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Il Predone
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Ebook349 pages5 hours

Il Predone

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About this ebook

Il giovane Audan inizia un epico viaggio nell’antico mondo norreno.

Si rende conto molto presto che nei miti e nelle leggende dei suoi antenati vichinghi c’è molto più di quanto avesse creduto. Durante una campagna di incursioni coi suoi compagni d’armi, Audan affronta clan rivali, mostri terrificanti e un’aggressione da parte dei non morti.

Gli dei, a lungo venerati dal suo popolo, ora complottano e si intromettono nelle vite dei mortali, mettendo in subbuglio il mondo vichingo con la loro bramosia e sete di potere.

Fino a che punto sarà disposto ad arrivare, Audan, per salvare la sua terra e il suo popolo?

LanguageItaliano
PublisherNext Chapter
Release dateJun 2, 2020
ISBN9781393797029
Il Predone

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    Il Predone - D.W. Roach

    Tutti i diritti riservati. Nessuna parte della presente pubblicazione può essere riprodotta, distribuita o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, comprese le fotocopie, la registrazione o altri metodi elettronici o meccanici, senza il previo consenso scritto dell’editore, salvo nel caso di brevi citazioni contenute in recensioni critiche e di taluni altri usi non commerciali consentiti dalle leggi sul diritto d’autore. 

    "A tutti coloro che mi sono sempre stati accanto.

    Alla mia famiglia.

    Ai miei fratelli d’armi.

    Al mio amore.

    Vi sarò sempre grato."

    ~ David

    Riconoscimenti Professionali

    Un sincero ringraziamento al romanziere americano e autore di Best Seller Cara Lockwood. Sei un editor fantastico e una guida perspicace; hai contribuito a rendere possibile questo progetto!

    Al grafico che ha realizzato la copertina, Miguel Parisi. Grazie mille per l’incredibile copertina! Hai dato una vita visuale al mio romanzo e hai contribuito ad alimentare l’immaginazione dei miei lettori

    Uno

    Sangue e ferro

    I cieli sconfinati, costanti e incrollabili nel loro movimento per centinaia d’anni, ora iniziavano a ringhiare e brontolare, in preda a una rabbia furiosa. Non potevamo continuare ad orientarci nelle immense distese oceaniche con le luminose scintille del cielo notturno. Eravamo persi, ci aspettava un viaggio senza meta da un’isola all’altra, per volere di Odino, Padre di Tutti, e della sua divina progenie. Quando gli dei litigano e tramano gli uni contro gli altri, l’uomo subisce inevitabilmente le conseguenze della loro indignazione.

    Erano arrivati i tempi oscuri che la Volva e il Seidr avevano predetto, l’epoca che precede l’ultima e definitiva battaglia promessa in tutte le ere, il Ragnarok. Uomini violenti avevano condotto innumerevoli incursioni nelle terre del gelido nord. Le nevi dei grandi fiordi si erano sciolte e i ghiacciai si erano ritirati ancora una volta fino a Helheim. Il potere dei capitribù locali si era eclissato durante la stagione invernale, un periodo di nevicate, venti ululanti e freddo mortale, ma la gelida stretta dell’inverno si era finalmente allentata, un cambiamento che io accoglievo di buon grado. Col ritorno dell’estate, le tribù guerriere, le feroci e spietate tribù di combattenti, riprendevano le forze e vagavano liberamente per tutto il territorio. Dove la terra si univa al mare venivano preparate le lunghe navi, mentre i fratelli si riunivano ed affilavano le armi sulla ruota di pietra. La guerra non ci stava chiamando verso le terre del nord, era già arrivata ...

    Una creatura indistinta e sinistra procedeva nella nebbia. Era enorme, scura e minacciosa, partorita dalle viscere di Helheim; un enorme serpente con due teste che si stagliavano alte contro il cielo. La creatura scivolava sull’acqua, alla furtiva ricerca di una preda. Con le zanne lucenti e affilate in bella mostra, gocciolanti di torbida acqua salata, la bestia era pronta a colpire senza alcun preavviso. Questo furtivo predatore, uno spietato cacciatore silenzioso, aveva portato morte e distruzione su ogni costa che aveva toccato, poiché portava sul dorso le creature più letali e distruttive che quel luogo avesse mai conosciuto: gli stranieri bianchi, i portatori di morte, i norreni.

    Alzate i remi. Chiudete la bocca. Ci stiamo avvicinando, ordinò tranquillamente Rurik dalla prua posteriore.

    Gli uomini tirarono i pesanti remi a bordo della nave, facendoli scivolare senza sforzo e senza il minimo rumore nei loro alloggiamenti. Attendemmo pazientemente che Odino ci spingesse a riva con un energico colpo di vento. Se la corrente e i venti ci avessero contrastati, avrebbero rallentato la nostra avanzata, dando alle nostre prede un ampio preavviso e il tempo di radunare i guerrieri e organizzare una difesa. Halldis fissò attentamente lo sguardo sui cieli oscuri, tenendo costantemente d’occhio la banderuola in cima all’albero e sperando che segnalasse dei venti favorevoli. Mio signore, disse Halldis, i venti ci tradiscono ma la marea è a nostro favore. Dovremmo muoverci in fretta, mio signore, prima che l’Aegir, nel suo sommo potere, cambi idea.

    Rurik si voltò rapidamente verso di me e verso gli uomini, mettendosi le mani sui fianchi. Fratello Halldis dice che è tempo di attaccare. Voi che dite?

    Ci alzammo in piedi e sollevammo le armi verso il cielo: Sì!

    Rurik si tirò le trecce della lunga barba ramata. Molto bene, fratelli. Allora andiamo! Verso la battaglia e la gloria! Ammainate la vela e tirate fuori i remi. Iniziate a remare, stupidi bastardi figli di un cane. Gli uomini tirarono le funi e le fissarono ai ponti. Sussurravamo ordini per tutta la nave, spostandoci silenziosamente sul ponte e prendendo rapidamente le nostre armi: ascia, lancia, scudo e spada. Come un serpente che scivolava sull’acqua, la nave avanzò nella fitta nebbia avvicinandosi alla sua vittima, lentamente ma inesorabilmente.

    Remate senza far rumore, ora. Non vogliamo dargli troppo preavviso, disse mio fratello Jareth, remando instancabilmente. Dopo essere avanzati per diverse lunghezze di nave, ci venne ordinato ancora una volta di tirare i remi a bordo e lasciare che la nave procedesse per inerzia fino alla costa.

    Preparate le armi e aspettate il segnale, ordinò Rurik.

    Nessun movimento improvviso fino al mio ordine, disse Halldis tranquillamente, ripetendo agli uomini l’ordine di Rurik e camminando fra noi, su e giù per il centro della nave. Coi cuori che ci martellavano il petto e le armi strette nei palmi sudati, aspettavamo il momento giusto per colpire. Il lungo e angosciante inverno del nord ci aveva resi ansiosi di riprendere i gloriosi rituali di battaglia. Nell’afferrare il manico d’osso del mio coltello, la mano ne sfiorò la superficie e poi lo strinse con impazienza; il tempo della battaglia stava ormai per arrivare. Ero nel pieno del mio vigore; questa era la mia quinta stagione di razzie con Rurik e il suo gruppo. Attesi con impazienza l’ordine di Rurik, accarezzandomi la barba di color biondo sporco e scrocchiandomi il collo da entrambi i lati. I duri e spietati mesi invernali ci avevano resi grassi e pigri, senza nessuno da sfidare e senza nessuna gloria da offrire ai nostri dei e al nostro popolo. Volevamo intingere le nostre asce nel sangue e riempire le nostre casse d’oro e argento; questa notte lo avremmo fatto o avremmo cenato nel Valhalla.

    Halldis si avvicinò alla prua posteriore per parlare ai più giovani, dei ragazzi non più che tredicenni che si apprestavano ad affrontate la loro prima incursione. Ascoltatemi, piccoli bifolchi, là fuori c’è la vostra gloria, la vostra possibilità di diventare uomini. Se vi tirerete indietro, vi ammazzerò. Se cadrete, vi lascerò morire. Siate impavidi, siate minacciosi e non abbiate pietà dei vostri nemici, perché loro non ne avranno di voi. Se Odino, Padre di Tutti, riterrà opportuno che superiate questo giorno e combattiate con onore, sarete dei nostri. Fino ad allora, siete fottutamente inutili. Halldis salì su un baule accanto all’albero, tenendosi ad esso con una mano. Sappiate questo, disse, indicando la riva, quei figli di troia vi vogliono morti, per sparpagliare le vostre budella sulla spiaggia come se foste dei maiali al macello, quindi a chi toccherà? A chi toccherà? Alcuni di voi sono dei codardi. Avete paura. Lo vedo nei vostri piccoli occhi lucidi da topo. È tempo che diventiate uomini. Halldis sputò sul ponte, di fronte ai ragazzi, poi tornò alla sua postazione. I giovani non dissero niente e si mossero a malapena, per paura di rappresaglie da parte di Halldis. Il terrore era chiaramente visibile nei loro occhi. Il pensiero di finire impalati su una lancia provocò loro dei brividi lungo la spina dorsale, mentre un fugace sapore di vomito si insinuava nelle loro bocche e li faceva deglutire nervosamente.

    Girai la testa e guardai Jareth, che era in piedi accanto a me; i nostri occhi si incontrarono e ci scambiammo un lieve cenno di assenso, senza sorrisi e senza paura, animati solo dalla furia sanguinosa che ci scorreva nelle vene. Jareth estrasse il seax che portava alla cintura di pelle e si fece un piccolo taglio sul braccio. Jareth, che diavolo stai facendo? chiesi. Jareth aprì la mano e ne intinse il palmo nel sangue rosso scuro, poi se lo spalmò sul volto in una lunga striscia sanguigna. Ridacchiai silenziosamente, vedendo mio fratello trasformarsi in una creatura demoniaca. Allungando la mano dissi: Prestami la tua lama.

    Quindi, fratello Audan, sono poi così stupido? chiese Jareth, scaldandosi all’idea di essere intelligente. Mi feci un piccolo taglio sull’avambraccio, da cui il sangue sgorgò in piccole lacrime, una goccia dopo l’altra. Feci colare quelle gocce sulla mano, passandomi poi le dita sulla faccia e sul collo, imbrattandomi col sangue ancora caldo la pelle fredda e pallida. La vista dei nostri volti sarebbe stata spaventosa e raccapricciante anche per i guerrieri più incalliti. Jareth mi porse la mano; io ripulii il coltello dal sangue passandomelo sulla gamba dei pantaloni e gli resi felicemente la sua proprietà. L’inerzia ci spinse in un piccolo canale costeggiato da erba alta, facendoci superare le luci di diverse torce lungo la costa. La spiaggia del villaggio, il nostro nemico, era proprio di fronte a noi.

    In piedi sulla prua anteriore, Rurik si mise in testa un elmo di pelle marrone e alzò il braccio verso il cielo. Mettetevi in posizione di combattimento, forza, fate presto. Rocce! Tenetevi forte! La nave si arenò improvvisamente e rumorosamente sulla spiaggia, scagliando in avanti la maggior parte di noi. Rurik cadde sul duro ponte di legno della nave, ma si alzò rapidamente, fissando l’orizzonte nebbioso alla ricerca di segni di resistenza. Halldis era sulla prua, in una posizione più alta, e i suoi occhi scrutavano il lontano orizzonte nell’oscurità. Halldis? chiese Rurik. Halldis diede un’altra occhiata alla costa e scosse la testa; non c’era alcun segno di resistenza. Rurik alzò nuovamente il braccio verso il cielo, facendo il segnale agli arcieri. Due uomini con dei cappucci scuri si fecero avanti, sollevando gli archi verso il cielo e tirando a sé le corde, pronti a scagliare i loro pungiglioni mortali sulle nostre ignare vittime.

    Datemi del fuoco, ordinò Halldis. Un guerriero si alzò rapidamente e gli passò una torcia appena accesa. Halldis passò la torcia sotto le frecce, avvolte con del tessuto impregnato di olio di fegato di merluzzo. Le frecce infuocate ora illuminavano la spiaggia rocciosa davanti noi e la linea degli alberi poco più avanti. Quando Rurik abbassò il braccio, i dardi infuocati solcarono il cielo proiettando delle mobili ombre e calarono come un ferro rovente, trapassando la paglia delle capanne, poco oltre la nostra visuale. Il segnale per l’inizio della carneficina era stato dato.

    Eccoli lì, uomini! All’attacco! Scendete dalla nave! urlò Rurik, sollevando selvaggiamente la pesante ascia barbuta. I guerrieri si alzarono rapidamente dalle loro postazioni, con un gran sferragliare di scudi e cotte di maglia, riempiendo l’aria con un fragoroso urlo di battaglia che trapassò i cieli. Si gettarono nella lugubre acqua poco profonda, uno dopo l’altro; ogni spruzzo che sollevavano era un messaggero di morte che si avvicinava inesorabilmente alla riva. I guerrieri si disposero su due file sulla nave e procedettero verso la prua anteriore, per non rischiare di affogare sotto il peso delle armi nelle acque più profonde. Quando raggiunsi la prua anteriore, fu il mio turno di saltare: guardai l’acqua nera e cupa sotto di me e, senza esitazione, mi ci lasciai cadere. Come un milione di coltelli acuminati, l’acqua gelida mi aggredì, bagnando la mia armatura di pelle e trafiggendomi la pelle fino all’osso, rubando momentaneamente l’aria ai miei polmoni. Inciampai su una roccia sotto la superficie dell’acqua e un mio fratello d’armi mi afferrò per la collottola, come se stesse prendendo un coniglio morto.

    Non morire ancora, fratellino; potresti ancora servirci. Inoltre, se dovessi affogare, chi ti guarderebbe le spalle nel Valhalla? disse Jareth. Sorrisi brevemente, afferrando la mia lancia e avanzando verso la spiaggia. L’acqua aveva appesantito l’armatura; grugnii e continuai a marciare, sollevando con forza le gambe ad ogni passo e avanzando verso la riva con lo scudo proteso di fronte a me. Raggiunta quella spiaggia di sassi, mi scossi l’acqua di dosso come un cane randagio e mi scostai i capelli dagli occhi.

    Mettetevi in formazione sulla spiaggia! Mettetevi in formazione sulla spiaggia! Scudi! Scudi! urlò Mar il Minore, ripetendo febbrilmente gli ordini. Accostate gli scudi e preparatevi ad avanzare. I guerrieri si inginocchiarono, affondando le ginocchia fra i sassi e tenendo gli scudi e le lance di fronte a sé, in attesa dell’ordine successivo. Accostammo gli scudi uno all’altro, creando un robusto muro difensivo. Gli arcieri si allinearono dietro la parete di scudi, analizzando velocemente la spiaggia, girando le teste da sinistra a destra e cercando segni di resistenza. Ahimè, non c’era nient’altro che l’oscurità e i contorni delle piccole capanne del villaggio di fronte a noi. Il terreno era gelido, duro e poco ospitale sotto i nostri piedi. Sentimmo in lontananza delle urla attutite e dei fruscii nella boscaglia, ma non arrivava ancora nessun guerriero a contrastarci.

    Mar, coi denti anneriti, era accanto a Rurik. È un’imboscata, mio signore. Non c’è traccia del nemico, eppure devono essere qui.

    Rurik sorrise. Certo che è un’imboscata. È sempre un’imboscata. Fate avanzare gli uomini. Stasera prenderemo questo villaggio, se Odino vorrà. Mar annuì e guardò gli uomini. Rurik avanzò verso la parte anteriore della formazione, tenendo alto lo scudo davanti a sé, si voltò indietro e ci guardò: Figli di Odino, cosa fa crescere l’erba e scorrere i fiumi?

    Rispondemmo all’unisono: Sangue, sangue, sangue!

    E cosa facciamo noi per avere il sangue?

    Uccidiamo, uccidiamo, uccidiamo!

    Per la gloria!

    Avete sentito il nostro capo! Avanti, cani! Se il nemico non vuole accoglierci a braccia aperte, ci comporteremo come se fossimo a casa nostra, ordinò Mar. Tutti insieme, come gruppo compatto, ci alzammo e ci mettemmo in marcia, camminando sui ciottoli e accelerando man mano che ci avvicinavamo al villaggio. Mentre ci avvicinavamo, vedemmo delle ombre scure muoversi in lontananza. I nostri avversari divennero gradualmente visibili, mentre si rifugiavano dietro un muro di terra e fango.

    Swoosh, swoosh, thwack! Cominciarono a piovere frecce invisibili nell’oscurità. Udivamo introno a noi il loro urlo mortale, mentre colpivano gli scudi e il terreno. Gli abitanti del villaggio erano preparati; forse erano stati attaccati di recente da precedenti spedizioni. Tenete alti gli scudi, ragazzi, a meno che non vogliate ingoiare un pungiglione di ferro! disse Rurik. Il capo Rurik ci ordinò di sparpagliarci, per offrire al lancio di frecce un bersaglio meno concentrato. Ci dividemmo e iniziammo a caricare con le spade e le asce in pugno. Avanzammo con la massima attenzione, seguiti a breve distanza dai nostri arcieri che sostenevano l’avanzata lanciando frecce sopra le nostre teste.

    Aaaaaaahhhh! L’urlo penetrante della prima vittima. Vallis il Rosso si mise in posizione eretta, poggiando saldamente il grosso piede sul petto dell’uomo che aveva mandato all’altro mondo. Spinse il piede sulle costole scricchiolanti della vittima ed estrasse la spada dal corpo senza vita dell’uomo del villaggio. Il sangue scuro sgocciolava abbondantemente dalla sua lama. Vallis guardò attentamente il filo della lama, quasi volesse assicurarsi che l’arma fosse soddisfatta del pasto con cui aveva banchettato. Dopo essersi girato verso il nostro capotribù con un sorriso diabolico, Vallis riportò l’attenzione di fronte a sé, alla ricerca della prossima vittima. Il Valhalla ci aspetta! urlò Vallis, avanzando verso l’oscurità.

    Thunk! La sua vittoria fu breve. Una freccia vagante trapassò la gola di Vallis. Si afferrò saldamente il collo, attorno alla freccia, cercando disperatamente di impedire al sangue di abbandonare il suo corpo. Sentire il rumore del sangue che fuoriesce gorgogliando dalla gola di un uomo che lotta per l’aria è come guardare un pesce che si dibatte sulla terraferma alla ricerca dell’acqua. Girandosi alla ricerca di un po’ di conforto dai suoi fratelli, Vallis inciampò. Soccombendo rapidamente alla ferita, cadde a terra come un albero tagliato, con gli occhi ancora aperti, mentre prendeva l’ultimo respiro. Rurik, il nostro capo, guardò l’uomo morente e si inginocchiò accanto a lui. Ci incontreremo di nuovo nel Valhalla, fratello. Heimdallr ti mostrerà la strada. I compagni di Vallis continuarono ad avanzare sotto l’implacabile grandinata di frecce.

    Io e Jareth restammo l’uno accanto all’altro; unimmo nuovamente i nostri scudi e avanzammo verso un gruppo di arcieri del villaggio che si stavano rifugiando oltre il muro. Le loro frecce martellavano senza fine i nostri scudi, ondata dopo ondata, riempiendo il terreno di punte di freccia spezzate. Schunk, thwak, shud! Con un ultimo grido, raggiungemmo il muro e scagliammo le nostre lance in mezzo al gruppo nemico, per spezzarne le difese. Gli abitanti del villaggio cercarono di difendersi, ma vennero abbattuti dalle lance, che trapassarono senza pietà i loro scudi mal assemblati. Jareth calò l’ascia da battaglia da sopra il suo scudo blu brillante, colpendo uno dei nostri nemici e separandogli l’osso del collo dalle spalle. Jareth afferrò il manico dell’ascia con entrambe le mani, mentre lo scudo gli restava appeso al braccio con una cinghia, e staccò la testa dell’arciere dal corpo. Mi inginocchiai e afferrai la mia lancia, spingendola contro l’arciere accanto a lui, ma venne deviata dal suo arco e mancò il bersaglio. Sollevando lo scudo, colpii di piatto il petto dell’uomo, lasciandolo senza fiato e stordendolo abbastanza a lungo da potergli dare un colpo fatale. L’arciere si afflosciò sul mio scudo e io gli squarciai la schiena mentre cadeva col lato della lancia. Quando affondai la lama nella sua spina dorsale, il corpo dell’arciere si irrigidì e la sua bocca emise un breve grido di dolore. Tirai con forza la mia lancia, ma non riuscii ad estrarla dal suo corpo senza vita.

    Lasciala stare. Prendi l’ascia! Dobbiamo restare uniti agli altri, a meno che tu non voglia unirti a Vallis nell’aldilà, disse Jareth. Vallis si starà divertendo come un matto nel Valhalla, in questo momento. Mi chiedo come farà a togliersi quella freccia dalla gola. commentò con un sorriso idiota. Sapevamo tutti che si arriva nel Valhalla nelle stesse condizioni di quando si muore. Tutti speravamo invano di una morte pulita, ben sapendo che un giorno il nostro destino sarebbe stato simile al massacro che stavamo infliggendo in quel momento ai nostri nemici. Jareth era solito scherzare nei momenti più terribili, ma nessun guerriero avrebbe potuto sperare in un compagno migliore durante una mischia confusa. Era abile con le parole quanto lo era con un’ascia. Spesso distraeva quelli con cui litigava, dopo aver bevuto numerose corna di idromele, facendo delle lunghe e profonde dissertazioni e poi colpendoli con l’oggetto più vicino.

    Arrivammo presto al centro del villaggio. C’erano corpi e suppellettili ovunque, fra le capanne che bruciavano fino alle fondamenta e non lasciavano nient’altro che cenere sulla nostra scia. Dov’erano gli altri abitanti del villaggio? I guerrieri? Jareth si inginocchiò nel fango. Guarda, fratello. Le loro tracce portano fuori dal villaggio. Si sono mossi verso est. Non riusciremo a catturarli senza rischiare di perdere la nostra nave.

    Dobbiamo ritirarci da questa incursione. Potrebbero avvertire gli altri e chiamare dei rinforzi per vendicarsi, dissi frettolosamente.

    Ci dividemmo e cominciammo a frugare nelle piccole capanne di fango, alla ricerca di tesori, di armi o di qualunque altra cosa di valore che potessimo scambiare al nostro ritorno a casa. Questo villaggio era abitato da gente semplice, per lo più contadini e pescatori; non ci avremmo trovato dei grandi tesori. Mi avvicinai a una capanna che bruciava solo in parte, sollevai la gamba destra e diedi un calcio alla porta, caricando tutto il mio peso nell’impatto. Mi sbilanciai in avanti, rischiando di cadere all’interno quando il legno cedette. Quando ripresi l’equilibrio, vidi una casa semplice con quattro letti e un fuoco fumante al centro della stanza; il fumo stava lentamente riempiendo la capanna, rendendomi difficile vedere. Le pareti e gli angoli della capanna erano vuoti; qualcuno aveva ripulito quel posto prima di scappare via in tutta fretta, lasciando indietro solo i resti di un pasto. I letti sembravano in ordine e io mi ci avvicinai, sospettoso. Misi la lama della mia ascia fra la coperta di lana e l’approssimativo telaio di legno del letto, poi la sollevai. Nella luce fioca apparve un luccichio, rivelando che lì sotto erano nascosti alcuni pugnali di ferro e un piccolo gioiello d’argento. Li misi frettolosamente nella borsa di pelle che tenevo al fianco e tornai all’aperto per incontrare Jareth.

    Hai trovato qualcosa di valore? chiese Jareth.

    Abbastanza per un mese di cibo e bevande. E tu, fratello?

    Ho trovato delle cotte di maglia nascoste sotto le assi del pavimento e una spada che ho preso a un cadavere! Non ne aveva più bisogno. Jareth sorrise perfidamente, tenendo in bella mostra i suoi trofei.

    Gran pezzo di merda, come fai a trovare sempre un buon bottino? chiesi. Jareth continuò a sorridere e ci affrettammo a tornare verso la nave per unirci ai nostri compagni.

    Dalla nave, vennero scagliate numerose frecce infuocate sulle capanne e sui cumuli di paglia, dando tutto alle fiamme. Gli arcieri scandinavi, implacabili nel loro bombardamento, scaricarono sui restanti abitanti del villaggio una pioggia di fuoco e di metallo. Il villaggio cedette rapidamente alla nostra orda di guerrieri. Chi non scappava in preda al terrore era già morto; era stata una vittoria facile. Il nostri lancieri si tuffarono oltre le mura di fango, lasciando le lance e mettendo mano alle spade e alle asce per i combattimenti ravvicinati, massacrando chi opponeva ancora resistenza. Mentre passavamo fra i carri in fiamme e i cadaveri senza vita, una donna del villaggio corse urlando fuori da una capanna in fiamme, temendo che il fuoco che stava divoravano la sua casa potesse consumare anche lei. Quando girò l’angolo vide Halldis e, senza nessuna esitazione, gli ficcò un pugnale nella coscia.

    Halldis gemette di agonia per un istante, si drizzò, alzò il braccio e diede un manrovescio alla donna terrorizzata, spaccandole la mascella in diversi punti con un forte rumore di ossa spezzate. La donna cadde a terra e si raggomitolò, urlando di dolore e inzuppando il terreno col suo sangue. Portate quella creatura sulla nave. Potremmo aver bisogno di lei, magari come schiava, disse Halldis in tono vendicativo.

    O per un degno sacrificio a Odino, il Padre di Tutti! ghignò un altro vichingo.

    La donna urlò, sanguinando abbondantemente dalle labbra, supplicando i propri rapitori, ma capimmo a malapena le sue parole: No, no, vi prego! I guerrieri si limitarono a sorridere o a ridere, la raccolsero come un sacco di grano e se la gettarono sulle sue spalle, sparendo in direzione della spiaggia.

    Questa qui è energica! Sarà un’eccellente schiava! urlò Mar. I nostri fratelli guerrieri radunarono i prigionieri, gli misero degli stretti collari di pelle attorno al collo e gli legarono le mani con delle corde. Erano ormai servitori a vita dello Jarl e lo avrebbero servito a suo piacimento, finché la morte non li avesse liberati. Il loro padrone avrebbe potuto decidere in qualunque momento di togliergli la vita senza nessuna ripercussione. Avere degli schiavi sembrava portare più problemi che benefici. Io sono cresciuto con molti schiavi, per tutta la vita. Mi nutrivano, mi vestivano e mi proteggevano mentre diventavo un uomo. In cambio, li tenevamo in catene come si farebbe con un cane e gli marchiavamo la pelle. Era la massima forma di disprezzo per le famiglie dei nostri nemici caduti e per chi avrebbe voluto opporsi a noi.

    Rurik, la resistenza del villaggio è stata abbattuta, ma i contadini potrebbero avvertire qualche insediamento vicino e far arrivare dei rinforzi. Quali sono i tuoi ordini, mio signore? chiese Mar con una sincera preoccupazione nella voce.

    Mar era il secondo in comando di Rurik, la sua guardia del corpo personale. Era conosciuto come Mar il Minore; lui e Rurik avevano combattuto in numerose battaglie, anno dopo anno. Mar era molto più alto di Rurik, ma non aveva l’intelligenza necessaria per guidare e influenzare chi gli stava intorno. Rurik, invece, era carismatico, benvoluto dai suoi pari e rispettato da coloro che governava. A differenza di altri capitribù, Rurik si considerava un pastore di persone, responsabile della loro sicurezza e del loro benessere. Grazie alle incursioni provvedeva all’abbigliamento, al nutrimento e al modesto comfort in cui viveva la sua gente. Mentre Mar aspettava con impazienza la risposta di Rurik, si asciugò il sudore dalla testa rasata e incrociò le braccia.

    Prendete le provviste che potete, caricatele sulla nave e bruciate il resto, ordinò il capo.

    E i prigionieri, mio signore? Cosa ne facciamo? chiese Mar il Minore.

    Giustiziate gli uomini. Tenete come schiavi solo le donne e i bambini più forti. Lasciate liberi i vecchi e i deboli perché badino a se stessi come dei cani selvatici. Rurik si voltò e tornò alla nave.

    Avete sentito? Mar ripeté l’ordine di Rurik, indicando gli uomini catturati. Portate quei cani alla spiaggia. Oggi incontreranno il loro dio, qualunque esso sia.

    I sei uomini, inginocchiati davanti ai loro rapitori vichinghi, sapevano bene che la loro sconfitta li avrebbe portati alla morte. Il nostro capotribù se n’era andato e Mar aveva ordinato ai suoi guerrieri di giustiziare subito i prigionieri. 

    Ma noi abbiamo una famiglia! Bambini! Abbiate pietà! Per favore, vi prego! Siamo solo degli umili mercanti e contadini. Non siamo guerrieri come voi, gridò uno dei prigionieri. Halldis si chinò in avanti sulla gamba buona, dando all’uomo un pugno in faccia e mandandolo lungo disteso sul terreno compatto.

    Mar, con le mani poggiate sui fianchi, guardò con grande indifferenza i sei uomini, le cui vite pendevano dalle sue mani. Presto si uniranno a voi nell’aldilà, rispose Mar. Voltando loro le spalle, fece cenno agli uomini di giustiziare i prigionieri.

    Con delle smorfie malvagie e sanguinarie, ognuno dei vichinghi estrasse la spada o l’ascia, la bilanciò restando alle spalle di quei corpi che stavano per trasformarsi in vittime e la calò energicamente. Il suono familiare del ferro che trapassava carne ed ossa risuonò sulla placida spiaggia. Il sangue scuro schizzò sulla battigia, scorrendo giù, verso le acque tranquille. Non è facile mozzare la testa a un uomo. Bisogna colpire col filo della lama, usando una forza sufficiente a tagliare la carne, i tendini e le ossa. Le teste caddero tutte tranne una, dato che il più giovane dei carnefici non era abbastanza pratico e dovette sferrare tre colpi con la spada per riuscire a separare la testa dal corpo. Con uno sguardo disgustato, il giovane scandinavo continuò a tagliare finché la testa della sua vittima cadde in acqua. Gli altri uomini risero e lo presero in giro, mentre io e Jareth restammo a guardare con le braccia incrociate.

    Il giovane guerriero derise il morto. Sciocco codardo, disse, raschiandosi la gola, sputando sul cadavere dell’uomo e prendendolo ripetutamente a calci. Infine il ragazzo si chinò, prese la testa galleggiante e le diede un calcio, scagliandola in acqua il più lontano possibile. Jareth rise rumorosamente del giovane.

    Impara ad usare la spada, giovanotto. Non si diventa un vichingo prendendo a calci un cadavere! Gli uomini scoppiarono nuovamente a ridere

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