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101 perché sulla storia di Firenze che non puoi non sapere
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101 perché sulla storia di Firenze che non puoi non sapere

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About this ebook

Organizzato come una passeggiata tra i quartieri del centro, nel giardino di Boboli, sui Lungarni, nei palazzi e musei visitabili, nelle chiese, nei cimiteri monumentali, il libro è scandito in “101 perché” che affrontano le curiosità fiorentine legate soprattutto alla storia, all’architettura, al costume e alla lingua con qualche piccola incursione nelle particolarità che riguardano anche la cucina tradizionale fiorentina. Tra queste pagine vengono svelati i misteri delle origini di celebrazioni tradizionali come la Rificolona e la Festa del Grillo o manifestazioni tipiche come la Mostra dell’Iris e l’immancabile Calcio Storico. Scritto in modo narrativo e appassionante, un baedeker che accompagna il lettore in un viaggio fra le pieghe del tempo per rivivere la storia della città e lo spirito che ne ha sempre contraddistinto gli abitanti.

Perché sul Ponte Vecchio ci sono gli orafi?
Perché alcune finestre del Corridoio Vasariano sono più grandi?
Perché sul muro di Palazzo Vecchio appare un ritratto?
Perché sull’elmo di Perseo compare una testa?
Perché sotto ponte Santa Trinita ci sono due arieti?
Perché sono conservate tre pietre nella chiesa dei Santi Apostoli?
Perché in borgo Ognissanti c’è un balcone alla rovescia?
Perché sul lato di Santa Maria Maggiore spunta una testa femminile?
Ippolita Douglas Scotti di Vigoleno
, figlia del nobile commissario del quartiere di San Giovanni nel Corteo del Calcio Storico, è nata a Firenze e vive a un passo dal Duomo, in un palazzo quattrocentesco. Ha scritto libri di vario genere e collaborato con associazioni culturali volte a scoprire i dettagli più inconsueti e nascosti della città e delle sue dimore storiche.
LanguageItaliano
Release dateOct 3, 2017
ISBN9788822713315
101 perché sulla storia di Firenze che non puoi non sapere

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    101 perché sulla storia di Firenze che non puoi non sapere - Ippolita Douglas Scotti

    Indice

    Cover

    Collana

    Colophon

    Frontespizio

    Introduzione

    1. Perché il simbolo di Firenze è un giglio?

    2. Cosa c’entra il Marzocco con Firenze?

    3. Perché Firenze è considerata la culla del Rinascimento?

    4. Perché Lorenzo era detto il Magnifico?

    5. Perché Firenze era la New York medievale?

    6. Perché Firenze è considerata la capitale mondiale dell’arte?

    7. Perché c’è il calcio storico?

    8. Perché in molti palazzi antichi ci sono delle finestrine basse?

    9. Perché c’è un volto inciso su Palazzo Vecchio?

    10. Perché Ercole e Caco c’entrano coi poponi?

    11. Perché in Palazzo Vecchio c’è uno studiolo alchemico?

    12. Perché il Biancone non ha avuto mai fortuna?

    13. Perché Savonarola fu bruciato?

    14. Perché la fusione del Perseo di Cellini nasconde dei segreti?

    15. Perché c’era il Teatrino della Baldracca?

    16. Perché la chiesa di Orsanmichele è a pianta rettangolare?

    17. Perché si tocca il naso al Porcellino?

    18. Perché c’è un tondo marmoreo sul pavimento del Mercato Nuovo?

    19. Perché entrando a Palazzo Davanzati sembra di fare un salto nel tempo?

    20. Perché via delle Terme si chiama così?

    21. Perché ci sono dei papaveri su uno stemma?

    22. Perché a Firenze ci sono delle colonne?

    23. Perché ci sono due arieti sotto il Ponte Santa Trinita?

    24. Perché la chiesa di San Jacopo Sopr’Arno ha un nomignolo?

    25. Perché sul Duomo c’è un angelo che fa un gestaccio?

    26. Perché il leone sulla facciata del Duomo ha ucciso un uomo?

    27. Perché sul lato del Duomo c’è una testa di bue?

    28. Perché cadde la palla del Duomo?

    29. Perché ci sono due colonne sul Battistero?

    30. Perché in piazza del Duomo c’è un vento improvviso?

    31. Perché sul Battistero c’è una strana lastra di marmo?

    32. Perché vicino al Battistero c’è una colonna?

    33. Perché si celebra lo scoppio del carro?

    34. Perché sulla base della cupola del Duomo c’è una gabbia per grilli?

    35. Perché la Farmacia del Moro si chiama così?

    36. Perché all’ingresso del teatro c’è il simbolo di una bomba?

    37. Perché il David è fatto così?

    38. Perché i Prigioni sono rimasti incompleti?

    39. Perché c’è il Corridoio Vasariano?

    40. Perché a Firenze c’è una lucertola sulla meridiana?

    41. Perché il Corridoio Vasariano gira attorno a una torre?

    42. Perché il Corridoio Vasariano ha delle finestre grandi?

    43. Perché Ponte Vecchio ha le arcate basse?

    44. Perché sul Ponte Vecchio ci sono gli orafi?

    45. Perché c’è un corridoio aereo che porta alla Santissima Annunziata?

    46. Perché la Rificolona si chiama così?

    47. Perché c’è una finestra murata a Palazzo Pucci?

    48. Perché in piazza Santissima Annunziata c’è una finestra sempre aperta?

    49. Perché non si contano le api sul monumento di Ferdinando i?

    50. Perché in piazza Santissima Annunziata ci sono dei tondi con dei putti?

    51. Perché c’è un diavolo in un angolo del centro?

    52. Perché sbuca un volto femminile da una chiesa?

    53. Perché l’arco di San Piero è una testimonianza storica importante?

    54. Perché c’è una fontana con un agnellino?

    55. Perché ci sono delle robbiane con i pesci in piazza dei Ciompi?

    56. Perché in Santa Croce c’è una tomba che custodisce segreti?

    57. Perché via dei Malcontenti si chiama così?

    58. Perché a Firenze c’è il Palazzo Nonfinito?

    59. Perché Alberti fece una miniatura del Santo Sepolcro?

    60. Perché c’è piazza della Repubblica?

    61. Perché sulla facciata di Santa Maria Novella ci sono dettagli curiosi?

    62. Perché la facciata di San Lorenzo è rimasta incompiuta?

    63. Perché in Borgo Ognissanti c’è un balcone alla rovescia?

    64. Perché c’è un passaggio segreto sotto l’Arno?

    65. Perché piazza della Passera si chiama così?

    66. Perché il crocifisso di Michelangelo sembra vero?

    67. Perché in Boboli c’è un obelisco egizio?

    68. Perché c’è il Corridoio Pocciantiano?

    69. Perché si sospetta un regale scambio in culla?

    70. Perché San Miniato al Monte è denso di simbologie?

    71. Perché c’è un tabernacolo curioso in via Nazionale?

    72. Perché nel Parco delle Cascine c’è un mausoleo induista?

    73. Perché a Firenze c’è il Cimitero degli Inglesi?

    74. Perché c’è un aneddoto sul sasso di Dante?

    75. Perché lo zuccotto fiorentino era chiamato l’elmo di Caterina?

    76. Perché il cibreo era così popolare anche sulle tavole medicee?

    77. Perché l’Alchermes è il liquore de’ Medici?

    78. Perché la schiacciata alla fiorentina non è una vera schiacciata?

    79. Perché La nascita di Venere e La Primavera nascono… da una storia d’amore?

    80. Perché si dice essere ridotti al lumicino?

    81. Perché l’arista e il vin santo si chiamano così?

    82. Perché c’è il divieto di giocare a palla?

    83. Perché a Firenze parliamo così?

    84. Perché Firenze è fondamentale per la storia della profumeria?

    85. Perché la storia della cioccolata è legata a Firenze?

    86. Perché Caterina de’ Medici è responsabile della cucina francese… (e non solo)?

    87. Perché il gelato Buontalenti si chiama così?

    88. Perché a Firenze si mangia il pan di ramerino benedetto?

    89. Perché il pane di Firenze è senza sale?

    90. Perché la panzanella si chiama così?

    91. Perché la ribollita si chiama così?

    92. Perché la bistecca alla fiorentina si chiama così?

    93. Perché il peposo è legato alla costruzione del Duomo?

    94. Perché sul muro di Palazzo Strozzi c’è un editto curioso?

    95. Perché i barbieri chiudono di lunedì?

    96. Perché si dice bischero?

    97. Perché si dice c’entra come il culo con le quarant’ore?

    98. Perché si dice bucaioli c’è le paste?

    99. Perché a Firenze la tuta si chiama toni?

    100. Perché la Fiorentina ha la maglia viola?

    101. Perché ci sono le nutrie in Arno?

    Bibliografia

    em

    518

    Prima edizione ebook: ottobre 2017

    © 2017 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-227-1331-5

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Corpotre, Roma

    Ippolita Douglas Scotti

    101 perché sulla storia di Firenze che non puoi non sapere

    omino

    Newton Compton editori

    Introduzione

    Con questo libro vorrei accompagnarvi in una passeggiata inconsueta tra le strade, le piazze e i vicoli dei quartieri del centro, con uno sguardo diverso sulla città, rivolto a dettagli che solitamente passano inosservati anche ai fiorentini, per farvi compiere, in questo percorso tra le pietre della memoria, un viaggio fra le pieghe del tempo e far rivivere la storia di Firenze e lo spirito tagliente, burlone e dissacrante che ne ha sempre contraddistinto gli abitanti.

    Vi racconterò aneddoti poco conosciuti, molti dei quali divertenti e indiscreti, condividerò le curiosità fiorentine legate soprattutto al passato, all’architettura, al costume, alla lingua e alla toponomastica, talvolta così insolita, concedendomi anche qualche piccola incursione storica nelle particolarità che riguardano la nostra cucina tradizionale.

    Spero di incuriosirvi e divertirvi, senza pretese, raccontando delle infinite storie della mia città, cambiando solo la prospettiva della visita a Firenze, svelandone i tanti volti nascosti e, allo stesso tempo, omaggiandola.

    Ippolita Douglas Scotti di Vigoleno

    1. Perché il simbolo di Firenze è un giglio?

    Lo stemma di Firenze è rappresentato da un giglio scarlatto bottonato con tre petali principali, due stami bocciolati superiori e delle propaggini simmetriche inferiori, su campo bianco. Botanicamente è la rappresentazione della varietà florentina dell’Iris germanica, un’iridacea perenne spontanea, comune nella zona nei colori violetto e bianco e chiamata anche iris o giaggiolo.

    La più accreditata delle teorie attorno all’emblema araldico risale alla fondazione della città, nella primavera del 59 a.C. da parte dei Romani, e spiegherebbe anche l’etimologia del nome Florentia.

    La leggenda è legata alla celebrazione primaverile dei Floralia, sfrenati giochi orgiastici a tema pastorale in onore della dea Flora. Questi Ludi Florales erano anche caratterizzati da spettacoli teatrali, dove le donne erano abbigliate con colori sgargianti, mentre gli uomini decoravano il capo con ghirlande di fiori appena sbocciati.

    Le attrici delle rappresentazioni di mimo usavano spogliarsi dei loro pepli colorati dietro richiesta degli spettatori, attuando la nudatio mimarum, manifestazioni licenziose che enfatizzavano il legame metafisico tra la sessualità umana e la fertilità vegetale, per cui stimolando l’una attraverso il rituale sacro, si stimolerebbe anche l’altra.

    Ma il fiore, oltre a celebrare la rinascita della stagione primaverile, era legato anche al significato rappresentato dall’archetipo della purezza del giglio, che si dice sia nato da una goccia di latte versata dal seno della prosperosa Giunone mentre allattava Ercole. Infatti il giglio di Firenze originariamente era candido. Il colore vermiglio risale al 1266 quando con l’inversione dei colori dello stemma si volle simboleggiare la vittoria dei Guelfi sui Ghibellini, cacciati dalla città.

    Dante Alighieri nel Canto xvi del Paradiso celebra così il ribaltamento cromatico del gonfalone:

    Vid’io Fiorenza in sì fatto riposo,

    che non avea cagione onde piangesse:

    con queste genti vid’io glorioso

    e giusto il popol suo, tanto che ’l giglio

    non era ad asta mai posto a ritroso

    né per division fatto vermiglio.

    La signoria fiorentina, nel guerreggiare con i vicini, impose ai territori conquistati il suo giglio come simbolo ma con una differenza sostanziale e molto simbolica: il giglio fiorito era rappresentato in questo caso sterile, ovvero privo degli stami che lo caratterizzano nel gonfalone di Firenze. Ancora oggi a Castelfiorentino e Scarperia, Comuni fiorentini, il giglio senza organi riproduttivi è il simbolo comunale.

    Nel 1811, con un decreto del 13 giugno, Napoleone provò a imporre un nuovo emblema per Firenze, ovvero una pianta di giglio violetto fiorito su un pratino verde e uno sfondo argentato sormontato da un capo di rosso a tre api d’oro, dove il capo indicava l’appartenenza di Firenze alle bonne ville, le grandi città dell’impero napoleonico.

    Ma il tentativo di sostituire lo stemma gigliato fu immediatamente annullato, perché le proteste dei fiorentini, orgogliosi del loro simbolo, furono così veementi da far desistere per sempre l’imperatore francese. I nuvoloni – così i fiorentini, con il loro proverbiale e creativo spirito burlone, chiamavano i francesi in base alla consueta formula iniziale nous voulons dei loro annunci ufficiali – rimasero a Firenze fino al 1814. Il 27 giugno furono abolite le riforme amministrative francesi e rientrarono in vigore i regolamenti leopoldini.

    Il giglio di Firenze è presente anche nel fiorino, l’antica moneta della città. Nel 1252 fu coniata dalla zecca di Firenze la prima emissione di questa moneta di scambio costituita da 3,53 grammi d’oro a 24 carati. Il fiorino d’oro fu una delle prime monete di questo materiale a venire coniata in Italia dopo la caduta dell’Impero romano.

    Il nome deriva dal fiore rappresentato sul dritto della moneta, mentre il suo rovescio è dedicato al patrono della città, san Giovanni Battista.

    La Zecca di Firenze era un servizio fornito ai privati cittadini che acquistavano oro in lingotti o monete estere e lo convertivano in fiorini, pagando una piccola percentuale di commissione.

    Il potere d’acquisto elevatissimo del fiorino esigeva l’uso di vari sottomultipli, quali il fiorino d’argento (detto anche grosso o popolino, pari ad 1/20 di quello d’oro, poi svalutato fino a 1/150 nella seconda metà del xvi secolo) e il fiorino di rame, detto anche fiorino nero per il colore che assumeva la patinatura dovuta all’ossidazione, del valore di 1/12 del fiorino d’argento. Questa suddivisione si rifaceva al sistema monetario introdotto da Carlo Magno, ovvero una lira corrispondeva a 20 soldi, che a sua volta valevano 240 denari: il primo fiorino d’oro valeva appunto una lira.

    Nel xiii secolo e fino al Rinascimento, grazie alla crescita esponenziale della potenza bancaria di Firenze, il fiorino era già in uso in tutta Europa, divenendo, verso la fine del secolo, la moneta di scambio preferita, sia come moneta reale che come valuta di conto. Ciò costituiva una risorsa importante sia per i mercanti locali che per i banchieri, e proprio il fiorino fu il responsabile economico del grande prestigio della città di Firenze, divenuta così ricca.

    Ma il giaggiolo è un fiore prezioso non solo perché è il simbolo del prestigioso fiorino, ma anche perché dal suo rizoma si estraggono le essenze talcate per i profumi più raffinati, come l’iridione, ora sostituito sempre più spesso da sostanze di sintesi.

    Durante il mese di maggio, periodo dell’anno in cui avviene la spettacolare fioritura del giaggiolo, c’è l’atteso Concorso Internazionale dell’Iris, dove nel profumatissimo e variopinto giardino dedicato a questo delicato fiore, posto nel luogo denominato il Podere dei Bastioni che si incontra nella discesa orientale del piazzale Michelangelo, vivaisti di varie nazionalità sfoggiano ogni anno ibridazioni e poliploidismi sempre più azzardati e spettacolari.

    Il nome iris deriva da Iride, la messaggera degli dèi olimpici che era anche la personificazione dell’arcobaleno, e il giardino dell’iris si presenta davvero come un arcobaleno, in un trionfo di colori regalati da più di tremila varietà.

    Ogni pianta che viene iscritta al prestigioso concorso è contrassegnata semplicemente da una sigla in modo che la giuria, solo dopo aver ultimato il giudizio totale, possa venire a conoscenza del nome della varietà e dell’identità del suo ibridatore. La graduatoria di merito viene finalmente stabilita e sono assegnati alcuni premi speciali, attribuiti in base a particolari caratteristiche della singola varietà, mentre il floricoltore vincitore del primo premio riceve un fiorino d’oro.

    I criteri di valutazione si basano sulle caratteristiche della pianta e del fiore. Il punteggio tiene conto dello sviluppo della pianta e del numero degli steli per ognuna di esse, ma anche della resistenza alle fitopatie e ai parassiti, e della fioribundità, ovvero del numero dei fiori per ogni stelo, con un minimo di 7 fioriture. Per quanto riguarda il fiore, sono fondamentali il colore, la vitalità, la consistenza, la forma e anche il profumo, tutte voci giudicate tramite una valutazione che arriva fino al tetto di cento punti. La prima decina di premi viene attribuita in base a una graduatoria finale, poi vi sono dei premi speciali basati su particolari caratteristiche.

    Terminato il concorso, le piante vengono mantenute per due anni nella stessa parcella dove sono state messe a dimora per il concorso, poi vengono effettuate rigorose selezioni e le piante scelte sono destinate a essere trapiantate nei settori destinati alla consistente collezione permanente.

    Il panoramico giardino, in questo modo, si arricchisce ogni anno di circa un centinaio di nuove varietà provenienti da tutto il mondo.

    0001

    Il giglio che campeggiava anticamente nella bandiera fiorentina.

    0002

    Il giglio rappresentato nello stemma di Firenze.

    2. Cosa c’entra il Marzocco con Firenze?

    Tra i simboli di Firenze c’è un leone araldico seduto, che con la zampa destra regge fiero lo stemma con il gigli: è il marzocco, e la sua storia affonda le radici nella romana Florentia.

    Il nome sembra derivi da Marte, antico protettore della città, ritratto, come ricorda Dante, in una statua che si trovava presso l’attuale Ponte Vecchio e che fu travolta e dispersa dalla piena del 1333 e sostituito dalla figura del leone, simbolo di potenza e di supremazia.

    Etimologicamente, il termine marzocco viene identificato come derivazione del diminutivo di matroculos, ovvero piccolo Marte. Sembra che questo regale felino sia stato introdotto dalla Libia da alcuni soldati romani la cui legione aveva scelto come emblema proprio questo animale totemico come vessillo, simbolo di fierezza, predominanza, forza e anche di protezione. Nei secoli successivi, poi, la Repubblica fiorentina scelse come protettore della città il leone per ostentare la propria potenza politica. Il felino, non a caso, era l’unico animale in grado di mangiarsi l’aquila, simbolo imperiale e quindi anche dell’eterna rivale Pisa.

    All’epoca della Firenze romana, i leoni veri venivano coinvolti anche nei combattimenti nell’arena che si trovava presso via Torta, nome che deriva dalla sua forma curvilinea essendo stata costruita intorno all’antico anfiteatro. I feroci animali erano custoditi nelle burella, dietro la buia cavea dell’anfiteatro, proprio dove ora sorge la stretta via delle Burella.

    0003

    La sintesi visiva che unisce il Marzocco ed il giglio dalla città, in un'antica incisione.

    Nel Rinascimento proseguì la tratta dei leoni; ne furono introdotti ventiquattro vivi dal Nord Africa e fu trovata loro una sistemazione più dignitosa del passato: vivevano in larghe gabbie confortevoli dietro Palazzo Vecchio, proprio in via dei Leoni. Tenuti in gran considerazione, i leoni in cattività erano accuditi con la massima attenzione, venivano nutriti giornalmente con gran quantità di carne fresca e si esigeva che il direttore del serraglio corrispondesse a tre curiose caratteristiche precise. Per prima cosa doveva essere nobile, poi doveva aver pagato da almeno tre decenni le tasse, ed era anche obbligato a ostentare una lunga barba curata. I felini furono in seguito sfrattati dai loro alloggi per trasferirsi in piazza San Marco. Ciò successe nel 1550 quando, su progetto del Vasari, Cosimo i ordinò l’ampliamento del Palazzo della Signoria e la costruzione degli Uffizi. I fieri animali rimasero in questo luogo fino al 1775.

    I leoni, seppur in forma scultorea, sono ancora presenti ovunque nella città, sugli stemmi, nelle decorazioni e nelle moltissime altre testimonianza artistiche; intorno alla base della statua di Dante sulla scalinata sinistra della bellissima chiesa di Santa Croce, per esempio, possiamo ammirare quattro marzocchi con lo stemma gigliato.

    A guardia di Palazzo Vecchio invece c’è una copia del Marzocco di Donatello, che regge con la branca lo scudo con il giglio rosso; l’originale fu scolpito nel 1419 e ora si trova nella corte del Museo Nazionale del Bargello. La statua, simbolo della città di Firenze, fu commissionata a Donatello un anno prima della sua esecuzione, in occasione della venuta a Firenze di papa Martino v, ed era stata pensata per abbellire lo scalone che, all’epoca, dal chiostro grande di Santa Maria Novella conduceva agli appartamenti del pontefice.

    È documentato che furono effettuati tre pagamenti dagli Operai dell’Opera del Duomo e tali testimonianze confermano l’esecuzione di Donatello della scultura del Marzocco tra il 1418 e il 1420. Donatello trattò il soggetto, realizzato in pietra serena, in maniera rivoluzionaria, riuscendo a infondere nella figura dell’animale tutta la maestosità delle sue opere di quegli anni. La scalinata fu poi demolita agli inizi del Cinquecento. Nel 1812 l’architetto Giuseppe del Rosso, incaricato del restauro di Palazzo Vecchio, sostituì un leone trecentesco in pietra situato in piazza della Signoria, ormai troppo consunto, con l’opera di Donatello.

    La presenza della scultura nella piazza è documentata in alcune stampe ottocentesche di Melchiorre Missirini, di Clemente Papi e Giuseppe Lelli.

    Nel 1847 anche il Marzocco di Donatello accusava i segni del tempo e delle intemperie e versava in uno stato di conservazione molto critico; vista l’importanza, fu sostituito da una copia e venne alloggiato nella più protetta Galleria degli Uffizi, per poi passare, nel 1865 nella sua attuale dimora del Bargello.

    Il Marzocco, nella sua forma primitiva di leone rampante, si può notare sulla splendente

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