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Qualcuno come te
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Qualcuno come te

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Dall'autrice del bestseller Qualcuno di speciale

Stare lontano l'uno dall'altra sembra impossibile...

In una notte d’estate Ally Monroe precipita letteralmente tra le braccia del classico cattivo ragazzo tatuato. Morgan Jordan è tutto quello da cui lei si è sempre tenuta alla larga: un playboy che proviene dalla classe operaia, mentre Ally cerca qualcuno con una posizione stabile, che le dia sicurezza. La loro relazione dovrebbe fermarsi a un’unica notte di passione, ma Ally scopre che Morgan è il fratello della sua migliore amica e non c’è proprio modo di stargli alla larga... né di sottrarsi alla pericolosa attrazione che è scattata tra loro. Ma più l’intesa cresce, più le difficoltà aumentano, perché tutto e tutti sembrano intenzionati a separare le loro strade…

«Addison Moore dosa perfettamente umorismo e scene piccanti. Riesce a passare dalle risate ai momenti in cui la passione fa ardere il lettore.»
Addison Moore
è autrice bestseller del «New York Times» e di «USA Today», vive sulla West Coast e scrive romanzi rosa e paranormal. Ha lavorato come psicoterapeuta in una clinica per quasi dieci anni.
LanguageItaliano
Release dateDec 20, 2017
ISBN9788822707505
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    Qualcuno come te - Addison Moore

    1

    Un’intima conoscenza

    Ally

    E vissero felici e contenti: mia madre credeva nel lieto fine. Secondo lei, potevi incontrare l’anima gemella nei posti più improbabili, ma non credo proprio che uno strip club, situato all’estrema periferia di una città universitaria, sia l’ambientazione ideale per una favola.

    Sbircio da dietro il sipario di velluto e vedo Kit, una ragazza della Garrison University, che si muove voluttuosa ipnotizzando il branco umano lì ammassato, ebbro di alcol e piacere. Il lungo palo di metallo crea un’ombra sul palco, spezzandolo in due come un cuore.

    Il Pretty Girls Gentlemen’s Club è stracolmo di clienti che non si possono definire gentiluomini: per lo più si tratta di viscidi sbronzi e arrapati, con la lingua penzoloni. Spilorci che tengono ben stretti in pugno i pochi dollari che possiedono.

    In un angolo del locale è seduto un ragazzo divino, con i capelli neri: è attorniato da un capannello di ragazze in topless che gli si strusciano contro. Lui assiste allo spettacolo, imperturbabile: sembra quasi allergico a tutto quel silicone. I suoi capelli neri e lucidi, le fossette pronunciate sulle guance mi ricordano il motivo per cui, fin dall’inizio, ho pensato che questa fosse una pessima idea. Lancia un’occhiata nella mia direzione, e i nostri sguardi si incrociano. Quando mi trafigge con gli occhi azzurri, mi sento mancare il respiro. Mi rivolge un sorriso malizioso, così mi ritiro dietro le quinte e mi stringo il petto come se avessi appena evitato uno scontro frontale; o meglio, con un’altra parte del corpo più nascosta, ma altrettanto dura e sporgente. In realtà, non dovrei nemmeno accarezzare l’idea di fare sesso con i clienti. In fondo, sono una ballerina di strip club ancora alle prime armi.

    «Merda, merda, merda», sibilo.

    Tess, mia sorella maggiore, che è tutt’altro che protettiva, mi si avvicina con passo deciso su tacchi vertiginosamente alti, i lunghi capelli che le brillano, talmente chiari che sembrano color latte.

    «Tessy!». Non la chiamo più così da quando avevo tre anni, ma all’improvviso mi sento come se il petto stesse per esplodermi e faccio fatica a respirare. «Le mie coronarie non funzionano più».

    «Un attacco di cuore?». Sposta lo sguardo, mentre mi aggiusta la spallina del reggiseno ricoperto di strass. «E non mi chiamo Tessy, ma Fan-tessy, che sta per fantasia. La fantasia che stimolo e accendo». Mi guarda ammiccante. «A proposito, hai bisogno di un nome». Increspa le labbra, riflettendo. «Qualcosa di accademico, che ne dici? La Bibliotecaria Sexy? O la Studentessa Bollente?».

    Trattengo a stento le proteste che rischiano di sfuggirmi di bocca.

    «Che ne dici di qualcosa di sensato», replico, «tipo Guardate come se la dà a gambe, oppure Oh, merda, ha appena dato di stomaco sul palco

    «Molto divertente». Fa un sorriso ironico. «Niente vomito, intesi?». Mi tira giù le mutandine affinché scendano provocanti, esattamente sotto i fianchi. Gli occhi verdi chiari le brillano come fossero di giada, e il sorriso le diventa smagliante. «Se tu sapessi quanti fili ho dovuto smuovere per farti avere questo lavoro, non staresti qui a piagnucolare. Mi baceresti i tacchi a spillo. Praticamente, si tratta di un suolo sacro, Ally».

    «Cosa?». Non sono sicura di voler iniziare una discussione sulla sacralità di questo onorato locale di donnine allegre. Tipico di Tess. Sempre a cercare di far passare i miei problemi come insignificanti per invischiarmi in questioni molto più gravi, che potrebbero avere anche ripercussioni legali. «Non sto piagnucolando. Sei tu quella geneticamente condannata a sembrare una mocciosa di tre anni che si lamenta. Di solito andavo a letto tutte le sere ringraziando Dio perché, quando parlavo, non sembravo una lagna».

    «Davvero, Ally?». Le labbra le diventano una linea sottile. «Be’, forse preferisco sembrare una mocciosa piuttosto che una castigata studentessa della confraternita femminile che passa il venerdì sera a eccitare invano gli uomini fino a far scoppiare loro le palle, insieme alle sue degne compagne».

    Lo considero il suo momento di gloria. Non ha tutti i torti, ma non sono pronta a essere sconfitta dalla cara vecchia Tess, così acida. Oh, ma chi se ne frega. «Touchée». Un punto a suo favore.

    «E per cortesia, riserva quelle parole sofisticate per i tuoi professori».

    La folla fischia in modo sfrenato e urla oscenità dietro il sipario che cela loschi traffici.

    «Hai sempre bisogno di un nome», mi ricorda Tess.

    «Mi chiamerò Troia infuriata che non ama perdere», scherzo. «Ancora meglio, Monella scatenata che vi eccita fino a farvi scoppiare le palle».

    «Penso tu sia sulla strada giusta con quest’ultimo». Lancia un’occhiata alla folla. «Ma ancora non mi fa impazzire». Gira sui tacchi e mi scruta attentamente per un attimo. «Penso che Angelo di mezzanotte ti si addica. Hai un’aria da ragazza della porta accanto: così innocente, con gli occhi sgranati e tutta tremante».

    «Quella si chiama paura».

    «Che ne dici di rilassarti?». Mi passa le dita sulle spalle nude. «Non è niente di che. E vuoi smetterla con gli attacchi di panico?». Allunga una mano dietro di sé e mi porge una bottiglia di champagne. «Tieni questa, io vado a prendere dei bicchieri».

    «Oh, fidati di me, non ho bisogno del bicchiere». Bevo un abbondante sorso dalla bottiglia e gliela restituisco prima di dare un’altra sbirciatina a quel ricettacolo di depravati. La divinità dai capelli color ebano è ancora al suo posto. Si guarda attorno come se stesse aspettando che succeda qualcosa, senza prestare la minima attenzione allo spettacolo sul palco o a ciò che accade nel locale.

    Oddio, è davvero bello: ha i capelli neri come il catrame e una T-shirt che mette in risalto un torace massiccio e delle braccia possenti. Ha dei muscoli eccezionali. I tatuaggi sulle braccia, sfumati di blu e di verde, gli conferiscono un fascino da cattivo ragazzo. Ha una bottiglietta di birra sul ginocchio, e per quanto possa apparire bizzarro, è assolutamente annoiato mentre scruta il palco. Lancia un’occhiata nella mia direzione, e i nostri sguardi si incrociano di nuovo.

    «Oh, merda», sussurro e mi sento avvampare tutta. Così mi aggrappo al sipario, ma il movimento è talmente brusco e repentino che mi ci arrotolo dentro: temo che verrà giù e mi soffocherà. Morire a causa di un incidente così umiliante è proprio quello che mi merito. Vedo già il titolo dell’articolo nel giornale dell’università: Ally Monroe, studentessa del secondo anno alla Garrison, muore soffocata da una valanga di stoffa mentre spettatrici in topless sorseggiano champagne senza poter fare nulla.

    «Che succede?». Tess si avvicina con passo deciso e le tette sobbalzano con una tale esuberanza che rischiano di traboccarle fuori da quello che lei vuole far passare per reggiseno, e che invece è uno strumento di tortura per la carne, sebbene tempestato di zirconi.

    «Prima fila, lato sinistro. Alto, moro, e talmente bello da far perdere la testa».

    Senza pensarci su due volte, scosta il sipario e fissa con sguardo inebetito quel ragazzo mozzafiato.

    «Adesso si comincia a ragionare». La butta lì, con voce bassa e roca. «È proprio carino». Indossando scarpe col tacco dodici, Tess incede come se camminasse sulle molle. «Se le cose andranno nella giusta direzione, potrebbe essere la tua serata fortunata».

    «Davvero fortunata», ripeto, liberandomi del ridicolo serpente imbalsamato che mi sta attorcigliato attorno alla pancia. «Ci ha pensato quel tizio a far andare le cose nella giusta direzione. Adesso non ce la faccio nemmeno a uscire fuori».

    «Cosa?». Impallidisce come se avessi deciso di lasciare gli studi per diventare una spogliarellista professionista, e, per quanto possa apparire strano, Tess ne sarebbe contentissima. E al momento ci siamo andate vicino, a parte la questione di lasciare gli studi. In effetti, se avessi ricevuto un dollaro ogni volta che lei ha definito i miei impegni universitari soltanto un modo per distrarmi dal mondo reale, non mi sarei infilata queste mutandine che ricordano la pelle di un serpente, chiedendomi se non sarebbe stato meglio farsi la ceretta alla brasiliana anziché usare una lametta poco tagliente.

    «Lui è il tuo trampolino di lancio». Tess mi spinge di nuovo verso l’apertura del sipario. «Potresti guadagnare dei bei soldoni. Fallo sentire speciale, importante. Se la vive come un’esperienza personale, potrebbe diventare il tuo cliente fisso». Di fronte a quella possibilità spalanca gli occhi come fosse stralunata.

    «Gesù, Tess». Libero il gomito dalla sua stretta. «Ti ringrazio perché mi fai sentire un’apprendista prostituta. Non posso uscire là fuori e ballare solo per lui. È come andare dal ginecologo e scoprire che è un uomo affascinante. La prospettiva cambia, e le ginocchia si chiudono a tenaglia. Più sono affascinanti, meno arrivano a vedere. Si tratta di una discriminazione genetica fatta dalle donne di tutto il mondo».

    «Gesù, Ally», mi prende in giro, «la vuoi smettere di comportarti da signorina tutta casa e chiesa? Sei qui per suscitare erezioni, non per promuovere relazioni sentimentali. Hai un obiettivo, ricordi? Aiuti Dell che è a corto di ragazze, e lo fai per ricevere un aiuto da lui, visto che tu sei a corto di contanti. Non appena ne avrai guadagnati abbastanza da permetterti una casa per conto tuo, per ciò che mi riguarda potrai tornare al tuo lavoretto da Starbucks. Apprezza però il favore che ti è stato fatto, va bene? Almeno trenta ragazze si sono messe in ginocchio per avere questo posto, ma io ho fatto in modo che lui lo assegnasse alla mia sorellina».

    In ginocchio? Ho quasi paura di chiederle se lo ha detto in senso letterale. Anche se conoscendo quanto è depravato il suo ragazzo, che è anche il proprietario di questo locale, temo che mettersi in quella posizione sia un passaggio imprescindibile al momento del colloquio di lavoro.

    «Hai ragione. E sappi che te ne sono grata», sussurro. Da quando la responsabile dei turni a Starbucks, Gretchen, mi ha ridotto le ore quasi a zero, ho avuto serie difficoltà a far quadrare i conti. Giuro che quella donna mi odia. Inoltre, questa è l’ultima sera che resterò nel dormitorio, perché poi dovrò riconsegnare ufficialmente le chiavi e sistemarmi sul divano nel camper di Derek. Non che mi dispiaccia stare con mio fratello, ma il bagno è piccolo come un ripostiglio, senza considerare l’insignificante particolare che effettivamente non esiste ripostiglio. Spero che qualche serata al Pretty Girls mi aiuterà a guadagnare molto più di quanto potrei racimolare con un mese di lavoro da Starbucks.

    «Posso prenderne ancora?». Le tolgo di mano la lunga bottiglia verde e butto giù qualche altro sorso di quel mosto fermentato prima di riconsegnargliela. Ormai diventa sempre più evidente che l’unico modo per uscire da questo pasticcio è perdere i sensi o dar di stomaco.

    Per un attimo la stanza ondeggia, e mi ricordo esattamente qual è la ragione per cui non bevo. Vomitare e svenire non sono in cima all’elenco delle priorità.

    Sbircio fuori e vedo Kit che salta sul palo e ricade all’indietro facendo la spaccata. Di fronte a quello spettacolo tutto il mio corpo si irrigidisce.

    «Accidenti. Sembra quasi che lo stia facendo apposta a farmi apparire un’incapace. È impossibile far bene quanto lei». Mi volto e guardo in faccia mia sorella. «Non ho più fatto la spaccata dalla quarta elementare; basta questo a dimostrare che non ho assolutamente le qualità necessarie per trovarmi qui».

    «Sarai brava». Tess mi spinge per avvicinarmi al palco: l’aria è satura di fumo e birra. «Fa’ finta di essere un’altra: una a cui piace davvero quello che sta facendo». Arriccia il naso e lancia uno sguardo alla calca là fuori. I lineamenti di Tess si induriscono. «Farai meglio a lasciarti andare, Ally. Quelli sono come cani. Sono assolutamente in grado di sentire l’odore della paura. Prendi questo», mi passa di nuovo lo champagne, «buttalo giù tutto».

    Afferro la bottiglia fredda e mi obbligo a bere fino all’ultima goccia, finché sento un principio di nausea e lo stomaco che mi si rivolta contro. La stanza pulsa come un cuore che batte, così mi aggrappo alle spalle di mia sorella per evitare di cadere.

    «Questa roba mi dà alla testa», sussurro, mentre mi ritorna nel cervello l’eco delle mie parole come un boomerang.

    «È quel che dite tutte voi ragazze della confraternita femminile». E mi strizza l’occhio in segno di approvazione. Il suo rossetto rosso brilla come fosse uno specchio, e per un attimo vorrei restare lì incantata a fissarlo.

    «Non ne faccio parte». Guardo di nuovo la folla, e poi Kit, che di sicuro appartiene alla Tri Delta. «E se ne facessi parte, tanto per incominciare, non mi troverei in questo casino».

    «Quale casino?». Alza gli occhi al cielo. «Vai alla Garrison e frequenti gente snob tutto il giorno. Ti dispiace chiudermi le manette?». Tess mi porge i polsi. Ha scelto di vestirsi da poliziotta, che, di per sé, è un po’ da ipocriti. Mia sorella ha vissuto in una zona d’ombra, per quanto riguarda la legalità, sin dalla tenera età di dodici anni, quando è stata beccata a rubare un pacchetto di sigarette.

    «Da quando i poliziotti arrestano se stessi?», le chiedo, chiudendo le manette.

    «Da quando devono occuparsi delle morigerate e apprensive sorelline come te. Ehi…». Le compare in viso quello sguardo diabolico che di solito è il preludio di una trasgressione. «Conosco un modo efficace per farti sciogliere un po’. Dovresti provare con un’avventura di una notte».

    Tess si rianima dispensando un consiglio insensato. Se non fuggo ora a gambe levate da mia sorella e dai suoi aneurismi cerebrali che tenta di spacciare per idee geniali, non lo farò mai più.

    «Niente avventure da una notte». Lancio un’altra occhiata alla divinità con i capelli color ebano. Tra poco farò una gran bella figuraccia davanti a lui.

    «Oh, avanti». Anche lei gli dà una sbirciatina da sopra la mia spalla. «Guardalo. Che ne dici di lasciarti andare, per una volta?»

    «Ho provato a lasciarmi andare, a non pensare alle conseguenze, ricordi? Ho commesso un crimine e per poco non sono finita in carcere. A proposito, quel somaro con cui stavo è ancora ospite di un penitenziario federale, e lì dentro fa molta attenzione a non raccogliere le saponette da terra per paura che qualcuno possa approfittarsi di lui. E a parte il reato in sé, alla fine sono anche rimasta incinta; e ho pure dovuto rinunciare alla bambina». Dire che è stata un’esperienza traumatica sarebbe voler minimizzare la cosa.

    Scuoto la testa, cercando di non pensare a Ruby. Sono scesa veramente in basso. Mi si spezza il cuore quando penso a lei. Mi manca, ma non ho avuto i mezzi per crescerla. Se avessi avuto un milione di dollari, probabilmente lei starebbe ancora con me. Ecco perché detesto il denaro con tutta me stessa. Sono stata un po’ troppo a lungo con l’acqua alla gola, anzi addirittura sott’acqua, tanto che, nel disperato tentativo di respirare, mi sono persino proposta come spogliarellista al Pretty Girls.

    «Be’, certo», increspa le labbra come se stesse per piangere, «sei fortunata che comunque faccia ancora parte della tua vita. Dille che la zia Tess non vede l’ora di riabbracciarla per il suo compleanno».

    Kit, con una giravolta, approda dietro le quinte: è senza fiato. Le nappine color rosa shocking ruotano allegramente sui suoi capezzoli e, in tutta onestà, provo un certo imbarazzo a guardarle. Kit è bella e ricca, due presupposti necessari se decidi di frequentare la Garrison University. Ovviamente, io sono tutt’altro che bella: sono la classica ragazza della porta accanto, e di certo non sono affatto ricca, né spogliarmi è sulla lista delle cose che voglio assolutamente fare prima di morire. Kit lo fa soltanto perché è una malata di adrenalina. A differenza sua, preferisco sfogare la mia adrenalina pensando a come falsificare il mio conto in banca affinché non resti a secco. Strano a dirsi, Kit pensa che spogliarsi in pubblico sia una mossa vincente che la porterà a migliorare il suo status sociale. Nel mio caso, se qualcuno lo venisse a sapere, si verificherebbe l’effetto contrario, e le mie stesse compagne mi caccerebbero brutalmente, e senza possibilità di appello, dalla comune cerchia di amicizie.

    «È stato meraviglioso!». I capelli scuri di Kit sono pieni di gel e pettinati all’indietro a formare uno chignon. I lineamenti marcati del viso sembrano usciti da una rivista. «È stato come quella volta che sono andata in funivia nel parco del Serengeti!».

    «A proposito», metto a tacere la voglia di prenderla in giro, «le bestie del posto che vengono in questo bar ad abbeverarsi, molto simili agli animali selvatici del Serengeti, hanno lingue prensili e sono incapaci di reprimere il desiderio di accoppiarsi con chiunque».

    «Oh, Ally», alza gli occhi al cielo, «ti piacerà da matti». Un mucchio di banconote adorna i bordi del suo bikini tempestato di gioielli. «Ci vediamo in pista». Si precipita fuori, nell’area sotto il palco, dove ci sono altri avventori che sventolano dollari.

    Mentre si allontana, lascia una sola banconota dietro di sé, e io resto per un attimo a fissarla.

    Faccio un respiro profondo e mi preparo mentalmente. Lo sto facendo per una sola ragione: i soldi. Si tratta solo di poche settimane. Troverò una casa per conto mio, coprirò gli addebiti delle spese effettuate con le carte di credito, e avrò abbastanza denaro per comprare a Ruby qualcosa di carino per il suo quarto compleanno.

    «Coraggio». Tess mi spinge delicatamente fino a farmi arrivare al limite del palco.

    Il cuore comincia ad accelerare i battiti. La pelle mi si copre di sudore freddo, e il respiro si fa irregolare.

    «Merda», ansimo.

    Gli altoparlanti gracchiano sopra le nostre teste, quando una voce profonda tuona: «Accogliamo con un bell’applauso la nostra prossima Pretty Girl, l’Angelo di mezzanotte!».

    Per un attimo le luci forti mi accecano, così mi riparo gli occhi e cerco di concentrarmi. La folla si anima e prorompe in una serie di fischi, mentre io mi concentro sul lungo palo di metallo posto all’altro estremo del palco. Quelle facce, quelle mani fameliche che vogliono catturare la mia attenzione come fossero artigli: tutto si confonde in un vortice che mi stordisce.

    «Ucciderò Tess», sussurro. «Ucciderò Tess», ripeto, come fosse una cantilena, il mio nuovo mantra, mentre prendo coraggio e lancio uno sguardo verso la calca immersa nel fumo del locale.

    Muovo i primi passi incerti sul pavimento trasparente del palco e mi rendo conto che l’alcol ha fatto effetto. Mentre avanzo lentamente verso il palo, si accende sotto i miei piedi un vertiginoso caleidoscopio di luci viola e blu. Una giravolta: a detta di Tess, è tutto ciò che ci vuole affinché i clienti aprano il portafogli. A quel punto potrò accumulare così tanti contanti come fossero dolcetti per Halloween, e tornare a gambe levate alla Garrison.

    Parte una delle mie canzoni preferite, che d’ora in poi sarà quella stupida canzone! Sta per compiersi la catastrofe. Ogni volta che avrò la disgrazia di riascoltarla, mi ricorderò di questi istanti orrendi.

    «Arrivo», sussurro.

    Faccio una corsa folle verso il palo come se il locale stesse andando a fuoco, ma mi scivola un piede e così comincio a dimenare braccia e gambe con movimenti poco aggraziati.

    La folla scoppia a ridere, ma poi inizia a gridare e dimenarsi, come se avessi fatto la mossa giusta. Solo quando riesco ad afferrare l’onorato palo di metallo, noto che la mia tetta sinistra ha fatto una fuga degna di Alcatraz ed è scappata dal reggiseno tempestato di strass.

    «Accidenti», piagnucolo, cercando in tutta fretta di rimediare. «Bastardi», sibilo, mentre le risate e i sogghigni si fanno sempre più rumorosi. Riesco a girarmi in tutta fretta, come stabilito dal contratto, e in quel momento il locale inizia a vorticare senza più controllo. «Oddio, oddio, oddio…». Farfuglio quelle parole e, barcollando, cerco di tornare da Tess per commettere il crimine che fin dal principio ero destinata a compiere, ovvero strangolare quell’incosciente di mia sorella.

    «Vediamo che sai fare, bimba!», urla qualcuno dal fondo mentre continuo a camminare malferma verso il sipario rosso scuro, a braccia spalancate, e all’improvviso mi sento come Godzilla in procinto di schiacciare un’ignara Tokyo.

    «Vieni da papà!». Un personaggio dall’aspetto viscido con lunghi capelli arruffati cerca di salire sul palco, e Dell, il proprietario-buttafuori, lo rispedisce giù. Oh, scusate un attimo, ma è Dell. Vedo doppio, e non è assolutamente un buon segno.

    Le luci sul palco ormai sono fuori controllo, proprio come la musica; sembra che il pavimento si sia aperto e mi abbia inghiottito. Faccio qualche altro passo incerto a sinistra, mentre tutta la folla trattiene il fiato. Cerco di non perdere l’equilibrio stando su quei tacchi assassini alti dodici centimetri, ma mi sposto troppo bruscamente verso destra: ho le vertigini e mi sento sfinita.

    A quel punto, mi cede la caviglia e cado giù dal palco con un vergognoso tuffo a volo d’angelo.

    Oddio, fa’ che non senta dolore.

    Cado come un masso tra un paio di braccia vigorose, piene di tatuaggi. Alzo lo sguardo sicura di trovarmi di fronte Dell, o un altro maiale del tipo Ti farò a pezzi più tardi con il coltello da macellaio, e invece non è così. Si tratta di Mr Alto, Moro e Bellissimo, con un sorriso mozzafiato e delle fossette pericolose.

    «Accidenti, tutto bene?»

    «Non proprio». In realtà, starei benissimo se considerassi soltanto che, nel giro dei miei primi cinque minuti come ballerina al Pretty Girls, ho ridotto la distanza fisica tra noi.

    «Che ne dici se io e te continuassimo la festa da qualche altra parte?». Sfodera quel suo sorriso sensuale da morire e avverto una stretta allo stomaco. Perché ho la netta sensazione di essere appena entrata nelle fantasie sessuali di un ragazzo di una confraternita che vuole solo divertirsi? Anche se, a giudicare da quei bicipiti muscolosi e dai tatuaggi che gli ricoprono le braccia, non si tratta di un ragazzo qualsiasi affiliato a una confraternita.

    Mi libero dalla sua stretta. Chiaramente gli ho lanciato il messaggio sbagliato.

    «Preferisco evitare. L’ultima cosa che voglio fare stasera è prestarmi a un possibile sequestro di persona». In verità lo aiuterei volentieri a legarmi. Anche solo pensare a cosa potrebbe farmi un ragazzo come lui, mi ha quasi fatto arrivare all’orgasmo, che in realtà mi risulta ancora ignoto e irraggiungibile. Socchiudo gli occhi, giusto per dargli una sbirciatina. Scommetto che le sue dita sanno fare tante belle magie, così come quelle splendide labbra carnose. Le mie dita invece sono talmente negate. Mi riscuoto dal mio stesso turbamento sessuale e scaccio quel pensiero.

    Faccio il gesto inutile e incomprensibile di togliermi la polvere di dosso, ma stranamente la mia pelle sembra essere diventata insensibile, forse per il tasso micidiale di alcol che ho ingerito sotto la malefica supervisione di mia sorella.

    «Non sequestro le persone, quindi il problema non sussiste». Il sorriso si fa più ampio, e io avverto una stretta più forte allo stomaco. Osservo deliziata il suo corpo slanciato, splendido, e in quel momento il tatuaggio sul braccio sinistro, quello col drago che sputa fuoco, sembra animarsi. «Allora lascerò che sia tu a portare me da qualche altra parte. Accidenti, ti permetterò di portare anche un’arma». Mi rivolge un sorrisone, e mi sembra quasi che una sua fossetta mi faccia l’occhiolino.

    «Un appuntamento pericoloso come un esplosivo nucleare, quindi?». Mi piego in avanti, divertita, solo che non mi fermo finché non sbatto vergognosamente la faccia contro il suo petto che è duro come il granito.

    «I miei occhi sono quassù», rimbomba la sua voce dentro la mia testa, profonda e baritonale. Ha qualcosa di fanciullesco, e lo trovo pericolosamente attraente. «Se sei interessata, ho anche una mazza da baseball nell’auto. Te la posso prestare».

    Uffa! Questo è un tipo strambo, sarà un maniaco!

    «Che razza di pervertito tiene una mazza da baseball nel portabagagli della sua auto? Scommetto che si trova proprio tra il nastro adesivo e i sacchi della spazzatura». Merda. L’ho veramente detto a voce alta?

    Tira su la birra, e io gliela tolgo di mano e ne butto giù una bella sorsata.

    Arriva Tess a passo deciso e me la strappa di mano.

    «Ally», tuona. «Non prendere le bevande dei clienti. E per l’amor del cielo, cerca di non romperti niente, considerato che è la tua prima sera di lavoro». Tess si inchina leggermente, mentre riconsegna la bottiglia a Mr Alto, Moro e con una perversione per il baseball.

    La allontano con un gesto della mano e mi riapproprio della birra. Ma da quando Tess vuole limitare la libera ebbrezza, spinta dai pregiudizi? Potrò anche avere poche occasioni per ubriacarmi, ma stasera il mio buonsenso dipende dall’etanolo.

    Fa un sospiro esagerato e poi corre da quel deficiente del suo ragazzo. È convinta che Dell farà di lei una ragazza onesta, sebbene sia assolutamente consapevole che lui condivide lo stesso status sentimentale con almeno altre sei ragazze del club. Dell è il più grande stronzo con il quale mia sorella sia mai uscita, e anche il più preoccupante. Ha la fama di essere uno che fa sparire la gente: fallo incazzare e diventi subito il candidato idoneo per il programma di trasferimento a un’altra dimensione. Ma queste sono solo voci, e Tess non ci crede.

    «Così è la tua prima sera, eh?». La divinità dai capelli neri mi guarda perplesso, come se questa informazione togliesse lustro alle mie mutandine in finta pelle di serpente.

    «Per tutti c’è una prima volta». Abbasso lo sguardo sulla mia caviglia destra: c’è una bandana rossa avvolta intorno al piede. A quel punto mi scuoto dal torpore etilico e piombo nuovamente nella realtà: a quanto pare, ho già collezionato un infortunio sul lavoro. «Oddio, è gonfia».

    «Stai bene?». Si piega verso di me, e il suo buon profumo speziato mi ubriaca ancora più dello champagne.

    «Comunque, sono Ally», mi presento abbassando lo sguardo sul mio piede. «È solo slogata, tranquillo».

    «Fammi vedere». Appoggia un ginocchio a terra come una specie di principe azzurro con la mazza da baseball, e con cautela mi toglie la scarpa col tacco alto. Basta che mi strofini il piede ancora una volta e poi aggiungerò piedi all’elenco, in continuo aggiornamento, delle sue perversioni. Quando mi tocca, mi sento sfrigolare dentro; e ormai sono rassegnata al fatto che gli lascerò fare ciò che vuole non solo al mio piede, ma a ben altre parti. «Forse dovresti metterci del ghiaccio», mi suggerisce accarezzandomi delicatamente il polpaccio. Un fuoco si sprigiona dentro di me. Ogni centimetro del mio corpo lo sta implorando affinché faccia salire un pochino più su la mano.

    «Ally!». Arriva Kit di corsa con i ricci che le scappano dallo chignon come fossero serpentelli neri. Accenna un sorriso di fronte alle cure quasi mediche che sto ricevendo dall’uomo col drago tatuato. Anche se, a giudicare da quei tatuaggi, da quel sorriso da cattivo ragazzo, qualcosa mi dice che la medicina che pratica è tutt’altro che tradizionale. «Okay. Vedo che sei in buone mani». Dopo averlo detto, si inumidisce le labbra. «Dell dice che puoi prendere il posto di Amy tra dieci minuti, ma se non stai bene posso farlo io senza alcun problema».

    «È tutto tuo», le rispondo sfilandomi l’altra scarpa. «Resterò seduta per il resto della serata». E molto probabilmente per tutte le altre sere successive, ma evito di dirglielo.

    Mi stringe la mano entusiasta prima di tornare saltellando verso l’entrata. Sono abbastanza sicura che Kit abbia appena aggiunto alla lista dei suoi folli desideri un aspirante studente di medicina eccessivamente tatuato.

    «Aspetta», le urlo dietro mentre si allontana come se danzasse. «Portami la borsa. Il dottore dice che devo andare a casa e metterci del ghiaccio!».

    Spalanca la bocca osservando estasiata l’aitante giovanotto moro che ha mostrato tutto il suo virile coraggio prendendomi al volo come fossi il tappo di una bottiglia di champagne. Per mostrare la sua approvazione, mi fa l’occhiolino e poi scompare, inghiottita da un mare di gente.

    «Ghiaccio, giusto?». Sollevo lo sguardo sul bravo dottorino. «Oltre a tutte le altre cure alternative che sono sicura tu abbia in mente».

    «Cure alternative?». Si volge seducente verso di me, e le mie mutandine cercano di abbassarsi di loro spontanea volontà fino alle cosce.

    «Lasciami indovinare, hai un termometro dentro i Levi’s con cui ti piacerebbe molto misurarmi la temperatura».

    Soffoca una risata e gli trema il petto. «Conoscere la temperatura interna è il solo modo per avere il via libera e andare fino in fondo». La sua voce risuona, profonda e suadente. «Mi chiamo Morgan. E non sono un medico. Ma stasera posso essere tutto ciò che vuoi».

    Mi travolge un’ondata di puro piacere di fronte alla sua sfacciata allusione sessuale. «Consideralo un titolo onorifico che ti ho appena conferito». Mi guardo intorno per individuare tracce di Tess. Sono sicura che da un momento all’altro mi trascinerà via dal dottor Drago. Ma voglio davvero che lo faccia?

    «Che cosa mi hai conferito?». Solleva le sopracciglia, divertito.

    Scommetto che nel suo vocabolario non esiste quella parola. Ma le fossette

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