Senza Vento
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Anteprima del libro
Senza Vento - Pasquale Licursi
Epilogo
Note dell'editore
Questo libro è opera della fantasia dell’Autore.
Nomi, persone, società, organizzazioni, luoghi, fatti e avvenimenti citati sono invenzione dell’Autore, usati in maniera fittizia per incitare la narrazione. Qualsiasi analogia con eventi, luoghi e persone realmente esistiti o esistenti, è da considerarsi puramente casuale.
È vietata ogni riproduzione, anche parziale.
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Senza Vento
PASQUALE LICURSI
SENZA VENTO
Romanzo
Barkov Edizioni
Dedica
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna
(Giacomo Leopardi)
Dedica
Ai viandanti
1
Accendere una candela profumata e lasciarsi andare per capire dove finisce il fumo di una sigaretta bianca. È come aspettare il sonno, con calma e senza fretta. Dolcemente . E capire il perché di questo esserci, di questa strana sensazione di esistere. Quasi una forma di beatitudine e poesia. Cercare nella biblioteca della sala un libro che possa farla addormentare con più giustizia e senza veleni. Come una bambina senza peccati. Dopo la cena di latte e biscotti. Senza zucchero. Come ai tempi della scuola elementare. Bambina proprio. Con l’asfalto che ingombra poco ancora e terra che si fa fango dopo lunghe giornate di pioggia sottile. È sola nella casa grande che dall’ultima finestra affaccia sul campanile della chiesa. Coi corvi a gridare. Per capire mentre il sonno viene cosa dobbiamo lasciare e se dobbiamo lasciare qualcosa. Teresa ha gli occhi bruni e capelli bianchi raccolti come spugna sulla testa. Bellissima .
Quegli occhi di vita, senza ombre, né peccato. Pantofole comode e mani lunghissime. E un odore che non esiste. Lo senti ma non esiste. Mai stata così sola, coi nipoti vecchi - vecchi - che portano dolci alla domenica. E le campane suonano a festa nei giorni prima di Pasqua, con le palme fresche a riposare nei negozi e le signore dai parrucchieri col trucco e tutto il resto. A volte si alza dalla sedia e guarda fuori. Le strade, il marciapiede sopra, i balconi dei vicini e sorride. Un sorriso grande e con il cuore. Sorride di questo tempo che non vuole essere lento e di queste giornate passate così, senza motivo. Si tocca il seno andato e lo ripensa grande e vitale, come campo di grano prima della mietitura. Lo vede proprio e si rivede nello specchio e non un’ombra di peccato nasce. Niente. Nessun peccato strano. Solo l’amore per un uomo, il suo, che le ha regalato figli ormai lontani e notti al caldo di braccia contadine forti e dolcissime. E un odore che non potrà dimenticare. Fino a quando chiuderà gli occhi. Lei, Teresa, non esiste più. È come incontrare un rudere nei campi, con l’erba ovunque e alberi piantati dove un tempo era cucina o stalla. Un pò il suo corpo tutto intero che sembra arso ma è vivo, molto più vivo di corpi giovani che si bagnano nel mare del luglio che verrà. Così la vita le ha regalato belle giornate di sole, neve, preghiere sileziose e fatica vera. Il pane fatto in casa nei forni al primo piano. E il bagno alla domenica nella tinozza grande con l’acqua a riscaldare nel camino in cucina.
Una donna piena di anni sembra rimessa di grano di una volta. Entri e la polvere sottile non ti lascia respirare e se respiri ti si blocca l’aria in gola, ma resisti. Anche la vista si fa debole e non distingui bene se intorno è polvere o umidità.
È polvere.
Di grano maturo. Polvere, come quando ti volti è vedi figure e volti lontani. Li distingui ma tra la nebbia.
Io li ho visti i ragazzi felici. Ti aspettavano fuori di casa, come per volerti dire qualcosa che non dicevano mai. Li ho visti coi pantaloni corti e le ginocchia sporche. E le mani in bocca. Aspettavano seduti e mi guardavano passare. Poi passavo ma non dicevano. Erano contenti di vedermi e basta. Potevano tornare a casa, come se tutto fosse accaduto. Era un gesto quello. D’amore grande. Ed io profumata di lavanda proseguivo, allegra e felice degli sguardi ricevuti.
Capelli spettinati, abbronzatura non di mare ma di campagna all’aria aperta, di grano maturo, di fieno per cavalli liberi e di stoppie lasciate bruciare. Non guardavo, ma sentivo i loro odori di salsedine e di terra senza pioggia. Di bar proibiti ai minorenni e di liquirizia d’erba lasciata marcire al piscio di cani selvaggi, liberi e violenti. Dai denti bianchi, come neve. Memorie secolari che penetrano carne viva, fin dentro le ossa di una donna senza età. Vecchia ma viva come mai nessuno è stata.
Io sono viva, amore.