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Le cento migliori ricette di pizza
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Le cento migliori ricette di pizza

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Secondo gli esperti, l'immortale pizza avrebbe già tremila anni, e sarebbe nata in Italia. Il termine "pizza" verrebbe dal latino medievale "picca", una focaccia di acqua e farina. In questo libro troverete 100 ricette, suggerite dai migliori pizzaioli italiani e disposte secondo una guida ragionata in otto sezioni... Buon appetito.

Franco Salerno

laureato in lettere classiche e in sociologia, docente di italiano e latino nei licei, giornalista, collaboratore de Il Mattino, autore di testi teatrali e di vari saggi di letteratura, si occupa di antropologia dell'alimentazione.
LanguageItaliano
Release dateApr 29, 2013
ISBN9788854145634
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    Le cento migliori ricette di pizza - Franco Salerno

    283

    Franco Salerno

    Le cento migliori ricette di pizza

    Collana diretta da Maria Grazia Avanzini

    Prima edizione ebook: gennaio 2013

    © 1997 Finedim s.r.l., Compagnia del Buongustaio

    © 2012 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 9788854145634

    www.newtoncompton.com

    Progetto grafico: Sebastiano Barcaroli

    Immagini di copertina della collana: © iStockphoto / © Stockfood / © Neubauten studio

    INTRODUZIONE

    Per la pizza, una delle glorie nazionali del nostro Bel Paese, ricorrono due anniversari, da non sottacere. Il primo è quello della nascita. La pizza avrebbe tremila anni e sarebbe nata in Italia. Almeno questa è l’opinione di una Commissione di storici, riunitisi davanti ad un giudice di San Francisco nel corso di un processo svoltosi presso la Court of historical review and appeals. I medesimi esperti hanno anche stabilito l’etimologia del termine pizza, che deriverebbe dal latino medievale picea, una focaccia di acqua e farina.

    Le ricette della pizza hanno subìto nel tempo profonde modifiche. Le più antiche, risalenti al primo millennio a.C., sono reperibili nelle fonti storiche, tra cui va segnalato Erodoto (V sec. a.C.), il quale attestava che fra le usanze culinarie dei Babilonesi – la cui civiltà era ben fiorente già mille anni prima di Cristo – vi era la seguente: essi tritavano i pesci in un mortaio e poi li filtravano attraverso una tela: alcuni poi li mangiavano come pane d’orzo, altri cotti al forno come pani di frumento. Allusioni ad arcaiche pizze sono reperibili anche negli alati versi di poeti come Archiloco (VII sec.). E così, giù giù, per li rami, fino a testimonianze latine e poi medievali e poi ancora rinascimentali. Certo, siamo lontani dalla ricetta, semplice e complessa, della pizza che unisce, nell’universale apprezzamento verso essa, le età e le classi sociali più diverse.

    Il secondo anniversario della pizza, nel senso sempre di ‘’focaccia’’, riguarda il suo nome, che è attestato già dal 997 (dunque 1000 anni fa) nel latino medievale di Gaeta, mentre a Napoli il termine pizza fa la sua apparizione intorno al 1535, durante il pranzo di matrimonio, celebrato nella prima metà del 1500, fra Bona Sforza e Sigismondo I re di Polonia. Nasce così un (improbabile) nesso fra pizza e abitudini aristocratiche: si veda anche l’origine della pizza Margherita, che prende il suo nome dalla specialità con mozzarella, resa celebre (non inventata) dal cuoco Raffaele Esposito per la Regina Margherita in visita a Napoli nel 1889. Perché abbiamo detto improbabile? Ma perché, se ci fermassimo alle documentazioni finora addotte, ci faremmo un’idea incompleta della pizza, che è la traduzione tangibile, anzi commestibile, dell’arte di arrangiarsi da parte del misero. È lui il consumatore dell’antica pizza cu’e pescetielle (con piccole alici e pomodoro) e della sorprendente pizza a ogge a otto, fritta e contenente ricotta, che – tipica di chi disponeva poca moneta – veniva pagata otto giorni dopo la consumazione.

    Anche queste note di colore hanno fatto diventare immortale la pizza. Solo la pizza è un alimento totale, anche perché essa segna il trionfo dei cinque sensi. L’occhio è catturato dal contrasto tra il bianco della mozzarella, il rosso della salsa e il verde del basilico; l’orecchio dallo scoppiettio del forno a legna; l’olfatto dall’inconfondibile profumo; il gusto dall’ovvio atto del manducare. E poi c’è il tatto: non ci dimentichiamo che la pizza si mangia con le mani, che, dopo averla fatta in quattro rituali parti, la piegano e la depositano in quella fortunata bocca, che godrà fino in fondo della sua squisitezza.

    Le 100 ricette che seguono sono tutte italiane e disposte secondo una

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