapeva benissimo che si trattava di Kelsey.

    Con un gemito soffocato, tornò a guardare il giardino. Sei mesi prima, quando era partito, c'era soltanto erba, qualche cespuglio di rose e un paio di aceri annosi. Ora, invece, sembrava di ammirare uno di quei giardini inglesi che comparivano nelle riviste di giardinaggio, pieno di fiori e di cespugli, con sentierini di pietra, piante rampicanti dappertutto, e perfino una fontanina guizzante.

    Mitch lo detestava.

    «Strangolerò quella ragazza» promise mentre gettava le chiavi sul tavolo della cucina. In quel momento non desiderava altro che sfilarsi di dosso quegli abiti sporchi e fare una doccia di tre quarti d'ora. Invece gli sarebbe toccato affrontare Kelsey Logan, il tormento della sua adolescenza.

    «Ragazza?» ripeté Fred.

    Mitch non fece caso al suo stupore. «Non riesco a credere di essere stato tanto stupido da averle consentito di trasferirsi qui. È sempre stata una minaccia, e lo sarà sempre. Non c'è niente al mondo che la diverta di più che tormentarmi.»

    «A me non sembra che sia così» obiettò Fred sconcertato.

    «Credimi, vuol dire che non la conosci.»

    Mitch avrebbe dovuto dire di no, quando la madre di Kelsey gli aveva telefonato per chiedergli di affittare uno dei suoi appartamenti alla figlia. Purtroppo Marge Logan era l'unica persona al mondo alla quale non poteva dire di no. Marge e il marito, Ralph, avevano fatto molto per lui. Se non fosse stato per loro, forse Mitch sarebbe finito in galera. Così aveva detto di sì, augurandosi che la permanenza di Kelsey terminasse prima del suo ritorno dalla Cina.

    «Da quanto tempo non vedi Kelsey?» s'informò in quel momento Fred.

    «Mai abbastanza» ribatté lui. «Dov'è adesso?»

    «In giardino.»

    «Dovrò stare in guardia, allora. Una volta mi ha buttato in testa un secchio di fertilizzante soltanto perché avevo commesso l'errore di calpestare il suo orto.»

    Fred scoppiò a ridere, e lui lo incenerì con un'occhiataccia.

    «Non ti puoi neanche immaginare gli atti di puro terrorismo che mi ha inflitto in passato» mormorò ripensando a ciò che gli aveva fatto passare Kelsey quando erano ragazzi. Lui, naturalmente, si era vendicato. E lo aveva fatto nel modo che a lei dava più fastidio: ignorandola.

    «È passato molto tempo» commentò Fred.

    «Certo, più di quindici anni, e non si può dire che io sia il tipo che serba rancore. Però vorrei strangolarla lo stesso.»

    Detto questo, Mitch uscì come un razzo dalla porta di servizio. Giunto in cortile, per un attimo si lasciò conquistare dal profumo del caprifoglio e dal tepore di quello splendido pomeriggio settembrino.

    I mesi trascorsi in Cina erano stati difficili, più di quanto si potesse immaginare. L'emozione che provava sempre nell'immergersi in una nuova cultura era svanita velocemente a causa della folla, della congestione e delle rigide politiche della nazione.

    Adesso che era tornato a casa, Mitch non cercava altro che pace e solitudine per riflettere e per assorbire tutto ciò che aveva appreso da quella misteriosa popolazione e per procedere alla prima stesura del libro che avrebbe pubblicato per l'università.

    Già, pace e solitudine, si disse con un sospiro. Proprio quello che aveva trovato. Pace e solitudine non erano concetti che potevano essere associati a Kelsey Logan, nel ricordo della sua infanzia. Come aveva fatto la città di Baltimora a resistere alla sua presenza?

    Uno schizzo d'acqua lo colpì in piena faccia e lo distolse da quelle riflessioni. Si rese conto che si trovava proprio sotto il getto di un irrigatore e con un brontolio si spostò per riprendere la ricerca di Kelsey.

    La trovò dopo qualche istante in fondo al giardino. Doveva avere appena smesso di lavorare, perché sull'erba giacevano cesoie e rastrello. Quest'ultimo con i rebbi all'insù, in attesa che qualche cretino ci passasse sopra.

    Kelsey era stesa su una comoda sdraio. Gli volgeva le spalle, ma era evidente che stava riposando.

    Mitch le si avvicinò senza fare rumore. I suoi piedi affondavano nella terra umida che gli sporcava le scarpe di pelle. Un altro danno per cui doveva ringraziare Kelsey. Voleva coglierla di sorpresa, tuttavia fu lui a restare fulminato.

    La donna voluttuosa, piena di curve, che era stesa sulla sdraio non poteva essere Kelsey! C'era senz'altro un errore. Kelsey era la sorella più piccola del suo migliore amico: secca come un'acciuga, insopportabile e lentigginosa. Non la vedeva da anni, d'accordo, ma non poteva essere cambiata tanto!

    Indossava un bikini rosso fuoco che le aderiva come una seconda pelle, bagnato di sudore. Le gambe, ben tornite e infinitamente lunghe, erano di un bel colore dorato. Mitch le osservò incredulo per tutta la loro lunghezza, esplorò la curva gentile dei fianchi, la vita sottile, la generosità del décolleté e, per finire, i lunghi capelli biondi.

    Proprio in quel momento la donna tese un braccio e cercò a tentoni il bicchiere d'acqua ghiacciata appoggiato per terra accanto alla sdraio. Per qualche istante si limitò a toccarlo, inumidendosi le dita con la condensa che vi si era formata sopra, poi prese un cubetto di ghiaccio e se lo portò verso il seno.

    Mitch deglutì a fatica. Quella donna - possibile che fosse Kelsey? - tenne il cubetto sospeso sopra la pelle, lasciandosene stillare addosso qualche goccia gelida. Quando finalmente se lo avvicinò alla gola, Mitch emise il respiro che aveva trattenuto fino a quel momento. Poi ne trasse un altro mentre lei si lasciava scivolare il cubetto di ghiaccio sulla pelle. Un gemito di piacere le salì sino alle labbra al contatto con il ghiaccio e lui si sentì subito terribilmente confuso.

    No, si disse. No, quella donna non poteva essere Kelsey.

    L'ultima volta che l'aveva vista era stato durante gli esami di maturità, quando lei frequentava l'ultimo anno di liceo. Erano passati sette anni, da allora, e in quell'occasione Mitch aveva scambiato soltanto poche parole

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