A qualsiasi prezzo: Harmony Collezione
Di Miranda Lee
3/5
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Info su questo ebook
A Justine Montgomery è crollato il mondo addosso in poche ore, il tempo di essere informata dell’improvvisa scomparsa di suo padre e, un attimo dopo, di essere debitrice di una cifra a dir poco esorbitante.
In un momento di follia, decide di...
Miranda Lee
Scrittrice romantica, e moglie fortunata di un uomo molto, generoso!
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A qualsiasi prezzo - Miranda Lee
successivo.
1
Marcus si allontanò da quella confusione. Or mai era chiaro che a quel genere di feste non si divertiva più. Forse era troppo cresciuto per apprezzare quei party così affollati. Stava per andarsene quando il suo sguardo fu catturato da una splendida creatura che giocava nell'acqua, attorniata da uno sciame di ammiratori.
Lunghi capelli biondi, occhi azzurri intensi e luminosi, labbra sensuali e sorridenti, era straordinaria. All'improvviso uno dei corteggiatori la spinse scherzosamente sott'acqua e lei, irritata, si allontanò dal gruppo e uscì dalla piscina.
Marcus non poté distogliere lo sguardo da quel corpo provocante, agile e snello, ancora più sexy per effetto dei rivoletti d'acqua che le scendevano sinuosi sulla pelle. La osservò mentre si raccoglieva i capelli piegata in avanti, e notò che il bikini a stento riusciva a contenere i suoi seni prosperosi.
Si domandò perché era sempre affascinato da ragazze di quel genere: provocanti, ricche, di classe, dannatamente belle ma corrotte come il peccato. Neppure Stephany l'aveva reso immune da quel tipo di donna. Rimase a guardarla ancora un istante, poi, annoiato, posò il bicchiere su un tavolino e andò in cerca del padrone di casa.
«Te ne vai così presto?» gli chiese Felix.
«Mi dispiace, sono molto stanco. Ho avuto una settimana impossibile.»
«Lavori troppo in quella banca, Marcus. Dovresti imparare a rilassarti un po' di più. Potrei presentarti la signorina Montgomery mentre prendi un altro drink, che ne dici?»
«La signorina Montgomery?»
«Sì, Justine. Ho visto come la guardavi un attimo fa e non posso biasimarti. Quella ragazza è una vera poesia.»
Justine. Quel nome era adatto, altezzoso proprio come lei. Marcus trattenne a stento un sorriso ironico. Non aveva illusioni circa le Justine Montgomery di questo mondo. Ne aveva conosciute a centinaia negli ultimi dieci anni e il pensiero di averne persino sposata una lo fece rabbrividire.
«Preferisco tenermi alla larga da ragazze come lei.»
«Andiamo!» protestò Felix. «Non puoi pensare che tutte le donne siano volubili e infedeli come Stephany.»
«Grazie al cielo. A guardarla direi che Justine è una ragazzina. Non dimostra più di ventun anni.»
«Non li ha nemmeno. Ma che importa? Stephany non ne aveva molti di più quando l'hai sposata, no?»
«Già!» rispose Marcus secco.
«Scusami, non intendevo ricordartelo. Solo che Justine è molto diversa da suo padre. Grayson Montgomery è un mascalzone, ma ti assicuro che lei è una ragazza molto dolce.»
Marcus si lasciò sfuggire una risata cinica. «Forse anche troppo per me, ma mi ricorderò delle tue raccomandazioni se dovessi imbattermi nella signorina Montgomery. Ora devo proprio andare. Domani mattina ho una riunione importante con il Consiglio.»
Arrivata a casa, Justine parcheggiò l'auto e quando vide che suo padre non era ancora rientrato si domandò dove diavolo potesse essere a quell'ora di domenica sera. Il sabato giocava a poker con gli amici sino all'alba, poi andava direttamente al golf club senza rincasare. La domenica, invece, era solito trascorrere la serata in compagnia della moglie.
Un po' preoccupata, Justine prese la borsa ed entrò in casa. Vide che la luce nella stanza di sua madre era ancora accesa e si fermò.
«Mamma, sei sveglia?» domandò, bussando piano.
«Sì tesoro, entra pure.»
Adelaide Montgomery era una donna molto attraente, dall'aspetto curato, anche se negli ultimi anni il suo fisico, un tempo snello, si era appesantito. Era sdraiata sul letto con un romanzo in una mano e un cioccolatino mangiucchiato nell'altra, incurante della dieta che il medico le aveva prescritto.
Quando vide la grande scatola di cioccolatini appoggiata lì vicino, Justine la sgridò, poi si sedette accanto a lei.
«Papà non è ancora tornato?» domandò.
«No, non ancora. Non mi ha neppure avvisato che avrebbe fatto tardi. Avrà avuto un contrattempo.»
Sua madre era veramente incredibile, pensò Justine. Non si era mai preoccupata di nulla in tutta la sua vita perché Grayson, in qualità di capofamiglia, provvedeva a tutto. Madre e figlia non sapevano niente dei suoi affari, a parte il fatto che dirigeva un'agenzia di consulenza finanziaria e che era sempre impegnato.
Era un uomo affascinante e le aveva sempre viziate con una quantità spropositata di regali, forse per farsi perdonare il fatto che non passava molto tempo con loro.
Dopo la morte improvvisa del primo figlio, Adelaide aveva subito un grave crollo psicologico e da quel momento si era rifugiata in un mondo ovattato, senza preoccupazioni, perdendo in parte il contatto con la realtà. Era diventata una donna fin troppo indulgente e un po' svampita e Justine, nata molti anni dopo la disgrazia, era cresciuta senza alcuna disciplina.
A scuola era stata un disastro, benché non vi fosse dubbio sulla sua vivace intelligenza. Dopo innumerevoli bocciature, con stupore di tutti era stata ammessa all'università, a Lindfield, dove da tre anni conduceva una vita all'insegna del divertimento, senza superare nemmeno un esame, naturalmente.
«Ti sei divertita alla festa, cara?» le chiese Adelaide, addentando un altro cioccolatino.
«Sì, abbastanza. La solita gente. Ma sono stanca di Howard. Siamo usciti solo un paio di volte ed è davvero un tipo troppo invadente. Mi stavo divertendo così tanto in piscina quando lui mi ha spinta sott'acqua e ha cercato di togliermi il reggiseno. Ero a dir poco furiosa. Non lo sopporto. Gli altri avranno pensato che ho una relazione con lui.»
Adelaide alzò gli occhi dal libro. «Hai una relazione?» domandò tranquilla.
Justine sospirò. Sua madre non si sarebbe preoccupata neppure se le avesse detto che aveva una relazione con tutti i ragazzi del campus. Chissà se sarebbe mai cambiata.
«No, mamma. Ho detto che non ho una relazione con Howard. Howard Barthgate, ricordi?»
«Ah sì, il giovane Barthgate. Strano, è un ragazzo così affascinante. Suo padre è miliardario e Howard è figlio unico. Del resto, cara, l'unico modo per catturare gli uomini è proprio non andarci a letto. Non avresti potuto fare di meglio.»
«Mamma! Non ho intenzione di sposarlo. È un presuntuoso arrogante.»
«Be', fai quello che vuoi. Qualcuno prima o poi arriverà. Una ragazza sexy come te farà sempre perdere la testa agli uomini.»
Justine rimase colpita da quell'aggettivo. Sapeva di essere bella, ma non si era mai considerata sexy, anche perché il sesso non le interessa va. Aveva avuto molti appuntamenti e alcuni fidanzati, ma non si era mai spinta oltre i semplici preliminari. A differenza delle sue amiche, odiava tutte quelle moine come pure il pensiero di sentirsi addosso le mani maldestre o la bocca ansimante di qualcuno. Non aveva alcuna intenzione di andare a letto con un uomo solo perché le aveva offerto una cena o l'aveva portata al cinema. Solo il vero amore l'avrebbe spinta a concedersi.
Ciò nonostante, Justine aveva un'intensa vita sociale, ricca di divertimenti e senza quelle complicazioni e quei traumi emotivi che sembrava dovessero derivare da una relazione sentimentale. La sua migliore amica Trudy, invece, che abitava a due isolati di distanza, aveva idee molto diverse in merito.
Il sesso la faceva letteralmente impazzire e cambiava ragazzo in continuazione. Justine aveva scherzato spesso con lei a questo proposito, affermando risolutamente che, per quanto la riguardava, avrebbe aspettato l'uomo dei suoi sogni.
Ora, ripensando a Howard Barthgate, giurò a se stessa che non sarebbe più uscita con ragazzi come lui.
«Credo che andrò a preparare una tazza di cioccolata calda. Ne vuoi un po'?» chiese a sua madre.
«No, grazie. La cioccolata calda fa ingrassare» rispose Adelaide con estrema serietà mentre ingoiava un altro cioccolatino alla crema.
Justine si mantenne seria a fatica e uscì dalla stanza. Quella donna era davvero incorreggibile. Scese il grande scalone centrale passando la mano sulla balaustra di mogano intarsiato e ricordò tutte le volte in cui si era lasciata scivolare a cavalcioni. Che infanzia splendida, senza pensieri né punizioni. Si riteneva la ragazza più fortunata di Sydney e forse di tutta l'Australia.
Il campanello suonò mentre saltava dall'ultimo gradino sul pavimento di marmo dell'atrio. Rimase immobile per un istante, perplessa. Chi poteva essere a quell'ora della notte? Esitò un momento, poi si avvicinò alla porta.
«Chi è?» chiese nervosa.
«Polizia, signora.»
Si sentì gelare il sangue. Spalancò la porta e quando vide i due uomini in uniforme in piedi sotto al portico impallidì di colpo.
«La signora Montgomery?» chiese il poliziotto più anziano aggrottando le sopracciglia.
«No, mia madre è di sopra, a letto. Io sono sua figlia, Justine. Che cosa c'è? È successo qualcosa a mio padre?»
Intuì subito che doveva essere accaduto qualcosa di grave e dopo un primo attimo di sconcerto si impose di reagire. Doveva farsi coraggio per sua madre.
«È... è morto, non è vero?» chiese senza riflettere, confusa e impaurita.
L'ufficiale annuì con rammarico. «Sono molto spiacente, signorina.»
«Ha avuto un incidente?» aggiunse Justine con voce strozzata.
I due poliziotti si scambiarono uno sguardo eloquente e Justine si irrigidì.
«Ehm, non proprio, signorina. Non è stato un incidente d'auto. Suo padre ha avuto un attacco di cuore a Kings Cross, nel club in cui gli uomini vanno per... ecco, per cercare