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ERO GAY a Medjugorje ho ritrovato me stesso
ERO GAY a Medjugorje ho ritrovato me stesso
ERO GAY a Medjugorje ho ritrovato me stesso
Ebook347 pages4 hours

ERO GAY a Medjugorje ho ritrovato me stesso

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About this ebook

Una storia che farà discutere.

Un cammino personale iniziato a Medjugorje che ha portato Luca ad una conversione profonda, grazie alla fede lì ricevuta.

Luca era gay e ha ritrovato se stesso, inaugurando una vita realizzata e felice.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJun 22, 2020
ISBN9788831681087
ERO GAY a Medjugorje ho ritrovato me stesso

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    ERO GAY a Medjugorje ho ritrovato me stesso - Luca Di Tolve

    TOLVE

    ERO GAY

    a Medjugorje ho ritrovato me stesso

    Titolo | Ero Gay a Medjugorje ho ritrovato me stesso

    Autore | Luca DI Tolve

    ISBN |978-88-31681-08-7

    VI edizione riveduta e ampliata

    © 2020 - Tutti i diritti riservati all’Autore

    Questa opera è pubblicata direttamente dall'Autore tramite la piattaforma di Youcanprint .e l'Autore detiene ogni diritto della stessa in maniera esclusiva. Nessuna parte di questo libro può essere pertanto riprodotta senza il preventivo assenso dell'Autore.

    È vietata la riproduzione anche parziale del testo senza l’autorizzazione dell’autore.

    Luca Sempre liberi di scegliere

    Always free to choose

    info@lucaditolve.com

    © Luca Di Tolve

    www.lucaditolve.com

    «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto

    e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova?

    Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo:

    "Rallegratevi con me,

    perché ho trovato la mia pecora che era perduta".

    Così, vi dico,

    ci sarà più gioia in Cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti

    che non hanno bisogno di conversione». (Luca 15, 4-7)

    A tutti i ragazzi e a tutte le ragazze in cammino e a coloro che hanno perduto la fede e la speranza di ritornare a essere

    ciò che Dio ha pensato fin dal principio.

    A Tarcisio Mezzetti,

    tornato alla casa del Padre il 19 marzo 2016,

    che ringrazio per avermi insegnato a combattere con tutto il mio cuore e le mie forze per la Verità.

    PREFAZIONE

    Robert Card. Sarah

    Prefetto della Congregazione per il

    Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti

    Le pagine che seguono contengono la storia di Luca Di Tolve, un uomo che ha sperimentato attrazioni per persone del suo stesso sesso e, dopo una profonda conversione, ha ritrovato se stesso, o forse sarebbe meglio dire ha riconosciuto la propria identità di persona creata e redenta, configurato a Gesù Cristo, il modello dell’uomo vero.

    Sarebbe, però, errato considerare questo libro una semplice autobiografia, genere che spesso presenta un sottile compiacimento: certo è narrazione sentita e non potrebbe essere altrimenti, in quanto i fatti che la compongono sono stati e sono vissuti. Pagina dopo pagina il racconto, le vicende e la vita diventano riflessione sulla Grazia, presa di coscienza di un uomo e dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, voluto e amato. La mente corre a un modello illustre e utile, le Confessioni di Sant’Agostino. Infatti parlare oggi della propria omosessualità non uniformandosi al pensiero dominante, ai luoghi comuni e all’ideologia di varia natura, leggendola e comprendendola, invece, alla luce dell’insegnamento della Chiesa come unico capace di dare e restituire all’uomo la sua vera vocazione divina, è un atto di grande e forse doveroso coraggio, una confessione nel senso più pieno, cioè senza artifici o immagini, diretta, che nasce dal cuore e si rivolge ai cuori: a cominciare dall’indagine del perché e del significato delle attrazioni per persone dello stesso sesso, mai accettate con rassegnazione, come qualcosa di innato, oppure esaltate come una nuova frontiera dell’essere.

    Il libro è anzitutto storia profondamente e chiaramente umana. Colpiscono le pagine in cui l’Autore descrive la sua infanzia, la sua prima giovinezza, i rapporti difficili in famiglia coi genitori, e all’esterno coi coetanei, la scoperta dell'attrazione per lo stesso sesso e l’esercizio dell’omosessualità, la frequentazione degli ambienti omosessuali italiani ed esteri, l’attivismo sul fronte gay e lesbico, le relazioni personali vissute con gli appartenenti allo stesso sesso. Sono passi taglienti nella cruda e reale esposizione e perciò più utili ché non acconsentono a facili vittimismi, quando tratteggiano il raggiungimento di fama, evidenza massmediatica, danaro e conoscenze nel jet-set, del mondo patinato della moda e delle mode, l’uso spregiudicato della propria attrattiva fisica e della propria avvenenza giovanile, il gusto per una libertà senza confini e imposizioni.

    Qui si impone una prima riflessione fondamentale: l’Autore si rende conto, all’apice del successo personale, di non essere felice e di avere bisogno d’altro; di avere messo se stesso al centro, senza essersi compreso; di avere indossato una maschera apparentemente sicura ma che è difficile da togliere. Nel cuore dell’uomo è stata inscritta la Verità su se stesso e nel rapporto col suo Creatore, Verità che urla ed è spina nel fianco di paolina memoria. In estrema sintesi è la capacità di rendersi conto di ciò che è male e bene per sé e per gli altri e la possibilità di scegliere il Sommo Bene: in tal senso sono memorabili in proposito le pagine della splendida enciclica Veritatis Splendor di San Giovanni Paolo II. Perpetra un inganno pericoloso chi nega questa voce, zittendola e degradandola a non accettazione di quello che si è e delle proprie inclinazioni. Così è misconosciuta l’essenza più profonda dell’uomo, quale essere ragionevole e libero. Quel germe di Verità suggerisce che esso, nella sua immagine e somiglianza a Dio, è stato creato maschio e femmina e che ciò si impone con l’evidenza incontrovertibile della realtà. Disattendere questo dato reale significa negare la realtà stessa e la creazione, e partire invece dall’inclinazione sessuale per introdurre una terza altra categoria, quella del gay, o addirittura altre numerose e infinite categorie, come quelle del gender: questo è un artificio illusorio, poiché l’uomo e la donna non sono più quello che in realtà sono, ma quello che vogliono, annullando la loro oggettività o la loro realtà biologica in una instabile soggettività. La Chiesa ha sempre combattuto il tentativo di ritenere e ridurre la persona alle proprie inclinazioni e ha messo in guardia dalle conseguenze, ovvero l’annullamento e la negazione della persona stessa: questa operazione oggi è assurta a ideologia e come tale è imposta con ferocia, impedendo con ogni mezzo di smascherare l’inganno, proscrivendo chi si pone delle domande.

    Già nel 1986 il magistero, nell’importante Lettera ai vescovi della chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, analizzava questa tendenza e il pericolo nel sottrarre alla realtà la distinzione tra uomo e donna per introdurvi quella tra eterosessuale e omosessuale. Paventava il cambiamento di linguaggio, che tuttavia non può mutare la creazione e la sua essenza, cioè quella di atto d’amore di Dio. Riaffermava la statura della persona non limitabile e descrivibile partendo solamente dalla dimensione sessuale, ma quale essere tendente al bello, all’arte, all’intelligenza, attratto verso il trascendente, verso la conoscenza di Dio e della vita eterna.

    Antropologia che è riaffermata nel Catechismo della Chiesa Cattolica del 1997 e che contiene pochi ma pieni di significato numeri dedicati alle persone che sentono attrazione per il loro stesso sesso, alle quali è proposta la castità lontana da qualsiasi moralismo e autocastrazione, ma piuttosto come ambito della loro piena realizzazione e come raggiungimento della perfezione cristiana. Ovvero, l’imitazione di Cristo, vero Dio e vero Uomo.

    Il libro è storia dunque di una ricerca che si fa drammatica e al tempo stesso manifestazione della Grazia, opera dello Spirito, di cui si diceva all’inizio: le vicende tragiche di compagni e di amici travolti dalle conseguenze di comportamenti e vite ai limiti; la mancanza dei rapporti con le figure genitoriali, sono solo il principio della riflessione che sulle prime è disorientamento e paura, è deserto, è croce sofferta, non immediatamente compresa e accettata. Eppure da questo deserto uscirà la consapevolezza di essere stato e di essersi ingannato. È confessione piena e schietta, perché il lettore si accorgerà come Luca Di Tolve non cade in un’altra, peggiore illusione, quella di attribuire le proprie attrazioni, così creandosi una giustificazione e autoassolvendosi, al suo vissuto, alle difficoltà familiari e di socializzazione, alle ferite emotive e relazionali.

    Se la sua vicenda è storia di Grazia, ove la misericordia di Dio sovrabbonda, nondimeno è anche storia di giustizia: l’Autore ha messo in gioco tutta la sua volontà e non si è sottratto alle sue scelte passate, con un impegno responsabile, nel senso etimologico latino di dare risposte, di rispondere delle proprie azioni. Papa Benedetto XVI ha recentemente ricordato come la Fede senza una concreta declinazione morale rischia di diventare un pensiero astratto.

    La storia di Luca Di Tolve è dunque presa di coscienza di essere stato creato uomo. I tratti del libro in cui l’Autore narra come giorno dopo giorno, con l’aiuto delle terapie riparative, ma soprattutto con il riacquisto della Fede abbia ritrovato la sua identità di battezzato, sono forse quelli più vibranti, ma lontane da effimeri passeggeri entusiasmi o sentimentalismi: la Croce prima sofferta e incompresa è diventata la via per la resurrezione, per la redenzione nel senso di ricreazione. La confessione diventa il confiteor in unum baptisma, diventa Fede totalizzante e come si è detto imitazione di Cristo, configurazione a Cristo.

    È doverosa un’altra considerazione: nulla c’è di più lontano, nella vicenda dell’Autore, che considerare l’omosessualità come qualcosa di innato. Questo è un altro inganno, perpetuato ai danni della libertà umana. Non esiste prova scientifica alcuna di una omosessualità genetica e perciò inconsapevole o obbligata. Quand’anche la scienza riuscisse a dimostrare che omosessuali si nasce, rimane il fatto che ciò non può comprimere la libertà dell’individuo nelle proprie scelte e nei propri comportamenti. L’insegnamento della Chiesa, esperta di umanità, è chiaro quando condanna il peccato, cioè la ribellione consapevole e deliberata contro Dio, ma mai il peccatore. Non è un caso che ha riempito il cielo di sante e santi e non ha mai condannato nessuno all’inferno, pur ammonendo che la perdizione è una possibilità e un pericolo.

    Il libro è anche storia di vocazione alla famiglia. È luminosa la descrizione dell'incontro con la donna che diverrà poi sua moglie, avvenuto in luogo e in circostanze significative.

    È storia di perdono e di incontro, o meglio rincontro con i genitori. Ed infine è storia di missione. Da qui l’instancabile opera di aiuto al prossimo esercitata da Luca Di Tolve attraverso i seminari e le testimonianze, il sostegno a chi provando attrazioni si pone le stesse domande sulla propria identità di uomo creato a immagine e somiglianza di Dio e che ricerca la verità. La confessione di Fede diviene anche carità.

    Come si diceva, il libro è storia di conversione e di impegno verso la santità, ma anche di desiderio della santità stessa: questa non può essere insegnata e indicata ad altri fratelli quale fine dell’uomo, se non quando si è consapevoli della necessità della propria santificazione quotidiana nella sequela di Gesù Cristo.

    È dunque anche storia dell’esercizio delle virtù umane, della sapienza, della fortezza, della temperanza e della prudenza ma anche custodia e fiducia in quelle teologali della Fede, della speranza e della carità.

    INVITO ALLA LETTURA

    Mons. Giovanni d’Ercole

    Ho letto con grande attenzione e interesse questa testimonianza di Luca, che ho avuto modo di incontrare ormai più volte. Una testimonianza personale, toccante e per molti versi coraggiosa: va letta con lo spirito aperto e libero di chi non nutre preconcetti, ma è consapevole che il cuore di ogni essere umano è un mistero, mistero di amore non sempre decifrabile sino in fondo nella sua verità.

    Luca racconta il suo percorso fatto di fughe e di buio, che, a un certo punto, scopre la bellezza della luce che rischiara dentro l’animo. E tutto riparte in modo nuovo.

    In un’epoca in cui il disprezzo per il «diverso» porta a gesti di intolleranza assurda e non di rado omicida, questa è una storia che va guardata con attenzione, ponendosi in ascolto di un Dio che ci ama come siamo per renderci come Lui ci vuole. Nella nostra epoca, dove spesso un certo conformismo culturale porta a semplificare eccessivamente il tema dell’identità sessuale, accusando troppo alla leggera di omofobia chi, ispirandosi al Vangelo, presenta l’argomento della sessualità umana in maniera che può sembrare contro corrente, la testimonianza di Luca è un esempio da considerare senza volervi vedere un giudizio nei confronti di chi fa altre scelte.

    Ognuno in fondo è alla ricerca delle felicità e assetato di amore. Luca ci racconta come ha incontrato la felicità che coabita con la sofferenza e la fatica.

    A ben vedere, allora, il suo racconto può essere un incoraggiamento per chi è alla ricerca e un sostegno per chi, dibattendosi nella fatica della propria vita, non sa a chi rivolgersi.

    In questo libro può trovare una porta aperta e un sentiero già percorso da altri; per questo più facile da intraprendere.

    Per chi è credente l’abbraccio di Maria, Madre di Dio, è da sempre il rifugio sicuro e la guida consolante verso l’incontro con Gesù, l’unica vera riposta ai quesiti esistenziali che abitano il cuore dell’uomo

    Premessa

    DISINCANTO E RINASCITA

    A un certo punto l’esistenza che conduci non ti soddisfa più. Hai provato tanto, ti chiedi se non hai provato tutto e senti che stai mettendo a repentaglio anche la salute. Ma, quel che è peggio, ti accorgi che non sei felice.

    Hai spostato l’asticella più su, hai bevuto sempre di più, hai provato sostanze di ogni tipo, hai cercato di colmare i vuoti con tutte le cose materiali possibili, aggrappandoti a tutte le ginnastiche e posizioni, a tutte le sensazioni sessuali, a tutte le filosofie e religioni, cercando disperatamente l’amore in ogni angolo dei salotti e della strada… ma nonostante tutti gli sforzi la qualità della vita non è migliorata.

    Allora, come per incanto, cominci ad accorgerti delle nebbie soffocanti che ti circondano, ma nell’attimo stesso ti avvedi che hai poco tempo e due sole possibilità: o lasciarti inghiottire e morire con esse, o provare a riemergere, cambiando totalmente strada con una «conversione a u». Ma non è facile, perché, se la ragione è leggera e vorrebbe volare via, le membra sono ormai fiacche e avvezze al vizio di quel piacere effimero, che pure dona loro qualche istante di estasi nel godimento carnale.

    Sono entrato con questa consapevolezza in una nuova fase della mia «militanza gay». Di giorno provavo a difendermi da quanto avrei fatto di notte. Mi dicevo che sarei rimasto a casa, che ne avevo le scatole piene di quella finzione spietata per cui ogni senso di pienezza e realizzazione cessava insieme con l’eiaculazione. Ma la sera bastava un nonnulla per riaccendere il vortice del vizio. Magari anche solo un sms, quando non erano gli amici che passavano a prendermi, e le passioni mi spingevano a ripercorrere il ciclo del loro triste soddisfacimento.

    Entravo nel locale in camicia e verso l’una mi trovavo immancabilmente a torso nudo, euforico, grazie anche all’alcol, in preda all’eccitante presagio di come avrei dato sfogo a quell’ennesima serata. Quanta gente salutavo, quanta gente conoscevo. Giovani ragazzi e corpi palestrati si mettevano in bella mostra, anche per me, vivendo la mia stessa emozionante attesa. Era come trovarsi in pasticceria di fronte a un banco imbandito, con una commessa gentile pronta a dirti: «Scegli ciò che vuoi». Così, come un bambino che fiacca i suoi buoni propositi, anch’io mi gettavo in una nuova abbuffata di piacere.

    Solo che adesso mi accorgevo subito del mal di pancia e quanto fosse malsano il cibo che tanto mi attirava. Ora cominciavo a mettere a fuoco l’eterno ritorno che presiedeva al rito di ogni mio atto sessuale: mi abbandonavo al desiderio, ormai sempre più sotto gli effetti di qualche sostanza «consolatoria», per rispondere al bisogno di compensazione del trauma subito nell’infanzia; seguivano i preliminari del rapporto, in cui, anche attraverso l’affinamento di pratiche tantriche, avveniva la dissociazione fra sentimenti e ragione: in questo modo, anziché assecondare il bisogno di intima relazione, si «armavano» le pulsioni; quindi, mi gettavo nel corpo a corpo di un coito animalesco, che non è fatto di comunione, di cameratismo, ma di realizzazione di sé nella sopraffazione dell’altro.

    Da ultimo mi ritrovavo esausto a fare i conti con il mio fallimento. Mi trovavo schiantato come dopo un salto nel vuoto con gli sci o frastornato, a terra, scaraventato fuori dall’auto da corsa che, pure, mi aveva fatto sognare.

    E qui riaffiorava dal profondo una voce a dirmi che mi stava bene se avevo la bocca nel fango, perché era il fango che avevo cercato e voluto mangiare. In questa fase, finalmente, l’intelletto ritrovava la via dell’io e le passioni si ammorbidivano nei sentimenti, che ora si impregnavano di un vago e via via più certo senso di dissociazione, di vergogna e di colpa, che, con sguardo al bambino innocente che ero stato, chiedeva anche scusa, dichiarandosi pronto a riparare il male fatto e deliberatamente subito.

    Da questo stadio primigenio di coscienza sono ripartito: è bastato il mio piccolo sì perché iniziassi una risalita difficile, resa possibile per grazia, dall’alto, un giorno qualsiasi, il più importante per me, nel faccia a faccia con Padre Pio e poi con la Vergine Maria, che mi ha trafitto il cuore a Medjugorje.

    Mi chiamo Luca di Tolve.

    Ero gay, ora sono sposato con Terry, sono padre e sono felice! Questa è la mia storia…

    1

    VI PRESENTO I MIEI

    Una bambina con la valigia

    Nel vivo della contestazione giovanile mia madre andò a trascorrere un periodo da una zia, che abitava con la nonna a Milano. Nel 1968, l’anno che verrà preso a simbolo della modernità e di una concezione nuova della vita, lei aveva appena 16 anni, ma decise di iniziare a lavorare. Partì dal Sud e non tornò più indietro. Era una ragazza energica, intraprendente, sempre in movimento e sapeva darsi da fare.

    Il Meridione, con i suoi riti, le tradizioni familiari e i vincoli d’onore, le stava troppo stretto. La tv era già entrata stabilmente nelle case degli italiani, portandoci dentro il mondo; e mia madre fu presa presto da un irresistibile desiderio di compiere il percorso inverso e di uscire a scoprire da sé persone, cose e Paesi lontani. In questo processo di formazione influirono anche il cinema e i grandi complessi musicali che si affermarono proprio negli anni Sessanta. I cantanti della Beat Generation fecero sognare e desiderare a un’intera generazione un mondo diverso, colorato e frizzante.

    La cantante preferita da mia madre era Caterina Caselli: voleva incontrarla, conoscere il suo mondo, come tante altre giovani in cerca di rifarsi una vita. Fu, forse, prima di tutto per questo che venne a Milano.

    Nel capoluogo lombardo aveva partecipato alle manifestazioni per i diritti dei lavoratori e si erano trasferiti, prima di lei, alcuni parenti e amici che, qui al Nord, raccontavano di aver trovato l’America.

    Mia madre mi descriveva il trasferimento nella «gran Milan» come un periodo creativo, assolutamente propositivo, pieno di cose da fare; cambiava un impiego dietro l’altro, perché c’erano svariate opportunità di lavoro e la sensazione che si andasse comunque a stare meglio. Il mitico Sessantotto, con la lotta femminista e le sue rivoluzioni all’insegna dell’emancipazione sessuale, fece il resto per aggiungere interesse e curiosità.

    I giovani si conquistarono in quegli anni una libertà di cui non avevano mai goduto prima; soprattutto nelle grandi città, per un’apparentemente inesauribile profferta di sempre nuovi intrattenimenti. Bar, cinema, trattorie, pizzerie, pub e tanti locali nuovi per quei tempi, come le Disco Dancing, facevano a gara nell’ammaliare i passanti fra insegne luccicanti, lampadine soffuse, giochi di candela e altri sotterfugi, che promettevano un’irresistibile e intensa vita notturna.

    Mamma, che era un tipino solare e sveglio, non ebbe problemi ad ambientarsi né, tantomeno, a stringere nuove amicizie ed entrò danzando lieta nell’età adulta; o, forse, ci si tuffò a capofitto. In ogni caso, al principio, inconsapevole che la conquista della propria autonomia comporta sempre anche dei costi

    .Fotografano perfettamente quel periodo alcune istantanee dove la mamma, sorridente, porta i pantaloni a zampa di elefante e i capelli acconciati in modo curioso e birichino su altrettanto stravaganti vestiti a fiori. Nel verde dei suoi anni, affrancata dalla madre e del tutto a suo agio nei lacci allentati della zia e della nonna già avanti negli anni, assestava anche così un bel calcio al paesino della Puglia dove era nata e cresciuta, imbrigliata e scontenta fra ataviche convenzioni maschiliste.

    «Al paese», si lamenta ancora oggi mia madre, «una donna era soggetta a pesanti limitazioni, che la ferivano nella dignità e ne soffocavano le opportunità di azione.» Mamma ricorda che quando usciva di casa, anche solo per la spesa, doveva essere accompagnata dalla sorella e che, in ogni caso, non poteva mai girare per le strade da sola, neppure di giorno, per evitare il rischio di venire disonorata o di trovarsi ad affrontare situazioni sconvenienti. «Non c’era fiducia e io non ci stavo più dentro», conclude immancabilmente il suo racconto, citando un celebre film di Mario Monicelli, La ragazza con la pistola, interpretato, dice, «in modo magistrale, dalla grande Monica Vitti».

    Insomma, chi volesse conoscere la storia di mia madre, capire meglio da che cosa stesse scappando, dovrebbe rivedersi quella pellicola.

    Una Milano (ancora) da bere

    Fra i modelli di riferimento dei giovani sessantottini un posto preminente era occupato da tutti quei cantanti che cavalcavano l’onda della contestazione e, in un certo senso, s’ispiravano all’ideologia rivoluzionaria del Sessantotto, i cui effetti miravano a capovolgere l’ordine costituito. Un ordine, cioè, dove «tradizionale» coincideva con «chiuso, rigoroso e legalista, triste e bigotto, senza apertura mentale».

    Dopo gli scotti di due guerre mondiali e delle distruzioni causate dalle più gravi ideologie – nazismo e stalinismo – ripresero nuovamente piede il mito della scienza e del progresso, con la

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