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Fascino e rose rosse: Harmony Destiny
Fascino e rose rosse: Harmony Destiny
Fascino e rose rosse: Harmony Destiny
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Fascino e rose rosse: Harmony Destiny

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About this ebook

Caroline Walters ha organizzato nei minimi dettagli quell'importante meeting in Spagna per una società americana che si occupa di sicurezza. Meticolosa e capace, non ama le sorprese. E come darle torto? In passato, infatti, ne ha avute a sufficienza.

Rory Burke non può che apprezzare il lavoro svolto dall'efficiente Caroline. Ma non ne è certo stupito. Lui la conosce bene, da quando, anni prima, l'ha amata per un'unica indimenticabile notte. Ora che l'ha ritrovata, il suo piano è semplice: riportarla tra le sue braccia. E una romantica cena di San Valentino lo aiuterà ad affilare le armi della seduzione.
LanguageItaliano
Release dateOct 9, 2018
ISBN9788858988084
Fascino e rose rosse: Harmony Destiny
Author

Merline Lovelace

Ex ufficiale dell'aeronautica militare statunitense, ha scritto più di sessanta romanzi di generi diversi, tutti molto apprezzati sia dal-le lettrici sia dalla critica.

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    Fascino e rose rosse - Merline Lovelace

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Executive’s Valentine Seduction

    Silhouette Desire

    © 2009 Merline Lovelace

    Traduzione di Giuseppe Biemmi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-808-4

    1

    Caroline Walters non ebbe alcun presentimento che il suo mondo fosse sul punto di implodere quel mite pomeriggio di febbraio.

    Se ne stava in piedi nella lobby di un nuovo quanto esclusivo resort a Tossa de Mar, una località di villeggiatura sulla Costa Brava a nord di Barcellona, da cui distava un’ora d’auto. Respirando a pieni polmoni la delicata fragranza dei gladioli di un rosso sangue sul tavolo al quale era seduta, Caro aspettò che la BMW argento metallizzato percorresse il viale fiancheggiato da due file di palme per venire a fermarsi davanti all’ingresso del resort.

    Il grande momento era finalmente arrivato. Il suo primo incontro con il cliente che nel corso dell’ultimo mese aveva fatto fare i salti mortali a lei e alle sue due socie in affari!

    Sfruttò gli ultimi secondi prima che lui arrivasse per darsi un’occhiata allo specchio appeso alla parete oltre i gladioli.

    I suoi capelli castano chiaro erano lisci e non una singola ciocca sfuggiva alla folta coda di cavallo in cui li aveva raccolti. I suoi occhi verdi la stavano fissando con il giusto grado di sicurezza. Il tubino di lana e la giacca abbinata non mostravano una sola grinza.

    Soddisfatta di avere in tutto e per tutto l’aspetto di una consulente di viaggio e di una coordinatrice di eventi competente, sfogliò velocemente la cartelletta in pelle che aveva preparato per Rory Burke, fondatore e capo della società Global Security, Inc. con sede a Los Angeles. Voleva accertarsi di aver incluso tutto ciò che aveva richiesto Burke.

    Programma definitivo delle conferenze. Allegato.

    Piantina del resort. Allegata.

    Schema delle dotazioni audiovisive della sala congressi. Allegato.

    Schemi degli ambienti ricreativi. Allegato.

    Orari di arrivo e numeri di stanza di tutti i partecipanti. Allegato.

    Registrazione alberghiera e chiave della camera di Burke. Allegate.

    Assicuratasi che tutto fosse a posto, Caroline chiuse la cartelletta. Era pronta.

    D’altra parte, non poteva non esserlo! Lei e le sue socie si erano fatte in quattro da quando si erano ritrovate per le mani quell’incarico senza alcun preavviso pochi giorni prima di Natale. Avevano avuto poco più di un mese per visionare le potenziali location e organizzare la grande riunione aziendale per gli oltre cento addetti alla sicurezza che sarebbero arrivati da ogni parte del mondo.

    Gennaio era passato in un battibaleno, all’insegna di un febbrile lavoro di preparazione. Tutto si era intensificato poi con la raffica di e-mail e telefonate scambiate con gli incaricati di Burke che aveva caratterizzato la prima settimana di febbraio. Due giorni addietro Caro era volata in Spagna per definire gli ultimi dettagli. In diversi incontri fiume con la coordinatrice del resort, aveva riconfermato menu, considerato particolari esigenze a livello di dieta, riveduto la disposizione delle camere e controllato gli ausili audiovisivi.

    Aveva anche affrontato il delicato problema di individuare una struttura idonea a fini dimostrativi per un assortimento di armi letali. In una modifica dell’ultimo minuto all’agenda della riunione aziendale, infatti, il grande capo della Global Security aveva aggiunto una sessione estemporanea in cui testare nuove armi sia di difesa sia di offesa destinate a tutelare i clienti della società.

    Come si evinceva dal nome, la GSI era specializzata nella fornitura di servizi di analisi del rischio e protezione personale per clienti che andavano da sovrani e rockstar a direttori e proprietari di giornali finiti sulle liste nere di fanatici religiosi. Il profilo della società indicava che i suoi dipendenti provenivano dalle fila di eserciti e forze dell’ordine di dodici nazioni diverse.

    Il CEO della società era altrettanto interessante. La sua scheda personale pareva un romanzo di James Bond. In forza nel corpo speciale degli Army Ranger. Missione speciale nella Bosnia dilaniata dalla guerra. Un breve incarico al servizio di un’agenzia governativa non meglio specificata. Consulente dell’unità di protezione presidenziale colombiana. Fondatore e CEO di GSI. Attuale fornitore di agenti specializzati in Iraq, Darfur, Indonesia, America Latina. Praticamente in ogni punto caldo del globo.

    In qualche modo aveva perfino trovato il tempo di laurearsi in legge e di conseguire un master in Diritto Internazionale. Curiosamente, né il suo curriculum né il sito web della sua società avevano incluso una foto di Burke o dei suoi uomini e assistenti.

    Caro sospettava che l’omissione avesse a che fare con la promessa solenne della GSI di fornire protezione completa e assolutamente riservata.

    In qualità di ex bibliotecaria, Caroline aveva letto la sua parte di gialli e romanzi d’azione. Poteva ammirare i tipi alla James Bond come Rory Burke. Sfortunatamente, l’unico giro che si era fatta nel lato selvaggio della vita aveva avuto conseguenze talmente disastrose che non aveva alcun desiderio di ripetere l’exploit.

    Quindi non poteva impedirsi di essere al contempo curiosa e un po’ guardinga nei confronti del suo nuovo cliente. Tuttavia, non lasciò trapelare alcuna emozione mentre l’auto che aveva provveduto a noleggiare all’aeroporto di Barcellona si fermò sotto alla pergola ricoperta di tralci di vite del resort. Sfoderando un sorriso educato, attese che lui scendesse dalla BMW e avanzasse a grandi passi verso la porta a vetri a doppio battente.

    Il suo primo pensiero fu che Burke corrispondeva esattamente all’immagine mentale che si era fatta di lui. A dispetto dell’elegante abito gessato e della cravatta di seta, avrebbe preferito non incontrarlo in un vicolo buio.

    Il completo su misura non faceva che sottolineare la sua corporatura asciutta e slanciata. Portava i capelli di un biondo scuro cortissimi. Aveva il naso leggermente schiacciato, come se gli avessero assestato un brutto colpo con una mazza o il calcio di una pistola. E quando si sfilò gli occhiali a specchio, i suoi occhi color ambra si puntarono come due laser su Caroline.

    Una serie di piccole scosse le scesero giù per la schiena. Quegli occhi. Quella profonda tonalità dorata. La loro sfumatura rossastra attorno all’iride. Gli occhi di un lupo, li catalogò automaticamente Caro.

    Come... come...

    Come gli occhi che ossessionavano i suoi sogni da anni. Abbagliandola. Irridendola. Sfidandola a mettere da parte le sue inibizioni. Inducendola in tentazione.

    Il cuore le sussultò nel petto. Il respiro le risultò tagliente in gola come la lama di un rasoio.

    Non poteva essere lui! Quel potente dirigente non poteva essere il giovane fusto sulla cui motocicletta era montata un’infuocata notte d’estate. Lo smanioso playboy al quale aveva offerto la sua verginità. Il bastardo che si era dileguato dalla sua vita il mattino successivo, lasciando dietro di sé una scia di devastazione.

    Caro non riusciva a respirare, né a muoversi o tanto meno a riflettere mentre lui le si avvicinava. Quegli occhi da lupo non abbandonarono i suoi un solo istante.

    «Ciao, Caroline. Ne è passato di tempo, eh?»

    Oddio! Oddio, oddio, oddio!

    La testa le girava per l’incredulità. Tutto in lei avrebbe voluto ribellarsi. Invece si affondò le unghie nel palmo delle mani e si sentì raggelare per poi essere percorsa da un’ondata incandescente quando Burke allungò una mano e gliela richiuse attorno a un braccio.

    «Capisco che tu sia sorpresa di vedermi, ma ti prego, non stramazzare ai miei piedi.»

    La battuta fece scattare gli istinti di sopravvivenza che Caro era stata costretta ad affinare come conseguenza di quella notte di tanto tempo prima. Non riuscì ad arrestare del tutto il tremore che l’aveva assalita, ma fu in grado di fermare i capogiri e a tirare un respiro fortificante.

    «Come...? Quando...?»

    «Quando ho scoperto che ti avevo messa incinta?» terminò lui per lei. «Tre mesi fa.»

    Il suo sguardo passò in rassegna l’atrio dell’albergo, quindi tornò a concentrarsi su di lei.

    «Non mi sembra affatto questo il luogo per discutere di quel nostro unico rapporto occasionale. Spostiamoci in un posto più riservato. Mi hai già registrato?»

    «Io... ehm...» Lei si passò la lingua sulle labbra secche. «Sì.»

    «Hai la chiave della camera?»

    Stavolta, lei si limitò ad annuire.

    «Che numero è?»

    «Cinque...» Caro si sforzò di respirare. Di pensare. «Cinquecentosette.»

    Lui aspettò di comunicare il numero all’addetto ai bagagli prima di indirizzare Caro verso gli ascensori. La sua mano le rimase serrata attorno alla parte superiore del braccio mentre il suo corpo la spingeva nella cabina claustrofobica.

    Caro non disse una sola parola per tutto il tragitto al piano. Era ancora inebetita dallo shock, stava ancora lottando disperatamente per sopprimere le emozioni che la tempestavano.

    Aveva pensato di aver messo una pietra sul passato. Era così sicura di aver spazzato via ogni residuo della paura paralizzante che l’aveva assalita quando alla fine si era resa conto di essere incinta, della vergogna di dover mollare il liceo, della disperazione di doversi ricoverare in una clinica per adolescenti in stato interessante.

    In ogni caso, non aveva mai superato il dolore di partorire una creaturina di sette mesi senza vita. Era una cosa che le era rimasta impressa indelebilmente. Quell’esperienza l’aveva plasmata, facendola diventare la donna che era adesso. Posata. Equilibrata. Attenta.

    E forte, si rammentò energicamente. Forte abbastanza da sopravvivere. Forte abbastanza da resistere.

    Certamente forte abbastanza da affrontare Rory Burke.

    Rory Burke. Guardando il duro che era diventato oggi non le riusciva proprio di collegarlo all’impertinente diciottenne in T-shirt che aveva lavorato nell’autofficina di suo zio per alcune settimane quell’estate di tanti anni prima.

    «Non ho mai saputo il tuo vero nome» sibilò lei a labbra serrate mentre uscivano dall’ascensore. «Mio zio e mio cugino ti hanno sempre chiamato Johnny. Oppure Hoss.»

    L’abbreviazione per Stud Hoss, stallone da monta, aveva ammesso in seguito il suo imbarazzatissimo cugino. Ma a quel punto era già troppo tardi.

    «John... Johnny, è il mio secondo nome. Ho smesso di usarlo quando sono entrato nell’esercito. In quell’ambiente non si va tanto per il sottile e spesso ci si chiama in modi che non si possono ripetere quando si è in società.» Lui si fermò di fronte a una lunga successione di porte. «Cinquecentosette. Eccola qui.»

    Lei frugò nella cartelletta di pelle alla ricerca della chiave. Tutto il suo accurato lavoro, il programma delle conferenze, la piantina dettagliata, gli schemi con gli ausili di supporto, gli orari di arrivo, passarono inosservati mentre Burke infilava la scheda nella serratura e si spostava di lato per cederle il passo.

    Caro aveva controllato la sontuosa suite composta da quattro stanze una mezz’ora prima. Il cesto di benvenuto era ancora sul ripiano in lucido granito che serviva anche da tavolino da caffè. Il biglietto scritto di proprio pugno dal manager del resort era ancora appoggiato accanto a esso. Il minibar era rifornito di scotch single malt, notoriamente il drink preferito di Burke. Eppure Caro era troppo sconcertata per badare ai dettagli che aveva verificato con tanta meticolosità.

    Posò la cartelletta di pelle sul tavolino da caffè accanto al cesto. Piantandosi le mani sui fianchi,

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