Il signore delle dune: Harmony Collezione
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About this ebook
Lo sceicco Shain sa perfettamente di non poter avere la bella Zara, ma non sono forse quelli proibiti i frutti più gustosi?
Susan Stephens
Autrice di origine inglese, è un ex cantante professionista oltre che un'esperta pianista.
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Book preview
Il signore delle dune - Susan Stephens
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Bedded by the Desert King
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2006 Susan Stephens
Traduzione di Carla Ferrario
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-722-2
1
Zara avrebbe voluto scattare altre foto, ma sentì un brivido correrle lungo la schiena: l’uomo che costituiva il soggetto dei suoi scatti era accompagnato da un tipo con un fucile a tracolla. Immaginò che fosse il capo di una tribù locale, impegnato a ispezionare i confini della sua terra. Catturare immagini singolari era il suo mestiere, anche se era venuta al uadi per fotografare altri esemplari: rare gazzelle del deserto e orici arabi, creature aggraziate cacciate in passato fino a rischiarne l’estinzione. Nei primi anni ‘80 alcuni esemplari erano stati reintrodotti a Zaddara, e si sapeva che all’alba raggiungevano l’oasi per abbeverarsi. La presenza dell’uomo costituiva un bonus inatteso.
Quando lui cominciò a spogliarsi, Zara si irrigidì, colta dalla tentazione di utilizzare il teleobiettivo. L’uomo esibiva un torace abbronzato, e flettendo le braccia metteva in evidenza la muscolatura potente. Quando sfilò la tunica e lasciò cadere a terra i pantaloni, rimanendo completamente nudo, Zara sussultò. Solo dopo qualche istante si rese conto di non avere scattato neppure una foto e si dispose a rimediare.
Da fotografa di fauna protetta a paparazzo al soldo di giornali scandalistici, rifletté tra sé sorridendo. In quel campo si aprivano parecchie opportunità, ma lei non si sentiva portata per quel genere, anche se le foto le sarebbero servite per la mostra che intendeva organizzare una volta tornata a casa, esposizione che avrebbe dovuto contenere qualcosa di più delle sole fotografie della fauna protetta. Aveva sperato che il viaggio a Zaddara l’aiutasse a creare un legame con i suoi defunti genitori, ma non avrebbe mai supposto di incontrare un esemplare di uomo così notevole...
Rintanandosi più a fondo nella buca di sabbia che le era servita da nascondiglio, Zara cercò di scattare il più in fretta possibile, sperando che la luce del sole non si riflettesse sulla macchina fotografica, svelando la sua presenza. Fotografare era il suo modo di guadagnarsi da vivere, ma soprattutto di comprendere il passato, la cui verità giaceva a Zaddara...
I suoi genitori avevano perso la vita in un incidente in un giacimento petrolifero, dove lavoravano in qualità di geologi al servizio dello sceicco Abdullah, un uomo semplice con un obiettivo ben preciso: trovare il petrolio che avrebbe portato ricchezza al suo popolo. I genitori di Zara lo avevano aiutato in quell’impresa che avevano pagato con la vita. Grazie a loro il regno di Zaddara era diventato uno dei maggiori paesi produttori di petrolio al mondo.
Nel frattempo era salito al trono il figlio di Abdullah, lo sceicco Shain, che aveva fama di essere un tipo spietato. I nonni di Zara lo avevano sempre additato come il responsabile dell’incidente nel quale erano rimasti uccisi i suoi genitori.
Digrignò i denti al pensiero del denaro sporco di sangue che ogni mese da Zaddara veniva depositato sul suo conto. Non appena maggiorenne, aveva creato una fondazione dove faceva confluire quel denaro, che utilizzava per i progetti che aveva a cuore. Recentemente aveva finanziato la reintroduzione di una rara specie animale nel suo habitat naturale. Rifiutava di spendere quel denaro per se stessa e l’idea che servisse a scopi positivi stemperava l’amarezza dovuta alla sua provenienza.
Di nuovo Zara fu percorsa da un brivido, assalita dalla sensazione che qualcosa non andava. Dov’è finita la sua guardia del corpo? Abbassò la macchina fotografica, rimproverandosi di essersi lasciata distrarre. Richiuse l’obiettivo e cominciò a scendere il pendio all’indietro, diretta alla Jeep.
Allarmato dal grido di Aban, Shain serrò la mascella. Si trovava in piedi sul limite del uadi, pronto a tuffarsi. Sognava da un mese di godersi quel fresco sollievo e lo sconcertava l’idea che qualcuno disturbasse la sua tranquillità fin lì, in mezzo al deserto. Dove devo spingermi per trovare un po’ di solitudine?
Aveva scelto con cura la zona del suo rifugio: ad almeno ottanta chilometri dall’abitazione più vicina e attraversata solo dalle piste dei beduini, invisibili a coloro che non sapevano riconoscere le tracce sempre mutevoli del deserto. Non credeva esistesse alcuna possibilità di entrare in contatto con un altro essere umano e invece...
Con la mano si schermò gli occhi, riparandoli dai primi raggi del sole. Puntando lo sguardo sulle dune, scorse due figure che si stagliavano contro il rosso del cielo. Era stato un grave errore non controllare personalmente le vicinanze, non poteva permettersene altri.
Guardando con più attenzione, però, si tranquillizzò: Aban, la sua guardia del corpo, aveva tutto sotto controllo. L’intruso era stato catturato e se Shain fosse intervenuto personalmente Aban si sarebbe sentito ferito nell’orgoglio. Era il più anziano ed esperto dei suoi uomini e lo aveva seguito in quella spedizione condividendo le sue privazioni di principe, un principe che fino a quel momento non aveva pensato ad altri che a se stesso e che invece ormai doveva assumersi le responsabilità di re del suo popolo.
Aban sapeva che le giornate trascorse nel fasto non servivano solo a preparare Shain al governo del paese, ma anche a spurgare una vecchia ferita che lo faceva ancora svegliare di soprassalto, sopraffatto dalla frustrazione di non poter modificare il passato. Se era costretto a convivere con il rimorso per quello che aveva fatto, da quello sbaglio voleva almeno trarre una lezione.
Avanzò nel uadi nuotando nell’acqua gelida, ben sapendo che al suo ritorno nella capitale, dopo il formale riconoscimento dal popolo come sceicco di Zaddara, si sarebbe dovuto assumere tutte le responsabilità che erano state del padre, per quanto gravose.
Ormai era pronto.
Balzando fuori dell’acqua dopo la nuotata vigorosa, Shain afferrò il thawb pulito lungo fino alle caviglie insieme alla tunica che Aban aveva lasciato per lui. Per proteggere testa, collo e viso dal clima rigido aggiunse un howlis, fissando con destrezza il lungo copricapo simile a una sciarpa.
Voltandosi verso Aban, si accorse che il prigioniero che l’uomo trascinava lungo la duna per un braccio era in realtà una giovane donna, per niente soddisfatta di quel trattamento... Shain voltò lo sguardo verso l’orizzonte, tagliandola fuori del proprio campo visivo. Non vedeva altro che il deserto avvolto in un bagliore rosso rubino e le montagne che si stagliavano nere contro il cielo. La sua era una terra crudele, ma lui l’amava. Niente e nessuno l’avrebbe distratto dal cammino che si era preposto.
La voce infuriata della donna si insinuò suo malgrado nei suoi pensieri, costringendolo a chiedersi chi fosse e che cosa volesse. Annodò la cintura della tunica e si voltò per affrontarla.
Sembrava un puledro, che avanzava sulla sabbia con movimenti scomposti. Perché era venuta da sola nel deserto? Che genere di persona era disposta a rischiare tanto?
Osservando la sua attrezzatura, del tutto insufficiente per un viaggio del genere, il suo sguardo si rabbuiò.
Non ha neppure una tanica d’acqua, un coltello, della corda... possibile che si sia messa in viaggio senza valutare i pericoli? Non si rende conto che una tempesta di sabbia nel giro di pochi secondi potrebbe separarla dalla sua macchina? Crede che la macchina fotografica che tiene con tanta attenzione possa evitarle dei guai?
Avanzò deciso verso la prigioniera, assalito da quelle e mille altre domande, ma si fermò di scatto vedendola portarsi una mano davanti al viso, come per proteggersi. Crede che voglia picchiarla?
Si rese conto che la sua espressione burrascosa poteva lasciarlo supporre e si irrigidì, sconvolto.
La brezza agitava i lembi della sua tunica nera, facendogliela aderire alle cosce. Sotto lo sguardo incuriosito della donna sentì ridestarsi i sensi.
«Lasciala andare» ordinò a bassa voce ad Aban. Nonostante si fosse espresso nel dialetto di Zaddara, la donna comprese il significato di quelle parole e si infuriò ancora di più.
«Sarebbe ora!» sbottò risentita, liberandosi dalla stretta di Aban.
Vedendo che l’uomo cercava di riprenderla, Shain lo fermò con un gesto imperioso. «Non andrà da nessuna parte» lo rassicurò, questa volta in inglese. «Conducila nella mia tenda.»
«Che cosa?» gli fece eco lei in tono incredulo, mentre Shain si stava già allontanando.
«Torna qui!» gridò Zara esasperata. «Chi credi di essere per darmi degli ordini?»
L’espressione della donna parlava di coraggio, di fermezza, di fuoco e Shain ne fu incuriosito. Fu costretto a fermarsi per calmare Aban, pronto a balzarle addosso. Per alleggerire la situazione, gli fece notare che l’unico strumento di cui fosse armata era la macchina fotografica.
Senza smettere di borbottare, il vecchio scosse la testa e incrociò le braccia sul petto.
«Seguimi.» Shain indicò alla donna la sua dimora, una grande tenda. Il sangue beduino che gli scorreva nelle vene rendeva l’ospitalità obbligatoria, e lui si era ripromesso di rispettare i valori di suo padre.
Senza protestare, Zara avanzò al suo fianco, suscitando in lui ammirazione per la grande padronanza di sé che stava dimostrando.
Le consuetudini dei suoi padri imponevano a Shain di dare alloggio agli ospiti per tre giorni e tre notti, prospettiva che aveva anche un lato allettante.
Se questa giovane donna è venuta nel deserto alla ricerca di avventure, perché deluderla?
«Niente foto» dichiarò con fermezza, accorgendosi che la donna era sul punto di scattare delle fotografie alla tenda.
«Come?» Rendendosi conto che l’uomo non scherzava, Zara abbandonò la macchina fotografica lasciandola dondolare al collo appesa a una funicella.
Osservandola da vicino, Shain notò che la donna, nonostante lo sporco e l’unto, era molto bella. I capelli lunghi, raccolti in una coda di cavallo, erano color caramello, con una sfumatura dorata che neppure la sabbia del deserto era riuscita a smorzare...
Intanto intorno a loro la sabbia cominciava a sollevarsi. Shain scrutò l’orizzonte, la fronte corrugata. Il rosso del cielo aveva annunciato la tempesta... «Sposta la jeep più in alto e resta di guardia» ordinò ad Aban. «Le tende sono sicure, ma le controllerò ancora prima che il tempo peggiori.»
La tenda piccola di Aban era piantata a poco meno di venti metri dalla sua, al di sotto delle rocce che riparavano entrambe. E nella jeep teneva un’altra tenda ancora più piccola per eventuali emergenze.
Concentrando di nuovo l’attenzione sulla donna, Shain vide che deglutiva preoccupata e