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Contratto regale: Harmony Destiny
Contratto regale: Harmony Destiny
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Ebook162 pages2 hours

Contratto regale: Harmony Destiny

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About this ebook

Nessun fotoreporter può scivolare nella camera da letto di Duarte Medina e sperare di farla franca. Per un membro di una famiglia reale, seppure deposta, la privacy, infatti, è tutto. E nemmeno la sconvolgente bellezza della spia Kate Harper gli farà cambiare idea. Lei vuole una storia succulenta e la foto del secolo? Duarte è disposto ad accontentarla, ma a una condizione. Kate impersonerà il ruolo della sua fidanzata per trenta giorni. Un fidanzamento di facciata, con lo scopo di placare le ansie di successione del vecchio patriarca dei Medina. Ma se giocherà bene le sue carte, il principe otterrà, oltre ai giorni, anche le notti. Per il suo personale piacere.
LanguageItaliano
Release dateMay 10, 2018
ISBN9788858982259
Contratto regale: Harmony Destiny
Author

Catherine Mann

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Contratto regale - Catherine Mann

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    His Thirty-Day Fiancée

    Silhouette Desire

    © 2011 Catherine Mann

    Traduzione di Roberta Canovi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-225-9

    1

    Catturare un principe era già di per sé un’impresa, ma quando il suddetto principe era uno sfuggente Medina, diventava quasi impossibile.

    A Kate Harper battevano i denti mentre trascinava i piedi lungo il cornicione che conduceva alle stanze del principe Duarte Medina; la facciata della costruzione offriva ben pochi appigli per procedere al buio, ma lei non era mai stata il tipo da arrendersi facilmente.

    Avrebbe scattato quella foto a qualsiasi costo: valeva parecchi dollaroni, e il futuro della sorella era più precario del suo equilibrio su quella sporgenza di venticinque centimetri.

    Il vento freddo soffiava dal porto di Martha’s Vineyard, schiaffeggiandole la gonna sulle gambe. Scalza per migliorare la presa, aveva ormai le dita dei piedi congelate; grazie al cielo, almeno, quella sera non nevicava.

    Non era stato facile ottenere l’accesso alle prove generali della cena di matrimonio del figlio di un impresario ospite fisso della lista Fortune 500, tenute al lussuoso resort di proprietà del Medina; in cambio dell’invito, aveva dovuto promettere a una tonta dilettante di pubblicare un pezzo denigratorio sul suo ex. Ma una volta entrata, Kate aveva dovuto fare da sé per scansare la sicurezza, individuare il principe Duarte e scattare la fotografia. E secondo i suoi calcoli, quella era la sua unica possibilità per raggiungere la suite. Peccato che avesse dovuto lasciare guanti e soprabito al guardaroba all’ingresso; le minimacchine fotografiche nascoste negli orecchini le stavano strappando le orecchie: era stata lei stessa a trasformare due vecchi apparecchi microscopici in quelli che sembravano due gioielli d’oro e smeraldo.

    Il faro a guardia della darsena lanciava un tenue raggio di luce attraverso la nebbia fitta, la sirena che suonava ogni venti secondi e copriva momentaneamente i suoni della festa in pieno svolgimento al primo piano.

    Kate allungò la gamba, un po’ più in là, ancora un pelino finché... Tombola! Il cuore impazzito rischiò di far esplodere l’abito di satin; si aggrappò in fretta alla ringhiera, arrampicandocisi con la gamba...

    Una mano le afferrò il polso. Una mano forte. Una mano maschile.

    Si lasciò sfuggire un grido quando sentì un’altra mano sulla caviglia; quelle dita sembravano bruciare sulla sua pelle intirizzita, appena sopra la cavigliera che la sorella aveva fatto per lei: un portafortuna per accompagnare gli orecchini. Sperava davvero che funzionasse.

    Un bello strattone la proiettò sul terrazzo, e l’abito le si arrampicò fino alle cosce. Si dimenò per recuperare l’equilibrio, agitando le braccia per aria mentre l’abito tornava fortunatamente al suo posto senza superare la soglia dell’indecenza. Finì contro un muro.

    No, un attimo. I muri non hanno peli e muscoli definiti, né l’odore di acqua di colonia. In normali circostanze, avrebbe trovato la combinazione eccitante... Se non fosse stata tanto concentrata sul futuro della sorella e se non avesse avuto le labbra blu dal freddo.

    Kate sbirciò... e trovò un ampio torace a un centimetro dal proprio naso. Una camicia nera, o una vestaglia, si apriva su una distesa di pelle abbronzata cosparsa di peluria castana. Strinse le dita sul tessuto raffinato, un qualche genere di abbigliamento da karate, forse?

    Santo cielo, per la sicurezza i Medina si affidavano ai ninja, proprio come in un film di serie B?

    Alzando lo sguardo lungo il collo robusto del ninja, Kate trovò la linea tesa di una mascella squadrata che aveva decisamente bisogno di essere sbarbata. E poi... accidenti, erano proprio gli occhi scuri come il carbone che avrebbe dovuto fotografare!

    «Non sei un ninja!» si lasciò sfuggire.

    «E tu non sei un granché come acrobata.» Il principe Duarte Medina non sorrise, né tanto meno disse cheese.

    «È perché sono stata espulsa dalle lezioni di ginnastica all’asilo.» Era la conversazione più assurda della storia, ma per lo meno lui non l’aveva defenestrata o, be’, debalconata. Non ancora.

    Non aveva neanche mollato la presa sulle sue braccia. La forza costrittiva delle sue dita callose le accese un’indesiderata scintilla sulla pelle infreddolita.

    Duarte notò i suoi piedi scalzi. «Sei stata cacciata per un’infrazione sull’asse di equilibrio?»

    «In realtà, ho rotto il naso a un altro bambino.» Gli aveva fatto lo sgambetto dopo che quella peste aveva dato dell’imbecille alla sorella.

    Kate si tastò l’orecchino. Doveva scattare le foto e darsela a gambe: quella che aveva davanti era un’opportunità molto più che rara.

    La famiglia reale dei Medina era scomparsa dai radar ventisette anni prima, dopo che re Enrique era stato spodestato in un colpo di stato nel quale la moglie aveva trovato la morte. Per decadi erano circolate voci che il vecchio sovrano si fosse rinchiuso con i tre figli in una fortezza in Argentina. Dopo un po’, la gente aveva perso interesse. Finché il suo fiuto giornalistico non l’aveva spinta a indagare su una figura ritratta sullo sfondo di una foto che lei stessa aveva scattato. Il fiuto l’aveva condotta a una notizia che aveva praticamente scoperchiato il vaso di Pandora: aveva svelato le vite segrete dei tre principi ormai adulti che si nascondevano in piena vista negli Stati Uniti.

    Ma non era bastato. Il guadagno ricavato da quella storia non si era nemmeno avvicinato alla somma necessaria per rimediare alle difficoltà finanziarie che la vita le aveva riversato addosso. E le sue chance si affievolivano a ogni minuto che passava: la notizia della scoperta dei Medina era filtrata come acqua in un castello di sabbia e i paparazzi arrivavano da ogni angolo del mondo per ottenere il primo scatto ravvicinato dei principi.

    Per il momento, Kate era riuscita a batterli, perché Duarte Medina era proprio davanti a lei, in carne e ossa. E molto più sensuale di quanto avesse immaginato. Quando vacillò, non poté nemmeno incolpare le vertigini.

    Lui la sollevò tra le braccia, mostrando di avere anche la forza, oltre che i vestiti, da ninja. «Stai diventando un blocco di ghiaccio.» La sua voce rombava con un minimo accenno di cadenza esotica, quell’inflessione perfetta per le pubblicità che convincono una donna ad acquistare qualunque cosa, purché accompagnata da quella voce. «Sarà meglio che tu venga dentro, prima di svenire dal freddo.»

    Così poteva chiamare la sicurezza e farla rinchiudere? L’angolazione delle macchine fotografiche non era spettacolare, ma sperava di essere riuscita a scattare qualcosa di decente mentre sobbalzava tra le sue braccia.

    «Ehm, grazie per il salvataggio.» Doveva chiamarlo principe? O Sua Maestà?

    Quando aveva elaborato il piano, aveva immaginato di scattare le fotografie di nascosto; di certo non aveva previsto di dover rivedere il protocollo per un incontro con un principe in pigiama da karate. Un principe decisamente sensuale, di carnagione scura, che la stava portando nella sua camera.

    Ora che poteva studiarlo da vicino, le sue origini aristocratiche risultavano inconfondibili. La monarchia dei Medina aveva regnato sulla piccola isola di San Rinaldo, al largo delle coste della Spagna; e in quel momento, i suoi tratti mediterranei erano evidenti quanto la sua arroganza.

    Quando la rimise in piedi, le sue dita affondarono per chilometri nel morbido tappeto. Tutta la stanza era un manifesto di ricchezza e potere senza ostentazione, dagli immacolati divani bianchi all’antico armadio di mogano, fino a un gigantesco letto matrimoniale con quattro gambe angolari spesse come tronchi d’albero.

    Un letto? Kate cercò di deglutire, la gola improvvisamente secca.

    Duarte sorrise tirato, mentre la studiava con occhi socchiusi. «Questa volta Ramon si è davvero superato.»

    «Ramon?» Il nome del direttore di Kate era Harold. «Non capisco cosa tu voglia dire.» Ma sarebbe stata al gioco, se significava restare ancora qualche minuto. Per scattare fotografie, naturalmente.

    «Il padre dello sposo ha la reputazione di saper trovare la migliore, ehm...» la pulsazione lenta era evidente nel possente collo abbronzato, «... compagnia per intrattenere i suoi soci in affari, ma tu hai superato tutti in originalità.»

    «Compagnia?» Lo shock la ammutolì. Intendeva dire ciò che lei pensava intendesse dire?

    «Suppongo ti abbia pagato bene, considerata tutta quest’entrata elaborata.» Il suo labbro superiore si incurvò con una punta di disprezzo.

    Compagnia a pagamento. Ah, diavolo! Pensava che fosse una escort d’alto bordo. O per lo meno, sperava che la ritenesse d’alto bordo. Be’, non sarebbe arrivata a tanto, nemmeno per la sorella, ma forse avrebbe potuto rubare un altro scatto se si fosse trattenuta per un paio di domande.

    Kate gli posò una mano esitante sulla spalla. Per niente al mondo gli avrebbe toccato il petto nudo. «Quante volte ti ha offerto questo dono generoso?»

    I suoi occhi ombrosi indugiarono sulla curva dei seni che quasi le traboccavano dall’abito di seconda mano. «Non mi sono mai concesso – come posso dire? – servizi a pagamento.»

    Una brava giornalista l’avrebbe chiesto. «Nemmeno una volta?» Magari poteva far scivolare il mignolo oltre il bavero aperto.

    «Mai.» Il suo tono non lasciava adito ad alcun dubbio.

    Kate trattenne un sospiro di sollievo e si accordò un secondo per assaporare il calore della sua pelle sotto le dita, che si incurvarono di riflesso. «Oh... cioè, oh.»

    «Sono un gentiluomo, in fin dei conti. E in quanto tale, non posso semplicemente rispedirti sul terrazzo. Resta qui mentre trovo qualcuno che ti accompagni.» Aveva il palmo aperto sulla sua cintola. «Vuoi bere qualcosa?»

    Il suo stomaco si contorse in una morsa ancora più serrata. Perché era tanto tesa? In fondo si trattava solo di lavoro, un lavoro per il quale era ben addestrata. Fu aggredita dai ricordi dei suoi giorni da fotoreporter d’assalto, quando aveva lavorato per riviste di cronaca, quando le venivano assegnati servizi del calibro del terremoto in Indonesia.

    Ora, lavorava per il GlobalIntruder.com.

    Si rimangiò una risata isterica. Dio, a che cosa si era ridotta? E quale scelta aveva, con la crisi del mondo della carta stampata?

    Certo che era nervosa, per la miseria. Quella foto valeva più che restare nel giro. Il punto, per lei, era trovare abbastanza denaro, e in fretta, per fare in modo che il mese successivo la sorella non venisse cacciata dalla struttura assistita in cui viveva. Jennifer aveva il corpo di un’adulta e la mente di una bambina; aveva bisogno di protezione e Kate era tutto ciò che era rimasto tra lei e il reparto psichiatrico di un ospedale statale.

    Peccato che a Kate mancassero due mesi di ritardato pagamento dell’affitto per finire in tribunale per bancarotta.

    La mano del principe le scivolò lungo la schiena, fermandosi sulla nuca. Il suo corpo traditore fremette.

    Aveva bisogno di un attimo per rimettere insieme i pensieri, lontano da quella sorprendente attrazione, se sperava di avere le informazioni che voleva. «C’è una toilette in cui posso rinfrescarmi mentre versi da bere? Quando esco dalla tua stanza, non dovrei avere l’aria di una che si è appena arrampicata sul terrazzo.»

    «Ti mostro la strada.»

    Non era proprio ciò che aveva in mente. Ma se aveva mantenuto il sangue freddo sotto il bombardamento di un mortaio, poteva di certo gestire la situazione. «Basta che me lo indichi, ti ringrazio. Ho un ottimo senso dell’orientamento.»

    «Ho la sensazione che tu eccella in diversi campi.» Il suo fiato le scaldò il collo quando lui chinò il capo per sussurrarle all’orecchio. «Potrò anche non aver mai accettato offerte come la tua, prima d’ora, ma devo confessare che c’è qualcosa di ammaliante, in te.»

    Oh diavolo!

    Il suo respiro caldo le accarezzò la spalla nuda, le sue labbra così vicine che però non osavano chiudere quell’ultimo

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