Il caso Pacciani: storia di un processo mass mediatico
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Il caso Pacciani - Raffaele Ganzerli
Indice
Il caso Pacciani: storia di un processo mass mediatico
Introduzione
Il contesto sociale, politico e culturale negli anni del processo
Genealogia di un processo
Dal contadino al Mostro
Chi era Pacciani?
Il processo
La parabola mistica del contadino di Mercatale
Considerazioni sullo svolgimento del processo
Antropologia di un personaggio
Processo d’ appello e compagni di merende
Compagni di merende
La morte di Pacciani
Il grimaldello contro le procure
Conclusioni: l’effettiva influenza del media sullo svolgimento del processo
Raffaele Ganzerli
Il caso Pacciani: storia di un processo mass mediatico
ISBN | 9788831682299
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Youcanprint.it
Introduzione
Quello a Pietro Pacciani è stato il primo e più importante caso giudiziario di rilevanza nazionale raccontato e condizionato dai media.
E’ questo l’aspetto che sarà trattato in questo libro. Premetto che non sarà l’ennesimo tassello nell’archivio della infinita controversia tra innocentisti e colpevolisti; una diatriba stantia e persino sottotematica.
La presente vuole essere una dissertazione sul piano mass-mediologico prestando particolare attenzione nella raccolta di spunti sul piano sociale ed antropologico.
Iniziamo allora col domandarci che cosa ha rappresentato il Processo Pacciani per quegli anni, e perché ha senso approfondire ancora oggi questo caso che, nell’era dei social media, continua a suscitare interrogativi sul condizionamento imposto dai media in ambito di dinamiche politico giudiziarie.
Il contesto sociale, politico e culturale negli anni del processo
La temperie culturale di fine anni ‘80, metà anni ‘90 è caratterizzata da violenti mutamenti sul piano della stabilità politica e sociale. Non mi dilungherò ad elencarli tutti, né a fare una trattazione su questi. Vorrei però focalizzarmi su alcuni episodi chiave particolarmente indicativi e utili in questa analisi e che riguardano due eventi storici: la caduta del muro di Berlino (1989) e l’inchiesta Mani Pulite.
Iniziamo dal primo.
‘E’ un freddo novembre del 1989 quando i telegiornali di tutto il mondo mandano immagini che preannunciano la fine di un’epoca. Lo sgretolamento della più famigerata barriera tra popoli era già iniziata prima che si sbriciolasse il cemento. Non è ancora un fatto compiuto, ci vorrà tempo per abbatterlo fisicamente e ancor di più per completare un processo di riunificazione che si preannuncia spinoso. Ma il messaggio che proviene dai media è chiaro: la divisione non esiste più. Appaiono sugli schermi facce nuove, diversi anche da quei turisti tedeschi che eravamo abituati ad incontrare in vacanza con il Westfalia e i sandali. Hanno capigliature insolite, vestiti consunti e di bassa qualità, automobili dal design molto minimalista. Varcano la soglia del muro con espressioni che vanno dall’euforico al basito. Per i più giovani è la tanto agognata breccia sul varco che li separava dai fratelli dell'ovest, per i più anziani una porta che si riapre. Le telecamere indugiano su di loro e li intervistano: sorridono perché non hanno soldi per fare acquisti nella ricca metà occidentale, ma a loro interessa farsi un giro e tornare a casa quando vogliono e senza il rischio di sentire fischiare le pallottole.
Fermiamoci qui: che cos’è successo in questo preciso frame dal punto di vista sociologico? Perché è così importante la presenza di tv e giornali in quel preciso istante?
I mass media non hanno solo registrato un fatto storico, lo spartiacque di un’epoca, ma contribuiscono essi stessi a dare un connotare l’inizio di quella che sarà l’epoca a venire.
Prima di questo fatidico novembre ‘89 i cittadini della DDR non esistevano come liberi individui pensanti, ma era i membri di una collettività nazionale eterodiretta. Le libere interviste che rilasciano a tv e giornali di tutto il mondo sanciscono la fine di questa forma di condizionamento di pensiero: ora, in teoria, possono esprimere le loro opinioni senza la preoccupazione di trovare la STASI davanti alla porta di casa il giorno dopo.
Inizia per la Germania dell’ est, come per altri paesi della sfera di dominio sovietico, il processo di massificazione della società. Hanno sicuramente guadagnato in termini di libertà personale e di espressione, ma presto scopriranno che la società occidentale non è proprio quel paradiso di libertà tanto decantato. Le forme di manipolazione e controllo esistono eccome anche di là del muro, e lo strumento principale per metterli in pratica sono proprio i mass media.
In questi anni si concretizza anche il crollo dell’ Urss: la Guerra Fredda non ha più ragione di esistere venendo a mancare sulla scena uno dei due principali antagonisti.
Vengo subito incontro al dubbio che starà insorgendo nel lettore: ma tutto questo cosa ha che fare col contadino di Mercatale seduto in tribunale in attesa di una sentenza che lo vede imputato di 8 ergastoli?
Lo vedremo di seguito, intanto vi invito a memorizzare questi due fattori: l’ingresso delle masse (affiancate dai mass media) quale protagoniste di un evento epocale, e inizio di un’epoca post ideologica con tanti vuoti da colmare.
Passiamo ora ad un’altra pagina che ha fatto da spartiacque nella storia del nostro paese: la stagione di Mani Pulite.
Iniziamo dalla fine, o meglio dall’apice mediatico della vicenda. E’ la sera del 30 aprile 1993, presso l’Hotel Raphael una folla inferocita attende un inquilino particolare. E’ stato per diversi anni leader indiscusso del PSI (Partito Socialista Italiano) al governo e capo del governo stesso per diversi anni. Gli anni ‘80 lo hanno visto sulla cresta dell’onda anche come rappresentante della politica italiana nel mondo (è l’uomo del sorpasso sulla Gran Bretagna nella classifica delle più grandi economie mondiali, ma anche il Capo di Stato italiano che a Sigonella non ha piegato la testa davanti agli USA). All’inizio degli anni ‘90 si compie la sua tragica parabola discendente: entra nell’occhio del ciclone Tangentopoli. Viene dipinto come la preda più grossa nella caccia in corso, il capo orchestra di un sistema capillare di tangenti e corruzione. A completare il quadro di malcontento si aggiunge il famigerato prelievo forzoso sui conti correnti per far fronte alla crescita ipertrofica del debito pubblico italiano causata di una politica economica scellerata condotta proprio da Craxi.
Quando la Camera respinge quattro delle sei autorizzazioni a procedere nei confronti del leader socialista, qualcuno decide che la misura è colma e nell’arena politica si scaglia un nuovo protagonista: la folla inferocita. Lo aspettano all’uscita in centinaia, volti anonimi, coordinati da non si sa chi ma sembrano un gruppo ben coordinato di piranha. Craxi potrebbe uscire da una porta di sicurezza, evitando la gogna ma decide di affrontare la platea a muso duro, con anche un accenno di sprezzo che si intravvede sul