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Fashion Victims: Pamphlet inutile sulla morte da Coronavirus
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Ebook86 pages1 hour

Fashion Victims: Pamphlet inutile sulla morte da Coronavirus

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Fashion victims prende forma come divertissement letterario il cui ricavato sarà devoluto in beneficenza a una struutura di recupero di persone in difficoltà. Il pamphlet nasce da una considerazione, in apparenza banale, ma pratica: il defunto non sceglie quali abiti indossare quando il corpo viene messo nella bara e riceve l’estremo saluto dagli affetti più cari. Il più delle volte, la vestizione del morto è l’ultimo dei pensieri dei vivi: si apre l’armadio e si acchiappano a caso un pantalone, una giacca, una gonna… un qualsiasi indumento dalle fattezze eleganti o pseudo tali, e il gioco è fatto. In alcune comunità, invece, si rispettano le regole sociali che in base al ruolo o ceto suggeriscono gli abiti da assegnare al caro estinto. Fashion victims non indugia nel macabro, tutt’altro. Come sostiene, infatti, provocatoriamente Frédéric Beigbeder: “Ogni dettaglio acquista valore quando niente ha più senso”. Ecco, quando la vita non ha più significato perché non c’è più, sopravvivono i particolari. Ma c’è dell’altro. In questo periodo sospeso, nel quale la fragilità umana è rimasta disarmata di fronte all’incedere della morte insinuatasi nei corpi con il Covid-19, il trapasso ha improvvisamente assunto nuove consuetudini. I tanti, tantissimi, malati confinati nelle gelide sale delle terapie intensive di ospedali sparsi ovunque nel mondo sono morti soli, strappati a un’ultima carezza. Quell’incipit, motore di tutto, che ci ha spinto alla scrittura di questi racconti, nel 2020 si è così convertito in riflessione più attenta sull’orizzonte contemporaneo. Sempre con leggerezza, che per dirla con le parole di Calvino nelle sue Lezioni americane: “non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. E di tutto oggi abbiamo bisogno tranne che di ulteriori pesi sui nostri animi provati. Fashion victims. Pamphlet inutile sulla morte da Coronavirus non ha altre ambizioni se non alleggerire per un istante il drammatico presente, giusto il tempo della lettura.
LanguageItaliano
Release dateApr 23, 2020
ISBN9788868512835
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    Fashion Victims - Giovanni Follesa

    dolore.

    Prefazione

    Fashion victims prende forma come divertissement letterario circa otto anni fa. Nasce da una considerazione, in apparenza banale, ma pratica: il defunto non sceglie quali abiti indossare quando il corpo viene messo nella bara e riceve l’estremo saluto dagli affetti più cari.

    Il più delle volte, la vestizione del morto è l’ultimo dei pensieri dei vivi: si apre l’armadio e si acchiappano a caso un pantalone, una giacca, una gonna… un qualsiasi indumento dalle fattezze eleganti o pseudo tali, e il gioco è fatto. In alcune comunità, invece, si rispettano le regole sociali che in base al ruolo o ceto suggeriscono gli abiti da assegnare al caro estinto.

    Fashion victims non indugia nel macabro, tutt’altro. Come sostiene, infatti, provocatoriamente Frédéric Beigbeder: Ogni dettaglio acquista valore quando niente ha più senso. Ecco, quando la vita non ha più significato perché non c’è più, sopravvivono i particolari. Ma c’è dell’altro. In questo periodo sospeso, nel quale la fragilità umana è rimasta disarmata di fronte all’incedere della morte insinuatasi nei corpi con il Covid-19, il trapasso ha improvvisamente assunto nuove consuetudini.

    I tanti, tantissimi, malati confinati nelle gelide sale delle terapie intensive di ospedali sparsi ovunque nel mondo sono morti soli, strappati a un’ultima carezza.

    Quell’incipit, motore di tutto, che ci ha spinto alla scrittura di questi racconti, nel 2020 si è così convertito in riflessione più attenta sull’orizzonte contemporaneo.

    Sempre con leggerezza, che per dirla con le parole di Calvino nelle sue Lezioni americane: non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore. E di tutto oggi abbiamo bisogno tranne che di ulteriori pesi sui nostri animi provati.

    Fashion victims. Pamphlet inutile sulla morte da Coronavirus non ha altre ambizioni se non alleggerire per un istante il drammatico presente, giusto il tempo della lettura.

    Fabrizio Demaria, Giovanni Follesa

    Prologo

    Do you hear the people sing

    (Ti-di-di--di-dù)

    (Ti-di-di--di-dù)

    (Ti-di-di--di-dù)

    (Ti-di-di--di-dù)

    … … … … …

    Il rumore delle macchine è martellante, continuo.

    Riesco ancora a udirlo.

    Sono cosciente.

    Consapevole della mia fine.

    Penso a te, moglie mia.

    Perdonami, non vedrò nascere nostro figlio.

    Non vedrò nascere l’alba di domani.

    Mi spiace per questi morti. Per non essere stato d’aiuto al nostro Governo.

    Ho subito la peggiore umiliazione il giorno in cui hanno bussato alla nostra porta, ricordi?

    «Compagno Li, abbiamo da recapitarti una lettera di richiamo dal Governo centrale. L’impulso è arrivato direttamente dal Partito. Sei accusato di disturbo all’ordine pubblico. Questo avvertimento si riferisce alla pubblicazione di discorsi mendaci su Internet. Le tue azioni hanno messo a repentaglio l’ordine generale, hanno arrecato gravi disordini, eccedendo gli scopi permessi dalla legge.

    Ti chiediamo di ritrattare le tue dichiarazioni. Hai quarantott’ore di tempo per farlo.

    Tieni, firma qui in basso.»

    Ricordi ancora il mio volto incredulo. Preparavi la cena, io pensavo a uno scherzo dei miei colleghi di WeChat, gli stessi cui avevo comunicato la notizia.

    Non era una messinscena. Era tutto vero.

    Mi abbracciasti. Piansi come un bambino mentre mi aggrappavo alla tua pancia enorme.

    La Scienza non mi si era rivoltata contro. La Scienza non può fare una cosa del genere, il pcc sì, chiedermi di ritrattare una scoperta che può mutare il corso della Storia.

    Le mie intuizioni mi hanno permesso di capire ciò che stava accadendo. I miei occhi, gli stessi che curo quotidianamente nei miei pazienti, mi hanno aiutato a vedere ciò che altri non hanno notato.

    Non posso rinnegare tutto questo, non si può. Una scoperta così sensazionale deve essere diffusa prima di rimanerne imbrigliati.

    E io per primo ci sono caduto, come tanti colleghi. Lo stesso virus che mi ha rubato la dignità adesso si è annidato nel corpo che sta consumando. Mangia i miei polmoni. Si nutre delle mie debolezze, della mia fragilità. Non essere stato pienamente al servizio del Governo è il prezzo che il Covid mi sta facendo scontare. Ho barattato la mia vita e la mia dignità con lui.

    Mi dispiace, moglie mia, per questi pensieri fallaci.

    Il nostro bambino avrà un fratellino, ma non più un padre. Non so che ricordo avrà di me quando crescerà. Digli che l’ho amato prima che nascesse. Di’ ai nostri figli che me li porterò nel cuore. Racconta loro che Wenliang si è sforzato di comportarsi da onesto cittadino, ma innanzitutto da bravo medico.

    Non sono riuscito a essere entrambe le cose. Venire tacciato dalla Repubblica popolare di essere un whistleblower è l’infamia più grande che mi seppellirà, oltre questo maledetto virus.

    Fisso il mio sguardo sul grande orologio a parete di fronte a me.

    Sono le 18.31 del 6 febbraio. Il mio respiro è sempre più affannoso, e le macchine mi trattengono ancorato a questo letto. Il respiratore mi lascia aggrappato agli scampoli di coscienza che ancora mi rimangono, tra poco il mio corpo si intorpidirà completamente e la mia mente sarà obnubilata. Così è accaduto ad altri pazienti prima che morissero. Così succederà anche a me.

    «Do you hear the people sing?

    Singing a song of angry men?

    It is the music of a people

    Who will not be slaves again…»

    Li sento. La compagna infermiera Zhang Feng tiene la

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