S. Agata, i nove racconti
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Anteprima del libro
S. Agata, i nove racconti - Chiara Agata Scardaci
633/1941.
Introduzione
Qualche tempo fa, non sapevo che avrei sofferto a causa di un grande dolore.
Eppure S. Agata, in qualche modo, lo sapeva ed è venuta a tendermi una mano.
Io non l’ho presa subito, mi ci è voluto un po’.
Quando l’ho afferrata però, quella mano ha cambiato la mia vita, e da allora Agata non mi ha più lasciato.
Nella ricchezza spirituale che connota oggi la mia esistenza, i racconti che seguiranno sono un omaggio ad Agata ed al Suo aiuto. Li ho scritti per Lei e con l’eccezione di La medaglia sacra
ambientato quasi per intero a Fleri, e di U miraculu da sciara
, ambientato a Nicolosi e sull’Etna, si svolgono tutti nella mia città natale, Catania.
Parte dei racconti, sei per l’esattezza, sono stati pubblicati gratuitamente su www.siciliareport.it e sono, in ordine di pubblicazione:
La battaglia nascosta (gennaio 2019)
U Siccu e a Signurina (febbraio 2019)
Cenere (marzo 2019)
U miraculu da sciara (maggio 2019)
La chiamata (giugno 2019)
Non siamo a questo (settembre 2019)
In questa raccolta, troverete anche, inediti: U Saccu, La medaglia sacra, Sorelle.
Ognuno è diverso dall’altro pur avendo sempre come protagonista la nostra S. Agata.
Ho scelto di inserire i racconti in un ordine difforme da quello di pubblicazione.
Il primo che troverete è La Chiamata.
Subito di seguito i due racconti dedicati alla guerra (La battaglia nascosta e La medaglia sacra), quindi due sulle Candelore (U Siccu e a Signurina, e Non siamo a questo), poi ancora due racconti sull’atletica (Cenere e Sorelle) e, in ultimo, i due più oscuri, concernenti il trionfo del bene sul male (U miraculu da Sciara e U Saccu).
Ho voluto che ad aprire la raccolta fosse La Chiamata perché è l’unico racconto afferente una storia d’amore ma, soprattutto, perché narra di come a un certo punto della vita, ognuno di noi può ricevere un messaggio, un indizio, una chiamata alla quale rispondere, proprio come è successo a me.
Scrivendo i racconti qui raccolti, infatti, mi è sembrato che a guidare la mia mano fosse proprio Lei, e che mi avesse scelto perché io potessi narrarLa, sfruttando il dono della sinteticità a me concesso, attraverso il mezzo del racconto in una chiave contemporanea.
E’ noto, infatti, che il racconto rappresenta un modo molto veloce di comunicare e in un mondo che va sempre di fretta, attraverso questa modalità narrativa, S. Agata giunge in maniera diretta e immediata, con la complicità di un contesto moderno e attuale, prescelto con cura per ogni storia narrata.
Perché Ella c’è oggi, adesso, e non solo nel tempo di ieri.
Non saprò mai se è stato davvero così, se è stata una chiamata, ma non importa. Ciò che è essenziale è che i racconti siano stati scritti e che l’omaggio alla Santa per l’aiuto ricevuto e che ancora ricevo e che voglio affermare, sempre riceverò, sia stato realizzato.
Ancora più importante è che l’omaggio sia stato frutto di gratitudine e amore e che in fondo, esso rappresenti un dono di cui tutti, senza nessuna eccezione, possono beneficiare.
Infine, appare doveroso precisare che questi racconti hanno una matrice chiaramente cattolica, ma rispettano le tradizioni della festa e del culto antico della Santa, che La vedono venerata da tutti, anche al di fuori del mondo strettamente chiesastico e cristiano, senza distinzioni, nel rispetto dei precetti religiosi comuni a tutti i credo, di oggi e di ieri, primo tra i quali l’eguaglianza e l’interconnessione tra tutte le anime.
I proventi di questo libro, andranno a sostenere il progetto Un solo nome Agata
ovvero la pagina facebook
https://www.facebook.com/chiarascardaciunsolonomeagata/
che è divenuto un luogo dove tenersi in contatto e pregare e ringraziare S. Agata.
Rammento, in ogni caso, per chi non potesse o non ritenesse di contribuire, che sei dei racconti narrati sono ancora on line su siciliareport.
Grazie
Chiara Agata Scardaci
I nove racconti
Dicono che sia lei a trovarti
Dicono che ancora prima che tu cada, lei sia già li a sostenerti
Piccoli i segnali al principio…
Ma quando comincerai a rialzarti, spostando il tuo sguardo verso il cielo, riconoscerai il suo viso.
Allora, il percorso di verità e libertà sarà chiaro, e la scelta sarà solo tua…
La Chiamata
Amuninni
Ma unni?
Avanti acchiana, amuninni
Ca lassimi dommiri
Ti rissi acchiana fozza
(Biii), au ma si na svintura, avi tri notti ca t’insonnu, lassimi dommiri.
U Liotru mi taliau lariu, emise un barrito e se ne andò, interrompendo il mio riposo ancora una volta.
Non avevo dato molto peso a questi sogni, fino a che la quarta notte non accadde qualcosa di inaspettato.
Mentre dormivo sentii una dolce voce, giovane, che mi chiamava: Saro, Saro ascutimi
Cu è? Cu si?
Comu, no sai cu sugnu?
Non appena girato lo sguardo, riconobbi subito Aitina: era seduta ai piedi del letto e sembrava una regina con la sua corona e i suoi gioielli.
Carusa Santa come posso servirti
Torna a casa Saro
Un attimo dopo non c’era più. Al suo posto apparì di nuovo l’elefante: "Chi fai acchiani ora?"
M’arrusbigghiai annicchedda cunfusu.
Mi sedetti sul letto e allungai la mano per prendere il bicchiere d’acqua che ponevo sempre sul comodino, la sera, prima di addormentarmi. Lo bevvi tutto d’un fiato.
Era una chiamata e io lo sapevo.
E che facevo ora? Non rispondevo?
Respirai profondamente e nella mia solitudine mi lasciai andare alle immagini di un passato lontano.
Abitavamo nel quartiere di San Cristoforo, vicino a Via Mulino a Vento, e avevo ormai più di vent’anni.
Mio padre e mia madre, che avevano avuto solo me, sarebbero stati felici se io avessi scelto di continuare gli studi, ma non ne volevo sapere. Ero molto bravo nell’arte del commercio ed avevo buone doti tecniche. Riparavo e rivendevo qualsiasi cosa: oggetti elettronici o anche di semplice uso quotidiano.
Era la fine degli anni ‘70 e mio padre aveva paura che questa mia capacità potesse avvicinarmi ad altri mercati, ben più remunerativi ma illeciti, pericolosi e spaventosi.
L’unica via d’uscita sembrò essere la fuga.
Cu nesci arrinesci si diceva e si dici, i accussì niscemu.
Mio padre, che era un insegnate, chiese il trasferimento e in poco tempo, nel giro di un anno, ci stabilimmo a Santhià, in Piemonte.
Anche li S. Agata era patrona e ogni 5 di febbraio, potevamo festeggiare la nostra carusa.
Eravamo soli, isolati e molto tristi.
Vivevamo parentesi di gioia quando qualcuno ci veniva a trovare, o quando raggiungevamo Catania per le festività natalizie o in estate. Ma c’era sempre un retrogusto amaro in quell’allegria: la separazione dal calore degli affetti e da un’umanità che solo una città come Catania è capace di esprimere, lacerava le nostre anime.
Per questa ragione tornare, per brevi periodi, era anche più doloroso che stare lontano.
Man mano che i nostri parenti e amici morivano, le nostre visite in Sicilia si fecero sempre più rare, finchè non cessarono del tutto.
Nel frattempo mi ero sposato, e avevo aperto un negozio di prodotti elettronici che in pochi anni si era ingrandito, sino ad avere altri punti vendita nella provincia.
Avevo avuto due figlie ed ora, ero solo.
Mia moglie era morta e le ragazze,