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Trame proibite: Harmony Destiny
Trame proibite: Harmony Destiny
Trame proibite: Harmony Destiny
Ebook168 pages2 hours

Trame proibite: Harmony Destiny

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About this ebook

L'autore di bestseller Micah Hunter conduce una vita nomade, spostandosi di albergo in albergo ogni volta che conclude un libro. Ma l'ultimo suo romanzo è diverso dagli altri, racconta di omicidi che avvengono in un piccolo paese e il suo agente ha insistito perché si immergesse anima e corpo nella realtà di una cittadina di provincia. Ecco perché è finito a Banner nello Utah, in una casa vittoriana presa in affitto in mezzo al nulla. Micah sarebbe già fuggito da un pezzo se non fosse per la sua bella padrona di casa, Kelly Flynn.

Kelly è solare e seducente e gli fa desiderare qualcosa che non credeva di volere: mettere radici. Ma la finzione in cui si trovano invischiati potrebbe rovinare anche la trama più bella.
LanguageItaliano
Release dateJun 19, 2020
ISBN9788830516199
Trame proibite: Harmony Destiny
Author

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Trame proibite - Maureen Child

    successivo.

    1

    «Davvero spiacente» disse Micah Hunter. «Mi eri simpatico ma dovevi morire.»

    Si appoggiò allo schienale della poltrona e rilesse con attenzione le ultime righe della scena che aveva appena finito di scrivere. Si lasciò sfuggire un sospiro di soddisfazione per la morte di uno dei suoi più famosi personaggi e abbassò il coperchio del laptop.

    Erano ormai quattro ore che lavorava e si meritava una pausa. Così si alzò avvicinandosi alla finestra che si affacciava sull'ingresso della casa. «Il problema è che qui non c'è uno straccio di posto dove andare» borbottò scuotendo la testa.

    Prese il cellulare e digitò un tasto di chiamata rapida rimanendo in attesa per qualche secondo fino a che non rispose un uomo.

    «Come ho fatto a lasciarmi convincere da te a nascondermi qui per sei mesi?»

    Sam Hellman rise. «È un piacere sentirti anche per me, amico.»

    «Sì, sì...» Naturale che il suo migliore amico fosse divertito. Se non fosse stato bloccato in quella minuscola cittadina americana, lo sarebbe stato anche lui. Il guaio era che non ci vedeva proprio nulla di divertente.

    Si passò una mano tra i folti capelli castani e guardò il cosiddetto panorama.

    La casa che aveva preso in affitto era una residenza di epoca vittoriana leggermente arretrata rispetto a un ampio viale delimitato da alberi giganteschi e con molta probabilità anche molto vecchi adesso abbelliti da una profusione di foglie dorate e rosse.

    Il cielo era di un azzurro brillante mentre il sole autunnale faceva capolino tra spesse nuvole bianche. Regnava il silenzio. Un silenzio così totale da dare i brividi.

    E dato che i suoi romanzi gialli erano ormai da anni in cima alla lista dei bestseller sul New York Times, lui ne sapeva parecchio in fatto di brividi.

    «Sul serio, Sam, sono bloccato qui ancora per quattro mesi perché mi hai convinto a firmare quel maledetto contratto di affitto.»

    L'amico scoppiò a ridere. «Sei bloccato lì perché non resisti ad accettare una sfida.»

    Duro da ammettere ma vero. Nessuno lo conosceva meglio di Sam. La loro amicizia risaliva a quando, ancora giovanissimi, prestavano servizio su una nave della Marina Militare Statunitense. Sam si era arruolato per eludere le aspettative della propria, ricca famiglia mentre Micah era scappato da un passato fatto di famiglie affidatarie, bugie e promesse infrante. Avevano subito fraternizzato ed erano rimasti in contatto anche dopo che la loro ferma era terminata.

    Sam era tornato a New York e alla casa editrice che il nonno aveva fondato, scoprendo che, dopo tutto, voleva veramente essere parte integrante dell'attività familiare. Micah aveva accettato qualsiasi tipo di lavoro in campo edile mentre trascorreva ogni istante del tempo libero a scrivere il suo primo romanzo.

    Fin da bambino sognava di diventare uno scrittore. E quando finalmente aveva incominciato a scrivere, le parole gli erano fluite dalla mente con una velocità incredibile.

    Lavorava fino a notte fonda perdendosi letteralmente nella storia che si dipanava sullo schermo del computer. Una volta terminato il primo libro, si era sentito come il vincitore di una corsa olimpionica: esausto, soddisfatto e trionfante.

    Aveva mandato il romanzo a Sam, che gli aveva dato un sacco di suggerimenti per migliorarlo.

    A nessuno va a genio che gli si dica di cambiare qualcosa che ritiene perfetta tuttavia Micah era così determinato a raggiungere il traguardo che aveva seguito quasi tutti i consigli dell'amico. Il libro era stato venduto immediatamente e lui aveva ricevuto un modesto anticipo di cui era stato più orgoglioso di qualsiasi altro guadagno ottenuto in precedenza.

    Quel libro comunque era stato solo l'inizio perché con il secondo, anche tramite un inaspettato passa parola e una pubblicità ad hoc, era salito sino in vetta diventando un bestseller. E Micah prima di rendersene conto aveva realizzato il proprio sogno.

    Lui e Sam avevano continuato a collaborare formando una squadra fantastica. E proprio perché erano amici fraterni, Sam sapeva come aiutare e sostenere Micah.

    «Ammettilo, è una ritorsione perché l'altro inverno ti ho battuto con lo snowboard?»

    «Potrei mai fare una cosa così meschina?» ribatté Sam in tono divertito.

    «Eccome se potresti!» Micah scosse la testa.

    «Okay, okay, è probabile» ammise Sam. «Però sei stato tu ad accettare la scommessa. Vivere per sei mesi in una piccola città di provincia.»

    «Vero.» Quanto potrà essere difficile?, si era chiesto prima di firmare l'affitto con Kelly Flynn, la padrona di casa. E adesso dopo due mesi di permanenza aveva la risposta.

    «Vivila come una sorta di ricerca» gli fece notare l'amico. «Il romanzo che stai scrivendo si svolge in una piccola città. Credo che vedere le cose di persona sia la scelta migliore.»

    «Hai mai sentito parlare di Google? Pensa al romanzo che ho ambientato in Atlantide, come diavolo avrei fatto?»

    «Non è questo il punto. Il punto è che Jenny e io ci siamo innamorati della casa in cui ti trovi quando ci siamo venuti un paio di anni fa. Okay, la città è piccola, però fanno una pizza eccezionale.» Doveva riconoscerlo, era diventato un cliente fisso del Pizza Bowl con consegna a domicilio. «Vedrai, tra un mese o due la penserai diversamente» continuò Sam. «Ti piacerà camminare e goderti lo spettacolo delle montagne innevate.»

    Lui non ne era tanto sicuro. Però doveva riconoscere che la casa era bella. Si guardò intorno nella vasta camera al secondo piano che aveva eletto a ufficio temporaneo.

    Tutte le stanze erano ampie e avevano soffitti alti con una vista stupenda sulle montagne. L'intero edificio aveva carattere. Fosse riuscito a sentire un fantasma o qualcosa di simile che vagava senza pace!

    Non si era mai trovato a vivere in uno spazio tanto grande tutto da solo e la cosa... be', doveva ammetterlo, era inquietante.

    Accidenti, nelle città c'erano luci, gente, rumori! In quel posto le notti erano più buie che in qualsiasi altro luogo in cui era stato. Persino a bordo di una nave in mare aperto. Banner, nello stato dello Utah, meritava di ricevere l'Oscar per il cielo notturno più buio al mondo.

    Tuttavia se alzava gli occhi, poteva vedere distintamente la Via Lattea e un'esplosione di stelle assolutamente unica. Di una tale bellezza da emozionarlo tanto da fargli dimenticare di essere finito in un buco dimenticato da Dio e dagli uomini.

    «Come procede il libro?» gli chiese Sam.

    L'improvviso cambiamento di argomento lo lasciò per un istante interdetto però lo accettò con gratitudine. «Bene. Ho appena assassinato un fornaio.»

    «Un vero peccato.» L'amico scoppiò a ridere. «E come ha tirato le cuoia?»

    «In un modo piuttosto orribile. L'assassino l'ha affogato in un pentolone di olio bollente dove si friggevano ciambelle.»

    «Ahi, ahi, poveretto!» Sam sospirò in maniera drammatica. «Non credo che ne mangerò più una.»

    Il fatto che l'omicidio di cui aveva appena scritto colpisse la gente era positivo.

    «Non per molto, ci scommetto» lo prese in giro lui.

    «Una cosa è certa, ai tuoi fan piacerà da pazzi. A proposito di fan» aggiunse l'amico, «ne è comparso qualcuno?»

    «No, per fortuna però temo sarà solo questione di tempo.» Corrugò la fronte guardando fuori dalla finestra, aspettandosi quasi di veder spuntare qualcuno con una macchina fotografica.

    Uno dei motivi per cui non si tratteneva mai in un luogo troppo a lungo era perché i suoi ammiratori riuscivano sempre a rintracciarlo. Si presentavano all'improvviso in qualsiasi albergo scendesse, convinti che fosse contento di vederli. Alcuni erano innocui... Micah, però, sapeva che altri potevano trasformarsi in fanatici pericolosi nello spazio di un istante.

    A volte li trovava nella sua stanza d'albergo o lo raggiungevano a cena comportandosi come se fossero vecchi amici. Era tutta colpa dei social media e non c'era niente da fare al riguardo. A parte spostarsi in continuazione, stare in città grandi dove potersi mescolare tra la gente e vivere in hotel super lussuosi che assicuravano sicurezza.

    «Nessuno ti troverà in una piccola città di montagna» asserì Sam.

    «Era la ragione per cui avevo scelto la Svizzera, solo che poi è comparso quel tizio deciso a prendermi a pugni perché la sua ragazza si era innamorata di me.»

    L'amico scoppiò a ridere di gusto e lui scosse la testa sconsolato. Era stata una brutta esperienza.

    «Hai fatto la scelta giusta. Trasferirti a Banner e vivere in una casa e non in albergo confonderà i tuoi ammiratori.»

    «Forse... Comunque mi sta scombussolando parecchio» confessò in tono tetro. «Qui regna un silenzio pazzesco.»

    «Vuoi che ti mandi un CD con il traffico di Manhattan? Potresti ascoltarlo mentre scrivi.»

    «Spiritoso.» Non che l'idea fosse tanto malvagia. «Non capisco perché non ti ho già licenziato.»

    «Perché faccio guadagnare a entrambi una caterva di soldi, amico mio.»

    «Ah, ecco. Sapevo che c'era un motivo.»

    «E poi perché sono affascinante e l'unica persona al mondo disposta a sopportare il tuo caratteraccio.»

    Toccò a lui a ridere adesso. Era vero, però. Fin dall'inizio Sam gli aveva dato amicizia, qualcosa che Micah non conosceva. Crescere in famiglie affidatarie, cambiare casa di continuo gli aveva impedito di farsi degli amici. Per cui era felice di avere Sam nella propria vita anche quando lo provocava. «Il che è grandioso, ti assicuro. Grazie.»

    «Figurati. Dunque che ne pensi della tua padrona di casa?»

    La fronte corrugata, Micah dovette ammettere che stava sforzandosi di non pensare a Kelly Flynn. Senza riuscirci per il momento tuttavia era deciso a non demordere. In quei due mesi aveva cercato di mantenere le distanze perché era proprio l'opposto di ciò che desiderava. Non aveva certo bisogno di una relazione. Doveva restare lì per altri quattro mesi e se avesse iniziato qualcosa con Kelly, sarebbero sorte parecchie complicazioni.

    Non era una donna da una notte e via, questo era chiaro. Inoltre un rapporto a lungo termine avrebbe intralciato il suo lavoro e alimentato fantasie per un futuro che non si sarebbe mai avverato. Non voleva nessun tipo di dramma. Desiderava soltanto terminare il libro, andarsene da quella cittadina e tornare al mondo civile.

    «Mmh... Il tuo silenzio parla da solo» scherzò Sam.

    «Non parla proprio perché non ho nulla da dire» protestò lui nel tentativo di convincere sia se stesso sia Sam.

    «Non stai bene?»

    «Come ti viene in mente?»

    «Be', mi sembra ovvio» rispose l'amico. «Io sono sposato e adoro mia moglie eppure l'ho notata eccome. È bellissima e se ti azzardi a riferire a Jenny che te l'ho detto, lo negherò.»

    Micah emise un sospiro di pura frustrazione e guardò verso lo spiazzo antistante la casa dove Kelly si stava affannando a raccogliere le foglie cadute.

    Quella donna non si fermava mai. Aveva lavori diversi eppure quel giorno trovava anche il tempo di rastrellare aghi di pino e foglie. La osservò mentre riempiva una carriola e la spingeva verso il marciapiede.

    I lunghi capelli rosso oro erano legati in una coda di cavallo bassa. Indossava una felpa verde scuro e jeans blu piuttosto malridotti che le fasciavano i glutei sodi e le gambe slanciate. Guanti neri le proteggevano le mani e gli stivali neri mostravano i segni di diversi anni di usura.

    Gli voltava le spalle tuttavia conosceva bene il suo viso. Pelle morbida color crema, una spruzzata di efelidi minuscole sul nasino. Occhi grandi, verdi come l'erba di un prato in primavera che splendevano quando rideva e una bocca generosa da far sognare di baciarla per scoprire il suo sapore.

    La vide svuotare la carriola nell'apposito cassone e salutare con la mano una vicina al di là della strada. Intuì che stava sorridendo e il cervello evocò la sua immagine. Allora si girò verso l'interno della stanza, scacciandola dalla mente. «Sì, è carina» concesse sedendosi dietro la scrivania.

    Sam rise di gusto. «Accidenti, che entusiasmo!»

    Purtroppo ce n'era a profusione di entusiasmo. Quello era il problema. «Non sono qui per cercare una donna ma per

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