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Forever Love
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Ebook139 pages1 hour

Forever Love

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About this ebook

Bestseller del New York Times, USA Today e Wall Street Journal

Forever Series

Mi chiamo Julia, e sono la figlia di Connor ed Ellery Black. Sì, mio padre è milionario, ma se pensate che la mia vita sia un sogno, che sia la piccola principessina di casa, vi sbagliate di grosso. Ciò che faccio per la maggior parte del tempo è mentire ai miei genitori e sgattaiolare fuori dalla mansarda. Secondo mio padre, alla tenera età di sedici anni sono ancora troppo giovane per frequentare i ragazzi; mia madre, l’artista, cerca di restare neutrale e non si pronuncia sull’argomento. Ma io e la mia migliore amica London abbiamo voglia di uscire, di vivere; ci piace fare shopping e rimorchiare tutti i ragazzi che i nostri genitori non approverebbero. Ogni tanto ci cacciamo nei guai, certo, ma quasi sempre riesco a uscirne indenne, tranne quella volta in cui mio padre mi beccò a fare sesso con Brody Sullivan nella mia stanza…
Questa è la storia della mia vita, delle mie aspirazioni, dei miei sogni, delle mie sfide e, soprattutto, di come il destino mi ha portata finalmente tra le braccia del mio grande amore. 
Sandi Lynn
è autrice della serie Forever, bestseller del «New York Times», di «USA Today» e «Wall Street Journal». Quando non scrive, ama andare a cena fuori e andare al cinema.
LanguageItaliano
Release dateMay 10, 2017
ISBN9788822705259
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    Forever Love - Sandi Lynn

    Capitolo 1

    Sedici

    «Julia, è ora di cena», gridò mio padre da basso.

    «Arrivo subito, papà», risposi chiudendo il laptop.

    Scesi le scale e mi sedetti proprio mentre mamma portava in tavola il piatto con il pollo impanato. Collin si sedette poco dopo di me e prese un sorso del latte che aveva di fronte. Infine si sedette anche mia mamma e sorrise, indicandoci così che potevamo cominciare a mangiare.

    «Hai parlato con Hailey?», domandò guardandomi.

    «Ieri. Perché?»

    «Peyton ha detto che ultimamente lei è un po’ giù e pensava che potesse averti accennato qualcosa».

    Piegai la testa e le feci la mia faccia stile spiacente, ma anche se sapessi, non ti direi niente. «No, non mi ha detto niente», risposi.

    Quando si fu convinta che non ne sapevo nulla, lanciò un’occhiata a Collin. «E tu?»

    «Ah… no. Perché dovrebbe dirmi qualcosa?», disse lui avventandosi sul pollo.

    «Le parlerò io domani, mamma». Le sorrisi.

    «Grazie, Julia».

    I suoni della conversazione familiare svanirono presto dalle mie orecchie, perché non riuscivo a smettere di pensare a Brody Sullivan e al suo corpo muscoloso e sexy. Non c’era nulla che desiderassi più delle sue forti braccia strette addosso a me.

    «Pronto? Terra a Julia», disse mio padre.

    Abbandonai il mio mondo di fantasie e lo guardai. «Che c’è, papà?»

    «Dove stavi?».

    Figuriamoci se potevo dirgli che stavo sognando Brody a occhi aperti. Era così geloso. E io ero l’unica sedicenne del pianeta a non esser mai uscita con un ragazzo. Ma quella storia stava per cambiare molto presto.

    «Sono proprio qui, papà», risposi con un sorrisetto sarcastico.

    «Lo so che sei qui, Julia. Sei qui fisicamente, ma la tua mente era da qualche altra parte».

    «No, non è vero», dissi scuotendo la testa.

    Mia mamma poggiò la mano su quella di mio padre e lui sospirò. Mi alzai da tavola e misi il piatto nel lavandino. Mentre tornavo su Collin mi seguì.

    «Ehi, sorellina», disse.

    «Sì», feci io entrando in camera e chiudendo la porta.

    «Oggi a scuola ho sentito Brody parlare di te».

    «Ma smettila! E cosa diceva?».

    Collin si sedette sul mio letto e guardò in terra. Era un bambino davvero dolce e, anche se ero io quella più grande, si preoccupava sempre per me.

    «Insomma, che ha detto?», domandai impaziente.

    «Dice che sei figa e vuole uscire con te», rispose lui, guardandomi con gli stessi occhi con cui mi aveva guardato mio padre.

    Per l’emozione saltai sul letto gridando. Tutto il corpo mi formicolava mentre l’idea che sarei uscita con Brody Sullivan mi invadeva la mente.

    «Julia, non è una bella notizia, io non credo che dovresti uscirci. È andato a letto praticamente con ogni ragazza della Constantine. È uno che usa le ragazze, non voglio che ti faccia troppe illusioni. E poi papà ti ucciderà!».

    «So con quante ragazze è andato, e non mi importa. Sono più di tre mesi che gli ho messo gli occhi addosso. E papà non lo verrà a sapere, non è vero, Collin?», domandai lanciandogli un’occhiataccia.

    Si alzò dal letto scuotendo la testa. «No, da me non lo verrà a sapere», disse uscendo dalla stanza.

    Presi il telefono, mi sedetti sul letto e chiamai la mia migliore amica, London.

    «Ehi, Julia, come va?»

    «Indovina un po’, Collin mi ha appena detto che Brody Sullivan pensa che io sia figa e vuole uscire con me!», quasi urlai nel telefono.

    «Ma che cavolo dici! Collin ne è sicuro?»

    «Sì, l’ha sentito oggi a scuola mentre lo diceva».

    «Che fortuna che hai, Julia! Io ucciderei per poterci andare a letto», disse lei.

    «Giù le mani, London».

    «Lo so», rispose con un sospiro.

    London Fitzgerald e io eravamo migliori amiche da quando, sei anni prima, era venuta ad abitare nel nostro palazzo. Viveva praticamente da noi, perché aveva una famiglia molto problematica. Suo padre era un avvocato di successo ed era socio di uno dei più importanti studi legali di New York, il Melbourne, Fitzgerald & Holloway. Sua madre era un’alcolizzata, che normalmente cominciava la giornata alle otto di mattina. Con un bicchiere di succo d’arancia e vodka. Suo padre aveva sempre relazioni extraconiugali e litigavano tutti i giorni. A lei piaceva tanto stare da noi per il rapporto che c’era tra mia madre e mio padre. Certe volte era davvero imbarazzante, perché loro due non riuscivano a tenere le mani a posto e si mettevano a limonare in cucina. London desiderava tanto avere una famiglia come la mia. Diceva che ogni volta che entrava nel nostro attico sentiva l’amore nell’aria. Mamma e papà la viziavano come fosse stata figlia loro. Erano dispiaciuti per lo schifo di atmosfera che c’era a casa sua. Anche io ero triste per quel motivo, ed ero certa che fosse quella la ragione per cui andava con tutti. Voleva solo sentirsi amata.

    Sedetti alla scrivania e aprii il laptop. Avevo un sacco di compiti da fare, tutti per il giorno successivo: alla Scuola Constantine di preparazione universitaria per ragazze non avevano alcuna pietà. Stavo facendo i miei esercizi di matematica quando arrivò una richiesta di contatto su Skype. La aprii ed ebbi un sussulto nel vedere che proveniva da Brody Sullivan. Il cuore cominciò a battere forte e fu come se qualcuno avesse alzato la temperatura del mio corpo. Puntai il cursore su aggiungi contatto e cliccai. Mentre aspettavo non proprio pazientemente di vedere quale sarebbe stata la sua mossa successiva, inviai un messaggio a London.

    «Oh mio Dio! Brody mi ha appena chiesto l’amicizia su Skype!».

    Qualche secondo dopo lei rispose.

    «Non ci credo! Gli piaci! Non vedo l’ora di essere a scuola domani!».

    Restai a guardare lo schermo in attesa, tamburellando con le dita sulla scrivania. Improvvisamente comparve un suo messaggio.

    «Ehi, Julia, grazie per avermi accettato. Mi chiedevo se potevo avere il tuo numero di telefono».

    Il cuore mi batteva ancora forte e, dal modo in cui svolazzavano, le farfalle nel mio stomaco sembravano strafatte. Digitai il mio numero. Pochi secondi dopo il telefono suonò.

    «Grazie per avermelo dato. Volevo sapere se ti andava di fare qualcosa domani, dopo scuola».

    L’eccitazione ebbe la meglio su di me e mi sembrò di morire, ma dovevo restare calma ed evitare di farmi vedere troppo emozionata, così aspettai cinque minuti e poi mandai la mia risposta.

    «Ehi, nessun problema. Mi farebbe piacere vederci dopo scuola».

    «Fantastico. Ci vediamo domani fuori dalla Constantine. Poi decideremo cosa fare».

    «Okay. Allora a domani», risposi con un gran sorriso.

    Che posso dire di Brody Sullivan? Era una creatura divina di diciotto anni che andava alla Scuola di preparazione per ragazzi di St Matthews, accanto alla Constantine. I capelli castano chiaro, corti e spettinati, e i brillanti occhi azzurri erano solo due delle cose che lo rendevano incredibilmente sexy. Il suo addome piatto come una tavola da surf e le braccia muscolose erano il risultato dei suoi quotidiani allenamenti in palestra. Suo padre era Chief risk officer a Wall Street, e sua madre era una designer di gioielli, proprietaria di una griffe di oreficeria di alto livello. Aveva una reputazione da playboy, ma questo, così la vedevo io, solo perché non aveva ancora trovato la ragazza giusta. Ma avrei cambiato le cose, e avrei cambiato anche lui.

    Capitolo 2

    Mentre cercavo nell’armadio qualcosa da mettermi addosso, sentii qualcuno bussare alla porta.

    «Entra. Buongiorno, mamma», dissi con un sorriso quando lei entrò in camera.

    «Ero venuta solo a svegliarti. Ma vedo che sei sveglia e hai già fatto la doccia».

    «Già. È solo che non voglio fare le cose di fretta oggi», dissi tirando fuori dall’armadio il mio baby doll color crema.

    Mi guardò con una faccia un po’ strana, disse: «Okay» e uscì dalla stanza.

    Indossai il vestito, gli stivaletti col tacco alto, mi arricciai i capelli biondi, misi su un po’ più di trucco del solito e scesi di sotto per fare colazione. Quando entrai in cucina mio padre, che era seduto a tavola, alzò gli occhi dal telefono.

    «Sei mattiniera oggi», disse.

    «Buongiorno, papà», dissi prendendo un bicchiere di succo d’arancia dal tavolo, poi mi avvicinai e lo baciai sulla guancia.

    «Buongiorno, principessa. Non pensi che quel vestito sia un po’ troppo corto?».

    Alzai gli occhi al cielo e sospirai. «Mamma!».

    «Connor, il vestito va bene. È così che si vestono tutte le ragazze, e poi, se fosse troppo corto, non lo potrebbe portare a scuola».

    Lui mi guardò sorridendo. «Penso comunque che sia troppo corto».

    «Ovvio, papà. Tu pensi che tutto sia troppo corto. Devi solo abituarti al fatto che ho sedici anni, e che posso mettermi quello che voglio», risposi ammiccando, poi presi un pezzo di pane tostato e uscii dalla cucina.

    Prima di prendere la borsa della scuola tornai in cucina e andai da mio padre. Gli misi le braccia intorno al collo e lo baciai sulla guancia.

    «E quello per cos’era?», domandò sorridendo.

    Misi su la mia espressione da principessa e risposi: «Perdonami se prima ti ho risposto così, papà. Posso avere per favore la carta di credito, così dopo scuola io e London possiamo andare a fare un po’ di shopping? Ti prometto che comprerò vestiti e gonne più lunghi», gli dissi con un sorriso.

    Mi guardò, prese il portafoglio dalla tasca e me la porse. «Niente vestiti corti».

    «Grazie, papà. Ti voglio bene»

    «Anche io, piccola», replicò con un sorriso.

    Stavo per uscire dalla cucina quando mi fermai e mi voltai. «Dato che ho sedici anni, non pensi che sarebbe meglio se avessi una carta di

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