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Le parole che non mi hai mai detto: Harmony Collezione
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Le parole che non mi hai mai detto: Harmony Collezione
Ebook156 pages2 hours

Le parole che non mi hai mai detto: Harmony Collezione

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About this ebook

Sotto quel torrido sole non è facile resistere a certe tentazioni.



La relazione fra Valentino Grisafi e Faith Williams va avanti ormai da un anno. Il desiderio che provano l'uno per l'altra è indescrivibile, i loro incontri bollenti, ma c'è una parola che non può essere pronunciata da nessuno dei due, ed è amore. Valentino ha fatto un giuramento che non può infrangere, nonostante Faith lo metta a dura prova, mentre lei non vuole scendere a compromessi con il proprio cuore: vuole solo il massimo. Ma è proprio quando le cose fra loro sembrano a un punto morto, che in fondo al tunnel comincia a intravedersi una luce.
LanguageItaliano
Release dateDec 10, 2018
ISBN9788858991428
Le parole che non mi hai mai detto: Harmony Collezione
Author

Lucy Monroe

Innamorata dei libri fin da bambina, per le sue storie crea eroine indipendenti e sensibili allo stesso tempo.

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    Le parole che non mi hai mai detto - Lucy Monroe

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Valentino’s Love-Child

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2009 Lucy Monroe

    Traduzione di Maura Arduini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-142-8

    1

    Dormiva. Valentino le scostò dal viso una ciocca di capelli rossi, per osservarla meglio.

    Amante era una parola antiquata, per una donna moderna come lei. Faith Williams non l’avrebbe apprezzata, e di sicuro gliel’avrebbe fatto notare, se lui fosse stato tanto sciocco da usarla a voce alta. La sua bella americana non era certo una mammola.

    Essere definita amante l’avrebbe mandata su tutte le furie.

    I suoi meravigliosi occhi azzurri si sarebbero riempiti di bagliori, mentre gli spiegava che il termine era inappropriato. E forse non aveva tutti i torti. Lui non le pagava i conti. Non le comperava vestiti. A dispetto di tutte le ore che passavano insieme, lei non viveva nell’appartamento che Valentino possedeva a Marsala. Non prendeva da lui nient’altro che la sua compagnia.

    Quindi, non era un’amante. Ma neppure una fidanzata. Parole come amore e impegno serio tra loro erano fuori luogo. Molto semplicemente, avevano una relazione fisica, la cui durata e la cui profondità erano dettate dalla convenienza. Soprattutto per lui. Ma per lei non era molto diverso.

    Faith sapeva andarsene senza rimpianti e ritagliava il tempo per lui nella sua agenda senza ansie o frenesie. Fortunatamente la loro relazione, così com’era, andava bene a tutti e due.

    In un certo senso erano anche amici, e la cosa non gli dispiaceva. Ma l’amicizia era venuta dopo. Dopo la scoperta inebriante di come il corpo morbido e sinuoso di lei rispondesse a ogni tocco leggero delle sue dita. Dopo i baci che avevano sciolto tutte le sue resistenze. Dopo aver scoperto quanto piacere poteva trovare perdendosi nella generosa sensualità che lei gli aveva dimostrato.

    Il sesso, tra di loro, era qualcosa di fantastico.

    Già sapeva quanto gli sarebbe mancato, nelle settimane seguenti.

    Tino le accarezzò con un dito il viso dall’ovale perfetto, e le avvicinò le labbra all’orecchio. «Ehi, bella mia. Sveglia.»

    Lei arricciò il naso e curvò le labbra in una piccola smorfia di diniego. Gli occhi rimasero ostinatamente chiusi. Il corpo sazio non si spostò di un centimetro dalla posizione che le era abituale, dopo l’amore.

    «Su, bella, su. Svegliati.»

    «Se fossi venuto tu a casa mia, avrei potuto rimanere a letto e dormire mentre te ne andavi» brontolò lei, con la bocca sul cuscino.

    «La maggior parte delle volte ti lascio qui, e lo sai.» Gli piaceva fare colazione con Giosuè. Suo figlio, otto anni, era la sua vera ragione di vita. «E comunque, non ti ho svegliato per farti andare via. È che dobbiamo parlare.»

    Faith sbatté le palpebre, ma la bocca rimase imbronciata.

    «Lo sai che così sei adorabile, vero?»

    Questo la convinse a mettersi seduta. Strinse al petto le lenzuola di finissimo cotone egiziano che lo aveva convinto a usare nel letto. «Nessuno trova attraente una persona irritata, Tino.»

    Lui represse un sorriso e scrollò le spalle. «Cosa vuoi che ti dica? Sono diverso. O forse lo sei tu. Non ricordo nessun’altra così graziosa quando è irritata.»

    Non usò la parola amante. Meglio non rischiare. Una volta che l’aveva definita partner di letto, lei gli aveva fatto notare che, se insisteva a usare termini così asettici, valeva la pena che si comperasse una bambola gonfiabile.

    Vai a sapere perché, quella notte era afflitto da tutti quei pensieri. Non amava le etichette, e di solito non perdeva tempo a cercare di definire il posto che lei aveva nella sua vita. Dunque, perché se ne preoccupava proprio quella sera?

    «Non mi interessano le tue passate conquiste, caro signor Grisafi.» Ora sembrava in collera davvero.

    «Scusa. D’altra parte, sapevi bene che non ero esattamente di primo pelo quando ci siamo incontrati.» Aveva già amato e perso una moglie, per non parlare delle donne che gli avevano scaldato il letto in seguito. Lui e Faith si frequentavano da un anno. Un record, in termini di tempo, dalla morte della sua amatissima Maura. Ma questo non cambiava il suo passato.

    «Neanch’io lo ero, ma è di cattivo gusto parlare delle relazioni passate quando si è a letto con una donna.»

    «Non dirmi che ci tieni al protocollo!» rise lui.

    Non aveva mai conosciuto una donna a cui importassero di meno l’apparenza e le convenzioni sociali. La sua bella americana era la quintessenza dello spirito libero.

    Un piccolo sorriso le incurvò le labbra. «Forse no. Ma questa è una regola sociale che condivido pienamente.»

    «Ne prenderò nota.»

    «Bravo.» Lei gli si strinse e gli appoggiò quasi per caso la mano sul fianco, con esiti prevedibili. «Hai detto che non mi hai svegliato per mandarmi via?»

    «No. Dobbiamo parlare.»

    Faith inclinò la testa di lato. «Di che cosa?»

    Lui non poté trattenersi. Si sporse in avanti e le baciò la punta del naso. «Sei davvero adorabile quando ti svegli.»

    «Non quando mi irrito?»

    «Perché, capita che ti svegli senza essere irritata?»

    «Ho uno stato d’animo radioso, al mattino. Non puoi saperlo perché non abbiamo mai passato insieme una notte intera, ma dovrai credermi sulla parola. Mi lamento solo quando devo svegliarmi con il corpo sazio, nel cuore della notte.»

    Era una vecchia storia. Lei non aveva mai accettato di buon grado il suo rifiuto a passare una notte intera insieme. Capiva il suo desiderio di arrivare in tempo per la colazione del figlio, ma non l’insistenza a lasciarla quasi subito, dopo l’amplesso.

    Il ribattere su quel tasto lo riempì di frustrazione. «Insomma, ho qualcosa da dirti» sbuffò.

    Lei si scostò, e in fondo agli occhi azzurri comparve un’ombra di sospetto. «Che cosa?»

    «Niente di grave. Non troppo, almeno. I miei genitori partono per andare a visitare certi loro amici, a Napoli.»

    «Ah sì? Non lo sapevo.»

    «Naturale. Non te l’avevo detto.»

    «E allora?»

    «E allora, se non ci sono i nonni non posso lasciare Giò da solo la notte.» Importava poco che i domestici abitassero appena al di là della vigna, la Vigna dei Grisafi, e che la governante avesse la sua stanza nella villa. Non era la stessa cosa.

    «Capisco.» Ed era chiaro, dalla sua espressione, che capiva davvero. «Per quanto tempo staranno via i tuoi genitori?»

    «Solo per due settimane.»

    «E non ti vedrò per niente?»

    «Temo di no.»

    Lei sembrò sul punto di dire qualcosa, poi si limitò ad annuire.

    «Mi mancherai» si ritrovò a dire lui. E sbuffò, perché non avrebbe voluto dirlo. «Questo» precisò, passandole una mano sul corpo. «Mi mancherà questo.»

    «Ti ho sentito bene, gringo. Non puoi più tirare indietro quel che è stato detto. Tanto vale che lo ammetti, che ti piace anche la mia compagnia, oltre ad avermi nel letto.»

    Lui la spinse di nuovo giù tra le lenzuola, con le labbra a un centimetro dalle sue. «Quasi altrettanto. E a proposito di sesso... se dovrò astenermi per due settimane sarà meglio che ne approfitti adesso...»

    «Ti ho mai detto di no?» chiese lei, con una piccola risata di gola.

    «Brava. E non mi sembra proprio il caso di incominciare stasera.»

    Faith si svegliò con addosso il calore e il profumo dell’uomo che amava.

    Spalancò gli occhi con un sussulto e sorrise. Non era stato un sogno. Dopo aver fatto l’amore fino alle ore piccole, Tino le aveva chiesto di rimanere. Per la prima volta in assoluto. Più che chiederlo... l’aveva informata che sarebbe rimasta, ma il risultato era lo stesso. Adesso si trovava tra le sue braccia... ed era mattina.

    Una mattina bellissima.

    Deliziosa come l’aveva immaginata.

    «Sei sveglia?» La sua voce profonda la fece trasalire.

    Faith alzò la testa dal suo petto e gli rivolse un sorriso smagliante. «Allora? Cosa te ne pare?»

    «Sembra che dicessi la verità quando sostenevi che la mattina sei sempre di buonumore. Una donna solare, come diremmo noi.»

    Solare? Lei si sentì stringere il cuore. «Tay mi chiamava Sunshine

    «Un vecchio fidanzato?» ringhiò lui. La barba un po’ lunga gli dava un’aria sexy, e un po’ rude. «Hai ragione, nominare passati amori quando si è a letto con l’ultima fiamma è proprio di cattivo gusto.»

    Lei rise, per nulla offesa. «Era mio marito, non un vecchio fidanzato» disse. Poi scivolò fuori dal letto per andare a preparare il caffè.

    «Sei stata sposata?»

    «Sì.» Buffo come, dopo quasi un anno che si vedevano, le capitasse solo ora di dirgli che era stata sposata. Ma del resto, la natura della loro relazione era così. Quando erano insieme, lei e Tino si concentravano sul presente.

    Su di lui, e su quel tragico passato che l’accomunava a lei, aveva saputo più cose da sua madre che non direttamente dalle sue labbra. Strano, ma la madre di Tino, a differenza di lui, era molto interessata alla sua arte. Si erano conosciute a una delle sue mostre di Palermo. A dispetto del salto generazionale erano subito entrate in sintonia, e scoprire di abitare vicine le aveva entusiasmate. La Vigna dei Grisafi era a meno di venti minuti, in auto, dal piccolo appartamento di Faith a Pizzolato.

    Non che Valentino l’avesse mai invitata là. Lo frequentava già da due mesi, quando si era resa conto che il Valentino di cui Agata parlava così spesso era lo stesso Tino tra le cui braccia lei faceva l’amore. All’inizio, l’aveva trovato sconcertante, ma poi ci aveva fatto l’abitudine. Però, non aveva detto ad Agata che frequentava suo figlio.

    Lui era stato molto attento a tenere la relazione segreta, e Faith riteneva che spettasse a lui dire o non dire qualcosa alla sua famiglia.

    E per un altro scherzo del destino, da poco più di un anno Faith era anche la maestra di Giosuè, suo figlio. Insegnava educazione artistica ai bambini delle elementari di Marsala una volta alla settimana. Poteva aver perso le speranze di diventare madre, ma continuava ad adorare i bambini, e

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