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Piacevole vendetta: Harmony Collezione
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Piacevole vendetta: Harmony Collezione

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About this ebook

Non si fermerebbe davanti a niente pur di chiudere i conti col passato.


Mentre la spia in quell'esclusivo ristorante londinese, Angelos Petrakos sa benissimo che Thea Dauntry non è l'elegante supermodella che vuole far credere di essere.
E per Thea vedersi comparire di fronte Angelos proprio in quel momento è un vero e proprio disastro.
Di tutto avrebbe bisogno, tranne che di qualcuno in grado di farle ricordare la ragazza che era un tempo. Angelo però non ha alcuna intenzione di scordare il modo in cui lei l'ha usato.
LanguageItaliano
Release dateJul 10, 2018
ISBN9788858984208
Piacevole vendetta: Harmony Collezione
Author

Julia James

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Piacevole vendetta - Julia James

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    From Dirt to Diamonds

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2011 Julia James

    Traduzione di Gisella Guidi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-420-8

    1

    Angelos Petrakos appoggiò le ampie spalle allo schienale della sedia e allungò una mano verso il bicchiere. Bevve un sorso del costoso vino d’annata e lo assaporò. Esaminò l’affollato ristorante alla moda, distraendosi per un momento dall’ospite col quale stava discutendo di una joint venture per la Petrakos International.

    Immediatamente divenne consapevole degli sguardi femminili che attirava su di sé. Gli occhi nero ossidiana gli si accesero di un bagliore cupo e caustico. Quanto di quel loro interesse dipendeva dalla sua persona e quanto invece dalla sua posizione alla guida di una multinazionale?

    C’era una bella differenza e suo padre non era mai stato capace di rendersene conto. Tanto astuto negli affari, nel costruire l’impero dei Petrakos, suo padre era stato preda di una moltitudine di donne, una dopo l’altra, e il giovane Angelos ne era rimasto disgustato. Aveva detestato la vulnerabilità di suo padre, vederlo sfruttato, mentre si lasciava convincere a prestare denaro, a investire negli affari di quelle donne, o a promuovere le loro carriere con la sua fortuna e i suoi contatti. Angelos aveva imparato bene la lezione e così, per quanto seducente potesse essere la donna con cui aveva a che fare, per quanto lo tentasse intrattenere una relazione con lei, era spietato nel mantenere affari e piacere scrupolosamente separati.

    Tanto autocontrollo poteva risultare irritante, ma era una regola alla quale non erano ammesse eccezioni. Lui non aveva mai permesso a nessuna donna, per quanto bella e ambiziosa, di sfruttare a proprio vantaggio l’interesse che nutriva per lei.

    Continuò a osservare la sala del ristorante, senza soffermarsi su nessuno di quegli sguardi, mentre la sua attenzione rimaneva fissa sull’ospite e su ciò che gli stava dicendo. Poi, di colpo, la presa delle sue dita attorno allo stelo del bicchiere aumentò. I suoi occhi si strinsero per mettere a fuoco un punto dall’altra parte della stanza, a un tavolo accanto al muro. Una donna di cui vedeva il profilo.

    Si immobilizzò. Poi, lentamente, appoggiò il bicchiere sul tavolo. Il suo sguardo non si spostò di una virgola. I suoi occhi erano duri come l’acciaio. Rimase così, a fissarla, per qualche istante. Finché all’improvviso, interrompendo qualsiasi cosa il suo ospite stesse dicendo, esclamò: «Mi scusi un momento». Il tono secco, duro come i suoi occhi.

    Spinse indietro la sedia e si alzò in piedi, gettando il tovagliolo sul tavolo. Poi, con passo agile ed energico, attraversò il ristorante.

    Verso la sua preda.

    Thea alzò il bicchiere, sorridendo al suo compagno, e sorseggiò piano la sua acqua minerale aromatizzata. Giles stava assaporando un ottimo Chablis, ma lei non beveva mai alcol. Non solo perché era una questione di calorie inutili, ma era pericoloso.

    Poi lui parlò. «Thea...»

    Il suo tono era esitante. Lei gli sorrise per incoraggiarlo, nonostante i nervi che la divoravano. Per favore, fa’ che lo dica...

    Aveva lavorato sodo e così a lungo per veder arrivare quel momento e adesso ciò per cui smaniava tanto era a portata di mano.

    «Thea...» riprovò Giles, la voce più determinata.

    Oh, per favore, fa’ che lo dica! Per piacere!

    Ma, per quanto lei continuasse a ripetere quella preghiera nella sua testa, lui si fermò.

    Un’ombra si disegnò sopra al tavolo.

    Curioso. Una parte recondita della mente di Angelos pensò a quanto velocemente l’avesse riconosciuta. Dopotutto erano passati quasi cinque anni, eppure aveva capito di chi si trattava nell’istante in cui aveva posato gli occhi su di lei.

    La stessa parte del suo cervello registrò un’emozione che lui si affrettò a scacciare.

    Certo che l’aveva riconosciuta. L’avrebbe individuata fra mille. Non avrebbe potuto nascondersi al suo sguardo.

    Mentre raggiungeva il tavolo al quale era seduta, si rese conto di quanto fosse cambiata. Era notevole. Il suo sguardo si soffermò su di lei e Angelos in quel momento la vide per come lei voleva essere vista. Una donna di una bellezza sfolgorante. Una donna capace di mozzare il fiato a qualsiasi uomo.

    Ma lei era sempre stata così. Non in quel modo. Non con quei capelli lisci, biondi e perfetti, acconciati in maniera impeccabile in uno chignon che pareva un’opera d’arte. Il trucco appena accennato, tanto che sembrava inesistente, le perle che brillavano ai suoi lobi, l’abito di sartoria di seta color champagne, scollato e con le maniche lunghe.

    Mancò poco che Angelos si mettesse a ridere. Era così chic, elegante, raffinata. E incredibilmente diversa da com’era stata un tempo. Cinque anni prima per l’esattezza. Le ci erano voluti ben cinque anni per completare la trasformazione che il suo occhio attento adesso vedeva. Per creare l’illusione.

    Più che un’illusione, una bugia vera e propria.

    L’ombra di Angelos scese su di lei e per un nanosecondo lo shock deflagrò negli occhi della donna. Poi scomparve. C’era quasi da ammirarla. Sì, c’era da ammirarla per il modo in cui aveva saputo calare una sorta di velo sul suo viso, cancellando alla perfezione il fatto che lo aveva riconosciuto.

    Ma ammirazione non era certo la parola giusta con cui Angelos poteva definire ciò che provava per lei. Quello che provava era... qualcosa di diverso. Qualcosa di molto, molto diverso. Qualcosa che era rimasto sepolto per cinque lunghi anni sotto la colata di lava che lo aveva scottato e che col tempo si era raffreddata indurendosi.

    Fino a quel momento.

    Angelos infilò la mano nella tasca all’interno della giacca per estrarre un biglietto. Lo gettò davanti a lei sul tavolo. «Chiamami» le disse. Senza alcuna inflessione nella voce. Senza alcuna espressione sul volto.

    Poi si girò e andò via.

    Mentre si allontanava, tirò fuori il cellulare e premette un solo tasto. Gli risposero immediatamente. «La bionda. Voglio un dossier completo per quando sarò di ritorno nella mia suite.» Fece una pausa. «E su quel cretino che è con lei.»

    Ripose il telefono e tornò al suo tavolo.

    «Thea? Ma che diavolo succede?» L’accento aristocratico di Giles diceva che era divertito.

    Lei alzò lo sguardo dal biglietto da visita. Per un momento qualcosa sembrò smuoversi nella sua espressione.

    «Angelos Petrakos.» Thea sentì il compagno che leggeva il nome sul biglietto. Veniva da molto, molto lontano. Dalle profondità del purgatorio.

    Angelos Petrakos. Il nome riecheggiò nella sua mente. Cinque anni. Cinque anni...

    Sentiva ancora il rombo della detonazione dello shock dentro di lei. Invisibile, ma esplosivo. Una forza distruttiva che riusciva a stento a sopportare. Ma avrebbe dovuto resistere, anche se si sentiva come travolta da una spaventosa ondata che la scuoteva e tutto ciò che poteva fare era lottare con le unghie e con i denti mentre quella forza la sopraffaceva.

    Passata l’onda dello shock, fu l’arrivo di un altro elemento a destabilizzarla: il panico. Un calore bruciante, una fiamma, le si accese nel petto dandole l’impressione di soffocare. Con uno sforzo sovrumano Thea lo respinse e riprese il controllo di sé. Ma ormai era fragile come un foglio di carta velina.

    Ce la posso fare!

    Ringhiò quelle parole nel vortice della sua testa. Parole famigliari, che un tempo erano state il suo mantra personale. Un mantra che l’aveva tenuta in piedi e portata fin dove adesso si trovava. Al sicuro. Nel pieno dominio di sé.

    Si sforzò di sbattere le palpebre e mettere a fuoco il volto di Giles, l’uomo che rappresentava tutto ciò che lei aveva sempre bramato, che aveva sempre desiderato ottenere. E lui era ancora lì, seduto davanti a lei. Ancora una sicurezza per lei.

    Va tutto bene. Va ancora tutto bene.

    In fretta, ingoiò l’ultimo strascico di panico.

    Giles aveva voltato la testa per guardare l’uomo alto che attraversava il ristorante. «Certo non è il tipo da curarsi delle buone maniere» disse, la disapprovazione palese nella sua voce.

    Thea sentì un impeto di isteria gorgogliarle pericolosamente nella gola mentre cercava di riprendersi. Buone maniere? Per Angelos Petrakos? Quando le ultime parole che ha avuto per me cinque amarissimi anni fa sono state...

    La sua mente si chiuse. No! Non ci pensare. Non ricordare. Neanche per un istante!

    Giles stava di nuovo parlando. Lei si sforzò di ascoltare, di tenere a bada la tempesta di emozioni che le si agitava dentro fino a terrorizzarla. Stava cercando di negare con tutta se stessa ciò che era appena successo. Cercava di negare che Angelos Petrakos, l’uomo che l’aveva distrutta, era appena ricomparso da chissà dove, come un oscuro demone del passato.

    Il panico serpeggiò di nuovo in lei, tagliente come un rasoio.

    «Forse ti vuole assumere» ipotizzò Giles. «Anche se i suoi modi sono strani ed estremamente incivili. Tuttavia...» La sua voce cambiò. «Non c’è ragione perché tu accetti altri appuntamenti. Be’, sta a te...» Si schiarì la gola. «Il fatto è, Thea...» riprese. «Quello che stavo per dirti, prima che quel tizio ci interrompesse... Be’, vorresti prendere in considerazione...?»

    Si fermò di nuovo. Lei non riusciva a muoversi. Non riusciva a respirare.

    E Giles non faceva altro che fissarla, senza articolare una parola. Poi, sollevando il mento di scatto e con la voce che non era più esitante, disse semplicemente: «Mia cara Thea, vorresti farmi l’onore di diventare mia moglie?».

    Lei chiuse gli occhi. Le lacrime che pungevano dietro le palpebre. E nella sua mente infuriava una bufera di puro terrore. Mentre cercava di aggrapparsi con le unghie e con i denti a se stessa per non sprofondare sempre più giù, nel profondo baratro che cercava di inghiottirla.

    Riaprì gli occhi. La gratitudine che si faceva strada dentro di lei, insieme a un profondo sollievo. «Certo che lo voglio, Giles» rispose, la voce dolce, le lacrime che le brillavano negli occhi come diamanti. Il sollievo era profondo come l’oceano.

    Era al sicuro. Al sicuro. Per la prima volta nella sua vita. E niente e nessuno avrebbe potuto toccarla adesso.

    Mentre il terrore e il panico defluivano nel dolce sollievo della proposta di Giles, Thea fu tentata di voltare la testa e guardare con sfida il resto della sala, come per uccidere con lo sguardo l’uomo che era arrivata a odiare con tutto il suo essere. Ma non lo fece. Non gli avrebbe dato quella soddisfazione e avrebbe continuato a far finta che il suo arrivo non l’avesse turbata.

    Qualunque scherzo del destino lo avesse portato lì quella sera, però, aveva reso Angelos spettatore inconsapevole della vittoria di Thea. E fu lei a sentirsi soddisfatta.

    Oh, ma allora esiste la giustizia divina! Esiste eccome! Ed era più che giusto che lui si fosse trovato lì nel momento in cui lei raggiungeva il punto di massima realizzazione della sua vita. Proprio lui che per poco non l’aveva distrutta.

    Ah, ma io non gliel’ho lasciato fare! Mi sono risollevata in piedi e adesso sono qui. E ho tutto quello che ho sempre voluto. Te ne puoi andare all’inferno, Angelos Petrakos! Esci dalla mia vita e restane fuori per sempre!

    Poi Thea tornò a guardare Giles, scacciando la propria ira. Guardò negli occhi l’uomo che stava per sposare, mentre dall’altra parte della sala gli occhi di Angelos Petrakos erano duri e affilati come lame di coltello.

    Il resto della serata passò come in un sogno per Thea. Si sentiva grata e sollevata, ma sapeva di avere ancora molta strada da fare. Lei non era la sposa ideale per Giles. E come avrebbe potuto esserlo? Ma sapeva che avrebbe lavorato sodo per diventare quella moglie che lui non avrebbe mai rimpianto di aver sposato. Non lo avrebbe deluso. Non Giles. Poiché ciò che le stava dando non aveva prezzo per lei. Non glielo avrebbe fatto rimpiangere.

    E ce la posso fare. Mi sono riscattata, non sono più quella di un tempo. Posso essere una moglie adatta a Giles.

    Sentì la risolutezza crescere in lei. Il suo compagno meritava il meglio da lei e Thea non avrebbe lesinato i suoi sforzi. Imparerò a essere perfetta, promise, mentre ascoltava Giles parlarle ancora di Farsdale, la tenuta ancestrale nello Yorkshire che un giorno avrebbe ereditato.

    «Sei sicura di voler vivere là?» le chiese dubbioso. «È enorme, lo sai.»

    Lei gli sorrise con affetto. «Farò tutto ciò che vorrai. Spero solo di non deluderti.»

    «Mai!» ribatté lui rapidamente, prendendole la mano. Thea sentì un tepore riscaldarle l’animo. «Non succederà mai! Sarai la viscontessa più bella e incantevole che ci sia mai stata nella mia famiglia.»

    Angelos era in piedi, le mani aggrappate alla fredda ringhiera di metallo della terrazza sul tetto

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