Prigioniera dello sceicco: Harmony Collezione
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Sandra Marton
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Book preview
Prigioniera dello sceicco - Sandra Marton
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Sheikh’s Rebellious Mistress
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2008 Sandra Myles
Traduzione di Velia De Magistris
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5897-969-3
1
Era il classico tardo pomeriggio di dicembre che donava a tutta Fifth Avenue un tocco di magia.
I fiocchi di neve che cadevano lenti scintillavano nel fascio luminoso proiettato dai lampioni. Le finestre dei lussuosi condomini allineati lungo la prestigiosa via di New York risplendevano di un caldo tepore. Dall’altro lato della strada, Central Park riposava sotto un manto candido.
Lo spettacolo era così bello da invitare qualsiasi newyorkese al sorriso. Eppure, il viso dell’uomo che osservava la scena dall’alto del sessantesimo piano di un edificio era molto serio.
Quale motivo aveva di sorridere chi era consumato da una rabbia cieca?
Lo sceicco Salim al Taj, Principe Ereditario del regno di Senahdar, Leone del deserto di Alhandra e Guardiano del suo popolo, era immobile accanto alla finestra, un bicchiere di brandy in mano. I suoi occhi azzurri osservavano la città che si estendeva sotto di lui senza davvero vederla.
Stava ripensando a ciò che era accaduto cinque mesi prima, quando un improvviso movimento attrasse la sua attenzione.
Un falco.
Per qualche istante il rapace sembrò sospeso nell’aria, le grandi ali spiegate. Poi volteggiò con eleganza fino alla terrazza dell’edificio in cui si trovava il principe e si aggrappò con gli artigli alla balaustra, come aveva fatto tante volte nelle ultime settimane.
Il falco non si intonava alla città, non si intonava a quei canyon di cemento armato. Come Salim, però, era un sopravvissuto.
Salim avvertì la tensione allentarsi. Sorrise, alzò il bicchiere in segno di saluto al rapace e bevve un sorso del liquore che conteneva.
Non era un tipo sentimentale. Le emozioni erano causa di debolezza. Ciò che lui ammirava erano il coraggio e la determinazione, e il falco incarnava perfettamente queste due qualità. Ne era la riprova il fatto che si fosse adattato a quell’ambiente ostile. Anzi, era diventato ancora più forte e audace.
Come aveva fatto lui.
Certo, il paragone era sicuramente lusinghiero, ma anche logico. Lui era molte cose, e non tutte positive, come del resto gli ultimi mesi avevano dimostrato. Più di tutto, però, non era un codardo. Affrontava la realtà sempre, non importava quali fossero le conseguenze.
Fuori, il falco arruffò le penne color ambra e rivolse i penetranti occhi gialli al parco. Presto la notte sarebbe calata. Si preparava all’ultima battuta di caccia della giornata. Avrebbe avuto successo? Salim non aveva dubbi al riguardo. L’uccello era un predatore che non lasciava scampo alla vittima prescelta con grande freddezza.
Un’altra metafora di sé, pensò Salim, i muscoli delle mascelle contratti.
Il falco era apparso l’anno precedente, smarrito sopra il traffico caotico, e si era appoggiato alla balaustra della sua terrazza.
Salim conosceva molto bene i falchi. Li aveva allevati e addestrati nel deserto del Senahdar. Conosceva la loro temerarietà, la loro indipendenza e il loro spirito selvaggio che contrastava con la calma con cui imparavano a restare fermi sulla mano di un uomo.
Guardandolo aveva provato dolore, prevedendo quale sarebbe stato il suo destino. Una creatura selvatica non aveva modo di adattarsi alla vita cittadina.
Sbagliato.
Il falco aveva rivendicato la strada e il parco come territori di sua proprietà, dominandoli come avrebbe dominato le foreste e il deserto che invece erano la sua casa.
Salim gli aveva volentieri ceduto la terrazza. Ne aveva altre due nello splendido attico di tre piani. Il rapace si era adattato alla solitudine e si era lasciato guidare solo dal suo istinto. Non aveva permesso a niente o a nessuno di sconfiggerlo.
Il sorriso svanì dalle labbra di Salim.
Per lui non era stato lo stesso. Aveva commesso un errore cinque mesi prima, un errore al quale doveva riparare. Bevve l’ultimo sorso di brandy. Ancora s’infuriava quando ci rifletteva. La consapevolezza di essere stato ingannato. Di essere caduto nella trappola più vecchia del mondo.
Il ricordo di come la donna lo aveva umiliato.
Gli aveva propinato le peggiori bugie. Gli aveva mentito usando il suo corpo. I suoi sospiri. Le sue grida di piacere. Quelle parole mormorate che lo avevano fatto impazzire. Oh, sì, sì, ancora... Toccami, Salim, sì così... Fallo di nuovo, con le mani, con la bocca...
Maledizione!
Si eccitava ancora ripensandoci. Erano menzogne, certo, tuttavia gli era impossibile dimenticarle. Come non riusciva a dimenticare la morbidezza della sua pelle, la dolcezza della sua bocca, il peso dei seni perfetti nelle sue mani.
Aveva finto. Aveva finto di desiderarlo, ma non per il suo titolo o per la sua ricchezza. Lo aveva raggirato, tradito e reso cieco alla verità.
Ed era riuscita a rubargli l’onore.
In quale altro modo poteva descrivere il fatto di essersi svegliato una mattina e aver scoperto che lei era scomparsa, insieme a dieci milioni di dollari?
Un fremito di rabbia lo scosse. Voltò le spalle alla finestra, attraversò l’elegante stanza fino a raggiungere il mobile bar e versò un’abbondante dose di brandy nel bicchiere.
D’accordo, non era proprio così che era andata, ammise. Non si era davvero svegliato scoprendo la sua fuga. Sarebbe stato impossibile, visto che lui e Grace non avevano mai trascorso insieme una notte intera.
Una ruga gli solcò la fronte. No, forse una volta era capitato. O al massimo due, ma solo a causa del maltempo. Grace aveva una casa tutta sua, lui il suo appartamento. Era così che aveva sempre preferito, indipendentemente dalla durata di una relazione. La routine, ne era convinto, portava alla familiarità, e la familiarità inevitabilmente alla noia.
L’ultima notte aveva lasciato il letto di Grace ed era partito alla volta della California per un viaggio d’affari. Al suo ritorno, una settimana dopo, lei era sparita, come erano spariti dieci milioni di dollari, sottratti dalle casse della società di investimenti che lui aveva reso fra le più importanti e potenti del mondo.
Sottratti da un conto al quale lui, e solo lui, aveva accesso.
Salim portò il bicchiere alle labbra, bevve un sorso e tornò accanto alla finestra. La neve aveva smesso di fioccare. Il falco era ancora appollaiato sulla balaustra, immobile, mentre di tanto in tanto gli si arruffavano le penne color ambra.
Dieci milioni di dollari, che non erano stati ritrovati. E la donna che li aveva rubati sembrava essersi volatilizzata.
Ma presto, molto presto, lui l’avrebbe rintracciata. Era stato quello il pensiero che l’aveva accompagnato per tutto il giorno, da quando cioè aveva ricevuto la telefonata dell’investigatore che aveva assunto quando le indagini della polizia e della F.B.I. non avevano condotto a nulla.
Cinque mesi. Venti settimane. Centoquaranta giorni. E ora, finalmente, avrebbe ottenuto ciò che più desiderava.
Vendetta.
Un altro sorso. Il liquore gli bruciò la gola. Ma la verità era un’altra: niente, nemmeno il brandy, avrebbe potuto più riscaldarlo. Non prima che avesse messo la parola fine a ciò cui aveva dato inizio l’estate precedente, quando aveva scelto Grace Hudson come amante.
Nulla di insolito in questo. Era un uomo nel fiore degli anni, un uomo – inutile essere modesti al proposito – abituato a vedere le donne cadergli ai piedi. Aveva scoperto il sesso a sedici anni, quando abitava ancora nel Senahdar. Da allora, se aveva trascorso periodi senza compagnia femminile, era stato per scelta, non per mancanza di possibilità.
Ciò che era insolito, invece, era stato scegliere proprio Grace, perché le donne che lui preferiva erano sempre belle. Brune e minute. Sempre affascinanti. Sempre pronte a compiacerlo. Era un uomo moderno, lui, aveva studiato negli Stati Uniti. Ma la tradizione restava la tradizione e una donna che sapeva come soddisfare i desideri del suo uomo a letto era una donna capace di mantenere vivo l’interesse di quell’uomo.
Grace aveva segnato un drastico cambiamento.
Era alta. Molto alta. Anche se, nonostante le scarpe col tacco che amava portare, non riusciva a superarlo. E aveva una chioma fulva. Come l’aveva conosciuta, Salim aveva desiderato liberarle i capelli dalla costrizione delle forcine e affondare le sue dita in quella massa folta e lucida che gli aveva ricordato la criniera di una leonessa.
E per quanto riguardava il fatto di compiacere un uomo... Grace era in grado di compiacere soltanto se stessa. Era gentile ed educata, certo, ma con un modo di parlare schietto, tipico degli uomini. Aveva opinioni precise e non esitava a esprimerle.
Era stata per lui un’appassionante, enigmatica sfida. Mai gli aveva inviato segnali atti a svelare il suo interesse per lui. Adesso, ovviamente, Salim ne comprendeva la ragione. Gli aveva lanciato un’esca e complottato alle sue spalle sin dal primo istante. Lui non lo aveva capito. Aveva capito solo che era diversa.
Salim strinse i denti. Accidenti se era diversa!
Era una sua dipendente, eppure lui non mischiava mai il piacere con il lavoro.
Un evento inaspettato l’aveva portata nella sua vita. Il suo direttore amministrativo, un arcigno scapolone con pochi capelli, occhiali spessi come fondi di bottiglia e nessun senso dell’umorismo, era caduto in una crisi di mezza età che coinvolgeva una bionda ossigenata e una Porsche. Un giorno l’uomo era alla sua scrivania, quello successivo a Miami con la bionda.
Tutti avevano riso del poveretto. Tutti avevano pensato che fosse impazzito. Anche Salim si era unito all’ilarità generale, ma la situazione era seria. Quell’uomo andava sostituito e alla svelta, così lui aveva fatto la cosa più sensata, cioè promuovere quello che era l’assistente del direttore, Thomas Shipley. Il cambiamento ai vertici, però, aveva lasciato un altro posto vacante nell’organizzazione della società e il nuovo direttore aveva bisogno di un assistente. Così era stato necessario assumere qualcuno.
Niente di più facile.
Salim guardò il suo bicchiere. Ancora una volta vuoto. Si avvicinò al mobile bar per riempirlo. Ma dove era finito il detective? L’appuntamento era per le quattro e trenta.
Il suo orologio segnava le quattro. L’impazienza stava avendo la meglio su di lui.
Calmati, consigliò a se stesso. Aveva aspettato cinque mesi, un’altra mezz’ora non avrebbe di certo cambiato nulla.
Fuori stava calando velocemente la sera. Era il momento di accendere le luci, ma l’oscurità si adattava meglio al suo umore.
Ogni dettaglio di quanto era accaduto dopo che lui aveva dato il via libera al direttore amministrativo per assumere un assistente, era impresso vivido nella sua memoria. Incluso l’istante in cui, due settimane dopo, Shipley era entrato nel suo ufficio.
«Buone notizie» aveva annunciato. «Ho selezionato tre candidati, tutti con ottime referenze.»
Salim era occupato con una negoziazione milionaria. Non aveva tempo per altro. «Perché lo dici a me?» aveva replicato bruscamente. «Scegline uno.»
«Io sono nuovo» aveva argomentato Shipley, «preferirei non assumermi questa responsabilità. Lei dovrebbe prendere la decisione finale.»
Una giusta osservazione. La Alhandra Investments era, per usare un’espressione comune, la sua bambina. Lui l’aveva fondata, lui la dirigeva. Concedeva ai suoi dirigenti piena autonomia, ma aveva chiarito di volere essere sempre informato di tutto quello che succedeva nei suoi uffici, dunque anche dell’assunzione di un nuovo impiegato.
Così, il giorno seguente aveva incontrato i tre candidati. Due avevano referenze ottime, uno addirittura eccellenti. C’era stato un solo punto a suo svantaggio. Era una donna.
Una donna come assistente del direttore amministrativo?
Salim non aveva nulla contro le donne, ovviamente, ma cosa ne potevano capire loro del complicato mondo dell’alta finanza?
Quella in particolare capiva tutto.
Grace Hudson si era laureata alla Cornell e poi a Stanford. Aveva lavorato per le due più prestigiose agenzie di Wall Street. Era abile, aggiornata. E se