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Rifugiati
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Rifugiati

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Quando la verità sembra un thriller

Da Galeazzo Ciano a Julian Assange
Da Noriega a Cesare Battisti

Eroi e criminali in fuga per la libertà o per scampare alla giustizia

«Perseguitati per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale e per le proprie opinioni politiche», così il nostro ministero dell’interno definisce i rifugiati.
Ma la storia recente spesso racconta vicende ben diverse: uomini in fuga dalle loro terre natie, braccati dalla giustizia internazionale o da polizie segrete, nascosti nelle ambasciate di Paesi amici. Perché in questo libro non si parla tanto di esuli scampati a eccidi etnici o religiosi, quanto piuttosto delle storie di singoli personaggi, più o meno noti, che hanno utilizzato gli strumenti della diplomazia internazionale per combattere dittature sanguinose o per le proprie battaglie personali. Eroi come Perlasca, ma anche personaggi controversi come Assange, capace di suscitare entusiasmi e critiche e di dividere l’opinione pubblica tra innocentisti e colpevolisti, o ex terroristi come Cesare Battisti. Paolo Posteraro – giornalista, già autore del saggio I peggiori anni della nostra vita. Da Craxi a Berlusconi – descrive con lucidità ed equidistanza le loro storie, svelando al contempo come funziona il diritto d’asilo, quali poteri abbiano le ambasciate e quale incessante lavoro diplomatico si nasconda dietro la risoluzione delle crisi internazionali.

Tra i temi trattati nel libro:

• Galeazzo Ciano, ambasciatore senza passaporto, rifugiato nell’ambasciata sbagliata
• Perlasca, Wallenberg, Zamboni: la battaglia diplomatica per salvare gli ebrei dall’Olocausto
• Mindszenty, il Cardinale d’acciaio che visse per quindici anni da rifugiato nell’ambasciata americana a Budapest
• Gli esuli cubani: fuggire dall’isola a ogni costo, anche passando dal Perù
• Manuel Noriega: come costringere un dittatore a lasciare un’ambasciata?
• Enrico Calamai, lo “Schindler argentino” che ha affrontato il generale Videla
• La crisi degli ostaggi in Iran, prigionieri in ambasciata per 444 giorni
• I dissidenti cinesi, i rifugiati della più longeva dittatura del mondo
• Cesare Battisti: una lunga fuga in giro per il pianeta
• Julian Assange: dagli spazi illimitati del web al ristretto perimetro di un’ambasciata


Paolo Posteraro
è nato a Roma nel 1982, ha ricoperto diversi incarichi pubblici, ha lavorato in televisione come consulente di programmi della Rai e di La7 e ha scritto per «L’Indipendente» e «Il Riformista». Nel 2010 ha pubblicato con Newton Compton il saggio I peggiori anni della nostra vita. Da Craxi a Berlusconi.
LanguageItaliano
Release dateDec 16, 2013
ISBN9788854153202
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    Rifugiati - Paolo Posteraro

    91

    Dello stesso autore:

    I peggiori anni della nostra vita. Da Craxi alla caduta di Berlusconi

    In questo saggio si fa riferimento a varie inchieste giudiziarie,

    alcune delle quali sono ancora in corso. Tutte le persone coinvolte o citate

    a vario titolo, anche se condannate nei primi gradi di giudizio,

    sono da ritenersi penalmente innocenti fino a sentenza definitiva.

    Prima edizione ebook: maggio 2013

    © 2013 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-5320-2

    www.newtoncompton.com

    Paolo Posteraro

    Rifugiati

    logonc

    Newton Compton editori

    A mio fratello

    Premessa

    Il diritto d’asilo

    Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, articolo 14:

    1. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni.

    2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

    Il moderno diritto d’asilo ha radici remote, che affondano nel patrimonio storico e culturale della madre della nostra civiltà, l’Antica Grecia. In origine la tutela prendeva di mira non già la persona del rifugiato, ma il luogo, sulla soglia del quale doveva arrestarsi l’esercizio di ogni umano potere. Lo spazio interno del tempio, in quanto consacrato alla divinità, era infatti asylos, ossia inviolabile. Il luogo sacro accoglieva il supplice, senza distinguere tra colpevoli e vittime, tra perseguitati e criminali.

    Niente aiuta a comprendere la differenza tra la nostra nozione dell’asilo e quella dell’antichità classica quanto la vicenda dello spartano Pausania, il vincitore della battaglia di Platea (479 a.C.), che pose fine alla seconda invasione persiana del suolo ellenico. Racconta Tucidide che, dieci anni dopo, accusato di segrete intese con lo storico nemico, per sfuggire alla condanna capitale si rifugiò in un tempio di Atena. Ma leggiamo cosa scrisse:

    Allora sì, quando costui mostrò la lettera, gli efori si convinsero meglio, ma vollero ancora di persona udire una confessione dalla bocca di Pausania. Si presero questi accordi: l’uomo se ne andò sul Tenaro come supplice; ivi costruì una capanna divisa da un tramezzo, e nell’interno nascose alcuni efori. Venne da lui Pausania, chiedendogli perché si fosse recato lì come supplice. Gli efori intanto percepivano distintamente ogni parola. L’uomo rinfacciava a Pausania ciò che era stato scritto nella lettera a suo riguardo, e andava rivelando ogni particolare: «Nell’eseguire le ambasciate presso il Re, egli non l’aveva mai fin allora compromesso: e per questo gli si faceva l’onore particolare di ammazzarlo, tale e quale come gran parte degli altri servi». Proprio queste rivelazioni furono convalidate dal riconoscimento di Pausania, il quale lo pregava di non essere in collera per ciò che era avvenuto, e, se fosse uscito dal santuario, gli garantiva sicurezza. Insisteva che si mettesse al più presto in viaggio, e che non creasse difficoltà mentre c’erano trattative in corso.

    Qui gli efori, ai quali non era sfuggito nulla, si allontanarono. E, su questa ormai precisa conoscenza dei fatti si diedero, in città, a disporre l’arresto.

    Dicono che, quando sulla strada stava per compiersi l’arresto, Pausania, dall’espressione del volto di uno degli efori che gli si avvicinava, ne abbia intuita l’intenzione, e che un altro eforo, con un impercettibile cenno, gli abbia fatto capire ogni cosa, perché amico. Egli allora si diresse di corsa, per rifugiarvisi, al santuario di Atena Calcieca, e riuscì a prevenire gli efori: poiché il sacro recinto era lì presso. C’era annesso al tempio un piccolo edificio, ove Pausania entrò per non aver da soffrire a cielo scoperto. E non si mosse. Gli efori subito non lo raggiunsero; ma in un secondo tempo, fecero togliere all’edificio il tetto; quindi, atteso che fosse dentro e chiusovelo, murarono le porte. E si disposero lì, per prenderlo con la fame. Accortisi poi che, in quelle condizioni, stava per spirare nell’edificio, lo condussero fuori dal tempio, mentre dava ancora segni di vita. Appena fuori, immediatamente morì. Pensarono di gettarlo nel Cheada, dove precipitavano i delinquenti; poi decisero di seppellirlo in un posto lì vicino. L’oracolo del dio di Delfi impose ai Lacedemoni di trasportarlo dove era morto (ora infatti giace accanto al recinto, come indicano stele incise) e, poiché il fatto costituiva sacrilegio, che restituissero ad Atena Calcieca due corpi al posto di uno. I Lacedemoni fecero due statue di bronzo, e gliele offrirono, quasi per compensarla di Pausania.¹

    Gli efori, gli onnipotenti guardiani della costituzione di Sparta, non pensarono nemmeno per un istante di potersi comportare come avrebbero fatto i Boxer con le Legazioni delle Grandi Potenze a Pechino nel 1900 o gli iraniani con l’Ambasciata americana a Teheran nel 1979. Non cercarono di fare irruzione nel santuario, ma – determinati a non lasciare comunque impunito il crimine – ne fecero murare le porte, trasformando il rifugio in una trappola mortale.

    Il passaggio alla nuova religione di Cristo non mutò la natura del diritto d’asilo. Nell’età di mezzo la chiesa si sostituì al tempio pagano nel garantire la salvezza a coloro che cercavano scampo dal potere secolare. In quei secoli turbolenti accadde talora che la santità del luogo di culto venisse violata, perfino sanguinosamente come nell’assassinio dell’arcivescovo Thomas Becket nella cattedrale di Canterbury (1170). Ma l’esistenza di un clero organizzato, la sua forza politica e il suo prestigio sociale valsero a mantenere in vita l’istituto dell’asilo e a radicarlo nella coscienza collettiva.

    Nelle epoche successive, la progressiva secolarizzazione della società e la conseguente limitazione della sfera del sacro resero l’asilo nelle chiese un anacronistico retaggio del passato, destinato a venir meno di fronte al pieno dispiegarsi dell’assolutismo monarchico e alla nascita dello Stato moderno. La natura dell’istituto venne così profondamente trasformata. L’asilo diventò da allora ciò che conosciamo oggi: un caposaldo del diritto delle genti, l’estrema risorsa di quanti siano costretti ad abbandonare il loro Paese per sottrarsi a un’ingiusta persecuzione. Non più la protezione offerta indiscriminatamente da un dio a tutti quelli che si ricoveravano sotto la sua ala, ma una tutela assicurata dagli uomini in nome della tolleranza e della libertà di pensiero. Sotto l’ancien régime, l’asilo consentì a Voltaire di esprimere liberamente le sue idee, e alle sue opere di sfuggire all’attento controllo della censura. Nell’epoca delle rivoluzioni borghesi, dovettero ricorrervi molti protagonisti del nostro Risorgimento per sfuggire alle condanne ricevute in patria. Negli anni più bui del Novecento, gli oppositori dei totalitarismi richiesero asilo per mettere in salvo, fuori dai confini nazionali, la libertà e la vita.

    Le tragedie del secondo conflitto mondiale e la tendenza alla codificazione del diritto internazionale che ne è scaturita hanno condotto all’inserimento del diritto d’asilo nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo promossa dalle Nazioni Unite nel 1948, dando luogo, nel contempo, a un ampliamento della portata dell’istituto. Ne è prova la definizione del concetto di rifugiato accolta dalla Convenzione di Ginevra del 1951, secondo cui è tale chi teme di essere perseguitato nella propria nazione «per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche». Anche la nostra Costituzione ha voluto dare esplicito riconoscimento al diritto d’asilo, stabilendo, con una formula di tacitiana compiutezza, che può giovarsene lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche. Il ministero dell’Interno specifica altresì che i richiedenti asilo

    sono persone che, trovandosi fuori dal Paese in cui hanno residenza abituale, non possono o non vogliono tornarvi per il timore di essere perseguitate per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche. Possono richiedere asilo nel nostro Paese presentando una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato. [...] In applicazione della normativa europea, il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ha previsto come status di protezione internazionale oltre lo status di rifugiato anche quello di protezione sussidiaria. Tale status è riconosciuto a colui che pur non possedendo i requisiti per ottenere lo status di rifugiato non possa essere rinviato nel Paese di origine o, per l’apolide, nel Paese di residenza, in quanto sussiste il fondato timore che possa subire un grave danno alla sua vita o alla sua incolumità.²

    Sebbene esistano casi di esclusione dall’applicazione delle Convenzione di Ginevra:

    Le persone costrette a lasciare il proprio Paese a causa di disastri naturali, di calamità, di violenti rivolgimenti politici o di crisi belliche possono essere escluse dall’applicazione della Convenzione. In tali casi sono adottate misure di protezione straordinarie come per esempio la protezione temporanea, come è accaduto quando sono stati accolti nel nostro Paese i cittadini della ex Jugoslavia, della Somalia o dell’Albania.³

    Alla luce di questi princìpi, non sembra ipotizzabile che cittadini di uno Stato democratico possano legittimamente ricorrere, al giorno d’oggi, al diritto d’asilo. Per questo la vicenda di Cesare Battisti (un nome, detto per inciso, che non avrebbe meritato l’oltraggio di appartenere a un criminale) ha giustamente suscitato amarezza e sdegno nel nostro Paese. È davvero inaudito anche solo immaginare che una condanna all’ergastolo per concorso in quattro omicidi possa essere stata inflitta in Italia per motivi politici. Ma forse, se questo è accaduto, è il caso anche di fare un po’ di autocritica, chiedendoci se al discredito del nostro sistema giudiziario non abbiano contribuito, in qualche misura, le strane vicende della politica interna del nostro Paese. È dunque legittimo provare sdegno, da italiani, per le decisioni assunte dalle massime autorità politiche e giudiziarie del Brasile, ma dobbiamo forse riflettere sulla legittimità di lamentarci per tali decisioni se un leader politico che ha segnato gli ultimi venti anni di storia del nostro Paese, anche quando ricopriva una delle massime cariche istituzionali, esprimeva ogni giorno dubbi sull’indipendenza della magistratura, sostenuto, peraltro, dalla grande maggioranza del suo partito, che per lungo tempo e più volte è stato quello di maggioranza relativa.

    Ovviamente in questa sede non possiamo elencare tutti i casi di rifugiati politici che hanno fatto ricorso al diritto d’asilo. Abbiamo dunque privilegiato alcuni episodi della storia del Novecento e del Nuovo Millennio. Le vicende personali che andremo a ricostruire ci sono sembrate particolarmente significative perché vedono protagonisti uomini che, nel bene e nel male, hanno contribuito in qualche modo a cambiare il corso della storia dei loro Paesi d’origine o di quelli che hanno garantito loro ospitalità.

    1 Tucidide, La guerra del Peloponneso, I, 133-134, in AA.VV., Storici greci, Newton Compton editori, Roma 2011, pp. 631-632.

    2 http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/asilo/sottotema001.html. Esiste inoltre un Fondo europeo per i Rifugiati che «riguarda le politiche e i sistemi dell’Asilo degli Stati membri e promuove le migliori prassi in tale ambito. Obiettivo finale è quello di creare un sistema unico di asilo, improntato al principio della parità di trattamento, che garantisca alle persone effettivamente bisognose un livello elevato di protezione, alle stesse condizioni in tutti gli Stati membri. Più in particolare i finanziamenti del Fondo possono integrare, stimolare e fungere da catalizzatori per la realizzazione degli obiettivi. In linea con l’obiettivo del Programma dell’Aja di costituire un sistema di Asilo unico europeo, il Fondo mira a finanziare progetti di capacity building creando situazioni di accoglienza durevoli per i beneficiari» (Fonte: http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/asilo/sottotema010.html).

    3 http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/asilo/sottotema001.html.

    1

    La Battaglia di Pechino

    del 1900

    Quando l’esercito imperiale attaccò il

    quartiere delle legazioni e venne respinto

    da pochi diplomatici armati

    Nella Cina del 1900 l’Impero ormai al collasso cercò di liberarsi dell’ingerenza delle potenze straniere sfruttando i Boxer, un movimento violento di giovani nazionalisti. I diplomatici europei e americani decisero però di resistere asserragliandosi nel quartiere delle legazioni e con grande coraggio riuscirono a tenere testa anche all’esercito imperiale, fino a quando non arrivarono i rinforzi. E allora la dinastia Qing, ormai al crepuscolo della sua vicenda plurisecolare, fu costretta a fare pesanti e onerose concessioni agli occidentali.

    ***

    Ma andiamo con ordine. Dopo la sconfitta nella guerra contro il Giappone, che nel 1895 le costò il dominio sulla Corea e altri territori minori, la Cina era entrata infatti in un periodo di profonda crisi, che si sarebbe protratta per oltre cinquant’anni e negli anni Trenta avrebbe addirittura portato alla scomparsa dello Stato cinese, occupato dalle forze giapponesi.

    Il governo imperiale non aveva saputo stare al passo con i tempi. Debole nei confronti dei potentati locali, era arroccato in tradizioni e consuetudini di stampo medievale che lo

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