A proposito di famiglie femminili del cavallo purosangue
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Anteprima del libro
A proposito di famiglie femminili del cavallo purosangue - Paolo Salvadori
633/1941.
Ringraziamenti
Una speciale dedica al caro amico Eteocle Bassi, a cui è riservata l’introduzione di questo nuovo lavoro.
Un affettuoso ringraziamento a mia moglie Bianca, che sopporta pazientemente le mie lunghe assenze passate in intimità con tastiera e video di un computer.
Un grande abbraccio a mia figlia Veronica che per prima ha avuto l’intuizione che il proprio pensiero possa, in talune occasioni, essere meglio esplicitato attraverso le pagine di un libro.
Prefazione
Quali sono i criteri che normalmente ci guidano nel privilegiare ed eventualmente acquistare uno o più individui tra quelli presentati nei cataloghi delle varie aste mondiali di cavalli purosangue inglesi?
Innanzi tutto il capitale a disposizione è elemento di estrema importanza, ma le nostre particolari scelte vengono generalmente indotte da alcuni fondamentali elementi:
°La famosa carta del soggetto, legata alle performance della madre e ai possibili neretti presenti nella linea femminile.
°Il pedigree, ahimè limitato in fase di presentazione solo alla terza generazione, basato soprattutto sullo stallone (spesso importante che sia di moda nel periodo).
°La morfologia, il modello accattivante, magari senza imperfezioni radiografiche, piuttosto che l’atteggiamento, il modo di muoversi, lo sguardo o quant’altro.
°Non ultimo, in caso di Aste di presentazione Breeze-Up, le caratteristiche del galoppo, il tipo di azione e la velocità di base del nostro prescelto.
°Infine, elemento non secondario, l’allevamento di provenienza.
Nulla di nuovo quindi, nulla che non abbia una sua logica e un preciso senso, insomma quante inutili parole nel trionfo dell’ovvietà.
Ma se la tendenza generale è comune ai più, non necessariamente significa che rappresenti sempre e comunque il miglior approccio alla scelta definitiva.
Le leggi di mercato, domanda offerta, oltre che le tendenze del momento, che inducono a privilegiare sempre più stalloni velocisti, provenienti per lo più da determinate stirpi, caratterizzate da una produzione precoce di soggetti adatti alle brevi distanze, sono spesso gli elementi che definiscono il destino e la carriera della maggior parte dei razzatori di successo.
Per la madre quello che importa è che si sia particolarmente distinta in corsa, che si evidenzi per una buona produzione, o che abbia una stretta consanguineità con soggetti che a loro volta abbiano ottenuto discreti risalti nella carriera agonistica.
Si guarda pertanto alle primissime generazioni e non alla consistenza del patrimonio genetico.
Certo il nick (costituito dalla relazione tra il padre del soggetto e lo stallone genitore della madre), che rappresenta di conseguenza i tre quarti della composizione di un pedigree, ha una sua precisa rilevanza.
La riuscita e la bontà di particolari incroci, che li porta a essere determinanti talvolta per lunghi periodi, non è mai casuale e deve essere approfondita nei minimi particolari, ma sovente viene tralasciato il cognome, che ciascun cavallo si porta appresso, cioè il riferimento in linea femminile da cui proviene.
Si ignorano di fatto e non vengono tenuti in alcuna considerazione alcuni elementi realmente essenziali nello sviluppo e nelle possibili qualità del soggetto prescelto, non si dà cioè il giusto risalto al compendio genealogico, rappresentato principalmente dalla famiglia di appartenenza dell’individuo in questione.
La scelta delle fattrici può essere caratterizzata per carità da mille fattori, ma non può prescindere dalla sua famiglia d’origine, così come l’analisi del pedigree, oltre a considerare le varie presenze di stalloni capirazza, deve essere estesa ad almeno la decima linea dinastica.
In questa sessione cercheremo di suggerire appunto quali famiglie scegliere in linea di massima, a fronte dell’alta percentuale di riuscita in pista dei prodotti che vi appartengono, in virtù di un presupposto fondamentale:
non tutti i soggetti che provengono da una particolare famiglia, saranno certamente dei buoni corridori o degli utili riproduttori, ma la probabilità che quest’ultime evenienze siano possibili, risulta di gran lunga superiore nel loro caso, rispetto a quello della maggior parte degli individui caratterizzati da altre linee femminili.
In alcune situazioni, per alcune famiglie, è stato comunque individuato un elemento simbolo, una sorta di emblema rappresentativo, da noi considerato particolarmente caro e speciale, a cui è stato dedicato un ulteriore capitolo di approfondimento.
Ora prima di analizzare le singole performance e le caratteristiche genealogiche di tutti i vari atleti emersi in prove elitarie, pensiamo sia necessario riproporre per l’ennesima volta una breve nota informativa sul significato di famiglie e sul motivo del loro elevato numero esistente in natura, per meglio comprendere l’argomento che stiamo trattando.
Come tutti gli appassionati dovrebbero conoscere, il concetto di purosangue nasce in Inghilterra verso la fine del diciassettesimo secolo.
Allo scopo di selezionare una razza di cavalli da corsa in grado di percorrere al galoppo una determinata distanza nel minor tempo possibile, con un peso stabilito in sella, vengono individuati in tempi diversi tre stalloni capostipiti, i famosi fondatori della razza:
Byerley Turk nato circa nel 1680.
Darley Arabian nato circa nel 1700.
Godolphin Arabian nato intorno al 1724.
A cui vengono presentate una cinquantina di femmine considerate funzionali allo scopo.
Si tenga presente che le fattrici selezionate, pur se di diverse provenienze, sono quasi tutte di origine orientale, così come i tre stalloni prescelti, e che quindi il purosangue inglese altro non è che un ibrido, frutto di un incrocio di cavalli orientali, concepito in terra anglosassone.
Gli eredi si accoppiano fra di loro a fronte spesso di rapporti incestuosi, e la popolazione aumenta diffondendosi in varie regioni europee, oltre che in altri continenti.
Tutti i prodotti nati vengono successivamente registrati in modo rigoroso in uno speciale libro (thoroughbreds stud book la cui prima edizione risale al 1793).
Permane la regola rigida, immutata fino ai nostri giorni, che ogni purosangue (dal Francese pur-sang che vorrebbe essere una traduzione fedele dell’ Inglese thoroughbred, che significa invece convenientemente allevato
) per essere considerato tale, deve provenire da prodotti già in precedenza regolarmente iscritti allo stud book ed essere registrato nello stesso.
Nei secoli successivi, alcuni grandi studiosi si incaricano prima di risalire alle origini (Hermann Goos pubblica nel 1855 in Germania Le antenate del purosangue inglese
) e poi di catalogare le madri capostipiti, abbinando a esse, un numero successivo e crescente di riferimento, a partire dall’1(uno), in funzione dell‘importanza dei risultati dei loro prodotti nati nel frattempo.
Si costituiscono così le circa 50 famiglie base (esistono a onor del vero anche delle successive famiglie americane, regolarmente registrate, che iniziano con la A da American family, con la B da Halfbred family o con la C da Colonial family, ma non complichiamoci la vita).
Alcune di queste si sono praticamente estinte, almeno in Europa, mentre la maggior parte sono state contraddistinte da continuatrici di tale importanza, da meritarsi un ulteriore riconoscimento, che altri studiosi hanno scelto di caratterizzare con sotto insiemi alfanumerici, per distinguerle dalle altre (ad esempio da 1-a fino a 1-x , da 2-a fino a 2-w, da 3-a fino 3-o e così via).
Abbiamo perciò a nostra disposizione un enorme libro genealogico, ove per ciascun cavallo si può risalire fino alle origini.
Ognuno degli iscritti al club appartiene a una specifica famiglia, poiché ripercorrendo a ritroso il ramo femminile, prima o poi ci si imbatte nella madre base.
In pratica tutti i purosangue hanno una sorta di cognome, che viene però trasmesso dalle madri ai figli.
Nei giorni nostri, a onor del vero, il concetto stesso di famiglia è diventato desueto, in effetti da parecchi anni, nessuno ha continuato il precedente lavoro di esimi esperti, individuando a esempio nuove fattrici degne di un nuovo indice di distinzione, per meglio catalogare migliaia di soggetti nati nel frattempo.
Così come da tempo il medesimo non viene più utilizzato come importante dato di riferimento nella quasi totalità dei cataloghi di tutte le aste mondiali.
È indiscutibile che ciò sia fortemente penalizzante, sia per analisi statistiche che per lo studio di nuovi incroci.
Introduzione
La vacanza estiva era iniziata da nemmeno una settimana. Assieme a mia moglie e a nostra figlia Veronica, dopo una permanenza di pochi giorni nella meravigliosa capitale del Portogallo, ci eravamo trasferiti col bus di linea in Algarve, precisamente a Praia De Rocha, la località di Portimao prospiciente il mare.
Era la prima volta che visitavamo quei posti. Ci saremmo tornati in seguito altre due volte.
Mi colpì particolarmente Lisbona, una città dolce, graziosa, con un che di antico e moderno che convivono splendidamente in maniera complementare. La disposizione delle strade principali ha un preciso senso geometrico, le linee metropolitane sono moderne e funzionali, il sistema tramviario è qualcosa di spettacolare, con i suoi piccoli tram gialli, con i finestrini sempre aperti e da cui ci si può affacciare all’esterno durante lo sferragliamento. Consiglio in particolar modo un percorso con la linea 28 che attraversa antichi e caratteristici quartieri cittadini. Con la testa protesa di fuori si rischia la vita, ma è un’esperienza da vivere assolutamente.
Soprattutto nel centro cittadino, ma non solo, potete trovare ottimi ristorantini, dove si mangia per lo più all’aperto in un trionfo di baccalà e vinho verde.
Lisbona, disposta lungo il fiume Tago, che sembra un lembo di mare, splende della sua bellezza tutto l’anno.
Giunti in Algarve, altro luogo di rara attrattiva, ci ambientammo immediatamente.
La sera della seconda giornata, mentre stavamo cenando in un caratteristico locale, squillò all’improvviso il cellulare. Chi rompeva a quell’ora pensai.
Era Renato da Pescara, solo poche parole per informarmi della triste scomparsa del caro Eteocle.
Purtroppo me lo aspettavo, perché era sofferente da tempo, colpito ahimè da uno schifoso male inesorabile, ma rimasi naturalmente di sale.
Bianca, mia moglie, vedendo che in quel momento il mio volto, nonostante l’abbronzatura, aveva assunto il particolare colore ben identificato dal suo nome di battesimo, mi chiese cosa era successo, preoccupata dalla mia espressione e dal mio stato. Anche Veronica, allora quasi quindicenne si stava sentendo a disagio. Cosa poteva essere accaduto?
Destino infame!!! Esclamai. È morto Eteocle.
Era il tre agosto del 2006, una giornata contrassegnata, almeno in Portogallo, da un clima stupendo. Avevamo passato naturalmente la maggior parte del tempo al mare, facendo delle lunghe passeggiate lungo la suggestiva spiaggia, contraddistinta dai particolari scogli che si affacciano e si dipanano sul bagnasciuga e dalle molteplici e frastagliate falesie dai colori dorati, che che si ergono a guisa di fortificazioni protettive a rappresentare una sorta di baluardo difensivo.
Poi lunghi bagni nelle azzurre e fresche acque dell’oceano e verso sera innumerevoli fotografie e affannose e strenue rincorse alle centinaia di gabbiani che quotidianamente si affollano in cerca di cibo sulla sabbia.
Amo molto questa specie di uccelli, stupidi e spietati, ma straordinariamente affascinanti. La lingua inglese ha saputo per loro coniare il termine più adatto, seagull
, anche se ultimamente questi spazzini del mare li troviamo ormai ovunque, soprattutto nelle grandi città metropolitane, stracolme di innumerevoli quantità di scarti alimentari.
Non si dovrebbe morire mai, ma soprattutto non si può morire in estate, la stagione della vita, della luce, della gioia e delle vacanze. Non era giusto.
Eravamo molto abbacchiati, Teocle, come solevo chiamarlo, era diventato uno di famiglia, nonostante la nostra amicizia, la mia e la sua, si fosse creata e fortificata nel tempo soprattutto nell’ambiente dei cavalli.
Era stato diverse volte ospite a casa nostra, e giusto l’anno prima ci aveva accolto dalla sorella a Pescara.
Già, l’estate del 2005. Una delle più belle che abbia mai trascorso.
Abitualmente non amo molto guidare nel periodo delle ferie estive, al massimo per i trasferimenti, abitazione-aeroporto, in caso di soggiorni all’estero, oppure dall’abituale residenza alla località prescelta durante le vacanze in Italia.
Quell’anno invece no, fu un occasione speciale. Percorremmo con la mia Ford Focus datata giugno 2000, che ancora possiedo, oltre cinquemila chilometri, girando in lungo e in largo nelle varie località del Salento.
Avevamo scovato, scorrendo tra le offerte in internet, un’opportunità fantastica in quel di Santa Maria di Leuca, una delle più belle località d’Italia. Tre settimane, pensione completa, ottimo prezzo, compreso le bevande ai pasti, quindi vino a volontà, in un confortevole hotel affacciato sul mare, nei pressi del porto.
Milano destinazione, erano oltre 1100 chilometri, pertanto decidemmo di fermarci a metà strada lungo il tragitto, guarda caso a Pescara, dove da poco si era trasferito Eteocle per trascorrere a sua volta le vacanze estive.
Lui era nato lì, nel capoluogo abruzzese, aveva casa vicino a quella dell’amata sorella e in quella città soleva tornare quando staccava per un breve periodo dall’attività di giornalista tutto fare presso la testata ippica dedicata esclusivamente al mondo dei cavalli da corsa, trotto e galoppo nell’analisi sia nazionale che internazionale.
Teocle avrebbe potuto essere un importante saggista, grazie alle sue capacità e grande conoscenze delle genealogie del cavallo galoppatore purosangue inglese. Aveva una buona cultura, una decisa esperienza e soprattutto un’ottima memoria, che gli permetteva in poche battute di analizzare pedigree e quant’altro di soggetti che si affermavano nelle principali competizioni del pianeta.
Soleva collaborare con riviste del settore, e nell’ambito redazionale si occupava di tutto, a seconda delle necessità. Non amava il computer e spesso, al bisogno, consultava i diversi tomi che conservava nella sua speciale biblioteca.
Quel giorno, mi ricordo, che arrivando puntuali nei pressi del centro pescarese dove avevamo fissato l’incontro, lo trovammo di fronte all’albergo in cui avremmo soggiornato per la notte.
Inutile rammentare, che il conto lo aveva già pagato in anticipo, il nostro era fatto così.
Mi colpì il suo abbigliamento, che trovai particolarmente insolito. Era in calzoncini e ciabatte.
Porca!!! Che stupido mi dissi. Eravamo al mare, cosa c’era di cosi strano, ma ero solito vederlo vestito di tutto punto, nei nostri abituali incontri di sabato, presso le scuderie milanesi. Rammento che lo obbligavo a calzare inizialmente gli stivali, che sostituiva poi con le scarpe eleganti, al fine di non sporcare i tappetini della mia auto con tutto quello che si potrebbe accumulare sotto le suole, passeggiando attraverso quei luoghi destinati alla cura e all’allenamento dei cavalli da corsa.
Una volta sistemati i bagagli, ci fece da Cicerone nella visita della città, in particolare del bel litorale, e sul tardi fummo ospiti per cena dalla sorella Mirella.
Oltre al marito, che aveva all’epoca una macelleria, erano presenti anche i loro due figli maschi.
Inutile rammentare che passammo una bella serata.
Mirella ci chiese in quale circostanza ci fossimo conosciuti, e cercando di non dilungarmi troppo iniziai a raccontare.
Frequentavo da anni il mondo delle corse, ma solo dopo un lungo periodo mi ero approcciato con un certo interesse alla studio e all’analisi dei pedigrees dei cavalli purosangue.
Eravamo più o meno verso la fine del 2001.
Leggevo tutto quello che mi passava tra le mani e in modo particolare ero affascinato dagli articoli di un certo Eteocle Bassi che periodicamente venivano pubblicati sul giornale delle corse.
Come tutti i neofiti, forse a causa della scarsa accettazione della propria ignoranza, mi incuriosivano soprattutto le notizie relative ad argomenti che già conoscevo e che cercavo di approfondire ulteriormente.
Nel frattempo, a differenza di Teocle che aveva una memoria di ferro e che non amava il computer, avevo iniziato a costruirmi dei database, funzionali allo studio genealogico.
Più andavo avanti nelle ricerche e nelle conoscenze, più mi sentivo smarrito, come se mi fossi perso per strada, stavo cacciandomi sempre più in un ginepraio. Ogni soggetto che analizzavo, mi sembrava avesse un pedigree di elezione, o comunque diversi punti di forza. Pertanto non riuscivo a comprendere perché ogni cavallo da corsa, avendo presenti nel proprio patrimonio genetico una serie di campioni, non fosse a sua volta un grande corridore. Cosa, in realtà mi chiedevo, distingueva i buoni individui da quelli meno concreti? Cercavo in qualche modo di trovare delle spiegazioni plausibili, ma non riuscivo a cavare un ragno dal buco.
Sentivo sempre più urgente l’esigenza di contattare qualcuno competente, non tanto per magnificare il mio sapere, quanto per chiedere aiuto, per cercare di uscire sano e salvo dal tunnel in cui mi ero ficcato, senza riuscire a trovare la