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Bentornato giramondo
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Bentornato giramondo

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BENTORNATO GIRAMONDO è il primo capitolo del diario dei viaggi di una vita. Inizia nel 1972, quando un “piccolo di camera” si imbarca su prestigiosi transatlantici italiani e scopre l’incanto di arrivare via mare su isole e luoghi lontani; ma scopre anche difficoltà e contraddizioni della vita a bordo. Durante un giro del mondo in 75 giorni l’autore tocca la Polinesia dove tornerà poi nel 2002 durante una missione per le Nazioni Unite; come pure nei Caraibi, in Repubblica Dominicana, ad Haiti e nell’arcipelago di San Blas abitato dagli Indios Kuna. Le impressioni di un giovane sono così completate da quelle di un esperto dello sviluppo. Nella seconda parte l’autore ricorda i primi passi della sua carriera di Agronomo in Italia e poi in Ciad come Volontario ONU/FAO. Nel febbraio 79 in Ciad scoppia una guerra civile, il personale ONU viene evacuato in Camerun e il giovane agronomo conosce un’Africa assai diversa. Nel testo alcune foto dei viaggi e altre di pietre in equilibrio che illustrano un originale rapporto con la natura e le meraviglie archeologiche dell’antica Roma. I proventi dalla vendita saranno devoluti dall’autore ad ANIDAN Italia/Emergenza Covid-19 per prevenire il contagio e tutelare i bambini e le famiglie locali più disagiate nella contea di Lamu in Kenya.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMay 20, 2020
ISBN9788831674829
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    Bentornato giramondo - Stefano Gavotti

    bianco

    PRELUDIO

    LA BOCCETTA D’INCHIOSTRO - UN REGALO DAL MARE

    Una mattina… mi son svegliato… era d’estate, ero a Santa Marinella e mia figlia Paola, che già aveva pettinato la spiaggia, mi ha fatto vedere l’ultimo ritrovamento, uno di quei regali che spesso fa il mare. Questa volta era davvero insolito, o forse neanche poi tanto: una boccetta di vetro incrostata di alghe ed escrescenze marine contenente un liquido scurissimo che io non ho esitato a definire inchiostro di mare.  Quello stesso giorno avrei ricevuto le prime copie di un libretto appena stampato – ISHIHANA – FIORI DI PIETRA - in cui raccontavo come era iniziata la mia passione per lo stonebalancing, le pietre in equilibrio.

    Coincidenza non casuale! mi sono detto. Dal mare mi stava arrivando un segnale, forse quel libretto non doveva restare solo, dovevo ripartire dal mare per raccontare altro, per accompagnare altre immagini di equilibri cercati e trovati, persi e recuperati, nel mare, in montagna, nella natura, nei viaggi, equilibri di giorni passati e di quelli che verranno.

    Ho riportato quella fragile boccetta sul luogo del ritrovamento per fotografarla in un momento di equilibrio tra le pietre e il mare. Da allora la conservo gelosamente, è ancora sigillata e non sento il bisogno di verificarne il contenuto. Non voglio dimenticare quell’oggetto strano che mi ha trasmesso un segnale forte e chiaro: anche se i miei lettori sono ancora pochini, anche se i proventi dalla distribuzione dei miei libri, che voglio destinare ai più bisognosi, sono ancora modesti, eppure il mare mi dice che posso anzi devo continuare. Devo continuare a distillare immagini che a volte riescono a rompere pregiudizi gravitazionali, a fissare scorci e momenti vissuti che raccontano di una vita assai normale, ma che sempre presenta degli accadimenti fantastici. Basta solo prendersi il tempo per ricordare e osservare, sotto una giusta luce che è poi quella che fa risaltare i colori, che scava con le ombre nella essenza delle cose, delle persone, delle situazioni, delle soddisfazioni e delle frustrazioni, delle difficoltà, delle cadute e delle ripartenze. Ricordare gli avvenimenti che succedono ogni giorno nel presente e che tutti dovremmo trasformare in preziosi tesori per guidarci nel futuro, per condividere con quanti più siamo capaci.

    Ho avuto in regalo una boccetta di inchiostro marino. Lo utilizzerò per spiegare perché mi sento un privilegiato e comincerò dal fatto che oggi, con questo inchiostro ricevuto dal mare, posso cominciare a trascrivere degli avvenimenti successi circa 50 anni fa. Potrei raccontarli facendo ricorso alla memoria, ma non ritornerebbero freschi e originali, sarebbero influenzati dalla testa che mi ritrovo oggi, dall’evoluzione del mio modo di pensare. Invece fortuna vuole che fin da allora mi fossi abituato a fissare quegli avvenimenti su foglietti e quaderni, proprio perché fin da allora mi accorsi quanto era facile dimenticare i propri giorni passati.

    Dal giorno del ritrovamento della boccetta ho cercato in cantina e in soffitta, ho svuotato gli armadi di mia madre, ho ritrovato tante pagine e lettere da me scritte e ricevute fin dagli anni in cui d’estate e nei periodi di vacanza lavoravo sulle navi. E ho cominciato a trascriverle cercando di essere il più possibile fedele a quei pensieri di allora, ai giudizi a volte impietosi e saccenti di un giovane ventenne. In seguito, nella mia vita professionale di agronomo globe trotter ho avuto il privilegio di tornare in diversi luoghi come le isole del Pacifico e i Caraibi che avevo appena toccato da ragazzo quando lavoravo sulle navi. Sono poi tornato in veste di specialista di sviluppo rurale per le Nazioni Unite e ho continuato a scrivere, oltre ai rapporti ufficiali, dei commenti personali; questa volta si trattava di visite appena poco più lunghe, ma più approfondite grazie al privilegio di poter avvicinare sia i contadini nelle aree più sperdute e povere, sia le autorità più potenti. In queste pagine le differenze tra il modo di pensare di un giovane e l’evoluzione dello sguardo col passare degli anni1… dove non necessariamente lo sguardo del vecchio è più … illuminato.

    Oggi mi ritrovo dunque un tesoretto fatto di tanti pensieri fissati con l’inchiostro, nero su bianco o celeste o giallo. Una cosa mi piacerebbe più di ogni altra: che di questa abitudine a fissare i pensieri per aiutare così la memoria nel tempo, si invaghissero anche i miei figli e tanti giovani come loro.

    Il libro è diviso in due parti: la prima racconta dei viaggi per mare che mi hanno portato a toccare isole meravigliose, le Azzorre, la Polinesia, i Caraibi, dove sono riuscito a tornare a distanza di anni; la seconda racconta dei primi passi da agronomo in Italia e poi, come Volontario delle Nazioni Unite, in Ciad. I miei primi passi a contatto con la natura e in Africa, nel continente più antico, nella terra che probabilmente ci ha originati tutti quanti.

    I lettori che seguiranno pazienti le mie avventure passate troveranno, sparse qua e là, oltre ad alcune immagini dei viaggi, altre fotografie di pietre in equilibrio realizzate da quando ho scoperto che, con pazienza, amore e tenacia, si può trasformare dei semplici sassi in dei fiori di pietra a volte colorati, mai profumati, ma sempre intriganti e sorprendenti perché carichi di energia e naturalezza.

    La boccetta di vetro ritrovata da Paola sulla spiaggia di Santa Marinella e riposizionata da me tra alcune pietre in equilibrio. Pietre pesanti, equilibrio dei più stabili per non mettere a rischio la fragilità del cimelio.

    I primi appunti su fogli e foglietti

    I miei preziosi quaderni

    Tante lettere scritte e ricevute

    PARTE PRIMA - VIAGGI PER MARE – AZZORRE - POLINESIA – CARAIBI

    Ma quando gli dico

    ch’egli è tra i fortunati che han visto l’aurora

    sulle isole più belle della terra,

    al ricordo sorride e risponde che il sole

    si levava che il giorno era vecchio per loro.

    (da I Mari del Sud, C. Pavese)

    I. UNA PARTENZA SUL MARE

    Avevo sedici anni in 1° liceo classico e mio compagno di banco era un genovese di nascita come me, entrambi trapiantati a Milano. Io figlio di nobili origini seppur di un’aristocrazia alquanto decaduta, originata da esploratori, assicuratori, banchieri, ma poi negli ultimi secoli molto poco legata al mare. Lui invece era figlio di un Ufficiale di Marina Militare. Il padre del mio amico Marco aveva lasciato il mare per dedicarsi ad attività più sedentarie, ma era nostalgico dei bei tempi andati e dei valori fondamentali quali il rispetto delle gerarchie; aveva incoraggiato il figlio ad imbarcarsi fin da giovanissimo perché conoscesse la durezza e il rigore della vita di bordo e magari, se gli fosse piaciuta quella vita, farne un altro ufficiale della nostra marina. Fu così che, durante un’ora di filosofia a quel tempo ahimè poco apprezzata da entrambi, Marco mi raccontava del suo primo imbarco estivo da mozzo su una nave cargo, la Roller M una porta container dell’armatore Messina, dello sbarco in porti esotici, di guadagni facili e cospicui per un ragazzo della nostra età. Quello fu per me un vero colpo di fulmine.

    Avevo ormai compiuto quindici anni e avevo dunque l’età minima per fare anch’io il libretto di navigazione. Tanti documenti da esibire, la richiesta al casellario giudiziale, e poi a Genova, in Capitaneria di Porto la fatidica prova di nuoto (in piscina) e di voga (in mare). Ricordo quel primo impatto con le istituzioni e i regolamenti previsti per la sicurezza della navigazione, dei passeggeri e dell’equipaggio, come a dir poco scioccante: alla prova di nuoto una buona percentuale degli esaminandi venivano buffamente ripescati a forza per evitarne l’annegamento sicuro, ma nonostante ciò dichiarati ipso facto abili e arruolati. Idem con la prova di voga dove si trattava di salire a bordo di una scialuppa ed evitare di farla rovesciare per essere promossi. Una pura formalità mentre un minimo di preparazione ad affrontare il mare sarebbe stato oltremodo utile.

    La raccomandazione

    Grazie all’aiuto del padre, ex Ufficiale di Marina Militare, ottenere il libretto di navigazione e poi il primo imbarco come mozzo era stato assai facile per il mio amico Marco2. Per me invece fu molto più complicato. In, giugno appena finita la 2a liceo classico, mi ero iscritto alle liste di collocamento della gente di mare della Capitaneria di porto di Genova. Passavo le mattinate assieme ad una discreta folla di candidati in trepidante attesa del primo imbarco. Ogni giorno a partire da mezzogiorno si apriva una porta e un ufficiale chiamava i nomi dei fortunati che sarebbero partiti con una nave in partenza e di cui era stato appunto completato l’equipaggio con i candidati iscritti alle liste di mare. Prima il nome della nave, poi il nome del candidato e infine il ruolo assegnato, la data di partenza e il viaggio previsto. 

    Ma il mio nome non usciva e così, dopo aver visto partire vari ragazzi con cui avevo fatto conoscenza in quelle ore di attesa, me ne tornavo a casa sconsolato. Tutti mi ripetevano di aver pazienza che prima o poi…, ma dopo un po’ di giorni cominciavo a disperare perché vedevo che a partire erano vari raccomandati, figli e parenti di personale già imbarcato, studenti di istituti nautici o alberghieri, mentre uno studente di liceo classico come me, residente a Milano e senza alcuna esperienza lavorativa, non suscitava alcun interesse.

    A Genova abitavo da una carissima zia, sorella di mio padre, che si struggeva vedendomi tornare ogni sera avvilito per le ripetute delusioni: ogni giorno c’era una nuova nave in partenza che avrebbe potuto essere la buona – e invece a partire felici erano tanti miei coetanei, alcuni anche loro al primo imbarco. La zia Anna, nonostante fosse molto all’antica, non aveva mai criticato la mia decisione di imbarcarmi come piccolo di camera, il ruolo più basso tra tutto l’equipaggio; anzi fu proprio lei a prodigarsi per farmi ottenere la necessaria raccomandazione.

    Dopo l’ennesimo ritorno a casa con le pive nel sacco, ha preso il telefono e ha chiamato mio zio Giuseppe. Mio zio allora era molto conosciuto quale Accademico della Cucina Italiana e, buon giocatore di bridge, frequentava il circolo del golf di Rapallo. Proprio quella sera era al tavolo con Angelo Costa3 ; tra una mano di carte e un’altra gli parla del nipote che, meschinetto, non riusciva ad ottenere il primo imbarco. Bastò quello. Già l’indomani il mio cognome fu chiamato tra i primi: Piccolo di camera Gavotti, assegnato alla saletta ufficiali della Federico C in partenza da Genova quella sera stessa, presentarsi a bordo alle 18.

    Auàia uagliò ovvero: un destino equivocato

    Ero strafelice quando ho sentito il mio nome e non ho domandato per dove la nave sarebbe salpata. Quando ho chiesto ragguagli, prima di correre a casa per prendere i bagagli e salutare e ringraziare la zia, un collega napoletano mi dice: Auàia uagliò. Allora ero molto scarso in comprensione del dialetto e accento napoletano/torrese e non avevo capito quasi nulla. Ma invece di chiedere delucidazioni su quello strano insieme di vocali, mi è parso cogliere un’assonanza con un unico termine geografico simile: Hawaii. Forse per la felicità in cui si era disciolta quella lunga attesa non mi sono posto ulteriori domande. Finalmente partivo, e partivo per le Hawaii! il mio primo destino sul mare sarebbero state le mitiche isole del Pacifico! Era proprio valsa la pena aspettare qualche giorno in più per una meta così prestigiosa.

    Ci sono voluti diversi giorni di navigazione per scoprire che in realtà la meta di quel viaggio non erano le Hawaii, ma La Guaira il porto vicino a Caracas in Venezuela. Ricordo lo stupore, seguito dalla delusione: no mi ripetevano i compagni, dopo La Guaira non si sarebbe attraversato nessun canale di Panama, si sarebbe tornati indietro. Per mia fortuna comunque ero ancora interamente assorbito dalle novità della vita di bordo per amareggiarmi troppo. Avevo da poco superato i primi giorni, i più difficili proprio perché non riuscivo a capire la parlata stretta dei miei colleghi napoletani e torresi di Torre del Greco e Torre Annunziata. E dovevo farmi capire e accettare da loro perché il diverso lì ero io e non loro, nonostante in molti avessero la mia stessa età e fossero piccoli come me. Del resto non ero certo salito a bordo con un biglietto per cui avrei potuto scegliere dove andare…di questo ero ben consapevole.

    Così, quando ho conosciuto la meta di quel primo viaggio, stavo appena superando il duro periodo di apprendimento del napoletano stretto, mi integravo gradualmente all’equipaggio e cominciavo ad apprezzare quel viaggio per mare. Superato lo shock iniziale di adattamento agli standard di pulizia di bagni e docce dell’equipaggio, mi abituavo allo sciabordio costante delle onde sullo scafo - la nostra cabina da sei era appena sopra il pelo dell’acqua - e stavo gradualmente migliorando nell’espletamento delle mie mansioni; mi stavo insomma adattando alle tante le novità della vita a bordo. E se alcune erano negative altre erano positive. Ricordo appena salito qualcuno indicando me dice: il giovane lo mandiamo alla saletta ufficiali e un altro gli fa eco: dunque ti mandiamo in discoteca, contento? sei pratico di juke box? e io ingenuo si, si come no! solo per scoprire poco dopo che per discoteca intendevano il lavaggio piatti e per jukebox le macchine lavapiatti. Ma altre scoperte erano assai positive come quella di una piscina di acqua di mare a uso esclusivo dell’equipaggio: era situata a prua della nave da dove si godeva il magnifico spettacolo del bulbo che fendeva le onde con gli spruzzi a formare un arcobaleno e a volte i delfini che venivano a giocare proprio lì davanti.

    Una capriola dall’altra parte

    Andavo a La Guaira invece che alle Hawaii? Certo era una meta meno glamour di cui vantarmi con amici e parenti. Però in definitiva avevo già percepito che era pur sempre un gran privilegio poter fare quell’esperienza di lavoro, di mare e di vita! Ero già perfettamente consapevole che stavo facendo una bella capriola, un’escursione dall’altra parte di uno steccato sociale; invece che crogiolarmi nelle comodità di una nascita privilegiata, mi ero trovato un bel banco di prova per saggiare il mio spirito di avventura e di adattamento, per provarmi a capire come si vive dall’altra parte della barricata.

    Avrei poi consolidato quella prima esperienza. Dopo il primo imbarco sulla Federico C che faceva viaggi di linea in Venezuela e crociere alle isole Atlantiche (Azzorre, Madeira, Canarie) e nel Mediterraneo (Genova, Barcellona, Malaga, Tangeri, Haifa, Napoli) l’anno seguente sono stato per tre mesi sull’Eugenio C che faceva viaggi di linea dall’ Italia al Sud America toccando Brasile (Santos e Rio de Janeiro) e Argentina (Buenos Aires) e una bellissima crociera alle capitali nordiche4 dove eravamo risaliti fino a quella che allora si chiamava Leningrado. Il vero incanto di quel viaggio era stato risalire e uscire dai fiordi; ricordo ancora una serata di partenza dove quell’uscita era concomitante al rientro in senso opposto di una miriade di barchette da diporto per lo più a vela, tanto più poetica dei nostri rientri automobilistici su strade e autostrade intasate. Sull’Eugenio C facevo il lift ovvero avevo mansioni di segreteria nell’Ufficio dei Commissari di bordo. L’anno dopo sono stato sulla Raffaello della compagnia Italia per dei viaggi di linea da Genova a New York e da lì partivano le crociere nei Caraibi. Durante le vacanze invernali ero anche salito a bordo della gemella Michelangelo per una crociera natalizia nel Mediterraneo scendendo poi lungo il Marocco per arrivare fino a Dakar in Senegal.

    Finalmente l’imbarco sulla Guglielmo Marconi

    Infine nell’estate del 1975 all’età di ventun anni sono riuscito a coronare quel periodo di lavori estivi a bordo dei grandi transatlantici italiani con un imbarco sulla Marconi della Lloyd Triestino. La Marconi allora faceva viaggi di linea da Genova al Sud Africa e all’Australia con ritorno via Nuova Zelanda, isole del Pacifico e canale di Panama: il giro completo del globo5. Ogni anno trovare un imbarco diventava sempre più facile perché ormai mi ero fatto una discreta fama di ragazzo affidabile e sveglio; avevo ricoperto già diverse mansioni e potevo essere utilizzato per sostituire quei giovani marittimi che preferivano prendersi il periodo di ferie durante l’estate. Per di più avevo conosciuto personalmente la figlia di un Capo-commissario genovese che avrebbe potuto aiutarmi nell’assegnarmi mansioni consone alle mie aspirazioni di turista e così fu in effetti. Per quel viaggio intorno al mondo la sola cosa cui aspiravo era di avere il massimo tempo libero quando si arrivava in porto per potermene andare libero a farmi rivedere alla partenza della nave.  Fu così che fui assegnato alle pulizie di notte dei ristoranti e dei saloni di 1a classe.

    E’ proprio durante quel viaggio che ho iniziato a scrivere appunti sulla mia vita di giramondo. All’inizio scrivevo un po’ dove

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