La radio-telecronaca calcistica. Da Carosio a Caressa... 90 anni di gol ascoltati e guardati
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La radio-telecronaca calcistica. Da Carosio a Caressa... 90 anni di gol ascoltati e guardati - Carmelo Calanni
633/1941.
INTRODUZIONE
Da sempre il rapporto tra sport, in particolare calcio, e mass media è stato definito matrimonio d’interesse
. Entrambi hanno avuto e continuano ad avere bisogno l'uno dell'altro. Nel tempo, il modo di raccontare il calcio, attraverso le radiocronache prima e le telecronache dopo, è cambiato radicalmente. Dalle telecronache Rai degli albori, lente, compassate, con un lessico classico
legato strettamente al mondo del pallone, si è passati alle telecronache delle pay tv, spettacolari, pieni di pathos e ritmo, con un lessico che sempre più si distacca da quello del passato. I motivi di questo cambiamento sono molteplici: gioco più veloce, maggiori mezzi tecnologici, basti pensare che si è passati dalle due telecamere usate negli anni 50 alla ventina usate oggi, e non ultimo, telecronisti che si sono man mano adeguati usando tra l'altro un gergo più contemporaneo.
Proprio l’evoluzione del linguaggio sportivo televisivo ci fa distinguere una fase di paleo racconto dello sport da una fase definita neotelevisione sportiva. Il passaggio tra le due fasi avviene pressappoco nella metà degli anni 70. La prima fase è perfettamente inquadrabile nell’ambito di quella tv che aveva una missione e una funzione pedagogica, una finalità informativa ed educativa. La Rai, unica monopolista a quel tempo, usava
lo sport per veicolare in buona sostanza i valori positivi che le varie discipline sportive possono trasmettere. E in questa fase lo sport ci appare come un qualcosa di staccato, di autonomo, rispetto alla televisione stessa. Nella seconda fase, che inizia già negli anni 60 e si concretizza intorno la metà degli anni 70, grazie al proliferare di voci e trasmissioni sportive e alla nascita delle tv commerciali, che dagli anni 80 in poi diverranno concorrenti della Rai, il rapporto tra sport, linguaggio sportivo e televisione muta notevolmente. Lo sport diventa qualcosa di appetibile commercialmente e soprattutto il calcio è in grado di attirare milioni di tifosi davanti allo schermo e far impennare quei dati auditel che, a partire dal primo rilevamento del dicembre 1986, sono il termometro sulla buona riuscita o meno di un format televisivo. Il calcio è diventato a livello televisivo puro intrattenimento
e riesce a proporsi come prodotto principe dei palinsesti delle varie reti. Basti pensare che, nella storia della televisione italiana, il maggiore evento seguito è stato l’incontro di calcio Italia-Argentina, giocato a Napoli il 3 luglio 1990, che ha raccolto 27.537.000 spettatori con uno share del dell’87,25%.
Ma il dato ancora più eclatante è che nei primi posti di questa classifica figurano tutte partite di calcio della nostra Nazionale. La finale del Mondiale tedesco del 2006 tra Italia e Francia registrò ad esempio 25.324.000 spettatori e uno share del 87,04%. Italia-Germania, semifinale degli Europei 2012, è stata seguita da 23.255.000 spettatori con il 79,55% di share, ed è l’ultimo grande evento tv, in termini di spettatori, degli ultimi anni. Una finale di Coppa dei Campioni (o Champions League come si chiama oggi) risulta essere l’evento più seguito di tutta la storia delle tv private. Si tratta di Juventus-Milan, finale dell'edizione 2002-2003, giocata il 28 maggio 2003 a Manchester, che fece registrare su Canale5 una platea di 20.193.000 telespettatori con il 67,27% di share. Numeri impressionanti insomma, che rendono l’idea di quanto il calcio sia lo spettacolo
più amato dagli italiani. Ed ecco perché oggi la telecronaca e il telecronista assumono un ruolo unico e fondamentale nei confronti dei milioni di tifosi che dal divano di casa, una volta avremmo potuto dire la domenica ma oggi diciamo tutti i giorni, seguono i vari match in tv.
Unendo la mia grande passione per il calcio e i miei studi in Comunicazione, qui presento un lavoro che indaga da un punto di vista storico, strutturale e di linguaggio la radio-telecronaca calcistica.
Nel primo capitolo mi soffermo sugli albori della radio-telecronaca calcistica e fino agli anni 70, attenzionando le maggiori trasmissioni calcistiche, quelle che per intenderci hanno fatto la storia della tv, e i capostipiti della radio-telecronaca, partendo dal mitico
Nicolò Carosio e arrivando a Nando Martellini. Nella parte finale del capitolo parlerò di Gianni Brera, colui che dagli addetti ai lavori è stato da sempre definito come il più grande giornalista sportivo della storia, colui tra l’altro che attraverso il suo lessico e la coniazione o il prestito di molti neologismi ha influenzato per sempre il linguaggio calcistico.
Nel secondo capitolo ho proseguito questo excursus riferendomi agli anni 80-90, indagando quel periodo che ha segnato la fine del monopolio Rai a discapito delle tv private prima e delle pay tv dopo, periodo che in termini di telecronaca calcistica segna il cambiamento dalla telecronaca del passato a quella spettacolarizzata. Mi soffermerò a parlare anche di una trasmissione televisiva storica, ovvero 90’ minuto, che pur essendo nata negli anni 70 ha raggiunto l’apice del suo successo nella metà degli anni 80. Un successo straordinario dovuto alla brillante conduzione di un giornalista come Paolo Valenti e al cosiddetto teatrino
che ogni domenica pomeriggio riusciva a creare con i vari inviati dagli stadi, che in poco più di un minuto e mezzo dovevano commentare le prime immagini delle partite e far vedere all’Italia pallonara i primi gol.
Nel terzo capitolo mi sono occupato della telecronaca del nuovo millennio, ovvero la telecronaca di oggi con i telecronisti che sono diventati con le loro voci gli assoluti protagonisti delle immagini che scorrono sullo schermo, per assurdo a volte più degli stessi giocatori. Per evidenziare eventuali differenze o punti in comune tra la telecronaca di oggi e quella del passato, ho effettuato un analisi linguistica, indagando i fenomeni stilistico-lessicali e in parte morfo-sintattici di una telecronaca degli anni 80 e di una del nuovo millennio. In conclusione mi sono soffermato velocemente sull’attuale difficile momento legato al Covid-19 e alla sua incidenza sulle telecronache.
I - LE RADIO-TELECRONACHE DAGLI ALBORI AGLI ANNI 70
I.1 Le prime radiocronache delle partite di calcio
L’esordio in radio di una partita di calcio in Italia si fa risalire addirittura al 1909, quando per la finale della Lipton’s Challenge Cup
si sfidarono Palermo e Napoli. I partenopei accettarono la trasferta in Sicilia, a patto che venisse diffusa attraverso un ponte radio la radiocronaca anche a Napoli. Si trattò di una radiocronaca alquanto artigianale, con radiocronista un ragazzo di Napoli appostato su un balcone nei pressi dello stadio.
La prima radiocronaca ufficiale
di calcio nel territorio italiano¹ si svolse dallo stadio del Partito nazionale fascista
di Roma il 5 marzo del 1928, dove la Nazionale azzurra sfidò l’Ungheria. Fu anche il primo match che gli azzurri, allenati da Rangone, disputarono nella capitale, e fu anche la prima volta che sconfissero i maestri magiari. L’Italia infatti batté l’Ungheria 4-3, dopo essere stata in svantaggio 0-2 alla fine del primo tempo. Il radiocronista non fu Nicolò Carosio, come la maggior parte dei tifosi ha sempre pensato, ma Giuseppe Sabelli Fioretti, un commentatore però improvvisato, visto che era un giornalista della carta stampata, ovvero della Gazzetta dello Sport.
E fu sempre Sabelli Fioretti a commentare l’11 novembre dello stesso anno l’incontro tra Italia-Austria terminato 2-2. La radiocronaca non aveva ancora trovato i suoi maestri e attingeva
a piene mani dai giornalisti dei quotidiani sportivi.
Anche il 28 aprile del 1929, quando l’Italia incontrò a Torino la Germania, venendo sconfitta, dietro al microfono a commentare la partita c’era Bruno Roghi, la più grande firma del giornalismo sportivo dell’epoca.
Non c’era ancora la Rai, che nascerà qualche ventennio dopo, ma i suoi antenati, ovvero l’Uri (Unione Radiofonica Italiana) che aveva cominciato a trasmettere il 6 ottobre 1924 (giorno d’avvio assoluto delle trasmissioni radiofoniche nel nostro paese) e dopo, dal 15 gennaio 1928, con il cambio di nome, l’Eiar (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche).
La prima partita commentata alla radio da Nicolò Carosio, colui che diverrà il maestro
della radiocronaca calcistica (e dal 1954 della telecronaca), avvenne il giorno di Capodanno del 1933 a Bologna per l’incontro amichevole Italia-Germania, terminato 3-1. Dopo due minuti iniziali di imbarazzante silenzio, prese la parola salutando i radioascoltatori con la frase «E’ Nicolò Carosio che vi parla…». Nasce così ufficialmente la radiocronaca calcistica.
Sarà sempre lui, durante la seconda edizione dei Mondiali di calcio del 1934, disputati proprio nel nostro paese e radiotrasmessi in esclusiva dall’Eiar², a commentare le partite della nostra Nazionale.
Nel frattempo anche il massimo campionato italiano di calcio iniziò ad essere trasmesso alla radio.
Nei primi anni trenta le radiocronache diventano un’abitudine per quegli italiani che possiedono un mezzo radiofonico, e dal 1933 ogni domenica viene trasmesso in diretta il secondo tempo di una partita del campionato di Serie A³. Per motivi economici, ovvero per paura che i tifosi non si rechino allo stadio, viene trasmessa appunto solo la seconda parte della partita e, nello stesso tempo, grazie al lavoro di quattro stenografi che raccolgono telefonicamente i risultati, i radioascoltatori vengono portati a conoscenza dell’andamento degli altri incontri. E’ un primo passo verso la nascita di Tutto il calcio minuto per minuto, storica trasmissione sportiva che vedrà la luce però solo trent’anni dopo. Ma al pubblico manca ancora qualcosa, ovvero le immagini, le emozioni che può dare un gol visto dal vivo e non ascoltato attraverso un apparecchio. I tempi per la tv di trasmettere un incontro di calcio sembrano maturi. L’occasione di vedere una partita di calcio tele-trasmessa si avrà con le Olimpiadi di Berlino.
I.2 Dalle radiocronache alle telecronache: i gol non più solo ascoltati ma anche guardati
A coniare la fortunata definizione "Un matrimonio di interesse: sport e televisione", che fu anche il titolo di una loro opera, furono Giovanni Iozzia e Luciano Minerva che così scrivevano nell’introduzione del loro testo pubblicato nel 1986: «L’incontro tra sport e televisione avviene alle origini del mezzo elettronico: si tratta di un amore a prima vista, considerato un matrimonio di interesse in cui ciascuno dei due partner dà e riceve qualcosa. L’unione è ormai indissolubile: oggi è impensabile lo sport senza la televisione ed è altrettanto difficile immaginare la televisione senza sport».⁴
Mai definizione fu più vera e fortunata. L’incontro tra questi due partner
, sport (e