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Diario Pandemico - memorie d’istanti distanti
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Ebook180 pages2 hours

Diario Pandemico - memorie d’istanti distanti

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About this ebook

Stare in un tempo sospeso porta a galla paure ancestrali. I giorni di questa pandemia, passati in bilico tra la voglia di vita e ed il “principio di precauzione”, con sullo sfondo l’ombra della morte, ci hanno costretto ad un’introspezione profonda. Ognuno ha reagito come sapeva. Alcuni, chiusi in casa, sono tornati bambini ed altri sono invece rapidamente invecchiati. Anche i modi per sfuggire alla noia sono stati diversi, chi ha riscoperto passioni sopite e chi ne ha scoperte di nuove e tra queste il leggere i fatti che abbiamo davanti attraverso esperienze, memorie e culture e tenerne una traccia da poter raccontare. Nelle poche uscite quotidiane per fare la spesa vedevi la gente smarrita e confusa quasi una “metafora” dei tempi che ora ci aspettano, che in queste pagine si prova a tracciare. Perché dalla “fragilità” nessuno ne è immune.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJun 19, 2020
ISBN9788831679633
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    Book preview

    Diario Pandemico - memorie d’istanti distanti - Claudio Umberto Comi

    Due parole sul blog:territori fragili.

    di Gabriele Pasqui

    Il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano (DAStU), a cui appartiene (almeno) uno dei due Autori di questo volume, è impegnato dall’inizio del 2018 e fino alla fine del 2022 in un progetto finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del programma Dipartimenti di Eccellenza, che ha premiato 180 dipartimenti valutati come più meritevoli per la qualità della ricerca prodotta.Si tratta di un programma di sviluppo della ricerca dipartimentale, che in questo momento sto coordinando, che gode di risorse significative e che il DAStU ha deciso di dedicare al tema trasversale e transdisciplinare delle fragilità territoriali. L’obiettivo ambizioso del progetto è quello di esplorare i processi articolati e plurali di fragilizzazione del rapporto spazio-società, con particolare riferimento al territorio italiano ed europeo, guardando ad essa in termini di esposizione a molteplici e differenziati fattori di rischio e di incertezza: ambientale, sociale, economico, politico, istituzionale.L’ipotesi di fondo è che la fragilità non possa essere ricondotta ad una sola dimensione, e che solo una prospettiva territoriale possa offrire una prospettiva convincente alla definizione di programmi, progetti e politiche capaci di farsi carico della natura multidimensionale della fragilità.Occuparsi delle fragilità territoriali è una necessità e insieme una grande opportunità, e lo è a maggior ragione ora, dopo l’espansione della pandemia da COVID19.Anche in questi primi mesi dopo la deflagrazione dell’emergenza sanitaria (scrivo queste righe a Milano, a metà maggio del 2020), appare chiaro che gli esiti di eventi largamente irriducibili alla nostra capacità di assicurare il rischio pesano in modo differente nei diversi territori, e lasceranno segni più pesanti nei territori fragili.D’altra parte, e lo abbiamo visto bene in queste settimane, proprio nei territori fragili sono presenti straordinarie risorse, umane, culturali e ambientali, che se supportate da nuovi progetti e da nuove politiche place-based, possono portare un beneficio economico e sociale per tutti.Ci sono grandi risorse nelle periferie urbane, dove le reti associative possono essere i punti di forza di veri progetti di rigenerazione urbana; nelle aree montane che non possono più essere guardate solo come meta turistica o riserva di risorse idriche, energetiche e ambientali; nei mille borghi dell’Italia minore, come sta dimostrando la Strategia Nazionale per le Aree Interne che sta disegnando possibili vie di uscita dalle traiettorie del declino e dello spopolamento.Tuttavia, non possiamo negare che l’emergenza sanitaria ci ha cambiato, ha mutato la nostra vita quotidiana, i nostri spazi e ritmi. Ed ha cambiato anche le prospettive del Progetto Fragilità territoriali, sia mettendo in mora alcune operazioni di ricerca, oggi impossibili, sia aprendo nuovi fronti di riflessione.Molte di noi e molti di noi hanno cominciato a riflettere, con la dovuta cautela, sul dopo COVID. Ma anche sul modo in cui la pandemia ci ha già cambiato, e ci cambierà, in una dimensione più profonda, simbolica e culturale.Sollecitato da colleghi e colleghe, tra i quali uno degli Autori di questo libro, ho pensato di aprire uno spazio nel sito del progetto di eccellenza: un blog nel quale ciascuno potesse esprimere letture, contributi, ipotesi di lavoro, proposte, sia con riferimento al breve che con riferimento al medio periodo.Il blog (che si può trovare alla pagina http://www.eccellenza.dastu.polimi.it/blog/) ha avuto un successo straordinario: a oggi più di sessanta contributi di docenti, ricercatori, assegnisti e dottorandi, alcuni dei quali molto complessi e simili a contributi accademici, altri più leggeri e aperti a una discussione non specialistica; alcuni orientati a offrire suggestioni alla riflessione collettiva, altri alla proposta operativa.Un campo aperto, dunque, nel quale molte voci si sono intrecciate efficacemente. Tra queste, la voce degli Autori di questo libro, che hanno dato un contributo particolarmente ricco al blog, osservando processi, pratiche, linguaggi, immagini e rappresentazioni nel tempo sospeso dell’emergenza, ma anche alludendo a prospettive più lunghe e profonde.Mi sembra, ma forse mi sbaglio, che in questo libro si scelga di evitare due tonalità emotive che alimentano il dibattito, soprattutto in riferimento agli effetti urbani della pandemia, e che mi sembrano entrambe inefficaci.Una prima, che potrei definire apocalittica, riconosce nella pandemia un evento destinato a mutare in modo radicale i nostri modi di vita e le nostre forme d’uso dello spazio, l’organizzazione della produzione, della distribuzione e del consumo, le pratiche di mobilità, gli assetti insediativi. Una seconda invece che l’emergenza finirà senza lasciare troppe tracce, come è stato per altre epidemie della storia, che i modelli insediativi e la struttura dei nostri territori non muteranno in modo significativo e che, in definitiva, tutto tornerà (più o meno) come prima. Forse, invece, dovremmo pensare ai nuovi equilibri tra continuità e differenze, perché credo che persistenze (assetti di potere, immaginari, istituzioni) e rotture coesistano in qualunque condizione di crisi. Proprio per questa ragione, penso che il nostro compito, come studiosi che si occupano delle città, dei territori e del modo in cui li abitiamo, sia innanzitutto quello di proporre un’agenda di lavoro, sensibile a quanto ora possiamo vedere e a quanto è ragionevole immaginare per un periodo medio e breve. I contributi del blog, ed in particolare quelli contenuti in questo libro, mi sembra vadano proprio in questa direzione.

    Antefatto

    Già il confrontarsi con un tempo sospeso non è cosa usuale, ciò impone un tempo ritrovato a cui non siamo abituati. Quanti di noi in vacanza non sanno che fare, quasi ci sentissimo privati delle nostre quotidiane abitudini e quanta fatica per rigenerarle in quei giorni e al ritorno alla vita di sempre. Nei giorni del lockdown¹ ognuno ha dovuto trovare qualcosa da fare. Le code per potere mangiare, la televisione per potersi svagare, il web per restare informato oppure chattare. Tutti passatempi che in tempi normali non avremmo forse nemmeno considerato e sicuramente non avremmo mai immaginato potessero riempire le nostre giornate. Vai tu ad immaginare che un giorno di metà febbraio la nostra vita sarebbe, almeno per un poco, cambiata. Trovarsi di fronte un nemico invisibile è cosa da film, per chi ha letto molto anche di qualche romanzo ma ben pochi saggi prima di ora hanno affrontato il tema del cambiamento repentino delle abitudini e quasi tutti propendono per la tecnica della rana bollita². In questo caso invece il cambiamento è stato subitaneo e profondo, tant’è che quasi nessuno si è abituato. Non è dunque un caso che dopo poco più di un mese si tenti pervicacemente di tornare alla vita di prima. Molte sono le ragioni: incassi mancati, stipendi dimezzati, impegni saltati e morti non salutati, ci spingono a voler rimuovere, e in fretta, questo brutto periodo. La mascherina, quasi un marchio d’infamia, ci smorza il respiro, quel respiro che manca di cui tanto abbiamosentito parlare, forse per questa ragione molti, guarda caso i più giovani, la portano abbassata a protegger la gola. Quella gola che rischia di esser violata da una tracheotomia, che speriamo nessuno debba ancora subirea causa di un virus che entra dalla bocca o dal naso. Certo questo è un brutto pensiero e non vuoledi certo essere un augurio, ma comprova una certa sciatteria nel nostro modo di porci rispetto alla salute deglialtri;se io la porto proteggo anchete, se tu l’abbassi e sei infettivo ma non lo sai, infetti anche me. Strani i modi con i quali la gente reagisce alla paura, qualcuno si rintana in casa e un altro sfida la sorte, ma entrambi tremano pensando alla morte. Non c’è niente da fare,gli esseri umani sono proprio strani, rimangono fedeli e soffrono per tutta la vita per la squadra del cuore ma non sanno fermarsi un momento a pensare davanti all’altrui dolore. In questo tempo che dicevo sospeso l’empatia sembra anch’essa sospesa. Forse non lo diamo a vedere ma ai più l’altrui malattia pare pure molesta, sembra quasi una cosa che non ci appartiene e dunque non ci tocca nemmeno, ma basta fermarsi un momento a pensare per capire che se non ci ha sfiorato e solo fortuna e alcun merito abbiamo per non aver sperimentato sulla nostra pelle, l’angosciosa speranza di venirne fuori. Ho sentito un amico che l’ha vissuto in prima persona, giovane atletico ed in piena salute non si è ancora ripreso del tutto e non sa cosa ancora lo possa aspettare. Questa è la parte più oscura di questo strano male. Ho provato a immaginare cosa si prova in letto dell’ospedale, solo tra tanti soli come te. Non è certo una degenza comune, con dei vicini diletto con i quali parlare e i parenti da poter incontrare. Forse questa solitudine è la parte più difficile da dover accettare e diviene metafora di mille solitudini che siamo bravissimi a potere scansare. Solitudini riempite di false risate, improcrastinabili impegni e momenti falsamente felici per non ricordaci che come di fronte alla morte, alla fine, ci si trovi sempre da soli. Ilcarogna virus, così qualcuno lo chiama, ci ha messo di fronte a paure ancestrali come il dolore e l’abbandono, e noi per sfuggire al peso di queste angoscianti sensazioni ci siamo buttati a capofitto sul cibo o qualche passione sopita, una forma di autodifesa e una speranza di vita. Quante domande sul tempo passato e quello che ci rimane avrà generato questa epidemia? Ognuno ha una propria risposta, quello che ora manca è una risposta corale e condivisa che possa, se non cancellare, almeno mitigare una brutta sensazione, l’aver vissuto una tragedia che ci ha visto tutti coinvolti ma non in eguale misura. Dunque i più fortunati, quelli che se la sono cavata, quelli che hanno perso poco e nessuno, dovrebbero ricominciare a sorridere per rincuorare anche chi in questa tragedia l’ha vissuta in prima persona perdendo qualcosa, chi il lavoro, chi un affetto o dei cari, chi la salute o la speranza in un domani migliore. Se non lo vuoi fare per loro fallo come tributo alla tua buona stella che almeno sta volta te l’ha fatta passare liscia e senza troppi dolori.

    ___________________

    ¹ Periodo di sospensione ope legis di quasi tutte le attività in funzione del contenimento del dilagare delle infezioni per il coronavirus

    ² Sinonimo di un cambiamento lento, la rana immersa nell’acqua sul fuoco non si accorge che l’acqua comincia a bollire e ci sguazza felice sino a quando non rimane bollita.

    Cronologia morbosa

    a cura di Juno Tani

    Mentre il 17 novembre 2019 nella regione dell’Hubei³ viene registrato il primo caso di contagio accertato da COVID-19, a Hong Kong gli agenti continuano ad usare i cannoni ad acqua contro i manifestanti e qui in Italia il ministro Trenta non lascia l’alloggio di servizio nonostante le polemiche ed il Santo Padre, in una messa invita i fedeli a stare attenti a chi semina allarmismi nella società⁴. Nel frattempo in Cina i casi si moltiplicano in particolar modo, pare, attorno al mercato umido del pesce di Wuhan, anche se solo il 12 dicembre l'emittente televisiva statale cinese CCTV riferirà in una trasmissione che un nuovo focolaio virale è stato rilevato per la prima volta nella città di Wuhan, in Cina, il 12 dicembre 2019.⁵, una notizia che verrà comunicata all’Organizzazione Mondiale della Sanità solo il 31 gennaio. Il primo di gennaio il Mercato del pesce e degli animali vivi⁶ viene chiuso ed il sette del mese le autorità cinesi comunicano l’identificazione di un nuovo coronavirus che prende temporaneamente il nome di 2019-nCoV per poi divenire più familiarmente COvid-19, e due giorni dopo alla comprova del primo decesso per tale sindrome L’OMS conferma l’esistenza di un focolaio epidemico avente origine da un coronavirus sino ad allora sconosciuto. mentre in Italia, per festeggiare l’inizio del nuovo anno, tutti i giornali titolano che il paese è ad un passo dalla recessione. Il 17 sempre di dicembre 2019 Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) innalza il livello di rischio circa la possibilità che il virus raggiunga l'Europa a moderato. Vengono stabiliti i primi controlli negli aeroporti internazionali, nel frattempo la Consulta" boccia il referendum elettorale proposto da otto Regioni (tutte a guida centrodestra) che avrebbe avuto l’effetto di annullare la parte proporzionale della legge elettorale, in quanto inammissibile⁷: è questo il giudizio della Corte Costituzionaleincide sulla formazione di

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