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Il cielo nel cuore: Invito al mondo esicasta di Niceforo il Solitario
Il cielo nel cuore: Invito al mondo esicasta di Niceforo il Solitario
Il cielo nel cuore: Invito al mondo esicasta di Niceforo il Solitario
Ebook211 pages4 hours

Il cielo nel cuore: Invito al mondo esicasta di Niceforo il Solitario

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About this ebook

Niceforo il Soliraio è un monaco vissuto nel XIII secolo negli anni tormentati del lento decadere dell'impero bizantino. E' autore di un breve, ma prezioso e classico testo di spiritualità, il Discorso sulla sobrietà e custodia del cuore, entrato nella Filocalia. Il testo di Niceforo diviene così una finestra attraverso la quale guardare all'ambiente filocalico nelle varie dimensioni spirituali, teologiche, storiche. Si viene introdotti nel mondo esicasta sia nel senso storico, con dati sulle persone, sugli avvenimenti, sulle correnti del pensiero, sia nel senso di "mondo interiore", carico di un profondo significato esistenziale anche per l'oggi.
LanguageItaliano
Release dateApr 27, 2020
ISBN9788835816829
Il cielo nel cuore: Invito al mondo esicasta di Niceforo il Solitario

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    Il cielo nel cuore - Maciej Bielawski

    Abbreviazioni

    ​Premessa - promessa

    Il cielo nel cuore

    È un bel titolo – basterebbe per l’intero libro. È un’espressione che proviene dagli scritti di Giovanni di Caprazio, una persona per noi piuttosto sconosciuta che ha vissuto tra il VII e l’VIII secolo (fu forse vescovo di una piccola isola che si trova tra Rodi e Creta). Di questa frase si serve nel suo Discorso sulla sobrietà e la custodia del cuore Niceforo l’esicasta, l’autore del ‘200 bizantino al qual è dedicato questo libro. Entrambi, sia Giovanni Caprazio che Niceforo l’esicasta, sono presenti nella Filocalia. L’originale forma greca, egkárdion ouranón è stata resa diversamente nelle varie traduzioni di questo classico della spiritualità. Così Paisij Veliãkovskij l’ha tradotta in slavone con serdečnoe nebo. Allo stesso modo ( serdčnoe nebo) è rimasto nella traduzione russa di Teofane il Recluso. Dumitru Stăniloae nella versione romena della Filocalia ha proposto l’espressione cer al inimii. Jacques Touraille l’ha resa in coeur céleste, mentre i traduttori anglofoni hanno impiegato heaven of the heart. Ma forse la più bella, anche se questo rimane molto relativo, è la traduzione italiana di Maria Benedetta Artioli che ha reso questo egkárdion ouranón, potendolo tradurre con cuore celeste o cielo del cuore, con cielo all’interno del cuore. Si spera anche che quest’espressione, alla quale ci siamo ispirati per la scelta del titolo, riassuma bene ciò che Niceoforo desiderava trasmettere attraverso il suo insegnamento e che questo libro lo renda in modo esatto. Cielo e cuore, il più alto dei cieli e il più profondo dell’uomo, i filosofi potrebbero dire trascendente e immanente, ma si può indicare tutto questo dicendo Dio e io, o forse, ancora meglio Dio mio . Di tutto questo in qualche modo e nella prospettiva del pensiero di un monaco bizantino del XIII secolo tratta questo libro. Non è possibile farne ora un riassunto, ma è possibile fare una promessa: se il titolo vi ha già attirato, l’autore spera e desidererebbe che, dopo aver letto quanto sta tra la prima e l’ultima pagina, si possa tornare alla copertina per decifrare il titolo in un’altra luce. Per ora basta con il titolo. Passo brevemente a decodificare il contenuto nascosto nel sottotitolo facendolo in modo inverso: dalla fine all’inizio.

    Niceforo Monaco

    Niceforo Monaco, chiamato anche Athonita, Solitario o Esicasta, è vissuto sette, otto secoli fa. Ai posteri tra l’altro ha lasciato un breve, ma prezioso e ormai classico piccolo trattato di spiritualità, il Discorso sulla sobrietà e la custodia del cuore pieno di notevole utilità stampato nel 1782 nella Filocalia di Macario e Nicodemo . Ma la Filocalia è tanto famosa quanto veramente poco letta, studiata e conosciuta. Infatti questa raccolta non è un’opera facile. Contiene più di 30 autori, estesi nell’arco di 1000 anni, tra i quali si trovano Giovanni Cassiano ed Evagrio Pontico, Diadoco di Fotica e Massimo Confessore, Giovanni Damasceno e Simeone il Nuovo Teologo, Niceforo Monaco e Gregorio Palamas – tanto per elencare i nomi famosi. Ognuno di questi autori viveva in un determinato contesto, scriveva nella prospettiva delle sue esperienze, adoperava un suo linguaggio – e tuttavia un filo rosso collega tutti questi autori così che è possibile di chiamarli Padri Filocalici e caratterizzare la loro teologia come filocalica. Questi teologi, che hanno cercato di approfondire il mistero della vita del Padre, del Figlio e dello Spirito in noi, sono spesso lontani in senso storico (il loro tempo e la loro cultura non sono esattamente le nostre) e i loro testi presentano talvolta grosse difficoltà testuali e teologiche. Ma queste lontananze e difficoltà non annullano il fatto che i contenuti proposti e trasmessi nei loro scritti siano vicini ai desideri più profondi dei cuori degli uomini forse di tutti i tempi e di tutte le culture. Gli scritti filocalici stanno alla portata delle nostre mani e all’entrata dei nostri cuori e basta socchiudere le porte perché si apra di fronte a noi un percorso spirituale ricco e bello – cioè filocalico – che invita a scoprire il cielo all’interno del cuore.

    Questo breve studio vorrebbe dare al lettore una possibile apertura a tale percorso. Ma poiché non è possibile dire tutto in un momento o spiegare tutta la Filocalia in un libretto, si fa il possibile parlando almeno di un autore filocalico e di un’opera inclusa nella Filocalia. Si è scelto allora questo Niceforo Monaco e il suo Discorso. Si cercherà pertanto di far conoscere Niceforo attraverso la sua opera scritta. Il suo trattato è il veicolo della riflessione e delle ricerche proposte in questo libro. Questo Discorso è come una finestra attraverso la quale si può guardare il paesaggio delle svariate dimensioni spirituali, teologiche, filosofiche, storiche o filologiche che si aprono nell’esicasmo bizantino del XIII secolo. Ci avvicineremo a questi spazi lentamente, leggendo e scrutando il piccolo opuscolo di Niceforo quasi passo per passo.

    Nel libro si trovano riportati con abbondanza i frammenti di questo Discorso, ma non il testo ristampato integralmente. Per questo sarebbe consigliabile per il lettore potersi procurare l’intero testo di Niceforo, ormai accessibile in parecchie traduzioni italiane. M’immagino un lettore ideale: legge titolo e l’introduzione di questo libro, poi legge rapidamente il Discorso di Niceforo. In seguito percorre il libro Il cielo nel cuore e poi ritorna alla lettura del testo di Niceforo. Ma questo è un lettore ideale, come forse neanch’io sarei. Tuttavia, se dopo la lettura di questo libro uno sarà incoraggiato a rivolgersi direttamente alla lettura di Niceforo, e farsi la sua idea, forse diversa della mia, lo scopo della pubblicazione sarà raggiunto.

    Il mondo esicasta

    Ancora un libro sull’esicasmo? Purtroppo sì. L’esicasmo e preghiera di Gesù vanno ormai di moda. Allora ancora un libro che ripete o ripropone in un’altra nuova luce tutto quanto? Non sarebbe una ragione buona o sufficiente né perché l’autore produca queste pagine né perché il lettore si affatichi a sfogliarle. L’unico argomento di difesa contro queste accuse sarebbe una confessione nella quale potrei affermare che la lettura approfondita e prolungata nel tempo mi ha fatto vedere Niceforo e l’esicasmo proprio come mondi reali, difficili, complicati e sconvolti dal dramma. Ho scoperto il modo esicasta in un doppio senso. Prima in un senso storico: le persone, gli avvenimenti, i luoghi, i libri letti, le interpretazioni o le comprensioni talvolta sbagliate o con le quali non sarei d’accordo, le prigioni e le fughe, le ricerche di un posto tranquillo e le domande dei cuori rivolte ai valori pervenuti dal passato, ai volti degli uomini e di Dio stesso. Per questo nel libro il lettore troverà pagine dedicate alle vicende dell’epoca e una narrazione sulla vita di Niceforo. In questa dimensione storica sono inseriti anche il testo, le analisi e le interpretazioni.

    In secondo luogo ho visto il mondo esicasta come un mondo interiore e di ricerca esistenziale. Di fronte al labirinto degli avvenimenti e al caos della storia, gli esicasti proponevano il mondo interiore. Questo mondo era per loro non meno complicato e tortuoso. Ma se la storia non si riusciva a calmare e in questo mondo non si trovava la pace, nel mondo interiore la si poteva ritrovare, si potevano imparare le regole di questa vita, addomesticarsi e trovare la pace, da loro chiamata esichia. Niceforo si vantava persino di essere capace di procurare ai suoi seguaci un metodo sicuro e semplice che in breve tempo li avrebbe portati a questa pace interiore.

    Lo scontro, il contrasto e una certa fusione di questi due mondi—quello esterno e quello interiore, il mondo della storia e quello chiamato dagli esicasti il mondo del cuore—mi sono apparsi come un mondo dei mondi, come un unico mondo degli esicasti. Questo è il mondo di Niceforo Monaco. Mentre mi immergevo sempre di più nella lettura e nello scrivere un testo su di lui, Niceforo mi appariva con sempre maggiore chiarezza come un personaggio particolare, una figura drammatica e reale, una persona imperfetta come uomo e come scrittore ma desiderosa della pace di Cristo, un esicasta erudito, nello stesso modo inefficiente e capace, ma anzitutto aperto ad una dimensione esistenziale ma non di meno apofatica della fede cristiana. La mia speranza è di essere riuscito a circoscrivere queste intuizioni nelle pagine del libro e che un lettore possa ritrovarle. Questa sarebbe pure una promessa, con la speranza che dopo aver scorso l’ultima pagina si possa dire che la promessa è stata mantenuta.

    Un invito

    Inutile spiegare che queste pagine sono un invito o un invio, e non uno studio esaustivo, alle problematiche legate a Niceforo e agli esicasti. È sufficiente guardare alle dimensioni di questo libro per rendersi conto che si tratta di un’introduzione. Si potrebbe e forse si dovrebbe dire di più. Ma i riferimenti bibliografici suggeriti qua e là rinviano il lettore interessato ad ulteriori studi più approfonditi. Questo libro è anche un invito alla lettura di tanti altri testi molto validi con i quali ormai da tempo diversi studiosi cercano di scrutare l’enigma affascinante dell’esicasmo. Aver potuto frequentare le dispute che si sono svolte e che si svolgono tra i grandi esperti in materia come I. Hausherr, A. Bloom, L. Gillet, K. Were, A. Rigo – per menzionarne solo alcuni, ai quali forse devo di più – è stato veramente un piacere. Questo libretto è loro debitore e rinvia il lettore anche agli studi di questi esperti.

    Penso anche che con il tempo certe posizioni e interpretazioni presentate in questo studio saranno corrette e superate. Soprattutto quando potremo usufruire di un’edizione critica del testo di Niceforo e di nuove traduzioni. La lacuna in questo campo è una vera difficoltà di cui il lettore si può rendere conto durante la lettura. Per questo il libro è piuttosto la testimonianza di una tappa, e non una conclusione.

    Un’altra delle difficoltà con la quale sempre ho dovuto fare i conti e che trapela tra le righe è stata un’indecisione. Si doveva offrire uno studio rigoroso, ma per definizione secco e per pochi, o un libro più leggero, ma vivo e per un pubblico più ampio? Entrambi questi scopi mi hanno tentato e sono caduto per eccesso in ambedue. Devo dire che ho sognato sia un rispettabile volumone puramente accademico, sia il libretto stampato in versione pocket, o persino un romanzo. Ognuna delle soluzioni ha i suoi vantaggi e svantaggi. Nella redazione finale ha vinto lo stile più leggero e personale – che ha i suoi pregi e le sue mancanze.

    1. Il secolo delle tenebre

    Nel Discorso, il lettore trova espressioni come il secolo presente è tenebra, [1 di Niceforo stesso, o frasi ripetute, come quella di Marco l’Asceta, del tipo la profondissima notte di questo secolo. [2] Sono echi di un atteggiamento pessimista, spesso così tipico per un certo tipo di monachesimo che considera tutto il mondo, tutto l’eone o il secolo attuale, in altre parole il tempo che intercorre tra la creazione e la parusia, come danneggiato dal male? Si tratta di un effetto puramente retorico? O piuttosto è un giudizio che riguarda concretamente l’epoca storica nella quale ha vissuto Niceforo? Tutte e tre le risposte sono possibili. Basta però un breve sguardo alla storia di Bisanzio del XIII e del XIV secolo per arrivare alla conclusione che si trattava di un’epoca tragica, avvertita come eclissi di una grande civiltà, come secolo delle tenebre. Tale lungo declino della civiltà bizantina si estende dalla conquista di Costantinopoli da parte dei Latini (1204) fino alla caduta della città nelle mani degli Ottomani (1453). Quest’ultimo fatto aveva luogo mezzo secolo dopo la morte di Niceforo, ma gli inizi di tale lunga agonia sono stati vissuti già dal nostro autore. H. G. Beck ha così caratterizzato questo periodo: Con la perdita di Costantinopoli e di ampie parti dell’impero ai Latini incomincia la grande frattura, l’estremo processo di contrazione non più rimediabile. Il 1261 non significa una vera ripresa; le conquiste degli imperatori di Nicea e dell’imperatore Michele VIII non solo rimangono temporaneamente limitate, ma chiedono un prezzo troppo alto al potenziale dell’impero. Presto gli unici fattori determinanti della politica bizantina sono i nemici di una volta ora sul territorio imperiale, gli Italiani, i Catalani, gli Angiò, i Turchi. È in gioco la pura sopravvivenza. Che questa lotta per l’esistenza durasse ancora due secoli è da ascrivere più alla mancanza di unità fra i nemici che alla forza di Bisanzio. La valuta bizantina non ha più alcun potere; il commercio si trova quasi completamente in mani straniere e l’approvvigionamento di Costantinopoli dipende non di rado dal buon valore dei nemici. Inoltre l’antica concezione della monocrazia imperiale bizantina si dissolve [3] .

    Certo, si parla del Rinascimento di Bisanzio avvenuto proprio in questo periodo, ma anche in questo caso la parola Rinascimento è spesso accompagnato dall’aggettivo ultimo [4]. Partendo da questa affermazione si possono scrivere due storie di quest’epoca, due interpretazioni: una più ottimista, un’altra piuttosto pessimista. La versione ottimista afferma che, sì, si parla della fine di un Impero, della fine di una cultura e di una civiltà, tuttavia questo era un secolo di glorie, di grandezze, di approfondimenti—l’esicasmo, il palamismo, gli sviluppi delle arti con bellezze incomparabili, ecc. In questa visione si vuole sottolineare la grandezza di Bisanzio nella quale la sua storia ormai millenaria trova il suo compimento nell’epoca di tale Rinascimento. La versione pessimista afferma invece che, nonostante le grandezze dell’epoca, si trattava proprio della fine, del risultato dei fallimenti accumulati e non risolti nei secoli precedenti. In ogni caso, è un secolo di tensioni e di paradossi: la luce risplendeva nelle tenebre e—anche se si trattava di luce—nondimeno le tenebre di questo secolo gettavano pesantemente la loro ombra. Senza entrare in particolari, indichiamo anzitutto certi punti orientativi di quest’epoca in un panorama più largo. In seguito faremo presenti in una prospettiva più ristretta quegli avvenimenti che potevano in un modo più immediato toccare un monaco bizantino. Tutto questo per poter presentare in quest’orizzonte la figura di Niceforo e leggere meglio il suo Discorso.

    Quando nasceva Niceforo, si concludeva l’epoca di papa Innocenzo III (+1216) e del IV Concilio Lateranense (1215); era scomparso appena Gioacchino da Fiore (+1202), ma viveva ancora Francesco d’Assisi (+1226) e fra poco avrebbe dovuto spegnersi Antonio da Padova (+1231). Dall’estremo Oriente arrivavano gli echi delle grandi conquiste e dell’allargarsi del dominio di Gengis Khan (+1227) e dall’Occidente voci delle battaglie per il potere tra papi e re. La Terra Santa era meta delle crociate: una dopo l’altra—lungo tutto il Duecento. Uno degli arrivati in queste terre era stato Luigi IX, il santo re dei Francesi (1226-1270). All’inizio di questo secolo erano stati fondati i francescani (1206) e domenicani (1209)—in Italia si ponevano le basi dell’università di Padova (1222) e in Francia della Sorbona (1253). Niceforo era pertanto contemporaneo di Alberto Magno (1206-1280), di Tommaso d’Aquino (1225-1274), di Bonaventura (1221-1274) e di Ruggero Bacone (1214-1294). Frattanto si era tenuta la sanguinosa crociata contro gli albigesi (1209-1229) ed era stata fondata l’inquisizione (1229), che nel 1232 era stata affidata ai domenicani. Era l’epoca in cui i pensatori occidentali si sforzavano di opporsi al diffuso averroismo e Marco Polo (1254-1324) si recava in Cina. Quando Niceforo era ormai in età matura o già vicino alla morte, facevano la sua comparsa figure come Duns Scoto (1266-1308), Maestro Eckhart (1260-1329) e Dante (1265-1321). In un periodo relativamente vicino al Discorso di Niceforo furono allora scritti l’ Itinerarium mentis in Deum di Bonaventura (1259), la Summa theologica di Tommaso (1266-1273), l’ Opus maius di Bacone. Ma bisogna anche ricordare che quest’epoca si apre con il Cantico di frate Sole di Francesco (1224), include in sé la Legenda aurea di Jacopo de Varagine (1255) e si chiude con Il Milione di Marco Polo (1298). C’era allora un po’ di tutto: luci e tenebre. Lasciamo però questo panorama di nomi piuttosto occidentale e volgiamo lo sguardo all’impero bizantino.

    Questo periodo della storia bizantina è ben documentato dalle fonti ed approfondito dagli studi [5]. Si può

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