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Lezioni sul Sutra del Loto
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Ebook99 pages2 hours

Lezioni sul Sutra del Loto

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Libro basato sulle 16 puntate dedicate al Sutra del Loto che Massimo Claus ha tenuto su Youtube.
In Occidente si ha la credenza che il Buddhismo sia un corpo unico, un insegnamento che partendo dal Buddha è arrivato fino ai giorni nostri. Questa valutazione però porta inevitabilmente a un errore di fondo che impedisce al ricercatore di comprendere che il Buddhismo è una realtà vivente – e ciò che vive è in continua crescita.
“Sono state sedici puntate che hanno richiesto un lavoro da certosino, di cesello, perché il grande problema era quello di parlare a persone che non hanno tutte la stessa identica preparazione e che di conseguenza non hanno la possibilità di seguire allo stesso modo.  Il problema era proprio quello di fare qualcosa che fosse rivolto a tutti."
Massimo Claus
 
LanguageItaliano
PublisherMyo Edizioni
Release dateJun 4, 2020
ISBN9788835841678
Lezioni sul Sutra del Loto

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    Lezioni sul Sutra del Loto - Massimo Claus

    LEZIONI SUL

    SUTRA DEL LOTO

    Massimo Claus

    © Myo Edizioni 2020

    Nessuna parte di questo testo

    può essere riprodotta o trasmessa,

    in qualunque forma o con qualsiasi mezzo,

    senza esplicito permesso.

    Foto di copertina:

    Songbird and Lotus Ohara Koson

    Giappone, 1900 – 1936

    Rijksmuseum

    Pubblico doimnio

    Grafica copertina & layout:

    Laura Silvestri

    Per informazioni:

    www.myoedizioni.it | info@myoedizioni.it

    LEZIONE 1

    Prima del Sutra del Loto

    In Occidente si ha la credenza che il Buddhismo sia un corpo unico, un insegnamento che partendo dal Buddha è arrivato fino ai giorni nostri. Questa valutazione però porta inevitabilmente a un errore di fondo che impedisce al ricercatore di comprendere che il Buddhismo è una realtà vivente – e ciò che vive è in continua crescita. Nel corso del primo secolo dopo Cristo, questa crescita ha portato a una divisione dell'Insegnamento del Buddha in vari movimenti, denominati scuole, molto diversi fra loro. La divisione più conosciuta arrivata fino ai giorni nostri è quella fra Hinayana e Mahayana.

    L'Hinayana basa il proprio credo sui primi discorsi del Buddha. Corrente prettamente monastica, molto conservatrice, è molto diversa dal Mahayana e si distingue per la sua rigidità. Nell'Hinayana la figura massima, il più alto grado di evoluzione che un praticante può raggiungere, è l'arhat, la figura che si avvicina di più al Buddha storico. Questa corrente è talmente conservatrice che preclude la salvezza ai laici perché considerati non idonei alla piena realizzazione. Ai laici quindi non rimaneva (e rimane) che servire i monaci per maturare i meriti necessari a raggiungere, vita dopo vita, la condizione di arhat.

    Il Mahayana, o Grande Veicolo, abbandonando la rigidità di pensiero e di pratica dell'Hinayana rappresenta una vera e propria rivoluzione nell'ambito del Buddhismo. Al contrario dell'Hinayana, secondo il Mahayana tutti possono raggiungere la massima condizione, ossia diventare Buddha. Nasce così la figura del Bodhisattva, un essere che anche se risvegliato, rinuncia a raggiungere e dimorare nel Nirvana per amore di tutti gli esseri viventi, rimanendo su questa riva ad aiutarli e sostenerli nel percorso spirituale. Anche la figura del monaco è estremamente diversa in questa corrente.

    Diversamente dagli asceti chiusi in monastero come nell'Hinayana, i monaci del Mahayana possono avere famiglia, quindi sposarsi e, se lo desiderano, vivere in casa propria portando avanti il magistero a contatto con i laici. A questi ultimi, inoltre, non è più fatto obbligo di servire i monaci, ma al contrario devono cooperare insieme a loro per la realizzazione di un intento comune. Non esiste differenza sostanziale fra monaco e laico e, se di differenza vogliamo parlare, questa è solo nel servizio. La figura del monaco nel Mahayana quindi assomiglia, se vogliamo, a quella del pastore nel Cristianesimo protestante o evangelico.

    Altro punto molto importante è che il Mahayana comprende al suo interno numerose scuole che per certi versi sono molto differenti fra loro. Ogni scuola è caratterizzata da un insegnamento centrale, una vera e propria classifica degli Insegnamenti del Buddha, diverso dalle altre. Anche gli aspetti ritenuti centrali del Buddhismo, come i Tre rifugi o addirittura le Quattro Nobili Verità, assumono un'interpretazione differente da scuola a scuola, così come la cura (o la pratica) indicata per raggiungere la piena consapevolezza. Questo porta per esempio la scuola Zen a ritenere che la via per raggiungere la liberazione debba essere ricercata attraverso la meditazione, mentre la scuola della Terra Pura (fondata da Honen Shonin, per quanto riguarda la Jodo Shu, e da Shinran Shonin per quanto riguarda la Jodo Shinshu) ritiene che la via sia l'invocazione del Nembutsu, o Namu Amida Butsu, il nome del Buddha Amitabha o Amitayus, che significa rispettivamente Buddha dalla vita e luce infinita. Questo vale per tutte le altre scuole. Per questo motivo, secondo me, non si può parlare di Buddhismo, ma semmai di buddhismi.

    In Occidente, e non solo, però fra i meno informati succede che nella maggior parte dei casi quando si parla di Buddhismo si fa riferimento alla dottrina degli anziani, o Hinayana, ed è questa ad essere confrontata con le altre religioni. Un po' come considerare il Cristianesimo solo dal punto di vista cattolico. Se avete un minimo di infarinatura per quanto riguarda il Cristianesimo sapete che anch'esso è composto da varie correnti (Cristianesimo Cattolico, Ortodosso, Protestante, Evangelico, e altre) che per certi versi si differenziano molto l'uno dall'altro. Capite che con questi presupposti è difficile quindi arrivare a un confronto vero e reale fra le due religioni. Succede così che i buddhisti confrontano la dottrina della loro scuola con il Cristianesimo cattolico e i cristiani con il Buddhismo degli anziani. E quando riusciranno a incontrarsi?

    Abbiamo visto che il Mahayana comprende varie scuole. Fra queste, quella che si potrebbe dire ha dato vita a tutte le altre arrivate fino ai giorni nostri è la scuola Tendai, o scuola del Sutra del Loto. Perché dico che ha dato vita a numerose scuole? Perché, tanto per fare un esempio, il fondatore della scuola Zen, Dogen, era un monaco Tendai; i fondatori della scuola della Terra Pura, Honen Shonin e Shinran Shonin, erano anch'essi monaci Tendai. Lo stesso Nichiren Daishonin era un monaco Tendai. Il Sutra del Loto, comprendendo tutte le dottrine – non solo quelle Mahayana, ma anche della corrente degli anziani – ha permesso a questi illustri maestri di scegliere al suo interno la pratica che secondo la loro visione era più vicina alle esigenze delle persone comuni e di trasformarla nella dottrina centrale delle scuole da loro fondate. Elemento molto importante per questa frammentazione è il periodo di decadenza nella quale si riteneva – e si ritiene – il genere umano si trovi: l'epoca di Mappo o Kali Yuga, un'epoca di degrado spirituale e fisico dove le persone non hanno più (come al tempo del Buddha o nel periodo immediatamente successivo alla sua morte) la capacità di raggiungere la condizione massima dell'illuminazione. Anche qui bisogna fare però una distinzione. Non si ritiene che l'uomo non sia più in grado di evolversi, ma piuttosto che non sia in grado di arrivare alla trascendenza. Quindi non si ritiene che l'uomo sia un essere miserabile, non si esclude alla maniera Calvinista il libero arbitrio, tutt'altro. Altrimenti a quale scopo il Buddha avrebbe parlato per più di 40 anni? Potremmo riassumere questo concetto con non ci sono più i geni di una volta.

    Un'altra distinzione che mi preme fare a proposito dell'insegnamento del Buddha è quella riguardante la credenza, purtroppo diffusa, che il Buddhismo sia una dottrina nichilista. In realtà il Buddhismo celebra la vita in ogni sua manifestazione e si concretizza nel qui e ora, la piena consapevolezza di ogni istante della vita. Quella credenza fuorviante nasce da un'errata traduzione – e conseguente interpretazione – della Prima Nobile Verità, tradotta come tutto è sofferenza o (peggio ancora) la vita è sofferenza. Niente di più distante dalla volontà del Buddha, che ha parlato invece di insoddisfazione (dukkha), ossia quella inquietudine che tutti noi proviamo e abbiamo dentro, e che ci impedisce di vivere la vita accordati con la realtà – o per usare un'altra definizione, in grazia di Dio. Considerare poi la Prima Nobile Verità separatamente dalle altre tre è come cantare una canzone accompagnandosi con la musica di un'altra.

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