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Coronaviro, Coronaviro... Io ti frego, leggo un libro
Coronaviro, Coronaviro... Io ti frego, leggo un libro
Coronaviro, Coronaviro... Io ti frego, leggo un libro
Ebook76 pages28 minutes

Coronaviro, Coronaviro... Io ti frego, leggo un libro

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FILASTROCCHE DI RESISTENZA A MOSTRI VARI E ALLA PESTILENZA. Rime per chi si sente bambino, dai sei ai cento anni. Da leggersi ad alta voce. Il Coronavirus e la Capra Ferrata, gli Orchi e Barbablù, il Basilisco e il Gatto Mammone… Un percorso, con la leggerezza delle fiabe e la cantilena delle ninne nanne, tra i mostri e le paure immaginarie di ogni tempo e paese. Simboli fantastici di problemi veri che gravano ancor oggi i nostri cuori e la nostra società e che i bambini non possono ignorare per non esserne vittime o, come Lucignolo, mettersi su una brutta strada.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateApr 29, 2020
ISBN9788831670395
Coronaviro, Coronaviro... Io ti frego, leggo un libro

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    Coronaviro, Coronaviro... Io ti frego, leggo un libro - Sergio Giovannetti

    so­ma­ri

    Presentazione

    Col sa­po­re e la poe­sia

    del­le fia­be del­la zia

    Do­ven­do in­se­ri­re in una ca­te­go­ria que­ste mie com­po­si­zio­ni non pos­so che de­fi­nir­le fi­la­stroc­che. Si trat­ta più pro­pria­men­te di sto­rie, aned­do­ti, leg­gen­de... Tut­to in ri­ma ba­cia­ta pe­rò, co­me si usa­va nei li­bric­ci­ni che si ven­de­va­no ai mer­ca­ti agri­co­li fi­no agli an­ni ses­san­ta del se­co­lo scor­so. Che nar­ra­va­no non so­lo bur­le­schi con­tra­sti tra pa­dro­ni e con­ta­di­ni ma, sem­pre in ri­ma, for­ni­va­no ad­di­rit­tu­ra in­se­gna­men­ti e con­si­gli per le col­ti­va­zio­ni.

      Per­ché tut­to in ri­ma? Per­ché co­sì era più fa­ci­le da me­mo­riz­za­re. Una poe­sia in ri­ma si im­pa­ra a me­mo­ria al­la svel­ta, quel­le a ver­so li­be­ro no. Le can­zo­net­te di una vol­ta  le sa­pe­va­no tut­ti per­ché era­no orec­chia­bi­li, quel­le di og­gi non più.  La can­ti­le­na è mu­si­ca e rit­mo. Let­ta a vo­ce al­ta coin­vol­ge tut­to il cor­po e dà un sen­so di pie­nez­za e tran­quil­li­tà. Poi­ché ri­man­da al­le an­ti­che nin­ne nan­ne e ai can­ti sa­cri e ri­tua­li ai pri­mor­di dell’uma­ni­tà che an­co­ra pul­sa­no nel­le no­stre ve­ne ed echeg­gia­no nel­la no­stra ani­ma. Ed ar­mo­niz­za i rit­mi del­la vi­ta. Og­gi, pur­trop­po an­che nel­la poe­sia, nes­su­no si cu­ra più dei suo­ni, e il rit­mo non si sa più nean­che co­sa sia. Sen­za coin­vol­ge­re più tut­ti i sen­si pe­rò an­che la no­stra espe­rien­za si im­po­ve­ri­sce.

        An­che sui con­te­nu­ti, io che so­no or­mai an­zia­no e ho vis­su­to la mia in­fan­zia nel mon­do di una vol­ta, e ho po­tu­to sen­tir­ne i suo­ni e gli odo­ri, cer­co sem­pre di rial­lac­ciar­mi al­la tra­di­zio­ne po­po­la­re de­gli stor­nel­li e del­le no­vel­le.  Un mon­do co­lo­ri­to, san­gui­gno, spes­so an­che bef­far­do, che di­ce pa­ne al pa­ne, co­me si usa­va in To­sca­na.  Nien­te a che fa­re con quel po­li­ti­ca­men­te cor­ret­to og­gi do­mi­nan­te nel­la let­te­ra­tu­ra in­fan­ti­le, do­ve nien­te si può più di­re, per­ché ogni pa­ro­la ve­ri­tie­ra può es­se­re un’of­fe­sa a chi sa qua­le ge­ne­re, o raz­za, o re­li­gio­ne, o per­so­na. Ri­dot­ta or­mai ad un tea­tri­no do­ve si agi­ta­no a vuo­to in­si­gni­fi­can­ti pu­paz­zi in stuc­che­vo­li ed edu­ca­te moi­ne; che, al di là del­le buo­ne ma­nie­re, nien­te sa in­se­gna­re a nes­su­no. Avul­sa dal­la real­tà, e con un lin­guag­gio astrat­to, ane­ste­tiz­za­to, ane­mi­co. Let­te­ra­tu­ra scial­ba e in­con­si­sten­te nei con­te­nu­ti e nel­la for­ma. Che non muo­ve né l’ani­ma, né la vi­ta.

      I bam­bi­ni vo­glio­no in­ve­ce sem­pre co­no­sce­re la ve­ri­tà e, per im­pa­ra­re a di­fen­der­si, de­vo­no sa­pe­re che gli or­chi esi­sto­no dav­ve­ro,

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