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La radio-telecronaca calcistica. Da Carosio a Caressa... 90 anni di gol ascoltati e guardati
La radio-telecronaca calcistica. Da Carosio a Caressa... 90 anni di gol ascoltati e guardati
La radio-telecronaca calcistica. Da Carosio a Caressa... 90 anni di gol ascoltati e guardati
Ebook158 pages1 hour

La radio-telecronaca calcistica. Da Carosio a Caressa... 90 anni di gol ascoltati e guardati

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Da sempre il rapporto tra sport (in particolare calcio), e mass media (in particolare tv) è stato definito “matrimonio d’interesse”. Entrambi hanno avuto e continuano ad avere bisogno l'uno dell'altro. Nel tempo, il modo di raccontare il calcio, attraverso le radiocronache prima e le telecronache dopo, è cambiato radicalmente. Dalle telecronache Rai degli albori, lente, compassate, con un lessico “classico” legato strettamente al mondo del pallone, si è passati alle telecronache delle pay tv, spettacolari, pieni di pathos e ritmo, con un lessico che sempre più si distacca da quello del passato. In “La radio-telecronaca calcistica” Carmelo Calanni ripropone 90 anni di storia delle radio-telecronache calcistiche, partendo da Nicolò Carosio passando per Nando Martellini e Bruno Pizzul, Enrico Ameri e Sandro Ciotti e continuando con Fabio Caressa e Sandro Piccinini fino ad arrivare alla folta schiera di telecronisti della pay tv del panorama odierno. Non mancheranno però le analisi delle trasmissioni che hanno fatto la storia del calcio in radio e tv: La domenica sportiva, Tutto il calcio minuto per minuto, 90’ minuto e una parte dedicata al giornalista più grande di tutti, colui che ha “inventato” il linguaggio del calcio, Gianni Brera.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJun 17, 2020
ISBN9788831680226
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    La radio-telecronaca calcistica. Da Carosio a Caressa... 90 anni di gol ascoltati e guardati - Carmelo Calanni

    633/1941.

    INTRODUZIONE

    Da sem­pre il rap­por­to tra sport, in par­ti­co­la­re cal­cio, e mass me­dia è sta­to de­fi­ni­to ma­tri­mo­nio d’in­te­res­se. En­tram­bi han­no avu­to e con­ti­nua­no ad ave­re bi­so­gno l'uno dell'al­tro. Nel tem­po, il mo­do di rac­con­ta­re il cal­cio, at­tra­ver­so le ra­dio­cro­na­che pri­ma e le te­le­cro­na­che do­po, è cam­bia­to ra­di­cal­men­te. Dal­le te­le­cro­na­che Rai de­gli al­bo­ri, len­te, com­pas­sa­te, con un les­si­co clas­si­co le­ga­to stret­ta­men­te al mon­do del pal­lo­ne, si è pas­sa­ti al­le te­le­cro­na­che del­le pay tv, spet­ta­co­la­ri, pie­ni di pa­thos e rit­mo, con un les­si­co che sem­pre più si di­stac­ca da quel­lo del pas­sa­to. I mo­ti­vi di que­sto cam­bia­men­to so­no mol­te­pli­ci: gio­co più ve­lo­ce, mag­gio­ri mez­zi tec­no­lo­gi­ci, ba­sti pen­sa­re che si è pas­sa­ti dal­le due te­le­ca­me­re usa­te ne­gli an­ni 50 al­la ven­ti­na usa­te og­gi, e non ul­ti­mo, te­le­cro­ni­sti che si so­no man ma­no ade­gua­ti usan­do tra l'al­tro un ger­go più con­tem­po­ra­neo.

    Pro­prio l’evo­lu­zio­ne del lin­guag­gio spor­ti­vo te­le­vi­si­vo ci fa di­stin­gue­re una fa­se di pa­leo rac­con­to del­lo sport da una fa­se de­fi­ni­ta neo­te­le­vi­sio­ne spor­ti­va. Il pas­sag­gio tra le due fa­si av­vie­ne pres­sap­po­co nel­la me­tà de­gli an­ni 70. La pri­ma fa­se è per­fet­ta­men­te in­qua­dra­bi­le nell’am­bi­to di quel­la tv che ave­va una mis­sio­ne e una fun­zio­ne pe­da­go­gi­ca, una fi­na­li­tà in­for­ma­ti­va ed edu­ca­ti­va. La Rai, uni­ca mo­no­po­li­sta a quel tem­po, usa­va lo sport per vei­co­la­re in buo­na so­stan­za i va­lo­ri po­si­ti­vi che le va­rie di­sci­pli­ne spor­ti­ve pos­so­no tra­smet­te­re. E in que­sta fa­se lo sport ci ap­pa­re co­me un qual­co­sa di stac­ca­to, di au­to­no­mo, ri­spet­to al­la te­le­vi­sio­ne stes­sa. Nel­la se­con­da fa­se, che ini­zia già ne­gli an­ni 60 e si con­cre­tiz­za in­tor­no la me­tà de­gli an­ni 70, gra­zie al pro­li­fe­ra­re di vo­ci e tra­smis­sio­ni spor­ti­ve e al­la na­sci­ta del­le tv com­mer­cia­li, che da­gli an­ni 80 in poi di­ver­ran­no con­cor­ren­ti del­la Rai, il rap­por­to tra sport, lin­guag­gio spor­ti­vo e te­le­vi­sio­ne mu­ta no­te­vol­men­te. Lo sport di­ven­ta qual­co­sa di ap­pe­ti­bi­le com­mer­cial­men­te e so­prat­tut­to il cal­cio è in gra­do di at­ti­ra­re mi­lio­ni di ti­fo­si da­van­ti al­lo scher­mo e far im­pen­na­re quei da­ti au­di­tel che, a par­ti­re dal pri­mo ri­le­va­men­to del di­cem­bre 1986, so­no il ter­mo­me­tro sul­la buo­na riu­sci­ta o me­no di un for­mat te­le­vi­si­vo. Il cal­cio è di­ven­ta­to a li­vel­lo te­le­vi­si­vo pu­ro in­trat­te­ni­men­to e rie­sce a pro­por­si co­me pro­dot­to prin­ci­pe dei pa­lin­se­sti del­le va­rie re­ti. Ba­sti pen­sa­re che, nel­la sto­ria del­la te­le­vi­sio­ne ita­lia­na, il mag­gio­re even­to se­gui­to è sta­to l’in­con­tro di cal­cio Ita­lia-Ar­gen­ti­na, gio­ca­to a Na­po­li il 3 lu­glio 1990, che ha rac­col­to 27.537.000 spet­ta­to­ri con uno share del dell’87,25%.

    Ma il da­to an­co­ra più ecla­tan­te è che nei pri­mi po­sti di que­sta clas­si­fi­ca fi­gu­ra­no tut­te par­ti­te di cal­cio del­la no­stra Na­zio­na­le. La fi­na­le del Mon­dia­le te­de­sco del 2006 tra Ita­lia e Fran­cia re­gi­strò ad esem­pio 25.324.000 spet­ta­to­ri e uno share del 87,04%. Ita­lia-Ger­ma­nia, se­mi­fi­na­le de­gli Eu­ro­pei 2012, è sta­ta se­gui­ta da 23.255.000 spet­ta­to­ri con il 79,55% di share, ed è l’ul­ti­mo gran­de even­to tv, in ter­mi­ni di spet­ta­to­ri, de­gli ul­ti­mi an­ni. Una fi­na­le di Cop­pa dei Cam­pio­ni (o Cham­pions Lea­gue co­me si chia­ma og­gi) ri­sul­ta es­se­re l’even­to più se­gui­to di tut­ta la sto­ria del­le tv pri­va­te. Si trat­ta di Ju­ven­tus-Mi­lan, fi­na­le dell'edi­zio­ne 2002-2003, gio­ca­ta il 28 mag­gio 2003 a Man­che­ster, che fe­ce re­gi­stra­re su Ca­na­le5 una pla­tea di 20.193.000 te­le­spet­ta­to­ri con il 67,27% di share. Nu­me­ri im­pres­sio­nan­ti in­som­ma, che ren­do­no l’idea di quan­to il cal­cio sia lo spet­ta­co­lo più ama­to da­gli ita­lia­ni. Ed ec­co per­ché og­gi la te­le­cro­na­ca e il te­le­cro­ni­sta as­su­mo­no un ruo­lo uni­co e fon­da­men­ta­le nei con­fron­ti dei mi­lio­ni di ti­fo­si che dal di­va­no di ca­sa, una vol­ta avrem­mo po­tu­to di­re la do­me­ni­ca ma og­gi di­cia­mo tut­ti i gior­ni, se­guo­no i va­ri mat­ch in tv.

    Unen­do la mia gran­de pas­sio­ne per il cal­cio e i miei stu­di in Co­mu­ni­ca­zio­ne, qui pre­sen­to un la­vo­ro che in­da­ga da un pun­to di vi­sta sto­ri­co, strut­tu­ra­le e di lin­guag­gio la ra­dio-te­le­cro­na­ca cal­ci­sti­ca.

    Nel pri­mo ca­pi­to­lo mi sof­fer­mo su­gli al­bo­ri del­la ra­dio-te­le­cro­na­ca cal­ci­sti­ca e fi­no agli an­ni 70, at­ten­zio­nan­do le mag­gio­ri tra­smis­sio­ni cal­ci­sti­che, quel­le che per in­ten­der­ci han­no fat­to la sto­ria del­la tv, e i ca­po­sti­pi­ti del­la ra­dio-te­le­cro­na­ca, par­ten­do dal mi­ti­co Ni­co­lò Ca­ro­sio e ar­ri­van­do a Nan­do Mar­tel­li­ni. Nel­la par­te fi­na­le del ca­pi­to­lo par­le­rò di Gian­ni Bre­ra, co­lui che da­gli ad­det­ti ai la­vo­ri è sta­to da sem­pre de­fi­ni­to co­me il più gran­de gior­na­li­sta spor­ti­vo del­la sto­ria, co­lui tra l’al­tro che at­tra­ver­so il suo les­si­co e la co­nia­zio­ne o il pre­sti­to di mol­ti neo­lo­gi­smi ha in­fluen­za­to per sem­pre il lin­guag­gio cal­ci­sti­co.

    Nel se­con­do ca­pi­to­lo ho pro­se­gui­to que­sto ex­cur­sus ri­fe­ren­do­mi agli an­ni 80-90, in­da­gan­do quel pe­rio­do che ha se­gna­to la fi­ne del mo­no­po­lio Rai a di­sca­pi­to del­le tv pri­va­te pri­ma e del­le pay tv do­po, pe­rio­do che in ter­mi­ni di te­le­cro­na­ca cal­ci­sti­ca se­gna il cam­bia­men­to dal­la te­le­cro­na­ca del pas­sa­to a quel­la spet­ta­co­la­riz­za­ta. Mi sof­fer­me­rò a par­la­re an­che di una tra­smis­sio­ne te­le­vi­si­va sto­ri­ca, ov­ve­ro 90’ mi­nu­to, che pur es­sen­do na­ta ne­gli an­ni 70 ha rag­giun­to l’api­ce del suo suc­ces­so nel­la me­tà de­gli an­ni 80. Un suc­ces­so straor­di­na­rio do­vu­to al­la bril­lan­te con­du­zio­ne di un gior­na­li­sta co­me Pao­lo Va­len­ti e al co­sid­det­to tea­tri­no che ogni do­me­ni­ca po­me­rig­gio riu­sci­va a crea­re con i va­ri in­via­ti da­gli sta­di, che in po­co più di un mi­nu­to e mez­zo do­ve­va­no com­men­ta­re le pri­me im­ma­gi­ni del­le par­ti­te e far ve­de­re all’Ita­lia pal­lo­na­ra i pri­mi gol.

    Nel ter­zo ca­pi­to­lo mi so­no oc­cu­pa­to del­la te­le­cro­na­ca del nuo­vo mil­len­nio, ov­ve­ro la te­le­cro­na­ca di og­gi con i te­le­cro­ni­sti che so­no di­ven­ta­ti con le lo­ro vo­ci gli as­so­lu­ti pro­ta­go­ni­sti del­le im­ma­gi­ni che scor­ro­no sul­lo scher­mo, per as­sur­do a vol­te più de­gli stes­si gio­ca­to­ri. Per evi­den­zia­re even­tua­li dif­fe­ren­ze o pun­ti in co­mu­ne tra la te­le­cro­na­ca di og­gi e quel­la del pas­sa­to, ho ef­fet­tua­to un ana­li­si lin­gui­sti­ca, in­da­gan­do i fe­no­me­ni sti­li­sti­co-les­si­ca­li e in par­te mor­fo-sin­tat­ti­ci di una te­le­cro­na­ca de­gli an­ni 80 e di una del nuo­vo mil­len­nio. In con­clu­sio­ne mi so­no sof­fer­ma­to ve­lo­ce­men­te sull’at­tua­le dif­fi­ci­le mo­men­to le­ga­to al Co­vid-19 e al­la sua in­ci­den­za sul­le te­le­cro­na­che.

    I - LE RADIO-TELECRONACHE DAGLI ALBORI AGLI ANNI 70

    I.1 Le prime radiocronache delle partite di calcio

    L’esor­dio in ra­dio di una par­ti­ta di cal­cio in Ita­lia si fa ri­sa­li­re ad­di­rit­tu­ra al 1909, quan­do per la fi­na­le del­la Lip­ton’s Chal­len­ge Cup si sfi­da­ro­no Pa­ler­mo e Na­po­li. I par­te­no­pei ac­cet­ta­ro­no la tra­sfer­ta in Si­ci­lia, a pat­to che ve­nis­se dif­fu­sa at­tra­ver­so un pon­te ra­dio la ra­dio­cro­na­ca an­che a Na­po­li. Si trat­tò di una ra­dio­cro­na­ca al­quan­to ar­ti­gia­na­le, con ra­dio­cro­ni­sta un ra­gaz­zo di Na­po­li ap­po­sta­to su un bal­co­ne nei pres­si del­lo sta­dio.

    La pri­ma ra­dio­cro­na­ca uf­fi­cia­le di cal­cio nel ter­ri­to­rio ita­lia­no¹ si svol­se dal­lo sta­dio del Par­ti­to na­zio­na­le fa­sci­sta di Ro­ma il 5 mar­zo del 1928, do­ve la Na­zio­na­le az­zur­ra sfi­dò l’Un­ghe­ria. Fu an­che il pri­mo mat­ch che gli az­zur­ri, al­le­na­ti da Ran­go­ne, di­spu­ta­ro­no nel­la ca­pi­ta­le, e fu an­che la pri­ma vol­ta che scon­fis­se­ro i mae­stri ma­gia­ri. L’Ita­lia in­fat­ti bat­té l’Un­ghe­ria 4-3, do­po es­se­re sta­ta in svan­tag­gio 0-2 al­la fi­ne del pri­mo tem­po. Il ra­dio­cro­ni­sta non fu Ni­co­lò Ca­ro­sio, co­me la mag­gior par­te dei ti­fo­si ha sem­pre pen­sa­to, ma Giu­sep­pe Sa­bel­li Fio­ret­ti, un com­men­ta­to­re pe­rò im­prov­vi­sa­to, vi­sto che era un gior­na­li­sta del­la car­ta stam­pa­ta, ov­ve­ro del­la Gaz­zet­ta del­lo Sport.

    E fu sem­pre Sa­bel­li Fio­ret­ti a com­men­ta­re l’11 no­vem­bre del­lo stes­so an­no l’in­con­tro tra Ita­lia-Au­stria ter­mi­na­to 2-2. La ra­dio­cro­na­ca non ave­va an­co­ra tro­va­to i suoi mae­stri e at­tin­ge­va a pie­ne ma­ni dai gior­na­li­sti dei quo­ti­dia­ni spor­ti­vi.

    An­che il 28 apri­le del 1929, quan­do l’Ita­lia in­con­trò a To­ri­no la Ger­ma­nia, ve­nen­do scon­fit­ta, die­tro al mi­cro­fo­no a com­men­ta­re la par­ti­ta c’era Bru­no Ro­ghi, la più gran­de fir­ma del gior­na­li­smo spor­ti­vo dell’epo­ca.

    Non c’era an­co­ra la Rai, che na­sce­rà qual­che ven­ten­nio do­po, ma i suoi an­te­na­ti, ov­ve­ro l’Uri (Unio­ne Ra­dio­fo­ni­ca Ita­lia­na) che ave­va co­min­cia­to a tra­smet­te­re il 6 ot­to­bre 1924 (gior­no d’av­vio as­so­lu­to del­le tra­smis­sio­ni ra­dio­fo­ni­che nel no­stro pae­se) e do­po, dal 15 gen­na­io 1928, con il cam­bio di no­me, l’Eiar (En­te Ita­lia­no Au­di­zio­ni Ra­dio­fo­ni­che).

    La pri­ma par­ti­ta com­men­ta­ta al­la ra­dio da Ni­co­lò Ca­ro­sio, co­lui che di­ver­rà il mae­stro del­la ra­dio­cro­na­ca cal­ci­sti­ca (e dal 1954 del­la te­le­cro­na­ca), av­ven­ne il gior­no di Ca­po­dan­no del 1933 a Bo­lo­gna per l’in­con­tro ami­che­vo­le Ita­lia-Ger­ma­nia, ter­mi­na­to 3-1. Do­po due mi­nu­ti ini­zia­li di im­ba­raz­zan­te si­len­zio, pre­se la pa­ro­la sa­lu­tan­do i ra­dioa­scol­ta­to­ri con la fra­se «E’ Ni­co­lò Ca­ro­sio che vi par­la…». Na­sce co­sì uf­fi­cial­men­te la ra­dio­cro­na­ca cal­ci­sti­ca.

    Sa­rà sem­pre lui, du­ran­te la se­con­da edi­zio­ne dei Mon­dia­li di cal­cio del 1934, di­spu­ta­ti pro­prio nel no­stro pae­se e ra­dio­tra­smes­si in esclu­si­va dall’Eiar², a com­men­ta­re le par­ti­te del­la no­stra Na­zio­na­le.

    Nel frat­tem­po an­che il mas­si­mo cam­pio­na­to ita­lia­no di cal­cio ini­ziò ad es­se­re tra­smes­so al­la ra­dio.

    Nei pri­mi an­ni tren­ta le ra­dio­cro­na­che di­ven­ta­no un’abi­tu­di­ne per que­gli ita­lia­ni che pos­sie­do­no un mez­zo ra­dio­fo­ni­co, e dal 1933 ogni do­me­ni­ca vie­ne tra­smes­so in di­ret­ta il se­con­do tem­po di una par­ti­ta del cam­pio­na­to di Se­rie A³. Per mo­ti­vi eco­no­mi­ci, ov­ve­ro per pau­ra che i ti­fo­si non si re­chi­no al­lo sta­dio, vie­ne tra­smes­sa ap­pun­to so­lo la se­con­da par­te del­la par­ti­ta e, nel­lo stes­so tem­po, gra­zie al la­vo­ro di quat­tro ste­no­gra­fi che rac­col­go­no te­le­fo­ni­ca­men­te i ri­sul­ta­ti, i ra­dioa­scol­ta­to­ri ven­go­no por­ta­ti a co­no­scen­za dell’an­da­men­to de­gli al­tri in­con­tri. E’ un pri­mo pas­so ver­so la na­sci­ta di Tut­to il cal­cio mi­nu­to per mi­nu­to, sto­ri­ca tra­smis­sio­ne spor­ti­va che ve­drà la lu­ce pe­rò so­lo trent’an­ni do­po. Ma al pub­bli­co man­ca an­co­ra qual­co­sa, ov­ve­ro le im­ma­gi­ni, le emo­zio­ni che può da­re un gol vi­sto dal vi­vo e non ascol­ta­to at­tra­ver­so un ap­pa­rec­chio. I tem­pi per la tv di tra­smet­te­re un in­con­tro di cal­cio sem­bra­no ma­tu­ri. L’oc­ca­sio­ne di ve­de­re una par­ti­ta di cal­cio te­le-tra­smes­sa si avrà con le Olim­pia­di di Ber­li­no.

    I.2 Dalle radiocronache alle telecronache: i gol non più solo ascoltati ma anche guardati

    A co­nia­re la for­tu­na­ta de­fi­ni­zio­ne "Un ma­tri­mo­nio di in­te­res­se: sport e te­le­vi­sio­ne", che fu an­che il ti­to­lo di una lo­ro ope­ra, fu­ro­no Gio­van­ni Ioz­zia e Lu­cia­no Mi­ner­va che co­sì scri­ve­va­no nell’in­tro­du­zio­ne del lo­ro te­sto pub­bli­ca­to nel 1986: «L’in­con­tro tra sport e te­le­vi­sio­ne av­vie­ne al­le ori­gi­ni del mez­zo elet­tro­ni­co: si trat­ta di un amo­re a pri­ma vi­sta, con­si­de­ra­to un ma­tri­mo­nio di in­te­res­se in cui cia­scu­no dei due part­ner dà e ri­ce­ve qual­co­sa. L’unio­ne è or­mai in­dis­so­lu­bi­le: og­gi è im­pen­sa­bi­le lo sport sen­za la te­le­vi­sio­ne ed è al­tret­tan­to dif­fi­ci­le im­ma­gi­na­re la te­le­vi­sio­ne sen­za sport».

    Mai de­fi­ni­zio­ne fu più ve­ra e for­tu­na­ta. L’in­con­tro tra que­sti due part­ner, sport (e

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