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La vendetta delle single
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La vendetta delle single

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About this ebook

«Dolce e divertente. Questo libro sa essere ironico e d’ispirazione in egual misura.»
The Daily Mail

Bestseller negli Stati Uniti

Suzie Miller cura la rubrica della posta del cuore per una rivista di successo. Ogni giorno dà consigli a decine di lettori che chiedono il suo aiuto per risolvere i problemi amorosi. Ma quando viene mollata nel modo peggiore possibile – che razza di uomo lascia una donna con un sms dopo esserci andato a letto? – decide che è arrivato il momento di fare qualcosa. Suzie vuole vendicarsi per tutte le volte in cui le hanno spezzato il cuore, mettendola da parte, e ha intenzione di dimostrare che è perfettamente in grado di rendere pan per focaccia. I suoi metodi sono imprevedibili, ma l’umiliazione è garantita… ed è su larga scala. Determinata a portare avanti il piano, comincia a suggerire anche a chi scrive alla sua posta del cuore modi stravaganti per reagire. E le lettere si moltiplicano: tutti vogliono i consigli della Cara Suzie. Al culmine del successo, felicemente single, ha raggiunto il suo obiettivo. O così le sembra, almeno finché un uomo le fa mettere di nuovo tutto in discussione... 

La vendetta può curare davvero un cuore infranto? 

«Ho pianto dalle risate! Impossibile non immedesimarsi subito nella protagonista, è un libro che si divora.»

«Sicuramente tutti quelli che sono stati lasciati proveranno un certo gusto nel leggere La vendetta delle single. L’autrice è geniale, uno spasso assicurato!»
Tracy Bloom
Ha cominciato a scrivere quando ha lasciato l’Inghilterra per trasferirsi con suo marito in America. Pur di non dedicarsi alle faccende domestiche, ha scoperto la sua propensione per le commedie romantiche con uno spiccato humour inglese. Dopo il successo inaspettato del suo esordio che ha scalato le classifiche britanniche, ha deciso di dedicarsi anima e corpo alla scrittura. La vendetta delle single è il suo primo libro pubblicato con la Newton Compton.
LanguageItaliano
Release dateJun 18, 2018
ISBN9788822723758
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    Book preview

    La vendetta delle single - Tracy Bloom

    1975

    Titolo originale: Single woman seeks revenge

    © Tracy Bloom 2013

    All rights reserved

    Traduzione dall’inglese di Micol Cerato

    Prima edizione: luglio 2018

    © 2018 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    ISBN 978-88-227-2375-8

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Tracy Bloom

    La vendetta delle single

    Indice

    Capitolo uno

    Capitolo due

    Capitolo tre

    Capitolo quattro

    Capitolo cinque

    Capitolo sei

    Capitolo sette

    Capitolo otto

    Capitolo nove

    Capitolo dieci

    Capitolo undici

    Capitolo dodici

    Capitolo tredici

    Capitolo quattordici

    Capitolo quindici

    Capitolo sedici

    Capitolo diciassette

    Capitolo diciotto

    Capitolo diciannove

    Capitolo venti

    Capitolo ventuno

    Capitolo ventidue

    Capitolo ventitré

    Capitolo ventiquattro

    Capitolo venticinque

    Capitolo ventisei

    Capitolo ventisette

    Capitolo ventotto

    Capitolo ventinove

    Capitolo trenta

    Ringraziamenti

    Per mamma e papà

    che da quarantacinque anni si esprimono all’unisono,

    con mia eterna gratitudine

    Capitolo uno

    Cara Suzie,

    finora non avevo mai scritto alla posta del cuore, ma non ho nessun altro con cui parlare. Vedi, sei mesi fa mio marito mi ha lasciato per una donna di dieci anni più giovane conosciuta a lezione di spinning. Del tutto sconvolta, ho cercato conforto nel cibo e in poco tempo ho preso nove chili. Poi, di punto in bianco, qualche settimana fa lui si è ripresentato alla porta dicendo che era pronto a tornare a casa a una condizione, che io diventassi più audace a letto. Mi ha lasciato un elenco di quello che aveva in mente, e la maggior parte delle cose prevede pratiche S&M che ho dovuto cercare su Internet anche solo per capire di che si trattasse. Lo amo tantissimo e ho un disperato bisogno di riaverlo con me, ma non fanno la taglia 50 delle tute in PVC che vuole lui.

    Che cosa dovrei fare?

    La tua disperata,

    Trish

    Cara Trish,

    compra la taglia 42 della tuta in PVC insieme a un paio di manette e un lanciafiamme. Chiama tuo marito e digli che acconsentirai a tutte le sue richieste e di venire subito. Al suo arrivo, comunicagli che hai una sola condizione, deve indossare lui la tuta in PVC e poi tu farai tutto quello che vuole. Quando l’avrà messa ammanettalo al letto, dopodiché tira fuori il lanciafiamme, apri il gas al massimo e chiedigli quali parti della sua anatomia vuole che vengano bruciate per prime. Poi intima a quella canaglia di non infastidirti mai più – stupida, stupida, stupida…

    Suzie non si accorse che stava sbattendo la testa contro il monitor del computer e borbottando la parola stupida come una litania, finché Drew non la prese con delicatezza per le spalle e la tirò indietro fino a farle raddrizzare la schiena.

    «Control, alt, canc di solito funziona meglio delle testate», disse, sedendosi alla scrivania accanto alla sua e cominciando a premere i pulsanti necessari a dare avvio alla giornata di lavoro.

    Suzie era vagamente consapevole di avere il respiro affaticato e di stare stringendo forte il bordo della scrivania. Per quanto strano, intorno a lei la redazione del «Manchester Herald» sembrava indaffarata come al solito, ma lei si sentiva tutto fuorché normale. Era una torre di Jenga sul punto di crollare, aspettava solo che qualcuno togliesse il blocchetto sbagliato.

    «Stai bene?», chiese Drew, interrompendo il ticchettare frenetico sulla tastiera per voltarsi a sbirciare il suo viso turbato.

    Blocchetto estratto. Preoccupazione del collega mostrata. Collasso imminente.

    «Perché?», ringhiò lei, sforzandosi di controllare il volume anche se aveva soltanto voglia di gridare. «Perché sto scrivendo questa stupida, maledetta rubrica di posta del cuore?»

    «Ehm, perché sei stata tu a proporla?», rispose Drew.

    «Lo so che l’ho proposta io, cazzo», disse lei, con il viso in fiamme. «Ma non dicevo sul serio. Era uno scherzo», spiegò a denti stretti. «Se Gareth pensa che questo ci farà recuperare il pubblico femminile è un idiota, e lo è ancora di più per averla affidata a me».

    «Ma tu hai così tanta esperienza in fatto di relazioni», biascicò Drew.

    Suzie si voltò verso di lui, chiedendosi cosa diavolo gli avesse dato l’idea che il sarcasmo fosse adatto a quella conversazione.

    «Davvero», disse. «Quindi è per questo che alla veneranda età di trentasei anni sono di nuovo sola, giusto?». Agguantò uno dei piccoli troll che teneva allineati sulla scrivania e iniziò a tirarne con violenza i capelli blu elettrico.

    «Cos’è successo questa volta?», chiese Drew con un sospiro.

    Si girò verso di lei e si mise in posizione di ascolto. Un’immagine che era diventata fin troppo familiare nei cinque anni in cui aveva occupato la scrivania accanto alla sua, sempre in prima linea per i suoi traumi sentimentali. Incrociando le braccia, si dipinse in volto la sua migliore espressione della serie sei-un-idiota-a-sopportare-tutte-queste-stronzate e poi lanciò un’occhiata all’orologio. Suzie sapeva di non avere molto tempo prima che le ricordasse che aveva delle scadenze da rispettare, così si affrettò a prendere il cellulare per illustrargli i fatti.

    «Stamattina Alex mi ha mandato questo messaggio dieci minuti dopo aver lasciato il mio appartamento», gli disse, porgendogli il telefono.

    SCUSA SUZE MA QUESTA STORIA PER ME NON FUNZIONA PIÙ. DIAMOCI UN TAGLIO FINCHÉ POSSIAMO ANCORA RESTARE AMICI E NON INCASINARE LE COSE AL LAVORO. ALEX XX

    «Oh cielo», disse Drew senza sembrare per nulla sorpreso o comprensivo.

    «E… E…», continuò lei, trattenendo le lacrime. «Abbiamo fatto sesso prima che se ne andasse».

    Ci fu una pausa imbarazzata mentre Drew elaborava quell’informazione. Alla fine borbottò sottovoce: «Bastardo». Poi sospirò e si mise le mani sulle ginocchia. «Puoi trovare molto di meglio», la consolò. «Dimenticati di Alex e abbi pazienza, arriverà qualcuno migliore».

    «Ho trentasei anni, Drew. Non ho bisogno di pazienza, ho bisogno del Botox», rispose Suzie, riuscendo a staccare una ciocca di capelli blu dalla testa del troll. «E poi è facile dirlo per te che sei fidanzato con l’amore della tua vita e non giri come me con la scritta CALAMITA PER STRONZI tatuata in fronte». In un impeto di furia, scagliò il troll torturato per terra.

    Drew iniziò a parlare, ma lei doveva togliersi dal gozzo altre cose che non aspettavano i comodi di nessuno.

    «Ne ho avuto abbastanza», lo interruppe, agguantando dalla scrivania un altro troll vestito da calciatore. «Guarda questo», disse, sollevandolo perché lo vedesse. «Il mio primo amore me l’ha comprato quando avevamo quindici anni, poi mi ha mollato davanti a tutti i suoi amici dicendo che ero noiosa». Lasciò andare il troll e lo guardò rimbalzare due volte sulla scrivania prima di cadere a terra, diretto a tutta velocità verso quello mezzo calvo vicino al cestino della spazzatura. «Quanto a questo», disse, alzandone un terzo con i capelli di un giallo brillante. «Questo l’ho sorpreso a letto con una delle mie migliori amiche dopo che eravamo stati insieme dieci anni». Questa volta fece a meno della scrivania e lo mandò subito a raggiungere la desolata coppia sul pavimento. «E quest’altro», proseguì, sollevandone uno che imbracciava una chitarra classica. «Be’, diciamo solo che la sua vita era molto più complicata di quanto mi avesse fatto credere». La voce andò affievolendosi e lei non riuscì a guardare Drew negli occhi.

    Il troll con la chitarra atterrò di testa sul calciatore e lì rimase, quasi stessero praticando qualche posizione sessuale contorta.

    «Quei troll rappresentano ciascuno dei tuoi ex ragazzi?», chiese Drew. «E io che pensavo avessi soltanto gusti terribili in fatto di pupazzetti da scrivania».

    «Non rappresentano ciascuno dei miei ex ragazzi», protestò lei.

    Lui alzò le sopracciglia.

    «Solo quelli di cui mi sono innamorata». Suzie si morse il labbro con forza, cercando di trattenere le lacrime.

    Entrambi fissarono il cimitero di cuori spezzati che sorridevano loro scioccamente, adagiati sulla moquette di nylon verde spento.

    «Perché?», chiese Drew, scuotendo la testa incredulo.

    Suzie sapeva che nessuna argomentazione avrebbe convinto il razionalissimo collega che la sua stramba collezione avesse qualche senso.

    Sospirò e sentì l’intero corpo afflosciarsi, mentre si rassegnava ad apparire proprio la disperata donna di mezza età che stava rapidamente diventando. «Perché avevo bisogno di qualcosa che, dopo venti lunghi anni di relazioni, mi ricordasse che nella mia vita ci sono stati almeno alcuni momenti d’amore», rispose.

    Drew la fissò e lei si preparò alla sua vuota solidarietà. Avrebbe dovuto saperlo.

    «Ma hai appena detto che con te sono stati tutti degli stronzi, per citare le tue stesse parole, Suzie».

    Lei tornò a guardare l’ammucchiata di troll sul pavimento. Aveva letto su qualche rivista che era necessario essere positivi riguardo alle relazioni importanti del proprio passato. Ricordare i bei momenti e imparare da quelli brutti. Forse era tempo di vedere quei troll per ciò che erano davvero: il ricordo orripilante degli uomini che avevano dato alla sua vita romantica quell’impronta disastrosa, lasciandola sulla soglia dei quarant’anni e condannata a uno sterile nubilato.

    «Bastardi», disse, assestando loro un calcio poco convinto con uno dei suoi tacchi a spillo assassini, parte dell’uniforme mangiauomini che doveva continuare a indossare a causa del suo prolungato stato nubile.

    «Oh, per l’amor del cielo», disse Drew, esaurendo la pazienza. «Puoi trovare di meglio. Se fossero tutti qui in fila di fronte a te, cosa faresti?».

    Se fossero sul serio tutti qui in quel momento? In carne e ossa? Il pensiero le strappò una smorfia. Fu di nuovo assalita dal ricordo dei momenti orribili in cui aveva pianto la fine di quelle storie d’amore. Ore trascorse a cercar di capire come fosse andato tutto storto. Disperati tentativi di riconquistarli, di solito mentre tornava a casa da sola in taxi al termine di sterili sabati sera e non riusciva a impedire alle dita di inviare messaggi alcolici, vergognosamente imploranti. Tutti quei tentativi erano stati ignorati, certo, il che aveva alimentato la sua disperazione fino a trasformarla in furia, e in sogni di rappresaglie e vendette per ciò che le avevano fatto passare. Un’ondata di rimpianto minacciò di sommergerla di dolore o rabbia. Lei scelse la rabbia.

    «Vorrei farli soffrire come loro hanno fatto soffrire me», urlò, le mani strette intorno ai braccioli della sedia. «Come avrei dovuto fare a suo tempo. Ormai è troppo tardi». Negli ultimi tempi lo era tutto. Da quando aveva deciso che si trovava sulla corsia preferenziale per i quarant’anni, era diventato troppo tardi per sposarsi, troppo tardi per fare figli e troppo tardi per cambiare lavoro e sottrarsi alla morte lenta e dolorosa del giornalismo locale. Senza poterlo evitare, aveva iniziato a guardarsi alle spalle e riflettere su come fosse arrivata a quel punto della sua vita. Nubile, senza figli e a tenere un’assurda rubrica di posta del cuore per un giornaletto locale. Se solo avesse potuto tornare indietro e fare le cose in modo diverso. Adesso era davvero troppo tardi, cazzo.

    «Non troppo tardi per Alex, però», disse Drew, interrompendo i suoi pensieri. «Te l’ho sentito dire troppe volte. Ti lasci sempre trattare come una pezza da piedi, Suzie. Per una volta, digli chiaro e tondo cosa pensi di lui e volta pagina. E poi piantala con questa assurdità dei troll».

    Suzie lo fissò per un momento prima di raccogliere il troll mezzo calvo dai capelli blu.

    «Hai ragione», disse infine, tornando a guardare il collega. «Non può trattarmi così e passarla liscia. Gli farò un bel discorsetto».

    «È la prima cosa sensata che hai detto in tutta la mattina», commentò Drew.

    «Gli manderò un messaggio», annunciò lei, prendendo il cellulare. «Cosa dovrei scrivere?»

    «Non scrivergli», ribatté lui, togliendole il telefono di mano. «Affrontalo di persona. Dagli della testa di cazzo faccia a faccia, e che cavolo. Ti abbasseresti al suo livello, scrivendogli solo un messaggio».

    «D’accordo», disse Suzie. Un’ansia ghiacciata minacciò la spavalderia che aveva appena racimolato. «Glielo dirò in faccia. Certo che sì».

    «Bene», disse Drew. «Appena arriva al lavoro. Non scappare in bagno a piangere nell’istante in cui lo vedi».

    «Certo che no», rispose lei, cercando di apparire più sicura di quanto si sentisse. «Appena lo vedo lo metto in riga».

    «Eccellente», commentò Drew tornando a girarsi verso il computer, le mani ferme sulla tastiera pronte a scattare in azione. «Ora devo iniettare un po’ di entusiasmo in un pezzo sul nostro servizio di raccolta rifiuti di Manchester. Ti consiglio di trovare qualcosa di altrettanto eccitante su cui concentrarti».

    Detto questo, prese a digitare a ritmo rapidissimo, il consulto sentimentale era chiaramente finito.

    Alle tre del pomeriggio Alex non era ancora apparso, senza dubbio impegnato a socializzare con potenziali inserzionisti per farsi rimborsare il pranzo dal giornale. Suzie aveva passato la giornata a guardare con ansia il corridoio dietro di sé, divisa tra la smania di vedere Alex e il timore della propria reazione.

    Cercò di concentrarsi sulla rubrica di posta del cuore che doveva consegnare entro quel pomeriggio, ma sembrava non riuscire a trovare parole adatte a consolare le donne scoraggiate quando lei stessa era in quella condizione. Aveva appena iniziato a rileggere la risposta arrabbiata che aveva scritto quella mattina al problema di Trish, quando Drew le diede un colpetto sulla spalla.

    «Ci siamo», disse, indicando dietro di lei con il mento.

    «Come?», strillò Suzie, capendo all’istante che Alex doveva essere finalmente arrivato.

    Il suo volto divenne esangue. Rimase seduta immobile, incapace di voltarsi a guardare, a fissare con ansia Drew mentre un fischiettare allegro e familiare iniziava a risuonare nell’ufficio. Quando Drew le diede una gomitata, si costrinse a girare lentamente la testa in direzione del corridoio. Alex avanzava rapido e a passo sicuro, vestito con un impeccabile completo blu scuro e la camicia e la cravatta costose che lei gli aveva regalato per il compleanno, spandendo un fin troppo familiare profumo di inebriante dopobarba. Notò subito che Suzie lo stava fissando. Con un cenno di saluto distratto, le passò davanti diretto alla sala riunioni.

    Lei rimase con la mano tremante sospesa a mezz’aria e un sorriso fiacco congelato sulle labbra.

    Continuò a fissare il punto in cui era passato, come stordita.

    «E quello cos’era?», urlò Drew. «Forza. Seguirlo subito. Diglielo. So che puoi farlo».

    Lei voltò la testa per incontrare il suo sguardo incredulo.

    «Non posso», bisbigliò, scuotendo lentamente il capo.

    «Perché no?», chiese lui.

    «Perché», disse lei, distogliendo lo sguardo per la vergogna. «Perché…», ritentò, sapendo che stava per apparire ridicola.

    «Ti prego, non dire quello che penso che stai per dire», la implorò Drew.

    «Perché lo amo», esclamò lei, incapace di alzare la testa e affrontare la sua reazione. Cosa poteva fare, quando era caduta nella trappola appena aveva posato gli occhi su Alex? Tutta la rabbia e il dolore erano stati messi fuori gioco da un violento attacco di struggimento e desiderio.

    Si costrinse a sollevare lo sguardo, ma vide soltanto l’espressione di sconcerto totale sul volto di Drew.

    L’ultima cosa che poteva fare era spiegargli cosa fosse successo. Non sapeva spiegarlo neanche a se stessa.

    «Mi spiace», borbottò, alzandosi con fare incerto e sporgendosi a prendere il cappotto dallo schienale della sedia.

    «Mi spiace», ripeté, mentre inciampava nella sedia e attraversava l’ufficio.

    Non sopportava di continuare a guardare l’incredulità di Drew. Sapeva che aveva ragione, ma lei amava Alex e in qualche modo questo non lasciava spazio a scontri rabbiosi sul modo inaccettabile in cui l’aveva scaricata senza tanti complimenti. Amava Alex, il che significava che in quel momento l’unica cosa che poteva affrontare era una triste analisi post-mortem per capire cosa aveva sbagliato e, ancora più importante, se poteva fare qualcosa al riguardo.

    Capitolo due

    Cara Trish,

    ti invidio, davvero. È ovvio che tuo marito ti ama ancora, altrimenti non si sarebbe offerto di tornare a casa e ricreare ciò che avevate un tempo mettendo in scena le sue fantasie sessuali, no?

    Di certo non dovresti fare nulla che ti faccia sentire a disagio, ma consiglio di mettervi seduti, parlarne con calma e accordarvi su ciò che va bene a entrambi. Devo anche sottolineare che il PVC non dona molto alle figure più piene, ma posso consigliare i perizomi di Marks & Spencer, di solito disponibili nella taglia 50, insieme a reggiseni coordinati per taglie forti. Ti consiglierei anche di frequentare un corso di spinning con tuo marito, questa volta magari scegliendo un’altra palestra.

    Approfitta di questa occasione, Trish, perché se ami davvero qualcuno vale la pena combattere.

    Buona fortuna,

    Suzie

    Suzie stava tornando a casa in autobus, rimuginando disperatamente sulla sua storia con Alex, quando si accorse che essere uscita prima dall’ufficio significava che stava per sforare la scadenza delle quattro del pomeriggio per consegnare la sua rubrica di posta del cuore. Le restava solo di concludere la risposta al problema di Trish, ma sapeva quanto fosse stata sconsiderata la sua reazione iniziale. L’ultima cosa di cui Trish aveva bisogno era qualcuno che le consigliasse di aggredire il marito con un lanciafiamme. Aveva la possibilità di ravvivare il suo amore ed era importante approfittare al massimo delle occasioni. A Trish servivano incoraggiamenti, non speranze date alle fiamme. Digitò una risposta revisionata sul telefono e la inoltrò in ufficio appena in tempo, sperando di aver detto qualcosa di utile per aiutare Trish a recuperare la sua relazione.

    Non più distratta da quell’incombenza, guardò le strade grigie e bagnate di Manchester dai finestrini sporchi di moccio infantile dell’autobus e si chiese cosa potesse fare riguardo alla sua vita amorosa. La malinconia la travolse mentre si fermavano sibilando sulla strada principale davanti alle vetrine illuminate di un McDonald’s, e lei fece ciò che faceva sempre a quel punto del tragitto. Non poté evitarlo. Guardò il tavolo e le sedie nell’angolo della vetrina sinistra e rivisse il momento. Il momento in cui Alex l’aveva baciata per la prima volta.

    Era successo sei mesi prima, al termine di quello che era sembrato uno dei giorni più felici della sua vita. Dopotutto, non accadeva spesso di rimorchiare l’uomo in cima alla tua lista, no? Magari il numero cinque, se avevi molta fortuna, ma il numero uno: quando capitava? Lei e la sua migliore amica Jackie avevano iniziato a redigere la LCMFP (Lista dei Cinque Migliori Fidanzati Possibili) da ragazzine, più che altro per ridere istericamente dei reciproci gusti in fatto di uomini (anche se Jackie non aveva mai trovato divertente che Suzie avesse tenuto Rick Astley al primo posto per diciotto settimane). Jackie non aveva più bisogno di una lista, essendo felicemente accasata nel suo secondo matrimonio, ma Suzie ne teneva ancora una che in cuor suo aggiornava quasi con la stessa frequenza della Borsa di Londra. Era la sua coperta di sicurezza, essenziale per rassicurarla che non aveva ancora toccato il fondo dell’abisso sentimentale. Purtroppo, con il passare degli anni era stata costretta a renderla più realistica. I personaggi famosi erano stati depennati dopo i vent’anni, gli uomini molto attraenti subito dopo i trenta e adesso, in tutta sincerità, la lista consisteva più che altro negli uomini single che non le ispiravano disgusto. Per questo Alex era stato una tale rivelazione. Un uomo single, sotto i quarant’anni e bellissimo. Era schizzato dritto in cima alla lista appena arrivato al giornale all’inizio dell’anno per guidare il settore Vendite e Pubblicità.

    Suzie aveva cercato di non seguirlo come un’adolescente innamorata, ma se le capitava di andare a pranzo alla stessa ora in cui ci andava lui, tanto meglio. Aveva dovuto parlargli; non poteva ignorarlo. E per qualche motivo beveva davvero più caffè nei giorni in cui lui lavorava in ufficio, il che significava dover andare più spesso nella cucina che, per pura coincidenza, si trovava proprio davanti alla sua scrivania.

    Alla fine era stato grazie a Gareth, il nuovo direttore, se si erano messi insieme. Il suo primo giorno di lavoro li aveva chiusi tutti in una stanza e aveva preteso che ciascuno di loro tirasse fuori almeno tre idee per aumentare le vendite del giornale agonizzante. Quando lei aveva suggerito con leggerezza una rubrica di posta del cuore, Gareth aveva colto l’idea al volo.

    «Magnifico», aveva detto, lanciandole il suo migliore sorriso da londinese trentenne e di successo. «Soprattutto dato che al momento sul sito la sezione degli appuntamenti ha più visite della tua intera sezione di Lifestyle», aveva proseguito tagliente. «La voglio pronta entro la prossima settimana, e mettiti d’accordo con Alex riguardo ai possibili inserzionisti. Viagra, Tampax, quello che volete: basta che paghino».

    «Tu lavora sul contenuto, piccola, io porto i Durex», le aveva sussurrato Alex quella sera al pub, durante una lunga e alcolica analisi del nuovo direttore con il resto della squadra. Più tardi

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