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Sua per una settimana: Harmony Collezione
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Ebook159 pages2 hours

Sua per una settimana: Harmony Collezione

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About this ebook

Dieci anni prima, la giovane Clementine Scott è uscita umiliata dal suo primo incontro con Alistair Hawthorne, e da quel momento ha giurato di non voler mai più avere a che fare con lui. Ma quando il fratello di Clem sparisce insieme alla sorellastra di Alistair, non le resta altra scelta che andare insieme a lui a Monte Carlo per cercare di riportarli a casa.

Costretti a vivere fianco a fianco per una settimana, presto si rendono conto che l'insofferenza reciproca altro non è che una maschera per una travolgente attrazione, così stringono un patto: per una settimana e una settimana soltanto... tutto è concesso.
LanguageItaliano
Release dateFeb 20, 2017
ISBN9788858962664
Sua per una settimana: Harmony Collezione
Author

Melanie Milburne

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Sua per una settimana - Melanie Milburne

    successivo.

    1

    Quando lui entrò nel negozio, Clementine era inginocchiata a terra, le mani e l'abito impolverati. Sapeva che si trattava di un lui, perché dopo anni di ascolto dei passi furtivi degli amici di sua madre che andavano e venivano durante la notte, era diventata un'esperta nell'identificarne l'eco. Si intuiva molto dalla camminata delle persone: se erano sfuggenti, timide o sicure, amiche o pericolose.

    Quell'individuo incedeva in modo sicuro. Un incedere che sembrava dire non permetterti di intralciare la mia strada, che le fece rizzare i capelli in testa provocandole un brivido. Aveva già sentito l'eco di quei passi. Dieci anni prima.

    Non ti riconoscerà. Sei cambiata parecchio. Ma questa riflessione non l'aiutò, perché Clem sapeva che anche se aveva perso peso, si era curata la pelle e i capelli adesso avevano dei riflessi dorati, era pur sempre come quella sedicenne dai capelli color topo, maldestra, impacciata, ricoperta di brufoli.

    Quella con una madre indegna.

    Clem si alzò pulendosi le mani nei pantaloni. «Cosa posso fare per lei?» Si era liberata dell'accento del nord, ma non dei modi. O del rancore. Un rancore che la divorava.

    Alistair Hawthorne la guardò dall'alto in basso, ma in questo non c'era niente di nuovo. L'aveva sempre guardata così. Era alto uno e ottanta e lei uno e sessanta, quindi guardarla dall'alto in basso era l'unica possibilità, a meno che lei non avesse dei tacchi vertiginosi, qualcosa di inaccettabile quando era costretta a salire e scendere in continuazione dalla scala in cerca di una rara edizione di Dickens, o di Hardy o della Austen.

    «Dov'è tuo fratello?»

    Come esordio non era amichevole. Non che Clem si fosse aspettata cordialità, non dopo l'Incidente della camera da letto. Col senno di poi, ripensandoci, era stato proprio da stupidi nascondersi lì al ritorno da quell'umiliante party. La camera che Alistair usava da ragazzo, però, era l'unica tranquilla della casa e aveva un bagno personale. Il luogo perfetto per leccarsi le ferite che bruciavano ancora per la vergogna. Un luogo in cui raggomitolarsi in posizione fetale, prendendosi mentalmente a schiaffi per essere stata tanto stupida e ingenua da cedere a un adolescente che si era impegnato per scommessa ad andare a letto con la cicciona.

    Non che ne avesse fatto parola con Alistair; lui non gliene aveva dato la possibilità. Quando l'aveva trovata, raggomitolata sul proprio letto, dopo la doccia punitiva che non l'aveva fatta sentire più pulita, aveva dedotto che si stesse offrendo a lui. «Proprio come quella puttana di tua madre» le aveva urlato. Le parole le bruciavano ancora. Nessuno si era mai rivolto a lei in quel modo, neppure uno dei discutibili amici della madre. Quelle parole le avevano lasciato un marchio di fuoco nell'animo.

    «Perché vuoi sapere dov'è Jamie?» chiese Clem, cercando di non lasciarsi distrarre dal suo aspetto, dal suo aroma. Era distante mezzo metro, eppure lei inalava un intrigante aroma di limone. Limone con una nota di qualcos'altro, insolito e misterioso.

    Lui serrò la mascella. «Non fare l'innocente con me. So benissimo che voi due è da settimane che avete programmato questo piano.»

    Clem inarcò un sopracciglio. Era abbastanza orgogliosa di quanto la facesse apparire distinta, una combinazione di severa bibliotecaria e altezzosa aristocratica. Gli occhiali che portava la rendevano ancora più autentica. «Programmato?» La voce aveva l'inflessione giusta.

    Gli occhi grigio azzurri lampeggiarono come per avvertirla di non mentire e, per qualche strano motivo, Clem ebbe l'impressione che le ginocchia le cedessero. «La mia sorellastra, Harriet, è scappata con tuo fratello.»

    Clem rimase a bocca spalancata. Com'era possibile? Com'era successo che Jamie fosse entrato in contatto con qualcuno che aveva lontanamente a che fare con Alistair? Impossibile. Impensabile. Un disastro. «Cosa!?»

    Alistair le rivolse uno sguardo gelido. «Riesci bene a fingere la sorpresa, ma non mi inganni. Non me ne vado da qui finché non mi dici dove sono.»

    Clem fissò la sua postura rigida, le braccia conserte, le gambe ben piantate a terra. Non avrebbe voluto osservargli le gambe; anche se erano celate dai pantaloni, poteva immaginare la forza e la potenza dei suoi muscoli avvinghiati sessualmente intorno a lei. Nudi e sudati.

    Il che era veramente curioso, perché di rado pensava al sesso. Crescere con una madre che organizzava orge come le altre madri organizzano riunioni per la Tupperware era stato un freno al suo sviluppo sessuale. Per non parlare dell'incontro sessuale quando aveva sedici anni che l'aveva bloccata ancora di più. Osservare, però, i fianchi di Alistair le provocava un fremito traditore all'inguine.

    Si concentrò sulla sua bocca. Già. Un errore madornale. Era talmente serrata che tra quelle labbra non sarebbe stato possibile inserire neppure un sottile foglio di carta.

    E gli occhi?

    Oh, buon Dio, i suoi occhi. Occhi che un attimo erano azzurri, e l'attimo successivo grigi. Occhi gelidi come il ghiaccio. Occhi che potevano ferirti come una scimitarra.

    «Be'?»

    La parola spezzò il silenzio facendola sobbalzare come se l'avesse trafitta. E questo glielo fece odiare ancora di più. Aveva lottato a lungo per non farsi più intimidire dalle persone, in particolare dagli uomini. Uomini potenti che ritenevano di poterla trattare come spazzatura, uomini che facevano sesso con te solo perché eri grassa, e in seguito ti schernivano con gli amici. Clem alzò il mento facendo del proprio meglio per ignorare la fastidiosa sensazione all'inguine. «Puoi restare qui quanto vuoi, ma io non ho la minima idea di cosa tu stia dicendo.»

    Lui serrò di nuovo le labbra, con tale forza che divennero pallide. In quel momento Clem si rese conto di non averlo mai visto ridere. Neppure una volta. Non che dieci anni prima avesse avuto molte ragioni per ridere, con la madre malata terminale e il padre che se la faceva con un'altra mentre la moglie era sottoposta a chemioterapia. La madre di Clem. Non riusciva a pensare a sua madre senza sentirsi avvampare per la vergogna.

    «Vive con te, no?» chiese Alistair.

    Clem ritenne che non fosse una buona idea riferirgli che non vedeva Jamie da una settimana. Non aveva risposto ai suoi messaggi e non l'aveva mai chiamata. Poteva essere perché era rimasto senza soldi. Un'altra volta. Ma poteva anche significare che non voleva una sua intromissione nella propria vita. Cercava di tenerlo d'occhio mentre sua madre se ne andava in giro per il mondo fregandosene di lui, ma da quando aveva compiuto diciotto anni un paio di mesi prima, Jamie non aveva più accettato le sue regole. «Sembra che tu sappia molto della mia vita» argomentò. «Tieni uno schedario di tutti i figli delle donne di tuo padre?»

    Lui serrò ancora di più la mascella. «Dimmi dov'è.» Aveva pronunciato le parole distanziandole l'una dall'altra. Dimmi. Dov'è.

    Il sorriso di Clem dimostrava quanto si stesse divertendo a dargli di proposito sui nervi. «Mi sembri un po' rigido, Alistair. Le cose non vanno come vorresti, eh? Cosa c'è che non va nelle giovani donne di Londra? Ho sentito dire che i rigidi stakanovisti vanno molto di moda, in questo periodo.»

    Gli occhi grigi lampeggiarono come se una bomba in miniatura stesse per esplodere. I muscoli intorno alla bocca si contrassero ancora di più. «Sei sempre quella piccola gatta rabbiosa, anche se hai cercato di ripulire il tuo aspetto per renderti abbastanza presentabile.»

    Abbastanza? Cosa significava abbastanza? Le era costato quasi una fortuna avere quell'aspetto. Certo sarebbe potuta apparire al meglio con qualche abito grazioso, ma doveva risparmiare per l'affitto e per un'eventuale cauzione per suo fratello. Non che fino a ora ne avesse avuto bisogno, ma Clem temeva che prima o poi sarebbe successo. Jamie era come una mela caduta così vicino all'albero di suo padre da seguirne l'esempio. Non avrebbe permesso, però, al fratellastro di seguire le orme criminali di quella feccia del padre. Non che il suo, di padre, fosse qualcuno di cui andare orgogliosa. Diceva a tutti che era morto, in modo da non dover spiegare perché trascorresse il tempo a misurare con i passi i pochi metri quadri di una delle prigioni di massima sicurezza.

    Clem decise che la miglior linea di difesa sarebbe stata cambiare argomento. Se avesse lasciato capire ad Alistair di essere in difficoltà gli avrebbe dato dei punti di vantaggio. E questo non doveva succedere. «Non sapevo che avessi una sorellastra.»

    Lui fece una smorfia impercettibile, come se ricordargli di avere una sorellastra fosse qualcosa di fastidioso. «Harriet è un membro aggiunto. Sua madre l'ha lasciata a mio padre quando se n'è andata con un altro.»

    «Quanti anni ha?»

    «Sedici.»

    La stessa età che aveva lei quando sua madre si era fatta travolgere da una storia di sesso che aveva messo a rischio il matrimonio già instabile dei genitori di Alistair. Clem ricordava fin troppo bene la sensazione di essere messa da parte, il fastidioso bagaglio che nessuno voleva. E non aveva reso la vita facile a nessuno, aveva fatto di tutto per non farsi accettare; era sempre stata scontrosa, acida, petulante, in perenne crisi ormonale.

    «Ma perché non se ne occupa tuo padre, invece di te?»

    Un muscolo pulsò sulla mascella di Alistair. «Mio padre l'ha lasciata con me perché ha di meglio da fare. A quanto pare.»

    Clem fece una smorfia. La stessa dannata situazione in cui si trovava lei con suo fratello. «Be', mi dispiace che tu sia a un punto morto, ma non so niente degli affari di tua sorella.» O di mio fratello.

    Le sopracciglia scure erano così ravvicinate che formavano un ponte sugli occhi penetranti. «Mi stai dicendo che non sai niente di loro? Proprio niente?»

    Lentamente Clem scosse il capo. «Niente. Nada

    Lui fece scorrere gli occhi sul viso di Clem, quasi a scorgere qualcosa di nascosto. Quello sguardo indagatore la scosse fino al midollo. Nessuno l'aveva mai guardata in quel modo. L'aveva guardata realmente. Non così a lungo e così intensamente, come se volesse strapparle la maschera dietro la quale si era nascosta per celare le insicurezze. Poi lui si lasciò sfuggire un sibilo di derisione. «Non me la bevo.»

    Lei raddrizzò le spalle, fissandolo come può fare un pugile di fronte all'avversario. «Stai dicendo che sono bugiarda?»

    Alistair sollevò un angolo della bocca, qualcosa di simile a una sfida. «Non vedresti la verità neppure se l'avessi alle spalle e ti facesse bau

    Nonostante i modelli che aveva avuto, Clem non era una persona violenta, ma in quel momento avrebbe voluto mollare uno schiaffone su quella guancia ben rasata. E non solo con una mano. Con due, le mani serrate a pugno, con le nocche ben sporgenti. E poi avrebbe voluto prenderlo a calci negli stinchi con stivali rinforzati. Avrebbe voluto graffiargli le guance. Le sarebbe piaciuto aver le unghie affilate come lame. Gli avrebbe fatto sanguinare il naso, copiosamente.

    Come si permetteva di mettere in dubbio la sua integrità, sostenendo che si lasciava sfuggire la verità di proposito? Era fondamentalmente onesta. E questo le aveva causato tanti guai. Strizzò gli occhi. «Se non te ne vai entro cinque secondi chiamo la polizia.»

    I suoi occhi si scurirono di una tonalità come se l'idea di un testa a testa con lei lo eccitasse. «Fai pure. Mi risparmierai la fatica di chiamarla per il furto della mia macchina. La macchina che attualmente tuo fratello sta guidando da qualche parte in Europa.»

    Il cuore di Clem sbatté contro le costole come se qualcuno l'avesse colpita alle spalle. Possibile? Come aveva potuto Jamie farle una cosa simile? E, tra tutte le ragazze del mondo, come aveva potuto fuggire con la sorellastra di Alistair Hawthorne? Sicuramente sapeva cosa sarebbe accaduto. Alistair non ci sarebbe passato sopra. Ci sarebbero state delle conseguenze. Brutte conseguenze. Lui era ricco, potente, spietato. Non si sarebbe fermato finché non avesse portato a termine la propria missione.

    E la sua missione

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